Anime & Manga > Suzumiya Haruhi no yūutsu
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Autore: Kuri    29/10/2010    0 recensioni
“«Tuttavia, se neghiamo una negazione, facendola così diventare un’affermazione, se noi affermiamo una negazione negata, tu risulti ancora maleducata, mia cara lepre?»
«La questione principale credo stia tutta nel fatto che non si può mangiare né bere durante il thé, per non risultare maleducati…»
No.
No, vi prego. Non era possibile concludere la puntata prima del previsto? Uno sbalzo improvviso di corrente, un’edizione speciale del telegiornale?”
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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[ La casa dello Specchio ]





Camminavamo velocemente lungo i sentieri del bosco, saltando di tanto in tanto quelli che assomigliavano a dei piccoli ruscelli che suddividevano regolarmente il terreno.
Nagato non ci aveva spiegato ancora nulla, ma ci aveva invitato a muoverci con quanta più fretta potevamo.
Come di consueto, aveva usato il minimo numero di parole indispensabile per trasmettere il proprio messaggio. Tuttavia avevo visto nei suoi occhi impassibili un’urgenza tutta sua che non potevo ignorare.
«Quindi sei in grado di individuare il nucleo di questo sogno, Nagato?» le chiesi voltandomi a guardarla. Speravo solo che questo non mi costasse l’andare a sbattere come un idiota contro un albero.
Lei annuì.
«Hai trovato Haruhi?»
Annuì nuovamente.
«La distorsione di questo mondo ha origine nel punto in cui il suo pattern specifico collide con quello di Sauzumiya-san. C’è una possibilità del 99,9987% che in quel punto ci sia Suzumiya-san e anche l’unica via di fuga.»
«Sai cos’è successo?»
«Suzumiya-san ha creato una distorsione della realtà nella sua fase Rem.»
Ok. Fino a quel punto c’ero arrivato anch’io, visto che, a quanto sembrava, ero una delle vittime preferite della fase Rem di Haruhi.
«Che fine hanno fatto le creature a cui hai sparato?»
«Il loro pattern è stato annullato.»
«Vuoi dire che… sono morte?»
Mi fermai. Anche Koizumi e Asahina si bloccarono.
Nagato continuò a guardarmi con i suoi occhi impassibili. Non disse nulla.
Probabilmente stava calcolando la possibilità che, nel suo stranissimo vocabolario alieno, morte fosse un sinonimo di annullamento.
«E cosa accadrebbe a noi, se venissimo colpiti?»
«Il nostro pattern verrebbe annullato.»
Non potevo crederci. Perché dovevi sempre incasinare così le cose, Haruhi?
«Questo significa che se noi vinciamo, loro spariscono. E se loro vincono, a sparire saremo noi. E tutto questo per un sogno, un maledettissimo sogno.»
Sollevai il fucile e feci scattare il caricatore. Per quanto mi seccasse ammetterlo, e per quanto mi rendessi conto di essere ridicolo con un cilindro in testa, arrivava un momento in cui l’eroe doveva farsi carico delle proprie decisioni e della salvezza dei propri compagni.
«Troviamo Haruhi e andiamocene di qui.»
Riprendemmo a camminare nella boscaglia.
Sentivo mille pensieri che mi ronzavano in testa, eppure non riuscivo ad afferrarne neppure uno. Sapevo che la soluzione era a portata di mano, me l’aveva insegnato un anno di vita accanto ad Haruhi, che in verità era stato come poco più di seicento anni di fatica e sopportazione e qualche realtà parallela di pazienza. [4] Eppure questa volta stentavo a capire cosa fosse successo, e non riuscivo neppure ad immaginare quale contorto pensiero avesse spinto Haruhi a creare tutto ciò.
Gli alberi iniziarono a diradarsi mentre procedevamo, finché arrivammo al limitare del bosco colpito dalla luce arancione del sole. Al di là del confine ombroso si stendeva un paesaggio sconfinato, dai colori sgargianti e dalla morfologia assurda. La visione d’insieme, tuttavia, era impedita da un castello che sorgeva quasi al limitare della vegetazione. Più che un castello vero e proprio sembrava un’enorme villa bianca decorata da cupole e finestre rosse a forma di cuore, cinta da un alto muro pieno di feritoie.
Davanti alla villa era schierato un esercito di carte da gioco. In prima linea, impettita ed enorme, drappeggiata di un abito cremisi, si trovava una donna che stringeva tra le mani un grosso bazooka nero. Sulla testa campeggiava una corona che, rispetto al resto del corpo, appariva minuscola.
«Voglio che catturiate quella svergognata che tiene in ostaggio Alice! Catturatela, catturatela o vi giustizierò tutti! Anche tu, boia, perderai la testa per mezzo delle tue stesse mani!» gridò puntando la bocca del bazooka contro la testa di un asso di picche che si trovava accanto a lei.
Svergognata. Avrei aggiunto anche questo alla lista degli aggettivi che ben si adattavano ad Haruhi.
Nagato spianò il suo fucile di precisione. Avrebbe potuto far fuori tutti i presenti in poco meno di qualche frazione di secondo. Tuttavia, sembrava attendere un ordine.
Improvvisamente, nel prato che circondava la villa, risuonò una risata fragorosa, una risata inconfondibile.
«Non potete fare nulla, contro di me. Nessuno mi può battere a questo gioco!»
Egocentrica. Ed esasperatamente competitiva.
Tre leggeri colpi, e tre delle carte da gioco si frantumarono nell’aria.
«Lascia andare Alice e forse mi limiterò a chiuderti in prigione fino alla fine dell’ora del té.»
«Qui non c’è nessuno!» una delle finestrelle del corpo centrale della villa si aprì, e Haruhi comparve al di là delle stipite. Indossava un costume identico a quello delle regina e anche lei stringeva tra le mani un’arma.
La vidi sorridere da lontano, prendere la mira, e freddare due carte da gioco che avevano tentato di scalare il muro.
«Usurpatrice! Ti farò tagliare la testa! E poi te la farò riattaccare per fartela tagliare nuovamente!»
Strinse le mani intorno al fucile. Per quanto desiderassi ardentemente che qualcuno assestasse una sonora lezione ad Haruhi, non potevo permettere che arrivassero a farle del male. Anche se la cosa, a ben vedere, sembrava di più una velleità da principe azzurro che una possibile eventualità.
«Nagato, Koizumi, copritemi. Cercherò di scavalcare il muro dal versante vicino al bosco, quelle feritoie dovrebbero consentirmi di scalarlo facilmente.» mi tosi la giacca, appoggiai il cilindro per terra, ma con quei pantaloni da signorotto inglese e il panciotto sembravo ancora un idiota «Asahina…» lei rivolse verso di me gli occhi gonfi di lacrime. Non avrei mai saputo quanto aveva pianto in quella follia «Prega per me.»
Non mi mancavano di certo le frasi da repertorio.
Nagato mi bloccò con il suo lungo sguardo inespressivo.
«E’ necessario che l’interferenza tra le due fasi Rem venga annullata con il risveglio di Suzumiya-san. Devi lasciare qui la creatrice di questo mondo e dare scacco alla Regina. Buona partita.»
Come il solito, non avevo capito assolutamente nulla, ma annuii ugualmente.
Scivolai lungo il limitare del bosco, tenendo gli occhi puntati verso il piccolo esercito che stazionava davanti alla villa. Non avevano di certo l’aspetto inquietante degli ominidi blu che uscivano dal subconscio di Haruhi, ma proprio perché provenivano da quello stesso terrificante luogo, sapevo di non doverli sottovalutare.
Corsi attraverso la sottile lingua di prato che separava la vegetazione dall’ombra del muro. Mi appoggiai alla parete bianca, avvertendo il contatto con l’intonaco grezzo. Nessuno sembrava avermi visto.
Iniziai a scalare il muro. Poco prima di arrivare sulla sommità, stranamente sottile e aguzza, cercai di gettare un’occhiata nel giardino sottostante, per capire dove sarei atterrato nel caso mi fossi lanciato dall’altra parte.
«Ehi, Kyon! Era ora che venissi ad aiutarmi!»
Mi gettai maledicendo Haruhi, mentre un rumore inconfondibile mi confermava che non avevano risparmiato i colpi contro il muro appena avevano sentito il suo grido. Precipitai a terra, finendo dentro un gruppetto di cespugli di rose, che non attutirono per nulla la caduta.
Sentii Haruhi ridere soddisfatta mentre mi rialzavo e mi precipitavo verso la villa. I corridoi erano deserti, interamente decorati con cuori enormi e grosse colonne bianche ritorte. Controllai in ogni stanza finché non arrivai di fronte ad una gigantesca porta rossa. Spinsi i battenti con entrambe le mani e appena entrai, la vidi, accanto alla finestra, che attendeva il mio arrivo.
«Finalmente! Certo che per essere una semplice proiezione della mia mente ce ne hai messo di tempo!» mi salutò senza allontanarsi dalla finestra. Era chiaro che voleva tenere sotto d’occhio l’esercito che più in basso si stava apprestando ad assaltare la villa «Speravo di aver sognato anche gli altri… sarebbe stato molto più divertente, ma credo che mi accontenterò di te!»
Afferrò un’arma che giaceva sul davanzale e me la porse. Io rimasi immobile.
Stavo pensando, non avevo tempo per sparare. Dovevo scoprire dove diavolo poteva essere quella maledettissima via di fuga. La stanza non conteneva nulla di particolare, eccetto un trono accanto alla finestra a cui si trovava Haruhi e un grosso specchio poco distante, che rifletteva il resto della stanza.
Cosa mi aveva detto Nagato? Che dovevo dare scacco alla Regina, lasciare qui Alice e annullare due non ben precisate fasi Rem, di cui una era sicuramente di Haruhi… ma cosa diavolo significava?
«Kyon?»
Sollevai lo sguardo verso di lei. Anche il suo cosplay non era niente male, dovevo ammetterlo. Se avesse avuto i capelli appena più lunghi…
Accidenti.
«Gli altri sono fuori, Haruhi. Dobbiamo andare, è ora di svegliarsi.» avanzai di qualche passo, allungando la mano guantata verso di lei. Mi sarei inventato qualcosa, come sempre, per uscire di lì.
«È ridicolo. Questo è il mio sogno, ci posso stare quanto mi pare. E poi mi sto divertendo troppo.» rispose lei con una scrollata di spalle. Tuttavia osservò a lungo la mia mano tesa.
«Tra un po’ suonerà la sveglia. Andiamo.»
Haruhi avanzò di qualche passo, portandosi nello spazio tra il trono e lo specchio.
«Ma perché devi essere il solito guastafeste? Se lo sapevo, avrei fatto di tutto per non comprendere te nel mio sogno!» disse spazientita.
Avanzai ancora. Ma dov’era quella maledetta via d’uscita? Come si faceva a dare scacco alla Regina? E dove poteva essere Alice?
Improvvisamente, un balenio azzurro catturò il mio sguardo. Non era stato nulla più di un breve lampo, quasi come le illusioni create dalla luce di un sole accecante, eppure avevo riconosciuto quel colore nello specchio.
Mi lanciai verso Haruhi e le strappai le armi che stringeva in mano.
«Ma cosa accidenti…»
La afferrai per le braccia e la costrinsi a voltarsi, di fronte allo specchio.
Al di là della superficie, ci osservava una ragazzina che indossava un vestitino azzurro. Aveva lunghi capelli chiusi da un nastro nero, e ai piedi calzava scarpette di vernice. Alle sue spalle, incessanti, cadevano centinaia di carte da gioco. Ci osservava con espressione di sottile e ambigua soddisfazione, e il suo viso era in tutto identico alla versione più piccola di Haruhi che avevo visto in passato. [5]
«Impossibile.»
Ma come faceva Haruhi a dire certe cose, in un frangente come questo? Considerando oltretutto il fatto che avrei dovuto dire io “Impossibile” e non la responsabile di tutto quel disastro.
«Come fai a dire che è impossibile?» le risposi come in trance, mentre continuavo a fissare la ragazzina che ci guardava attraverso lo specchio.
«Perché è contro qualsiasi logica!»
Io, invece, avevo capito tutto. Mi ero talmente allenato a credere a cose impossibili, che ormai ogni mattina riuscivo a pensare a ben sei situazioni impossibili in cui Haruhi sarebbe riuscita a cacciarmi prima di colazione. [6]
In questo caso, Haruhi era Alice.
Ripensai a una delle tante conversazioni avute con Koizumi, il quale sosteneva che Haruhi era una specie di dio dormiente che aveva probabilmente creato in sogno la realtà che vivevamo. Come accadeva per Alice.
E l’unico modo per svegliarla era farla passare attraverso lo specchio, come era accaduto alla bambina della favola.
Improvvisamente sentimmo un boato fortissimo, e il pavimento e le pareti della villa iniziarono a tremare con forza, come se il palazzo fosse stato vivo e stesse ridendo di gusto.
«Maledetti, hanno portato l’artiglieria pesante!» sibilò Haruhi lanciando un’occhiata attraverso la finestra, mantenendosi tuttavia nascosta.
«Non è tempo di pensare a queste cose, Haruhi, dobbiamo andare!» esclamai costringendola a voltarsi di nuovo verso di me. Non potevamo sprecare neppure un istante.
Afferrai la sua mano e mi diressi verso lo specchio, ma sentii che mi resisteva.
«Perché non vuoi venire?» le chiesi. Un altro scoppio fece tremare la villa, ma finsi di non sentirlo. Tutta la mia attenzione era concentrata sul viso di Haruhi, su quell’espressione seria e allo stesso tempo malinconica che a volte prendeva possesso dei suoi lineamenti e che mi lasciava sempre senza parole.
«Non ho voglia di alzarmi, e di andare a scuola. Non voglio che sia già iniziato il secondo anno. Non voglio vedere gli alberi di ciliegio sfiorire. Non voglio…» mi strinse la mano e intrecciò le sue dita con le mie.
Parlava così solo perché pensava che io non fossi altro che una delle componenti del suo sogno, una presenza costruita dalla sua mente.
Era sempre così, con lei. Un momento avevi voglia di afferrarle le spalle e scrollarla con tutte le tue forze, fino a farle sbattere i denti. Subito dopo era in grado di osservarti con uno sguardo tanto intenso da cancellare ogni pensiero e farti fermare il cuore.
«Non può essere così terribile. Scommetto che ti sei già inventata qualcosa per le attività del club di oggi pomeriggio.»
Haruhi sorrise, tenendo lo sguardo fisso sulle nostre mani intrecciate.
«Può darsi.»
Fuori il mondo del sogno stava crollando sotto il fragore delle armi, eppure la stanza del trono nel cuore della villa sembrava stranamente calma.
«Allora andiamo…» feci un passo indietro. Quando il mio piede incontrò la superficie del vetro dello specchio, avvertii un leggero formicolio, una sensazione di leggera resistenza, poi la carezza fredda del mondo che si trovava al di là e che mi stava chiamando con forza. Sentii una spinta che mi trascinava indietro, sempre più velocemente, con un'accelerazione inevitabile.
Avvolsi il braccio libero attorno alle spalle di Haruhi e la strinsi a me. Abbassai lo sguardo verso di lei che mi osservava con occhi immensi.
«Grazie per il sogno meraviglioso.» le sussurrai.
Sentii il mio corpo attraversare lo specchio. Haruhi ebbe un sussulto, e si strinse ancora più forte a me. Quando guardai alle sue spalle, dallo spazio nero e profondo in cui eravamo sprofondati, vidi la bambina che avevamo scorto riflessa nello specchio, ormai salva nel suo mondo.
Alzò la mano e mi lanciò un saluto muto, mentre sulle sue labbra aleggiava un sorriso, lo stesso trionfante di Haruhi bambina.
Lasciai che la sensazione di caduta pervadesse tutto il mio corpo, mentre avvertivo la presenza di Haruhi farsi sempre più rarefatta, mentre anche lei si svegliava.
Have a good new day, Kyon.












[4] Perchè noi amiamo l'endless eight! <3
[5] L'immagine a cui mi sono ispirata
[6] La citazione: "Alice rise: «È inutile che ci provi», disse; «non si può credere a una cosa impossibile.»
«Oserei dire che non ti sei allenata molto», ribatté la Regina.
«Quando ero giovane, mi esercitavo sempre mezz'ora al giorno. A volte riuscivo a credere anche a sei cose impossibili prima di colazione.» "

   
 
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