L’angolo
dell’autrice…
Scusate
ancora il ritardo.. ho avuto problemi con la scuola… essendo
in quinta, viene
un po’ in salita riuscire a liberare la mente da tutto il
resto e lasciarsi
andare alla scrittura… In ogni caso.. sono contenta di
essere quasi arrivata al
traguardo.. :D
Bene..
come
promesso, oggi commento le mie carissime e assidue commentatrici..
4lb1c0cc4:
lo
so.. fremi dall’impazienza per sapere dove cavolo
è andato
a nascondersi.. :D Ahahaha! Vedrai.. questo capitolo ti
illuminerà fin dall’inizio!
E anche gli altri problemi che hai menzionato troveranno risposta in
questo
capitolo…!! Sono proprio contenta che ti sia piaciuta questa
storia..!! Mi si
riscalda il cuore! Ci vediamo al prossimo (e ultimissimo)
capitolo…!! BESOSS**
Lucyette:
ahahaha!
Ho fatto in modo che non vi fidaste più
delle situazioni tranquille.. anche perché adoro rigirare e
rimescolare le
carte in tavola! Però questa volta lo dico sinceramente, non
c’è niente da
temere… e per quanto riguarda la vita facile..
bé.. non ce l’abbiamo noi che
siamo vivi al di fuori delle storie, e vuoi che ce l’abbiano
loro? Sarebbe
troppo surreale! :D Comunque… grazie per aver commentato,
sono STRAFELICISSIMA!
Spero che ti piaccia anche questo capitolo!
Perfetto…
adesso vi lascio all’ultimo capitolo di questa
storia… il prossimo sarà l’epilogo!
Besosss***
Vostra,
Kyryu!!!
DECIMO
CAPITOLO
Ema…
Davanti a
casa di Gio si estende il parco de “El
Retiro”… E’ un grandissimo giardino
pubblico (dovrebbe essere un parco di
Non
sapevo cosa aspettarmi veramente da mio padre, ma sapevo di certo che
le sue
parole mi avevano dato un netto schiaffo morale. Certo, immaginavo
perfettamente come mi sarei dovuto comportare.. però non si
potevano cambiare
le cose.
Mi
guardai attorno.. davanti a me si estendeva il lago artificiale che
ospitava
barchette e paperelle, prontissime a farsi dare da mangiare.
L’unico
punto di domanda in quel momento era il come affrontare la
cosa… Sarei stato
felice di avere Gio per sempre al mio fianco, di rendere lei
altrettanto
felice.. e soprattutto sarei voluto diventare un padre a tutti gli
effetti. Non
ero stato presente i primi mesi per la piccola, ma ci sarei stato per
il resto
della sua vita e guai a chi mi avrebbe allontanato da lei.
La
conoscevo
giusto da qualche giorno, ma l’avevo sentita mia fin
dall’inizio… la nostra
bambina avrebbe ricevuto l’amore e le attenzioni che DOVEVA
avere e non ci
sarebbe stato niente da ribattere. Non avrei mai permesso neanche a mio
padre
di allontanarmi dagli amori della mia vita. Intanto, non mi accorsi per
bene
cosa stesse accadendo sopra la mia testa, talmente tanto ero immerso
nei miei
pensieri: un concentrato di nuvoloni neri ed intensi si erano
raggruppati,
quasi a voler formare un’alleanza, e sembravano talmente
tanto minacciosi che
avrebbero convinto qualsiasi bambino, amante della natura e
dell’inverno
rigido, a rintanarsi in casa senza fare alcuna discussione.
In quel
momento, rimpiansi di essermi fatto prendere dalla fretta e dalla
voglia di evadere:
di certo avrei potuto sollevare lo sguardo quando stavo uscendo,
perlomeno per
capire che diavolo avessi in mente di fare! In quel momento, oltre
levare il
mio sguardo verso la mia immensa sfortuna di avere un cervello limitato
e ben
poco attento, mi accorsi sfortunatamente di non aver afferrato dove mi
fossi
andato a cacciare; oltre al buio che si stava creando attorno a me, si
era
formata una piccola patina di nebbia che mi aveva precluso la vista di
ciò che
avrei dovuto avere di fronte a me.
-Dannazione!-
sibilai, a denti stretti, mentre in lontananza sentivo un rumore
sinistro, un
tuono talmente tanto potente da rimbombare in tutta la
città. Cercai di
orientarmi, ricordandomi di essere arrivato da destra e di aver
camminato per …
un bel po’.
E’
vero: quando si fanno le
cazzate, si devono fare proprio in grande stile! Pensai, mentre mi maledicevo
in ogni singolo
istante, brancolando nell’ombra di quella foschia che mi
copriva la visuale.
Ad un
certo punto, non so dove né quando, sentii di aver
schiacciato qualcosa di
viscido sotto la mia scarpa, sperando veramente che non fosse quello
che avevo
temuto di più: purtroppo, anche al buio si sarebbe
riconosciuta, causa il suo
tanfo.
Avevo
accidentalmente schiacciato una cazzo di cacca di cane; proprio non
poteva
andarmi di meglio! La foschia non accennava a farmi capire dove mi
trovassi,
però i rumori della città vicini, mi diedero
l’impressione di essere perlomeno,
sulla buona strada per arrivare all’entrata. Nel frattempo,
ero riuscito a
mettere un piede in una pozzanghera che non avevo notato ed ero
riuscito a
bagnarmi la parte destra dei jeans. Della serie:”Non
c’è due senza tre!”.
Sentii un altro tuono e urlai, a non so chi:-SI! CERTO! E POI MAGARI
PIOVE!
Giusto perché non ne ho avute abbastanza al
momento…-
Neanche a
dirlo, cominciò a piovere che Dio la mandava.
La mia
unica soluzione era trovare un albero che potesse ripararmi, ma ormai
mi
sentivo perso; non c’era un filo di luce, tranne i lampioni
che, ogni tanto,
riuscivano a farsi spazio nella foschia, ma per il resto le persone
erano
affidate al loro destino- o, in questo caso, dato che non ero riuscito
ad
incontrare anima viva, IO ero stato affidato al mio proprio destino,
così
continuai ad andare avanti a tentoni.
Stranamente,
quella situazione fisica rispecchiava in parte anche la mia situazione
mentale:
continuavo a brancolare nel buio, alla ricerca di una luce, di un
piccolo
barlume di speranza… un qualcosa che mi
dicesse:”Hey! Guarda che devi venire di
qua!”.
Cercai
riparo sotto un grande albero, ma purtroppo la situazione non
migliorava per
niente.. tanto ormai mi ero bagnato a sufficienza per definirmi un
idiota patentato.
Faceva un
freddo cane, ma potevo resistere ancora un po’. La pioggia
continuava a
scendere e la foschia non accennava a diminuire; per me, per un uomo in
generale, era uno di quei casi frustranti che capitano poche volte
nella vita:
il non vedere cosa si ha davanti. Il non sapere cosa fare subito dopo.
Avere
sempre qualcosa da fare per non rimanere oppressi dalle situazioni, per
noi è
tutto. E questo decisamente incarnava uno dei momenti più
brutti per un
ragazzo.
Speravo
che si calmasse. O perlomeno che qualcuno si accorgesse di qualcosa.
Mi
sedetti e scrutai l’orizzonte cupo.
Non so
quanto passò effettivamente, forse
mezz’ora… ma mi accorsi che le nuvole si
stavano diradando, lentamente, passando dal nero cupo ad un colore
più chiaro…
la nebbia
c’era ancora, ma non così
intensa da non permettermi di vedere.
E fu
allora che sentii…
-EMA!!
EMAA!!-
Era la
sua voce. Per me e per il mio cuore, era meglio di un raggio di sole in
mezzo a
quell’oscurità. All’improvviso, comparve
lei
circa duecento metri lontano da me; tutta bella infagottata
in un cappotto
impermeabile scuro, con degli stivali anti-acqua rossi, guanti, sciarpa
e
cuffia rossa che facevano risaltare la sua immagine anche a migliaia di
metri
di distanza. Anche l’ombrello a quanto potevo vedere era
rosso carminio.
Mi sentii
bene.. avevo ancora una volta capito che avrei dovuto confidarmi subito
a lei,
anche se non sono mai stato capace di parlare con qualcun altro dei
miei
problemi. Avevo sempre fatto affidamento su me stesso, fin da epoche
immemorabili…
fin da prima di essere stato adottato dai miei.
Ma non
poteva funzionare così… Gio, innanzitutto, aveva
un carattere molto impulsivo e
al primo sentore di problema aveva il viziaccio di scattare…
adesso non potevo
più permetterle di mettersi problemi per un minimo nonnulla;
cinque mesi non
erano uno scherzo e me ne sarei dovuto rendere conto fin
dall’inizio.
La vidi
voltarsi a destra e a sinistra, scoraggiandosi e cominciando a sbuffare
in
maniera quasi innaturale; la vidi a poco a poco, avanzare con
un’espressione
affranta.
Non
riuscivo a muovermi, talmente tanto ero impietrito dalla sua
espressione:
sembrava si stesse trattenendo dal fare qualcosa. Quando cominciai a
scorgere
per bene il suo viso, mi accorsi che qualcosa di piccolo stava
luccicando sul
suo volto preoccupato ed ansioso; stava piangendo con
un’espressione
ansiosissima sul volto.
La vidi
mettersi una mano davanti alla bocca, singhiozzando esplicitamente,
mentre
continuava a guardarsi attorno; ma che
cazzo hai in testa? CORRI DA LEI! Pensai, concentrandomi
mentalmente
sull’azione *muovere le gambe*. Niente mi sembrava
più giusto di quello… era
lei la mia luce.
Ragionavo
solo per cazzate, continuavo a fare cazzate, però
l’unica cosa che sapevo fare
bene veramente era… correggermi e farmi perdonare delle
cazzate compiute.
Nonostante molte persone pensino che le cazzate servano ad imparare,
certe
volte sarebbe meglio evitarle… come in questo caso.
Ho
permesso che la mia fidanzata, incinta di cinque mesi, uscisse sotto
questo
temporale e si facesse venire una crisi nervosa per colpa del
sottoscritto che
non l’ha avvisata che stesse uscendo a schiarirsi le idee.
ENORME cazzata.
Meglio
dire, ENORME CAZZONE… mi rispose
la mente, mentre
correvo verso Gio. Non mi aveva ancora visto bene, dato che, assieme
alla
pioggia torrenziale e alle sue lacrime non riusciva a mettere a fuoco
la mia
figura.
Quando
riuscii ad entrare nel suo campo visivo, notai cambiare totalmente la
sua
espressione come se una stella fosse esplosa in milioni di atomi
luccicanti ed
avesse illuminato tutto quel grigiore che fino a qualche minuto prima
aveva pervaso
qualsiasi mio senso. Quella corsa mi faceva sentire un passo sempre
più vicino
alla luce.
Sempre
più vicino alla mia fonte
di luce.
Non avrei
mai più permesso a me stesso di procurarle
quell’effetto, nonostante ai miei
occhi risultasse molto più bella con
quell’espressione addolorata, la più bella
tra tutte.
E’
dal
dolore che nasce la forza, dalle lacrime la bellezza.
Mi
lanciai d’impulso ad abbracciarla, nonostante fossi ben
cosciente di essere
bagnato dalla punta dei piedi alla radice dei capelli e potessi metter
a
rischio la sua salute.
In quel
momento se ne fregò anche lei, stringendomi convulsivamente.
Ci confondemmo in
un abbraccio profondo, strettissimi sotto quell’ombrello,
quasi a non volerci
dimenticare che eravamo nati per essere una cosa sola, nonostante ci
avessimo
messo anni a capirlo.
Sentivo i
suoi singhiozzi contro la mia spalla e il dolce pancione attaccato al
mio
corpo, dove la bambina scalciava contenta e felice di
quell’affetto smisurato.
-N.. no..
non sapevo dove fossi andato… m.. mi hai spaventata a
morte… Non tanto per il
motivo che forse ti sarebbe potuto succedere qualcosa, ma
per… per il fatto che
avresti potuto decidere di andartene, di lasciarmi sola e di non
tornare mai
più.. Io… non sapevo che fare…
L’.. l’unica cosa che dovevo fare era
cercarti…
provarci, almeno..- sussurrò, mentre attorno a noi, il
rumore della pioggia
attutiva quietamente i nostri silenzi. La tenni più stretta
a me e le sussurrai
sull’orecchio:
-Ho
promesso che ti sarei stato accanto e, soprattutto, che non
t’avrei mai più
lasciato. Come hai potuto credere che ti lasciassi così? E
soprattutto.. senza
essermi portato appresso neanche un cellulare? Però mi devi
scusare… Lo sai, io
non sono una persona che appena ha un problema, si confida. Rifletto e
provo a
risolvere da solo… Ecco è una specie di abitudine
che ho da quando sono
piccolo… Non sono.. abituato a fare affidamento su qualcuno,
nonostante chi
abbia davanti sia la persona della quale mi fido di più in
assoluto. Avevo
bisogno di riflettere e.. non mi è venuto proprio in mente
di dirti qualcosa…
ecco, così.. sono uscito. Come un idiota, dato che ho
schiacciato un cavolo di merda
di cane, ho messo un piede in una pozzanghera, mi sono bagnato dalla
testa ai
piedi… Mi sono decisamente incazzato, non vedevo niente a
causa della pioggia e
della nebbia e soprattutto il buio non aiutava.. E questo mi ha fatto
capire..
che se mi allontano ancora da te, sarò nei
guai…Anche perché credo che tutte
queste belle cose mi siano accadute a causa di qualche maligno pensiero
che mi
ha lanciato lo zio-
Sentivo
la sua dolce risata ridondare nelle mie orecchie… avevo
già detto che, quando
rideva, tutto ciò che c’era attorno a lei
s’illuminava?
Stavo
bene, nonostante il freddo, i vestiti bagnati, il tempo del cavolo che
attorno
a noi non si era ancora calmato del tutto… ma dentro di me,
sentivo che la
tempesta era terminata appena era arrivata a prendermi.
Mi
staccai un poco e le presi il viso tra le mani.
-Sai che
non potrei allontanarmi da te… anche se faccio cazzate, io
ritorno sempre da
te. Quindi, non temere…-
-Però
non
farlo più.. anche se mi mandassi un messaggio con un
piccione viaggiatore,
andrebbe bene… ma per quale motivo sei andato via?- mi
chiese, stringendomi
ancora. Le feci affondare per bene la testa sul mio petto, quasi a
volerle
nascondere il mio viso.
-.. Mio
padre è arrabbiato. Gliel’ho detto al telefono.-
le dissi, senza fare inutili
giri di parole.
Gio non
si mosse, né si irrigidì e rispose, solare:
-Stranamente,
me l’immaginavo una cosa simile. Effettivamente, ci siamo
sempre preoccupati
della reazione dei miei… ma ci è andata fin
troppo bene. Avremmo dovuto
preoccuparci di tutt’e quattro.. e. cavolo! Anche la zia
è incinta, quindi
speriamo di ritrovare un certo appoggio anche da parte sua. E.. adesso
che mi
ci fai pensare, mio padre sembrava fin troppo allegro per essere uno
che ha
appena ricevuto una notizia così devastante…-
sollevò il viso e mi guardò per
un attimo..- .. scommetto tutto quello che ti pare che contava su
questa
reazione di zio Dario per potersi divertire davvero…-
Sentii
uno strano brivido di terrore percorrermi la schiena, come se quella
piccola
predizione avesse scombussolato tutto il mio modo di pensare.
In
pratica, sentivo di aver fatto un’altra idiozia: avevo perso
tempo nel pensare
a chissà cosa, quando invece mi sarei dovuto preparare le
armi per la difesa…
perché ormai non credevo che saremmo riusciti ad affrontare
mio padre senza
esserci preparati a dovere.
Mi sento
scontato ogni volta che lo ripeto, ma avere Gio tra le braccia mi
faceva
sentire forte e potente… mi sarei potuto
tranquillissimamente presentare da mio
padre senza armi, con un solo ramoscello d’ulivo tra le mani,
con la convinzione
estrema che sarei riuscito a vincere quel dibattito con quel fragile
rametto.
Certo…
quel rametto rappresenta
quello che diverrai se non ti difenderai per bene dalla rabbia
incontrollata di
tuo padre…
rispose la mia mente, messa a tacere dal mio cuore.
Dovevamo
ragionare, non stare a scannarci.
Mi
staccai un poco, notando l’espressione di
contrarietà sul suo viso, ma era
giunto il momento.
-Dobbiamo
andare.. prima che arrivino e mio padre nasconda delle mine sotto il
pavimento
per farmi saltare in aria…- le dissi, mentre lei si faceva
quattro risate. Ero
sicuro al cento per cento che non le avrebbero mai detto niente, anche
perché
se ci avessero anche solo provato, avrebbero passato le pene
dell’Inferno per
mano mia.
Intanto,
ci staccammo un attimo, per poi porgerle la mano che prese
immediatamente.
-ODDIO!
Ma sei gelato!- mi disse, mentre faceva per togliersi il giubbotto ed
io glielo
richiusi.
-Stai
buona. Quella che potrebbe rischiare sei tu, non io. Quindi vedi di non
osare
troppo… già è tanto se sei uscita e
per questo mi sarei già dovuto incazzare.
Ti ricordo che hai una bambina in grembo..- le dissi, mentre andavamo
avanti.
-Se un
certo idiota non avesse fatto la cazzata di uscire di casa senza
niente, la
sottoscritta non si sarebbe Né preoccupata né
uscita di casa … ma, a quanto pare,
non potevo lasciarlo da solo.. non sarebbe mai riuscito a rientrare a
casa..-
mi sfotté, con una certa soddisfazione ed un sorrisetto
delizioso sulle labbra.
Ci dovemmo fermare perché la baciai ancora.
-Ti
amo…
- le sussurrai, prima di ottenere in cambio un pugno sullo
stomaco… poteva aver
perso peso, ma avrei potuto scommetterci che aveva continuato ad
allenarsi.
Mano per
mano ci avviamo a casa.. certi che il nostro rapporto, nonostante non
fosse il
più calmo del mondo, avrebbe vinto qualsiasi sfida e
problema.
Una
macchina grigio scuro era parcheggiata davanti alla villetta dei miei
zii;
erano già dentro… Non avevo paura.
Non ne
avrei avuta mai più.
Gio…
Sinceramente
non so se dovrei
descriver quel ring che era diventata casa mia da quando avevamo messo
piede
dopo che ero uscita a recuperare Ema… L’amore
della mia vita era sicuro più che
mai a farsi valere senza spazientirsi e spiegando tutto, per filo e per
segno.
Mia zia
sembrava più splendida che
mai: era al sesto mese e stava benissimo. Sia fisicamente che
dall’espressione
solare che portava in viso. Il
suo
sguardo, quando mi vide, si fece ancora più vivo, venendomi
incontro
abbracciandomi.
Avevamo lo
sguardo di chi aveva
capito cosa significava portare in grembo un bambino… Lei
capiva. Capiva Ema,
capiva me. Ma non era di certo lei quella da convincere.
Mio zio non
mi aveva calcolata per
niente, mentre si occupava di guardare male Ema.
Intanto, il
papy si gustava la
scena accanto a mia madre, tenendola abbracciata… in quel
momento mi accorsi
che erano accorsi anche i miei fratelli per assistere alla scena; mio
padre,
all’inizio, non aveva voluto che i miei fratelli sapessero
così dal niente della
mia gravidanza, ma dopo aver parlato loro, avevano accettato che presto
sarebbero diventati zii… anche se
all’età di tredici anni.
Donata e
Luca si erano gentilmente
defilati, mentre si occupavano di questioni loro che non avrei voluto
sapere.
Tutti erano
fissati su quella
parte di salone, in cui Ema e suo padre aspettavano il momento adatto
per
parlarsi; a poco a poco, mia madre convinse i miei fratelli e mio padre
a
lasciare la stanza, facendo in modo che rimanessimo solo con gli zii.
Uno
schiaffo sonoro rimbombò in
tutta la sua acustica. E altri due ancora.
La rabbia
dello zio se si era
espressa solo con due schiaffi, si era sicuramente molto attenuata da
quando
era venuto a sapere della notizia.
-Sei un
idiota. Non ricordavo di
averti cresciuto in maniera così poco seria. Mi hai deluso
fortemente, Ema.-
gli disse, a bassa voce. Ema incassò e non disse niente;
sapeva che aveva
ragione e per questo non aveva aperto bocca. Lo vidi prendere un
respiro e
rispose:
-So di aver
fatto uno sbaglio… ma
mia figlia non è un errore. E non lo sarà mai.
Non sbaglierò ancora… mi
dispiace per averti fatto soffrire…- rispose Ema, esprimendo
il suo dolore.
-Scusarti?
SCUSARTI? Cosa pensi di
dire a tua figlia quando sbaglierai anche con lei? “Scusa, mi
dispiace”? No,
Ema! Non eri ancora pronto per affrontare questa cosa… e
adesso ti ostini a
voler rimediare… perché è questo che..-
-NON DIRE
CAZZATE!- Ema era
scattato alla grande, guardando con furia cieca suo padre
–Non ero pronto, ma
adesso lo sono… Amo Gio più di qualsiasi cosa e
sono disposto a TUTTO per lei e
per nostra figlia che verrà al di sopra di tutto. Non osare
mai più dire
qualcosa del genere perché sappi, Papà, che non
ti perdonerò mai più per aver
parlato in questo modo di me e dei miei sentimenti… pensavo
che tu, primo di
tutti, avresti capito… avresti capito che NON AVREI MAI
FATTO COME FECE QUEL
BASTARDO CHE ERA IL MIO VERO PADRE! e invece mi sbagliavo..
ancora…- disse Ema,
deluso.
Ema non
parlava mai volentieri dei
suoi veri genitori… perché aveva sofferto troppo.
Prima di essere stato
adottato dai miei zii, aveva vissuto una situazione non felice. Ancora
in quel
momento aveva difficoltà a parlarne, notai con stupore. Io
conoscevo la storia,
ma non gli avrei mai detto che la sapevo… anche
perché mi sembrava giusto non
cercare di riaprire vecchie ferite. La sua espressione ostentava a far
trasparire ira, ma effettivamente ciò che risaltava di
più era la tristezza
ancora presente dentro sé stesso, come un’ombra
scura sul fondo di quegli occhi
splendidi.
No, no,
no… pensai,
mentre mi stavo avvicinando a lui per sostenerlo.. per non so
cosa: non ero disposta a vedere il mio fidanzato ridotto in quello
stato per
mano di qualcuno; l’avrei difeso e niente mi avrebbe fermato.
Scattai
velocemente, ma venni fermata dalla zia che, con uno sguardo, mi fece
capire
che non dovevo avvicinarmi.
In un
attimo, mi accorsi che lo
sguardo irato dello zio si era tramutato in un gesto di puro affetto:
aveva
abbracciato suo figlio con tenerezza.
-Era questo
quello che volevo
sentirti dire. Non sono mai stato così tanto fiero di te,
come lo sono adesso…
Mi dispiace per averti detto quelle parole.. ma volevo testare se fossi
cambiato da quel ragazzino che eri meno di una settimana fa: ti ricordo
che se
non ti avessi dato una lavata di capo, non ti saresti mai mosso di
casa..- gli
disse lo zio, tenendolo tra le sue braccia.
Vidi il mio
ragazzo trattenere le
lacrime, quando rispose:
-Mi
dispiace Papà… non volevo
esagerare… ti voglio un bene del diavolo…! E
soprattutto.. vorrei che sapessi
che, anche se non sei stato tu a “generarmi”,
sarò per sempre tuo figlio..-
guardò un attimo la zia -… vostro figlio..-
La zia era
una persona dalla
lacrima facile e in tutta velocità, si gettò tra
le braccia di suo figlio e di
suo marito che si strinsero attorno a lei senza dire una parola,
convinti che
ormai tutto quello che avevano da dirsi, l’avessero
già detto.
Lo zio si
staccò da Ema, mi
sorrise e si avvicinò, abbracciandomi con cura.
-Sono
più che felice che stiate
insieme.. non avrei mai voluto vederlo con nessun’altra che
non fossi tu.. ho
sempre scommesso che una volta o l’altra vi avrei visti
insieme ( tenevo la
facciato dello zio rabbioso solo per far contento Matte)… ma
non avrei mai
immaginato una cosa così stupefacente! Grazie,
Gio… - mi disse, mentre io
sorridevo felice.
-No, zio..
grazie a te per
l’enorme sostegno!-
Ema mi si
avvicinò da dietro e mi
rispose all’orecchio:
-Grazie a
te… solamente per
esistere…-