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Autore: timscrivello    03/11/2010    3 recensioni
Un ritratto, un ospite e un ragazzo, cosa avranno in comune da finire tutti nella stessa lugubre stanza?
Genere: Dark, Horror, Satirico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Quella stanza si presentava molto tradizionale, rosse le pareti, blu il soffitto, ma assai vacante. Non c'era niente, o quasi; ma risultava vuota vista la sua larghezza, non da poco.
C'era un tavolo maestoso, ornato impec-cabilmente in ogni suo minuscolo millimetro, e sedie, altrettanto maestose.
C'era un lampadario di fine ottocento, appartenuto a signore dell'alta borghesia, che ricordava il barocco ed era ornato da gemme e lapislazzuli di ogni forma e dimensione.
C'era qualcosa pure sulle pareti, foto di panorami lugubri e poveri di luce, come finestre aperte ad un mondo che non meritava di esistere.
Quei paesaggi pregavano con delle urla silenziose il lampadario, cercando miseramente un rivolo di luce con cui nutrirsi ma il lampadario, avido, non li degnava di uno sguardo e continuava imperterrito il suo misero lavoro.
E poi c'era il ritratto, quel ritratto fotografico.
L'ospite lo notò subito, o quasi.
Un signore distinto con abiti cerimoniali, giaceva su una grande poltrona in vimini; teneva gli occhi chiusi, come se il lampadario gli desse molto fastidio.
Teneva la testa inclinata verso sinistra, la mani erano abbandonate al di fuori della poltrona.
Guardando più attentamente il suo viso, malgrado la fotografia fosse in bianco e nero, si poteva notare che non c'erano segni di peluria sul suo cranio, a parte quei baffi maestosi che formavano due curve sotto il suo naso imponente.
Dietro il soggetto, inquietante quanto curioso, si  notava una stanza da letto.
Si scorgevano i piedi di un letto matrimoniale, un comodino sulla destra e uno specchio con una cornice che l'ospite non poteva definirla in un altro modo che non fosse sublime.
L'ospite continuava a guardare la foto, trovava l'insieme di quel tutto all'interno del ritratto affascinante.
Si rese conto  fin da subito che il soggetto fosse morto, ne aveva viste sei o sette di foto dello stesso tipo, ma questa era attraente, affascinante, come un vaso di pandora tutto da analizzare.
Trovò la forza di distogliere lo sguardo dal ritratto del defunto e iniziò a guardare i paesaggi ma ad ogni passo che faceva, lanciava un occhiata alla fotografia.
Per un momento, all'ennesima occhiata data al ritratto, sembrò ai suoi occhi che la testa si fosse rizzata e gli occhi spalancati, ma dopo qualche secondo quest'immagine scomparve.
Doveva essere solo suggestione, pensò. Forse era il desiderio di incontrare quell'uomo ad aver sopraffatto la sua razionalità. Desiderava ardentemente sapere chi fosse, cosa fece, cosa lasciò in questo mondo. Desiderava entrare in quella camera da letto. Desiderava scoprire cosa avesse di tanto avvolgente quella fotografia.
Con rammarico, decise di sedersi dando le spalle al ritratto, per non farsi distrarre ulteriormente. Era lì per lavoro, dopotutto.
Era stato talmente attratto dalla fotografia da non accorgersi che la valigia la teneva ancora in mano, aveva cominciato a cercarla prima sopra, poi sotto il tavolo; poi, quando si accorse di averla in mano, si stupì della sua stupidità.
Era una signora assai distinta, truccata egregiamente, i capelli raccolti sotto il collo da una perfetta coda di cavallo. Un neo sul naso la rendeva ancor più meravigliosa e gli occhi si fondevano dolcemente al resto del volto, amalgamandosi nello stesso modo in cui il latte si fonde col tè inglese: perfettamente.
Aveva la porta davanti a sé, aspettando che da un momento all'altro entrasse qualcuno.
Si girò, osservò di nuovo quel magnifico scatto per qualche secondo e ritornò a osservare la porta, poi si girò nuovamente verso la foto.
Fantasticò, volò sopra la strada dei ricordi. Ricordò attimo per attimo com'era finita in quella casa e in quella stanza.
Ad un tratto sentì un rumore. Un minuscolo, impercettibile rumore che in altre occasioni non avrebbe neanche notato.
Alzò la testa e vide sul ciglio della porta un ragazzo.
Era giovane, ancora non aveva compiuto la maggiore età, pensò l'ospite.
Il ragazzo indossava un grande giaccone, molto più largo della sua taglia, dei pantaloni grigi e sporchi di fuliggine e un cappello a forma cilindrica.
Aveva un aria sorpresa, come se non credesse che quella donna, così affascinante, si trovasse li.
Entrò nella stanza e si guardò in giro, poi notò qualcosa dietro l'ospite. Non disse niente.
L'ospite lo osservava con un lieve senso di disgusto, non capì però il perché.
Quando si rese conto che osservava proprio lei, l'ospite trasalì.
Il ragazzo si avvicinò all'ospite con fare deciso ma lentamente, estrasse un pugnale e le cavò un occhio.
L'occhio, miracolosamente, rimase illeso e, quando cadde sul tavolo, non lasciò nemmeno un rivolo insignificante di sangue.
L'ospite, tranquilla, prese l'occhio e se lo riposizionò nella cavità oculare. Odiava essere scoperta.
Con fare nobiliare si fece consegnare il coltello e quando lo ebbe in mano infilzò il ragazzo sopra l'ombelico, ma il pugnale trapassò il corpo che si dissolse come vapore acqueo e ritornò come prima in qualche millesimo di secondo. I suoi sospetti erano fondati, tutto in quella stanza era maledetto, dannato per sempre.
Tre creature demoniache. Il ritratto, la non morta e il fantasma.
L'ospite prese il ritratto, lo portò al tavolo e lo appoggiò su un lato della valigia, così che potesse rimanere dritto, o quasi.
Tutti e tre in quella stanza, tutti e tre chiamati all'appello in quel luogo lugubre quanto elegante.
I tre si spiegarono a vicenda come mai si trovassero in quel posto.
L'ospite disse che era stata abbordata per strada, una limousine si era fermata accanto a lei e dall'interno le avevano detto che qualcuno avesse bisogno delle sue calde coccole.
Il ragazzo, spiegò che l'avevano pescato in strada e che per qualche dollaro doveva pulire tutti i camini della casa.
Il ritratto, o per lo meno l'uomo all'interno del ritratto, dopo che si alzò dalla poltrona in vimini e si diresse allo specchio per sistemarsi il papillon, disse che lo vendettero per far parte di una serie di quadri e fotografie che rappresentassero morti, per una mostra che doveva tenersi dentro una sala minore del Louvre di Parigi.
Non fecero neanche in tempo a domandarsi il perché si trovassero lì, quando dalla porta apparve un vagone da Luna park con a bordo un intera famigliola, gli passarono accanto e l'ospite si tolse l'occhio e lo infilzò col pugnale che poi conficco nel suo mignolo.
La famigliola, fra grida e risate, passò tramite una botola, ad una stanza adiacente che sicuramente mostrava qualche altra creatura magica.
L'ospite, un po' offesa dall'imminente incontro con la famiglia, si risistemò l'occhio che roteò più volte e conficcò il pugnale sul tavolo.
- Va a finire sempre così, torniamo sulla Terra e devono farci lavorare per forza in una “Casa del Terrore”!- Commentò irritata. 

  
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