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Autore: ClaryMorgenstern    02/11/2010    4 recensioni
«Senti, Jace. » lo rimproverò con dolcezza. «Non lo sai che non bisogna giocare con i vetri rotti?»
Soffocò la risata che sentiva salire. Lei lo aveva salvato. In ogni modo in cui una persona può essere salvata. Lo aveva reso ciò che era adesso, lo aveva reso felice, per qualche strano motivo. Le gettò le braccia al collo, la strinse forte a sé e ripeté ancora il suo nome. Una, dieci, cento volte. All'infinito se possibile, come se quella lenta e dolce litania potesse salvarlo dal dolore per la perdita del primo vero amore della sua vita.
 
La città di Ossa, Vista dagli occhi di Jace. Hope you like it!
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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The Mortal instruments; La città di ossa - Jace Wayland.
 

Capitolo VIII; Il circolo

 

 

In Tutta la sua vita, Jace aveva sempre sostenuto 3 cose.

La prima è che non avrebbe mai rivelato a nessun mondano del mondo invisibile, La seconda è che Izzy fosse una pessima cuoca.

E la terza era che se avesse mai incontrato gli assassini di suo padre, li avrebbe uccisi a vista.

Neanche lui però sapeva perché non li avesse inseguiti e uccisi. Forse lo shock iniziale, forse perché sogni talmente tante volte di realizzare la tua vendetta che poi quando ti si presenta l'occasione non sai proprio cosa fare.

E poi c'era lei.

Si era avvicinata a lui, voleva toccarlo ma lui non la voleva vicino. Voleva stare solo come mai in vita sua.  «Ce ne dobbiamo andare» disse uscendo di fretta con i mondani alle spalle. «Non sappiamo quando tor-nerà tuo zio.»

Clary sembrò dire qualcosa, ma nessuno l'ascoltò.

Uscirono dalla porta e lui la chiuse con lo stilo. La luna che si ergeva alta nel cielo, la fresca notte di agosto, la mondana-cacciatrice, niente sembrava importargli.

«Qualcuno mi vuole dire dove stiamo andando?» chiese Simon.

«Alla fermata della metropolitana» rispose tranquillamente

«Mi prendi in giro?» chiese sbattendo gli occhi. «I cacciatori di demoni prendono la metro?»

«Si fa prima che in auto.» tagliò corto lui.

Simon si mise a blaterare qualcosa riguardo ad un furgone con la scritta "Caccia ai demoni" ma Jace non lo stava ascoltando.

«Simon» disse Clary. «Basta.»

La ringraziò mentalmente, ma non si scompose. Non ascoltava niente se non il battito del proprio cuore che non accennava a calmarsi. Continuava a dire "Cercali, trovali, vendicati."

Ma al momento, non poteva. Se li avesse trovati e uccisi, non sarebbero riusciti a trovare la madre di Clary.

Gli assassini potevano aspettare.

 

«Tu vivi qui? Ma è una chiesa!» Simon guardava la facciata dell'istituto, con gli occhi mondani si vedeva una chiesa diroccata, ma solo Jace e Clary la vedevano davvero.

Prese la chiave appesa al collo e aprì la porta. «È utile abitare su terreni consacrati.»

«Lo immagino, ma, senza offesa, questo posto è un cesso» 'Voglio proprio vedere com'è casa tua. Sono sicuro che non sia piena di ragazze in bikini e fumetti dappertutto. Ne sono certo.'

«È un incantesimo, Simon. Questo posto non è davvero così.» Disse Clary tentando di farlo stare zitto.

«Be', già che c'erano non potevano dargli un'aria più decente?»

Adesso basta. «Non credo che tu ti renda conto dell'onore che ti sto facendo» gli ricordò. «Sei il secondo mondano che mette piede dentro l'Istituto.»

«Probabilmente è la puzza a tenere gli altri a distanza.»

«Ignoralo» gli disse lei mentre gli dava una gomitata. «Dice sempre quello che gli passa per la testa. Niente filtri.»

«I filtri vanno bene per le sigarette e per le macchinette del caffè» borbottò Simon mentre entravano. «Due cose che non mi dispiacerebbe avere in questo momento, tra l'altro.»

Continuando a ignorarli, arrivarono all'anticamera del piano di sopra e chiamò il gatto spelacchiato che si materializzò ai suoi piedi.

«Church» salutò Jace inginocchiandosi ad accarezzare la testa grigia del gatto. «Dov'è Alec, Church? Dov'è Hodge?»

Il gatto si stiracchiò. Lui arricciò il naso. Capire quel gatto era complicato. «Sono in biblioteca?»

Il gatto si rialzò e cominciò a camminare facendogli segno di seguirlo. Si incamminarono verso la cucina.

«Non mi piacciono i gatti» disse Simon.

«Conoscendo Church»gli rispose lui «è improbabile anche che tu piaccia a lui.»

Lo ignorò ma lo sentii comunque sbuffare. «Quante persone vivono qui, esattamente?»

«È un istituto» rispose Clary. Cominciava a pensare che stesse rispondendo lei a tutto per non farlo innervosire.  «Un posto dove gli Shadowhunters posso-no stare quando si trovano in città. Un misto tra un rifugio e un laboratorio di ricerca.»

«Credevo che fosse una chiesa.»

«È dentro una chiesa.»

«Adesso sì che è tutto chiaro.»

Si zittirono entrambi, Jace li guardò con la coda dell'occhio. Lei gli aveva preso la mano tra le sue per tranquillizzarlo.

Represse una smorfia e sentì Church che miagolava accanto a lui.

«Lo so, Church. Sta antipatico anche a me.» disse al gatto che rispose con un piccolo starnuto.

«Non sei obbligato a restare con me» stava dicendo Clary. Dal tono sembrava dire "Ti prego ho un disperato bisogno di te qui"

Non gli aveva mai parlato così.

«Sì, invece» ribatté Simon ed entrarono in cucina.

Isabelle era ai fornelli, e ciò non poteva significare nulla di buono.

Ogni tipo di ingrediente disgustoso era messo a casaccio sul tavolo, in una pentola bolliva qualcosa di identificabile.

«Sto preparando la zuppa» dichiarò Isabelle indicandolo con il mestolo. «Avete fame?» Il suo sguardo lo trapassò e si fermò sul mondano. I suoi occhi si spalancarono per la rabbia. «Oddio» disse secca. «Hai portato qui un altro mondano? Hodge ti ucciderà.»

Simon si presentò, ma Isabelle non lo degnò di una risposta. «JACE WAYLAND» disse. «Giustificati!»

Jace, da vero uomo maturo, se la prese con il gatto. «Ti avevo detto di portarmi da Alec! Giuda traditore!»

Church fece le fusa.

«Non dare la colpa a Church» disse Isabelle. «Non è colpa sua se Hodge ti ucciderà.»

Dire la verità a Isabelle gli avrebbe giovato. Non era il tipo di persona che andava a spifferare tutto a Hodge. Almeno, non le cose importanti. «Non potevo fare altrimenti» le disse. «Isabelle... oggi ho visto due degli uomini che hanno ucciso mio padre.»

Il suo sguardo si concentrò su Simon e lo indicò con il mestolo. «Immagino che lui non sia uno di loro, vero?»

Jace per poco non scoppiò a ridere. Figurati. Suo padre non gli avrebbe nemmeno fatto dire "Ciao" che sarebbe già morto. «Ovviamente no» disse Jace. «Pensi che se lo fosse sarebbe ancora vivo?»

«Immagino di no» disse lasciando cadere distrattamente un pezzo di pesce sul pavimento. Church gli balzò addosso in un istante.

«Non c'è da meravigliarsi che ci abbia portati qui» disse Jace guardando il gatto che aveva più grasso che peli. «Non ci posso credere che gli stia dando dell'altro pesce. È decisamente una botte.»

«Non è una botte. E poi voi non mangiate mai niente. Ho avuto questa ricetta da un folletto acquatico al Chelsea Market, ha detto che era deliziosa...»

«Se tu sapessi cucinare, forse io mangerei»

Lei lo minacciò con il mestolo. «Cosa hai detto?»

«Ho detto che mi andrò a cercare qualcosa da mettere sotto i denti.»

«Ah, ecco.» Isabelle posò gli occhi sulla zuppa e Jace si diresse verso il frigo. Con Clary che lo seguiva.

«Non posso credere che tu riesca a pensare a mangiare» gli sibilò lei.

Lui intanto controllava i contenitori. Salsicce, uova fritte, tonno. Niente di decente. «E cosa dovrei fare, sennò?»

«Wow! È come un compagno di stanza pazzo!» osservò lei notando i piccoli divieti di Hodge sul cibo.

«Chi, Hodge? È solo che gli piace che tutto sia al proprio posto.» provò con un ultimo contenitore. «Mmm... spaghetti.»

«Non rovinarti l'appetito» gli urlò Isabelle.

«È esattamente quello che intendo fare» disse Jace chiudendo il frigorifero con un calcio

Prese una forchetta dal cassetto e si ricordò che Clary era ancora lì.

«Ne vuoi un po'?»

Lei scosse il capo.

«Per forza» disse lui prendendone una forchettata.  «Ti sei mangiata tutti quei tramezzini...»

«Non erano così tanti.» disse risoluta, guardava il mondano che parlava con Isabelle. E Jace guardava lei, sembrava turbata. «Adesso possiamo andare a cercare Hodge?» chiese,

«Sembra proprio che tu abbia una gran voglia di uscire di qui.»

«Non vuoi raccontargli quello che abbiamo visto?»

Si macchiò le dita con il sugo. Lo leccò distrattamente sotto lo sguardo di Clary. «Non ho ancora deciso. Ma se proprio vuoi andare...»

«Sì» disse secca.

«Bene.» fece per uscire con Clary al seguito.

«Dove andate?» Era Simon, aveva un espressione a metà tra l'idiota e il ritardato. Chissà se dipendeva dal fatto che stava spogliando Isabelle con gli occhi.

«A cercare Hodge» disse Clary «Gli devo raccontare quello che è successo da Luke.»

Isabelle si rivolse a lui.  «Hai intenzione di dirgli che hai visto quegli uomini, Jace? Quelli che...»

«Non lo so» le disse sinceramente. «Quindi per ora tienitelo per te.»

Isabelle scrollò le spalle. «Va bene. Hai intenzione di tornare? Vuoi un po' di zuppa?»

«No» disse svelto. Aveva mal di stomaco solo a guardare il pentolone.

«Pensi che Hodge ne voglia un po'?»

«Nessuno vuole la tua zuppa.»

«Io la voglio, la tua zuppa» disse Simon tornando a guardare lei.

Un po' del suo istinto da fratello (che non si faceva mai sentire) prese il sopravvento. «No che non la vuoi» disse Jace. «Vuoi soltanto andare a letto con Isabelle.»

Il mondano diventò rosso. «Non è vero!»

«Grazie tante» disse Izzy per nascondere una risata.

«Oh, sì che è vero» disse Jace. «Dai, chiediglielo, così lei può dirti di no e noi possiamo continuare a farci i fatti nostri mentre tu ti crogioli nell'umiliazione.» Schioccò le dita. «Muoviti, mondano, abbiamo del lavoro da fare.»

Simon guardò il pavimento, l'umore di Jace migliorò. Ma ovviamente c'era la mammina a difenderlo.: «Lascialo stare» gli ringhiò Clary. «Non c'è bisogno che tu faccia il sadico solo perché non è uno di voi.»

«Uno di noi» la corresse meccanicamente. Lei sussultò.

«Io vado a cercare Hodge... tu puoi venire o restare, fai come vuoi.» e se ne andò senza lasciarle il tempo di ribattere. 1 minuto dopo lei era di nuovo accanto a lui in corridoio.

«Carino da parte tua lasciare soli i due piccioncini.» non sapeva neanche lui  perché se la stesse prendendo con Simon-l'idiota.  Forse per farla infuriare.

«Ma perché devi sempre essere così idiota?»

«Idiota, io?» stava per mettersi a ridere.

«Quello che hai detto a Simon...»

«Stavo solo cercando di risparmiargli qualche sofferenza. Isabelle gli strapperà via il cuore e poi ci camminerà sopra con i tacchi a spillo. Fa sempre così coi ragazzi.»

«Ha fatto così anche con te?»

Jace scosse il capo. Si sentiva ferito, ma non da Izzy. Si rivolse al gatto: «Da Hodge» disse. «E questa volta che sia davvero Hodge. Se ci porti da qualche altra parte ti trasformo in una racchetta da tennis.»

Il gatto cominciò ad incamminarsi.

«Jace.» La voce di Clary trasmetteva malinconia.

Si girò a guardarla. «Cosa?»

«Scusa se sono scattata.»

Lui rise. Era la prima volta che gli chiedeva scusa. «Quale delle tante volte?»

«Anche tu però scatti con me, sai?»

«Lo so» ammise «In te c'è qualcosa di così...» non trovava le parole.

«Irritante?»

Lui rise ancora. «Spiazzante.»

Sembrò sorridere. «È sempre Isabelle a cucinare per voi?»

Jace rabbrividì- «No, grazie a Dio. Perlopiù ci sono i Lightwood, ed è Maryse, la madre di Isabelle, che cucina. È una cuoca fantastica.» Solo a pensare alla sua cucina a Jace venne di nuovo fame.

«E com'è che non ha insegnato a cucinare a Isabelle?»

«Perché» disse Jace lentamente «è solo da poco tempo che le donne pos-sono diventare Cacciatrici come gli uomini. Voglio dire, ci sono sempre state donne nel Conclave. Studiavano le rune, creavano le armi, insegna-vano le Arti Mortali. Ma pochissime erano guerriere, solo quelle che ave-vano abilità eccezionali. Dovevano lottare per essere addestrate. Maryse fa parte della prima generazione di donne del Conclave che sono state adde-strate e credo che non abbia mai insegnato a Isabelle a cucinare per timore che, se l'avesse fatto, Isabelle sarebbe stata relegata per sempre in cucina.» pensò a Clary con una tenuta da cacciatrice, intenta a farsi ammazzare da un qualunque demone di passaggio. Represse un altro brivido.

«E sarebbe successo?»

Jace sorrise. «No di certo. Isabelle è uno dei migliori Cacciatori che io abbia mai conosciuto.»

«È più brava di Alec?»

Il gatto davanti a loro si bloccò di scatto davanti ad una piccola scala a chiocciola. «Ah, è nella serra. Non c'è da stupirsi.» disse Jace.

«La serra?» chiese Clary.

Si bloccò sul primo gradino. «A Hodge piace andarsene lassù. Coltiva piante medicinali, cose che ci possono servire. La maggior parte di esse cresce solo a Idris. Credo che gli ricordino casa sua.»

«E' più bravo di Isabelle? Alec, intendo.» chiese di nuovo una Clary petulante.

Si fermò a guardarla e a riflettere. Poteva dirglielo? Era un segreto tra parabatai. Tra migliori amici. Non aveva mai svelato un segreto a nessuno, ma sentiva di potersi fidare cecamente di lei. «Più bravo?» le fece eco . «A uccidere i demoni? No, direi di no. Non ne ha mai ucciso uno.» riprese a salire.

Clary sgranò gli occhi.  «Davvero?»

«Non so perché. Forse perché si preoccupa sempre di proteggere me e Izzy.» arrivati alla fine delle scale aprii la porta. L'odore così familiare della serra gli sciolse i nervi. Era quello l'odore di Idris, di alicante, di casa sua.

«Profuma di...» iniziò clary.

«Casa» disse secco Jace come risposta automatica. «Almeno per me.»

Raggiunsero Hodge sulla panchina di pietra, aveva gli occhi aperti, ma sognanti. «Hai l'aria di uno che sta aspettando qualcosa» osservò Jace facendolo voltare.

«Ero perso nei miei pensieri.» Hodge si alzò in piedi ed il sorriso svanì dal suo viso quando guardò i due ragazzi. «Cosa è successo? Sembrate...»

«Siamo stati attaccati» tagliò corto Jace. «Un Dimenticato.»

«Dei guerrieri Dimenticati? Qui?»

«Un guerriero» disse Jace. «Ne abbiamo visto uno solo.»

«Ma Dorothea ha detto che ce n'erano degli altri» aggiunse Clary.

«Dorothea?» Hodge sollevò una mano. «Sarà meglio che mi raccontiate tutto dall'inizio.»

«Va bene.» Jace ammonì clary con lo sguardo e raccontò tutto quanto al suo tutore, ben visto dal raccontare di Pangborn e Blackwell.

«Quei due uomini che dicevano di essere emissari di Valentine lo chiamavano Lucian Graymark.» stava dicendo Jace ma qualcosa nello sguardo di Hodge lo fece fermare.

«E i loro nomi erano...»

«Pangborn» disse Jace «e Blackwell.»

Hodge sbiancò come un lenzuolo, la postura si irrigidì. Di solito succedeva quando si parlava della rivolta. «È come temevo» disse quasi tra sé. «Il Circolo sta risorgendo.»

«Il Circolo?»

Hodge scosse la testa, come in segno di resa. «Venite con me» disse. «È tempo che vi mostri una cosa.»

 

Grazie al cielo non si sentiva quasi mai irrequieto. Hodge era intento a cercare un volume nell'enorme biblioteca, Jace e Clary erano seduti sul divano rosso come bravi scolaretti.

Alla fine, si spazientì. «Hodge, se ti serve aiuto per cercare...»

«No.» Hodge emerse dalla scrivania. «L'ho trovato.»

Sfogliava il grande libro, lo sguardo assorto.

«Dove... dove... ah, eccolo!» Si schiarì la voce ed iniziò a leggere:  «Giuro incondizionata obbedienza al Circolo e ai suoi prin-cipi... Sarò pronto a rischiare la vita in qualsiasi momento perché il Circolo preservi la purezza del sangue di Idris e per il mondo mortale della cui sicurezza ci facciamo carico.»

Jace fece una smorfia. «Che cos'è?»

«Questo, vent'anni fa, era il giuramento di fedeltà del Circolo di Raziel» disse Hodge. Sembrava esausto.

«È inquietante» disse emergendo dal divano. «Ricorda un'organizzazione nazista o roba del genere.»

«Era un gruppo» disse Hodge lentamente «di Cacciatori guidati da Valentine che perseguiva l'eliminazione di tutti i Nascosti e la restaurazione di un mondo più "puro". Il loro piano era aspettare che i Nascosti arrivassero a Idris per firmare gli Accordi. Devono essere firmati ogni quindici anni affinché la loro magia conservi la propria potenza» aggiunse per Clary. «Progettarono di massacrarli tutti mentre erano disarmati e indifesi. Questo atto terribile, pensavano, avrebbe scatenato una guerra tra gli umani e i Nascosti... una guerra che avevano intenzione di vincere.»

«È la Rivolta» disse Jace quasi a sé stesso. «Lo sapevo già. L'unica cosa che non sapevo era che Valentine e i suoi seguaci avessero un nome.»

«È un nome che non viene pronunciato spesso, oggigiorno» spiegò Hodge. «La loro esistenza è ancora una fonte di imbarazzo per il Conclave. La maggior parte dei documenti che li riguardano è stata distrutta.»

«Allora come mai tu hai una copia di quel giuramento?»

Hodge si gelò. «Perché ho contribuito a scriverlo.»

Jace si sentì male. «Tu facevi parte del Circolo?»

«Sì. Molti di noi ne facevano parte.» Ora Hodge non guardava più ne lui né Clary. «Anche la madre di Clary.»

Clary balzò in piedi «Cosa?» urlò.

«Ho detto...»

«Lo so cosa hai detto! Mia madre non avrebbe mai fatto parte di una co-sa del genere. Una specie... una specie di gruppo di fanatici.» faticava a trattenere le lacrime, si vedeva.

Jace fece per dire qualcosa per calmarla, ma fu interrotto da Hodge.

«Dubito che avesse molta scelta.»

«Di cosa stai parlando? Perché non aveva molta scelta?» la voce della ragazza stava diventando velenosa.

«Perché» disse Hodge lentamente, quasi come se quelle parole lo ferissero. «era la moglie di Valentine.»

  
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