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Autore: Sara Saliman    29/10/2010    8 recensioni
"Non c'erano Goblin a brulicare per la stanza, questa volta, non c'erano risatine che facessero vibrare le ombre, nè tuoni fuori dalla finestra. Nessun temporale aveva spalancato le imposte con una folata di vento. Ma lui... al chiarore che entrava dall'esterno, lui costituiva la stessa visione allucinata di allora." A cinque anni dagli eventi narrati nel film, una minaccia grava sul Labirinto e sui suoi abitanti. Jareth e Sarah sono costretti a collaborare: lui per il bene del Labirinto, lei per la salvezza dei propri amici. Ma, come sempre, nulla è come sembra!
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Siamo al penultimo capitolo.
Un grazie a Lady Stardust per il suo prezioso lavoro di revisione.
E a tutti voi fedeli lettori... buona fortuna! X)


Ovviamente: questi personaggi non appartengono a me ma ai rispettivi proprietari; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro, per il solo divertimento di chi vorrà leggerla.

 

****


 


Il nero è il colore del fango, del fertile, della materia fondamentale in cui le idee vengono seminate. Ma il nero è anche il colore della morte, l'oscuramento della luce. E il nero ha ancora un altro aspetto: (...) è il colore della discesa. Il nero è la promessa che presto conoscerete qualcosa che vi era ignoto.
(Clarissa P. Estès, "Donne che corrono coi lupi)




Le orbite vuote la risucchiarono, l'oscurità la chiamò a sè con forza irresistibile. Sarah ne fu attirata come ferro da una calamita, ma la sensazione non fu di cadere in quelle profondità: fu di disgregarsi.
Sarah sentì il buio premere contro di lei, insinuarsi sotto la pelle.
E' così che finisce, Jareth?
Le strisciò attraverso i muscoli, scollandoli. Riempì i vasi sanguigni, si fece strada nelle cavità delle sue ossa.
Hoggle. Ludo. Didimus.
Le inondò la mente, cominciò a scardinarle i pensieri.
Perdonatemi.
Il buio era freddo, freddo: divorava vita e calore e restituiva in cambio solo tenebra intatta.
Sarah cercò di gridare: l'oscurità le strinse la gola, si cibò del grido, lo ridusse ad gemito soffocato.
Poi si contrasse, si plasmò in immagini e volti incredibilmente concreti, e lei vi scivolò attraverso.
Non è reale.
Si aggrappò a quel pensiero con tutte le forze che le restavano.
Tutto questo non può essere reale.
(Devo credere)

Perchè se il buio e le immagini erano reali, allora il fantasma doveva essere lei.

[Io non piango.
La bambina tirò su col naso, inghiottì un singhiozzo, si sforzò di respirare.
Sbattè le palpebre e le lacrime le scivolarono lungo le guance, allora si limitò a stringere forte Lancillotto e a rannicchiarsi un po' di più sotto le coperte.
Da dietro la porta della stanza udiva suo padre e sua madre litigare.
-Linda, calmati! Sveglierai Sarah!-
-Calmati tu!-
La voce di Robert, di solito così mite, era un ringhio sommesso.
-Ragiona. I tuoi discorsi non hanno senso! Non puoi andartene così!-
La voce di Linda si alzò di un tono, diventando quasi isterica.
-Sì che posso, certo che posso! Sono un'artista! Ho un lavoro, ho bisogno di stimoli! Non posso restare a marcire in questo posto!-
-Marcire? Tu hai una famiglia! Hai un marito! Hai una figlia!-
-Sarah capirà!-
-Capirà?! Cosa dovrebbe capire Sarah? Ha dieci anni! Ti adora, vorrebbe essere come te! Come puoi andartene così? Sei sua madre!-
La bambina si tappò le orecchie, affondò la faccia nel cuscino.
E' un brutto sogno, pensò. La mamma non se ne andrà davvero. Farò la brava, sarò la bambina più brava del mondo, e la mamma mi vorrà di nuovo bene e non se ne andrà.]

Dissolvenza, rimescolata.
Le immagini si mischiarono come le carte di un mazzo.

[Era nel parco.
Stava seduta su una panchina, il piccolo viso fra le mani, una scarpa slacciata.
C'era caldo, fuori. Ma dentro di lei, all'altezza dello stomaco, c'era un nodo freddo e pesante.
Aveva deciso che non avrebbe pianto.
Era una bambina forte, era una bambina grande: glielo aveva detto la mamma mentre le arruffava i capelli e le posava un bacio sulla fronte.
-Sei una bambina grande, vero, Sarah? Tu lo capisci, che la mamma deve andare? Non piangerai, vero? Se non piangerai, quando tornerò ti porterò un bel regalo!-
Sarah l'aveva guardata in quegli occhi verdi, così simili ai propri. Avrebbe voluto dirle che non voleva regali, voleva solo che lei non andasse via. Ma le mancava il coraggio.
-Quando torni?- aveva chiesto soltanto.
La mamma aveva fatto un gesto vago con la mano affusolata.
-Torno presto.-
-Presto quando?-
-Per Natale sarò qui.-
Sarah aveva distolto lo sguardo.
-Siamo a giugno, mamma...-
-Ehi, cos'è quel musetto triste? Ti telefonerò tutti i giorni!-
-Ok.-
Linda aveva battuto le mani e l'aveva abbracciata, felice come Sarah non l'aveva mai vista.
-Ah, sapevo che tu avresti capito!-
Sarah avrebbe voluto dire che no, non capiva, non capiva davvero dove avesse sbagliato, cosa avesse fatto di così terribile perchè la mamma non le volesse più bene.
Aveva guardato l'espressione felice di Linda e aveva capito che lei si aspettava soltanto un sì.
E Sarah, obbediente, aveva annuito.]

Dissolvenza, di nuovo.
Il buio non era nero, conteneva in sè infiniti colori, ogni colore era un'emozione, un filamento di luce che poteva essere afferrato, separato dagli altri, tirato.
L'oscurità si sfilacciava come una maglia sottilissima.

[Ancora nel parco, ancora seduta sulla panchina. Ma non era sola.
Aveva un sacco di amici, adesso: amici soltanto suoi, che solo lei poteva vedere. Loro non l'avrebbero mai lasciata.
Una voce dentro di lei sussurrava che se avesse recitato a lungo, con tutta la passione di cui era capace, sarebbe riuscita a renderli reali. E Sarah fingeva di crederci, o almeno di sperarci davvero, o il vuoto che aveva dentro l'avrebbe inghiottita.
Un uccello bianco spiccò il volo nella luce tramonto: il suo petto era candido come un fiocco di neve, ma aveva ali dorate e occhi nerissimi.
Le passò così vicino che lo spostamento d'aria le scompigliò i capelli.
Le sembrò che una voce maschile, bassa e un po' roca, le sussurrasse qualcosa all'orecchio.
Niente è ciò che sembra, Sarah.]

La tenebra si disfaceva come una rete.
Le immagini continuavano a fluire: le emozioni erano i gradini di una scala, la scala una spirale discendente. Sarah la stava percorrendo scalino dopo scalino, sempre più in basso, verso il buio perfetto spalancato sul fondo, che la scrutava come un'orbita vuota.
Mano a mano che scendeva, i ricordi sfumavano l'uno nell'altro, si sfaldavano in pure suggestioni.

[Era pomeriggio inoltrato ed era nella propria stanza. Una luce livida filtrava dalla vetrata e aleggiava sui suoi libri, sullo specchio, sugli occhi vitrei dei suoi pupazzi. Da dietro la porta proveniva una risata femminile, ma non era quella di sua madre. Quando suo padre si unì alla risata, Sarah sentì un freddo pungente insinuarsi nei propri pensieri.
Guardò il parco oltre la finestra.
Stava calando la sera: c'era freddo e presto avrebbe fatto buio, buio come...
(occhi)
Una sensazione di angoscia le strinse il cuore. Le pareti della stanza tremarono, come riflessi che si scomponessero nell'acqua. Un senso di smarrimento le artigliò il ventre, un nome le affiorò alle labbra e pronunciarlo fu come respirare dopo una lunga, lunghissima apnea.
-Jareth.-
(Volevo solanto essere amata)
(Questo re è sempre stato innamorato di te)
-Con chi parli?-
Sarah si voltò di scatto.
Sbattè le palpebre.
La stanza non era quella della propria infanzia: perchè mai avrebbe dovuto esserlo?
Era la stanza del college e c'era Gillian accanto a lei. La ragazza si passò una mano fra i corti capelli neri e viola, abbracciò l'intera stanza con un ampio gesto.
-Sarah, tesoro, Come puoi rintanarti in un mondo così ristretto?-
Sarah sospirò.
-Gillian, basta, per favore. Probabilmente hai ragione su tutto, ma io sono fatta così. La mia vita mi piace com'è. Tranquilla e ordinata.-
-Tranquilla? Ordinata? Non ti sento parlare di felicità!-
Sarah non rispose.
Gillian si voltò verso il corridoio, poi sembrò ripensarci e tornò indietro. Le posò una mano sulla spalla.
-Sai, a volte sembra che tu abbia paura di qualcosa.-
Sarah socchiuse gli occhi, si massaggiò le tempie pulsanti.
-Questa conversazione è già avvenuta.-
La stretta di Gillian sulla sua spalla si accentuò leggermente, un bagliore dorato scintillò nei suoi occhi castani.
-Di cosa hai paura, Sarah?-
(Eri testarda come un Goblin, e non avevi paura di niente!)
-Questo è un ricordo.- Sarah serrò gli occhi.
Le mani Gillian le sfiorarono la fronte.
-Di cosa hai paura, Sarah?-
-Tu non sei qui, nemmeno io sono qui! Questi sono solo ricordi!-
-E questo li rende forse meno reali?-
Il mondo intorno a lei si crepò, la superficie della realtà andò in pezzi, svelando l'oscurità sottostante.]

Sarah precipitava, adesso. L'aria le fischiava nelle orecchie, la caduta le mozzava il respiro.
Cercò nuovamente di gridare ma la tenebra le riempiva la gola e la soffocava e lei serrò istintivamente
(gli occhi, devi guardarlo negli occhi)
i pugni mentre una domanda sussurrata, insistente, vibrava come una nota d'argento, diventava un nastro attorno al suo polso
(Di cosa hai paura, Sarah?)
e lei vi si aggrappò come fosse la sua unica salvezza.
-Ho paura di soffrire!- gridò.
Il suo cuore si spezzò.
Non come se andasse in frantumi, ma come se, finalmente, si aprisse. Ne uscì una risposta, una soltanto, che scintillò nel buio come una corda d'argento. Sarah vi si aggrappò con più forza.
-Ho paura di fidarmi delle persone! Ho paura che, se amerò davvero qualcuno, quel qualcuno prima o poi mi abbandonerà!- trasse un profondo respiro. -Niente è solo come sembra! Questi sono i miei ricordi: non sono io dentro di loro, ma loro dentro di me. Io non sto cadendo da nessuna parte, sono ancora al castello, sto guardando il Corinzio negli occhi!-
Sentì le mani dell'uomo scivolare via dalle proprie spalle: istintivamente lo afferrò per i polsi, lo tenne stretto.
-No, tu non vai da nessuna parte!- sibilò.
Aprì gli occhi, lo guardò.
E, finalmente, lo vide.
Sarah sentì le lacrime colarle lungo le guance, ma non vi badò.
-So cosa sei.-
Il Corinzio cercò di divincolarsi, Sarah lo strinse con più forza.
Era strano: sembrava debole adesso, come se tutta la forza che aveva dimostrato in passato lo stesse rapidamente abbandonando.
Per riversarsi in lei.
Sarah pianse contemplando la tenebra che si contorceva in quelle orbite, ma non vacillò.
-C'è un dolore che non ho mai confessato a nessuno, un dolore così grande che non ho mai osato nemmeno guardarlo. Ho sempre vissuto cercando di ignorarlo, tanta era la paura che mi schiacciasse. Cinque anni fa, quando venni nel Sottosuolo per la prima volta, portavo quel dolore con me. Il Labirinto gli diede una forma: quella forma sei tu.-
Il Corinzio rimase immobile, pietrificato. Sarah rincarò la dose.
-Tu sei questo: non "Il Corinzio", ma Un Dolore. Sei l'abbandono da parte di mia madre, le notti insonni a sperare che non se ne andasse, o che tornasse dopo che se n'era andata. Sei i pomeriggi che passavo a chiedermi se avrei mai potuto essere amata e la paura di scoprire che, no, non potevo. Sei le favole che recitavo ossessivamente in quel parco deserto, per non tornare in una casa non mia, in una famiglia non mia, e trovarmi nella mia stanza, più sola che se fossi stata davvero sola. Tu sei il mio dolore di allora, e la rabbia impotente che riversavo su Toby, e il senso di colpa che mi divorava, perchè ero troppo piccola per capire che, se delle colpe c'erano, non erano mie.-
Un guizzo di luce verde scintillò in fondo alle orbite del Corinzio. Stranamente sembrava... meraviglia.
-E' davvero questo che sono?-
-Sì. Sei tutte queste cose, e sei anche la paura che quel dolore si ripeta. Per questo non hai fatto del male a nessuno dei miei amici, ma ti sei accanito su Jareth. Lui è l'unico che potrebbe infliggermi un dolore che non potrei sopportare.-
Sarah lasciò i polsi del Corinzio, gli prese il viso fra le mani. Poggiò la fronte contro la sua.
-Tu sei reale, e hai il diritto di esistere, ma io non ti permetterò di infettare ogni angolo della mia vita e di questo Labirinto, o di fare del male alle persone che amo solo perchè le amo!-
Il Corinzio le prese il viso fra le mani, a sua volta.
-Io ti ho chiamata per anni, ma tu non arrivavi mai! Fingevi che non esistessi!-
-Credevo che se ti avessi ignorato, prima o poi te ne saresti andato!-
-Invece più non mi guardavi, più io crescevo!-
-Perchè mi hai attirato qui?-
-Per tenerti al sicuro! Io voglio proteggerti, voglio stare con te! Sono l'unico che ti capisca!-
Sarah quasi gridò.
-Non puoi tenermi "al sicuro"! Non puoi "proteggermi" allontanandomi dalle persone che amo, o chiudendomi in un mondo dove non esiste nessuno all'infuori di noi due. Non è così che deve andare!-
-E come deve andare?-
D'impulso, Sarah gli gettò le braccia al collo, lo abbracciò con ferocia. La sua veste macchiò di rosso la pelle chiara del Corinzio, le macchie si allargarono sui suoi abiti come chiazze di sangue.
-Tutte le volte che avrò paura di qualcosa, tu mi ricorderai quanto posso essere forte. Tutte le volte che sarò in dubbio per qualcosa, tu mi presterai la tua saggezza. Io non permetterò mai, mai a nessuno di ridere di te, di sminuirti o di dirti che sei sbagliato. E ognuno dei due insegnerà all'altro la compassione.-
Sarà come un lungo ballo.
Il Corinzio posò il capo sulla sua spalla. Era più piccolo adesso, sembrava un bambino bianco e rosso in tutto quel nero. Sarah lo prese in braccio e lui nascose il viso contro la curva indifesa del suo collo.
-Ero davvero così terribile?- mormorò.
-Eri qualcosa che allora non sapevo gestire.-
-Era davvero colpa tua?-
-No. Ma allora non lo sapevo. I bambini si sentono sempre in colpa.-
Sarah lo abbracciò più forte. Il Corinzio rimpiccioliva, diventava un punto di luce tra le sue braccia.
La ragazza si ritrovò a reggerlo sul palmo della mano. Era diventato un chicco di melograno e la sua voce era un'eco lontana.
Avrò mai degli occhi?
Sarah lo accostò alle labbra.
-Hai i miei.-

 

****


Alla fine, Hoggle non riuscì più a trattenere l'angoscia.
Si avventurò per la città di Goblin, entrò nel castello, vagò di stanza in stanza, chiamando Sarah per i saloni deserti. I corridoi erano così contorti da sembrare un labirinto nel Labirinto.
Quando la trovò, la ragazza era seduta per terra nella sala del trono.
La gonna rossa si allargava come una chiazza di sangue sopra il marmo nero. Il re dei Goblin era una figura inerte fra le sue braccia.
Sarah era china su di lui, gli accarezzava i capelli dorati, sporchi di sangue, gli sussurrava qualcosa contro la fronte.
Hoggle esitò sulla soglia.
-Sarah...?-
Lei non gli rispose e Hoggle si avventurò più vicino.
La sala era scura, scura come il buio da cui erano nati il tempo e i mondi, scura come la pista da ballo dell'eternità.
-Sarah?- chiamò ancora.
La ragazza sollevò il viso da quello di Jareth.
Hoggle gemette piano quando vide cos'era accaduto agli occhi del re.
Sarah lo guardò smarrita. Gli tese una mano, implorante, e Hoggle non potè fare altro che andarle incontro e stringerla fra le proprie.
Quando la ragazza parlò, il nano ebbe l'impressione che qualcosa in lei si fosse irrimediabilmente incrinato.
-E' morto, Hoggle. E' morto.-
Hoggle tese braccia, Sarah nascose il viso nella sua casacca.
Singhiozzava penosamente, tremava così forte da dargli l'impressione che, se non avesse smesso al più presto, qualcosa in lei si sarebbe spezzato.
-Dio... Dio! Non può essere vero... ! Ti prego, Hoggle, dimmi che non è vero!-
Il nano avrebbe voluto avere parole per consolarla, ma non ne trovò nessuna.
La strinse dolcemente, più dolcemente che potè. La cullò piano, come fosse una bambina.
-Piangi, Sarah. Butta tutto fuori. Piangi.-
E Sarah pianse.


****


So che la conclusione di questo capitolo sarà piuttosto impopolare e giuro che quando avrò finito la storia accetterò stoicamente tutti i linciaggi del caso u_u
Intanto però mi piacerebbe sapere cosa pensate del capitolo intero, non solo dell'ultima parte.

Daydreamer: grazie cara! Rumpelstinkin se la leggi te la ricordi sicuramente: che io sappia non ci hanno fatto film, però come fiaba è abbastanza popolare, e lì il potere del nome si vede molto bene!

Lady Stardust: Io adoro Hoggle. Secondo me è uno dei personaggi più belli di tutto il film: DOVEVO dargli un momentino di gloria tutto suo. Aspetto il bannerino, eh!

Devilcancry: ecco, magari lavoriamo un po' di più sul nome, magari X)

Shinigami Noir: l'aggiornamento si è fatto un po' aspettare, ma alla fine è arrivato.

CappellaioMatto: grazie per i complimenti! Paura per Jareth? Ehm, adesso non c'è proprio più niente da temere :P

Misfatto: Dalla tua domanda deduco che conosci il Corinzio di Neil Gaiman! :) Cmq no, Il "mio" Corinzio non si è messo gli occhi di Jareth, glieli ha "solo" -ehm- inchiodati.

Jessica80: io?!? far morire il re?!? Ma ti pare possibile? *Saliman volge gli occhi al cielo, evasiva*



 

   
 
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