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Autore: Cat_and_Rabbit    04/11/2010    4 recensioni
Questa è la storia di una scrittice e una fumettista sull'orlo di una crisi di nervi.
Londra. Cinque gatti. Due vicini di casa gay. Un amico masochista. Frequenti overdosi di caffeina. E, soprattutto, LA MUFFA.
Preparatevi a morire dalle risate.
Genere: Comico, Commedia, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Matt, Mello
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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4.       Modello

                 Il giorno seguente, Serena aveva l’aria di una tossica in astinenza. Le sue dipendenze però erano due, e i loro nomi iniziavano entrambi per M.

- E piantala, mi sembri una maniaca appostata sotto casa della sua vittima!

- Ma Uccia io voglio sapere! Voglio vederli! Devo, vederli!

Uccia si corresse mentalmente: era una maniaca, ma appostata di fianco alla casa delle sue vittime.

- Allora sai cosa fai? La pianti di stressare e oggi pomeriggio come se niente fosse vai da loro fingendo di essere una amichevole vicina e non una malata perversa, e con la scusa mi lasci la casa per qualche ora.

- E perché ti serve la casa per qualche ora? – fece Serena sospettosa.

- Dovrebbe venire il tizio di ieri, sempre che non se ne sia dimenticato o mi prendesse per il culo. E se ti ho attorno in questo stato non riuscirò mai a disegnare decentemente.

- Dì la verità: non ce lo vuoi presentare!

Uccia alzò un sopracciglio. - È per il suo bene, non per altro…

                Alle 2 circa, i nervi di Uccia cedettero definitivamente e lasciò che Serena andasse a invadere il campo ai ragazzi. Una ventina di minuti più tardi uscì in cerca del ragazzo dagli occhi azzurri. Decise che l’avrebbe aspettato davanti al bar, e alle due e 31 esatte lo vide sbucare da un vicolo dall’altra parte della strada.

- Occhi-azzurri! – urlò per attirare la sua attenzione. Più di una persona si voltò a guardarla contrariata, ma il ragazzo non l’aveva sentita. – Occhi-azzurri! – ripeté saltellando sul posto e agitando un braccio in aria. Finalmente, lui girò la testa e si accorse di lei. Sorrise e la salutò con la mano, aspettando accanto alle strisce pedonali che scattasse il verde.

- Guarda che ci sarei venuto comunque da questa parte! – disse quando riuscì a raggiungerla.

- Volevo evitare che non mi vedessi e te ne andassi a prendere un caffè. – rispose Uccia – Dai vieni, abito di là.

S’incamminò con il ragazzo che le trotterellava dietro fischiettando.

- Sei brava a disegnare, vero? – chiese di punto in bianco – Perché sarebbe un vero peccato rovinarmi!

Lei gli rivolse un’occhiata che avrebbe potuto cuocere un uovo. – Lo vedrai. – fece una pausa – Comunque, te lo dico subito, non posso permettermi di pagarti.

Lui si strinse nelle spalle. – Tranquilla, non mi aspettavo che lo facessi. Sono qui perché non ho di meglio da fare, non perché speravo di guadagnarci qualcosa.

- Bene.

- Tra l’altro, come ti chiami?

- Lisa. Chiamami Uccia.

- Uccia?

Lei alzò gli occhi al cielo davanti alla sua espressione stupita, la stessa che assumeva chiunque quando sentiva il suo soprannome per la prima volta.

- , Uccia.

- Io sono…

- Occhi-azzurri.

- No, mi chiamo...

- Preferisco occhi-azzurri.

- Perché “occhi-azzurri”?

- Prova a guardarti allo specchio, dovresti arrivarci. Ci siamo. – infilò la chiave nella toppa e spinse il portone – Terzo piano. Ed è inutile che cerchi l’ascensore, non c’è. – disse, e si lanciò su per le scale. Per quanto fosse ginnica come un bradipo con l’artrite, quando si trattava di rientrare in casa diventava una centometrista.

- Benvenuto nel mio mondo. – dichiarò aprendo la porta.

Il ragazzo entrò guardandosi intorno curioso, e passò diversi secondi a girare la testa da una parte all’altra, rischiando anche di inciampare nei gatti che non appena l’avevano visto avevano immediatamente cominciato a vagargli tra le gambe.

- Oddio, ma quanti sono?

- Cinque. Quello che ti si sta arrampicando sulla gamba è Mail, il nero smilzo è Cat Casino, il nero molto meno smilzo Whiplasher Bernadotte, quello bianco che stai per pestare si chiama Nate e quella rossa che ti guarda da sopra l’armadio è Berenice e probabilmente proverà a ucciderti.

- Cinque gatti in un monolocale?

- Sì, spero tu non sia allergico.

- Se lo fossi probabilmente sarei già morto! – rise lui staccandosi Mail dai jeans e rimettendolo a terra.

- Vuoi qualcosa da bere?

- Sì, grazie.

- Caffè, tè, sidro di pera, birra?

- Sidro di pera?

Lei gli lanciò una lattina nera e verde – È la mia droga in versione liquida. – buttò giù un paio di sorsi e andò a recuperare sulla scrivania delle matite e un plico di fogli.

- Beh, io direi di iniziare prima che mi passi la voglia. Puoi toglierti la maglia?

Lui la guardò a occhi sgranati. – Sapevo di fare un certo effetto sulle donne, ma proprio così…

Uccia alzò un sopracciglio. – Se devo disegnare l’omino della Michelin faccio a meno di un modello, e tu sei imbacuccato peggio di lui. Dai, levati la maglia, prometto che non proverò a stuprarti.

- Mi sa che devo dirti una cosa…

- Tranquillo, la so già.

- Sai già che cosa?

- Hai i polsi devastati e un’escoriazione sul collo, e io ho passato divertenti sabati sera a leggere dei più vari disturbi psichici. Te la togli o no la maglia?

Uccia si divertiva sempre un mondo a prendere in giro Serena quando la vedeva bloccarsi e guardare estasiata un ragazzo, quindi poté solo ringraziare che in quel momento l’amica non ci fosse, perché se avesse visto la sua faccia mentre occhi-azzurri si spogliava avrebbe avuto di che vendicarsi per ogni singola volta.

- Voilà. Ora capisci perché non posso fare il modello per gente che può permettersi di pagarmi.

Uccia si soffermò un bel momento a godersi la vista di tutti i tagli, i lividi e le bruciature che ricoprivano il suo corpo pallido.

- Non ho mai pensato all’autolesionismo. – disse poi, scuotendosi – È divertente?

Il ragazzo ci rifletté un attimo. – Non saprei. Non credo. Non è che ci abbia mai pensato molto nemmeno io, credo sia più una di quelle cose che fai e basta. Davvero non ti da fastidio?

- No. Ho un certo gusto per il macabro, e semmai la trovo una cosa maledettamente affascinante. – si sedette sul letto e gli fece cenno di fare lo stesso. – Non mi serve che tu stia fermo, tanto sono solo schizzi.

Lui comunque si appoggiò con la schiena alla parete ricominciò a scrutare l’appartamento.

- Spero tu abbia un compagno di stanza o qualcosa del genere, perché non riesco a credere che tu possa aver fatto tutto questo casino da sola.

- Ci siamo divise il lavoro, io e la mia coinquilina.

- Che tipo è?

- Una splendida persona, ma se vede come sei conciato mi muore d’infarto.

Il ragazzo si lasciò sfuggire una risata forzata.

Chiacchierarono di tutto e di niente, e un paio d’ore più tardi c’era già pacchetto di fogli coperti di segni a matita impilati su uno dei cuscini.

- Non ti annoi, tutto questo tempo a disegnare?

- No.

- Io in compenso mi annoio a stare qua seduto.

- Allora alzati. Prendi da bere, fatti un giro per la stanza. Così ti disegno in piedi.

Lui si alzò stiracchiandosi, il viso contratto da una smorfia di dolore per un livido sulla spalla. – Altro sidro?

- Sì. – lo guardò avanzare lentamente verso il frigo. – Come mai niente ferite sulla schiena?

- Semplice: non ci arrivo. – si servì anche di una mezza tavoletta di cioccolato abbandonata di fianco al piano cottura e cominciò a camminare avanti e indietro.

- Sta fermo!

- Hai detto tu che potevo muovermi!

- Sì, ma non posso disegnarti faccia e culo contemporaneamente, quindi almeno resta girato dalla stessa parte!

Lui si strinse nelle spalle e si fermò a braccia conserte davanti alla parete di fianco alla porta – Santo cielo, ma quanta roba c’è attaccata qui sopra?

- Un po’.

Quando erano arrivate, appesi ai muri c’erano soltanto un paio di poster e una bacheca di sughero, ma nel giro di qualche mese la bacheca si era estesa a tutta la parete, poi all’intera stanza. Ora, tra poster, quadri, foto, ritagli di giornale, post-it e loro opere incomplete, non c’era più un millimetro di spazio.

Uccia fece ancora un paio di schizzi del ragazzo, poi ripose la matita dietro l’orecchio.

Lo chiamò e gli porse i fogli – Eccoti qua. Che ne pensi?

Lui nascose una certa ammirazione dietro un distratto – Non male.

- Beh, per quanto mi riguarda basta così, ho il tuo faccino da tutte le angolazioni.

- Levo le tende allora.

- Ma no, resta se vuoi: ti presento i vicini.

Lui si rinfilò in fretta la maglia. – Perché no.

Meno di un minuto più tardi, stavano entrando senza bussare nell’appartamento dei ragazzi, che di giorno lasciavano d’abitudine la porta aperta.

- Salve. – salutò Uccia. I tre però erano troppo concentrati sul ragazzo che la seguiva.

- Bene, lei – annunciò la ragazza a occhi-azzurri – è Serena, la mia coinquilina. È una scrittrice specializzata in scopate galattiche tra uomini, quindi sta attento perché in una delle sue storie ci finirai di fisso, ma dall’esserle simpatico o antipatico dipenderà quale posizione occuperai nella cosa.

Serena arrossì fino alla punta dei capelli già rossi, ma non negò. Lui rise.

- E loro sono Mihael il cupo e Matt il logorroico, i nostri amati vicini gay. Signori, lui è occhi-azzurri, un ottimo modello.

- Veramente ho anche un nome umano, ma lei non vuole accettarlo. Comunque, molto piacere!

- Vi sedete con noi? – chiese Matt.

- Assolutamente. – annuì Uccia – Sono in piedi da quasi 3 minuti, comincio a essere stanca.

                 Restarono da loro fino alle sette passate, poi ebbero la delicatezza di levare le tende. Occhi-azzurri, che si era rivelato in grado di partecipare entusiasticamente a qualunque discussione (era riuscito persino ad appassionarsi senza scandalizzarsi al racconto dettagliato di una fanfiction made in Serena), uscendo salutò tutti abbracciandoli calorosamente. Fin troppo calorosamente per i gusti di Mihael, che quando lo vide attaccato a Matt gli rivolse un’occhiata che, se gli sguardi avessero potuto uccidere, gli avrebbe lasciato davvero poco tempo per fare testamento.

Serena rientrò nell’appartamento che non vedeva dalle due di quel pomeriggio, Uccia si offrì di andare fino al McDonald a rimediare qualcosa per la cena, approfittandone per fare un pezzo di strada con occhi-azzurri.

Si salutarono alle strisce pedonali.

- Allora, quando torno? – chiese lui.

- Vuoi tornare?

- Certo, almeno a vedere come sono inchiostrato e colorato! E poi sono simpatici i tuoi vicini.

- Beh, allora per quanto mi riguarda puoi venire quando vuoi, noi siamo sempre in casa.

- In qualunque momento?

- Beh, possibilmente a orari umani, a meno che tu non voglia farti male

Lui rise. – D’accordo…allora passerò uno di questi giorni. – scattò il verde.

- A presto, occhi-azzurri.

Il ragazzo stava per attraversare ma si bloccò.

- Senti, perché non mi puoi chiamare col mio vero nome?

- Per lo stesso motivo per cui chiamano me Uccia.

- E cioè?

- Non c’è nessun buon motivo.

* * * * * * *

innanzitutto rispondiamo a una vecchia domanda che era saltata fuori nelle prime recensioni: noi due scriviamo insieme. Solo così riusciamo a raggiungere picchi di demenzialità tanto elevati XD

_AZRAEL_

Ebbene sì. Le granate anali ESISTONO DAVVERO. Viste con questi occhi, fra i vibratori a forma di pugno e i pali per la lap dance o_ò.

(E Serena aggiunge che la prossima volta inviterà tutti quanti ad ascoltare i vicini con uno stetoscopio. -___- Con che gente devo avere a che fare..... Uccia)

Hel Warlock

Grazie! : D Ti vogliamo tanto bene anche noi, le tue recensioni alzano sempre il morale in questa cupa valle (letteralmente) di lacrime XD

titti94

Ma siete tutte delle maniache perverse come la mia sociaaa?! XD Uccia.

(PS. Serena esulta e vi abbraccia tutte)

  
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