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Autore: Wendy_magic_forever    04/11/2010    2 recensioni
Questo è un sogno a occhi aperti che ho fatto quest'estate, in un giorno che sembrava essere uno schifo ma che, alla fine, non si è concluso poi così male! Leggete e scoprite!
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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mercoledì 22 luglio 2010, casa mia

Mi sveglio alle 6.30 di mattina, probabilmente per un sogno finito. Odio non ricordare cosa sogno! È come se perdessi una parte della mia vita.

Rimango a letto in dormiveglia; adoro quello stato di realtà/sogno, è in quel momento che mi vengono le idee migliori. Mi alzo alle 9.30, mi vesto, faccio colazione e poi esco.

Prendo il motorino e faccio il giro della valle, senza ancora incontrare nessuno che io conosca. Al ritorno, ecco che iniziano i problemi: incontro Thomas e Giada. Mi fermo e li saluto; classica domanda-risposta -Come va?- -Tutto bene e tu?- -Tutto ok- e lì ecco che faccio una delle mie solite brutte figure: cerco qualcosa da dire e non lo trovo.
Le idee si accavallano una sopra l'altra: “Come stanno gli altri? Il Don vi ha mandato il messaggio che doveva mandare o no? Che si dice in paese?” e via di seguito. Invece di dire qualcosa di sensato, balbetto. Thomas mi dice -Cosa?-, io non trovo una scusa e dico che cercavo qualcosa da dire senza trovarlo. Poi lui mi dice -Non si sta fermi in mezzo alla strada.- e, in effetti, io ero in mezzo alla strada.
Mi sposto dall'altra parte e poi dico che dovevo tornare a casa, saluto e me ne vado.

Già mi do della stupida. E patetica. Io sono patetica. C'è un motivo per cui non parlo; io non so parlare. Non so cosa dire, non so cosa fare in presenza di altre persone, non sono una tipa da amici, giretti, feste insieme, non sono niente. Mi sento così distaccata dagli altri.

Mentre faccio tutti questi ragionamenti da patetica depressa, sento un esplosione e mi fermo.
La ruota davanti era a terra.
Grande! E dir la verità che devo attraversare la statale!

Per fortuna era tutta discesa. Continuo la mia strada come se niente fosse successo e, per fortuna, nessun imprevisto lungo la statale.

Ma appena arrivo al bivio che dovrebbe portarmi a casa, la benzina è a secco.

Maledico il mondo e prendo il cellulare per chiamare mia madre; batteria morta.

Maledico il mondo di nuovo e scendo dal motorino.

Mi siedo alla fermata dell'autobus e aspetto.

In quel momento la mia fantasia comincia a lavorare: anni '80, io ho ancora 14 anni (lo so, negli anni '80 non ero manco nata, ma nulla è proibito all'immaginazione), sono in gita a Hollywood tra i set cinematografici.

Mi guardo in giro per trovare con lo sguardo qualche vip, finché qualcuno grida -MICHAEL JACKSON!!!!!-.

Il mio cuore fa due salti mortali. Tutti i turisti scendono dal pullman per inseguire il cantante.

Io neanche spero di poterlo raggiungere, sono troppo lenta a correre. Così mi limito a camminare nella direzione di tutti sperando che la dea bendata mi sorrida e me lo porti.

Arrivo ad un incrocio e mi fermo; sono troppo lontana per raggiungerli.

Guardo un poster che avevo con me da quando ero arrivata in America, rappresentante il mio bellissimo MJ dai capelli riccioli e la pelle candida.

Lo so benissimo che in realtà è nero, ma non mi interessa; ogni volta che lo sento alla radio e lo vedo in TV mi si stringe il cuore. Così vicino eppure così lontano... così tanto lontano... mi do della stupida per non aver avuto il coraggio di correre anch'io.

Mi scende una lacrima dall'occhio e bagna il poster, faccio in fretta ad asciugarla.

Ad un tratto vedo con la coda dell'occhio qualcosa alla mia destra che si muove, mi giro e il fiato mi manca. Michael è qui.

Il mio cuore fa una piroetta o due e i miei polmoni si rifiutano di lavorare bene. Le mie corde vocali si bloccano, sebbene volessero gridare di gioia. Non mi muovo per due motivi: non ci riesco e non voglio che lui fugga di nuovo, le sue gambe sono pronte a ricominciare a correre.

Vedendo che io non mi muovevo, lui si avvicina. Comincio ad avvicinarmi anch'io, lentamente, come se lui fosse un animale selvatico che, se fai un movimento sbagliato o troppo brusco, può fuggire. Quando arrivo così vicino a lui che posso toccarlo solo allungando un braccio, gli porgo il mio poster dicendo, goffamente -Non ti dispiace, vero?- lui guarda il mio poster per un attimo, poi sorride e prende un pennarello indelebile dicendo -Figurati- e lo firma.

Lo riprendo ringraziando Dio e tutti i santi del paradiso per due cose: quell'incontro e quell'angelo sulla terra che è Michael.
Guardo il cantante e dico, commossa, emozionata e un po' balbettante: -G-grazie, s-signor Jackson.- non so come mai, ma ho usato il termine “signore” invece di chiamarlo per nome, come avrebbe fatto qualunque fan.

Lui sorride di nuovo; mai ho visto sorriso più bello. -Di niente- mi dice.

Io sospiro e arrossisco: -Bhe, ci vediamo... al prossimo concerto.- gli dico.

Giro sui tacchi e, allontanandomi, gli parlo alzando un pochino la voce; -Non dirò a nessuno che lei è qui.- poi penso che ho usato di nuovo la terza persona e mi do della scema patentata.

Lui, però, mi chiama: -Aspetta un momento!- mi blocco in contemporanea col mio cuore.

Appena Michael mi raggiunge ed entra nel mio campo visivo, però, lo sento battere ancora più forte di prima.

Dicono che i sentimenti provengono dal cervello, allora perché il cuore ne risente così tanto?

Tiro un calcio alle mie corde vocali e dico con un filo di voce: -Sì?-
lui mi parla con quella sua voce dolce e fragile come quella di un bambino: -Sei diversa dagli altri fan. Mi sono chiesto come mai non ti sei messa a strillare come avrebbe fatto chiunque altro.-
abbasso la testa e dico, arrossendo: -Sono una tipa timida e orgogliosa. E poi, non potevo gridare, non avevo più voce.- lui ride.

Non è una risata di scherno o ironica, è semplice divertimento.

Smette quasi subito: -Magari tutti i fan fossero come te. Come ti chiami?- la voce si rifiuta di uscire.

La costringo a calci nel culo: -Sono Chiara. Sono italiana, sono qui in vacanza coi miei genitori. Se per te è più facile, puoi chiamarmi Claire. È l'inglese di Chiara.- lui annuisce: -Credo che per me sarà più facile chiamarti Claire.- io ridacchio, non so come mai.

-Questo pomeriggio non ho niente da fare, ti va di fare un giro?- il mio cuore salta in gola, poi ridiscende nello stomaco, gira i polmoni, risale nel cervello, gira l'intestino tenue, salta da un rene all'altro, scontra il fegato e ritorna in petto; tutti questi passaggi in rapida (mooooooooolto rapida!) successione.

Parlo quasi soffocata dall'emozione: -IO? Un giro con TE? Con Il Re Del Pop?!? MA CERTO!!!!!-

mi tappo subito la bocca, ho alzato un po' troppo la voce -Scusa- sussurro, lui si limita a sorridere, poi aggiungo: -Lo sai che se ci scoprono i giornalisti fanno scalpore, vero?- -Oh, dei giornalisti poco m'importa.- dice lui -È da tanto tempo che non passo qualche ora con qualcuno che non sia il mio manager.- mi cinge un fianco con un braccio e in quel momento mi sento come illuminata da una luce misteriosa proveniente dall'alto e sento la musica del paradiso.

Insieme camminiamo fuori dagli Studios. Passiamo un bel pomeriggio insieme, girando l'intera Los Angeles e Hollywood.
Purtroppo, a ogni angolo dobbiamo fuggire dagli ammiratori urlanti. Alla fine del giro turistico della città, stanchi di dover fuggire, entriamo nell'Hollywood Bowl, per stare senza scocciatori.

Qui l'ambiente è tranquillo, parliamo delle nostre vite, io come semplice studentessa quattordicenne, lui come pop star. Lui mi fa vedere qualche mossa, come il suo stra famoso Moonwalk, io gli faccio qualche disegno. Insieme cantiamo Billie Jean e Thriller e ci lamentiamo delle dicerie a danno di Michael che girano per il mondo.

Lui mi dimostra che ha una malattia alla pelle; originariamente era nero, ma quella malattia lo ha sbiancato.

Me lo dimostra facendomi vedere che sulla sua schiena ha una macchia di pelle ancora del suo colore naturale.

Così, parlando, cantando, disegnando, ballando e confessando i propri pensieri più profondi, passa il pomeriggio, viene la sera.

Con la sera, viene il freddo, io rabbrividisco. Ero vestita leggera.

Lui, molto gentilmente mi copre con la sua giacca, e mi stringe, sdraiandosi con me sul palco dell'Hollywood Bowl. -Va un po' meglio?- mi sussurra dolcemente, io annuisco.

E poi comincia a cantare a mezza voce una versione più lenta e melodica della canzone P.Y.T.(Pretty Young Thing)che suona come una ninna nanna. Così io mi addormento, tra le braccia di Michael, sentendolo cantare.

Il giorno dopo ci sveglia un agente di polizia, mi chiede se io sono Chiara F., io rispondo di sì.
E poi il caos; i miei genitori mi avevano cercato con la polizia. Il poliziotto mi chiede di seguirlo, i miei mi aspettano alla stazione di polizia. Io sospiro, non posso certo dire di no ad un agente, specialmente se si tratta dei miei genitori.

Ma quando stanno per portarmi via, MJ chiede di poter accompagnarmi.

Comincio a pregare in lingue che non conosco per fare in modo che l'agente dica di sì. Inizialmente non vuole farlo venire ma il mio angelo cantante insiste così tanto, che alla fine il poliziotto lo lascia venire.

Io comincio a parlare in ebraico antico per ringraziare Dio e i santi e la Madonna e il mio angelo custode e chiunque non fosse sulla Terra ma la guardasse dall'alto.

Arrivati alla stazione, i miei vedono Michael e subito pensano già male.

Per fortuna cambiano idea; una ragazza se è stata stuprata glielo si legge in faccia.

Mio padre e mia madre mi fanno una ramanzina noiosa e non vogliono stare a sentire Michael che li assicura che io ero al sicuro con lui. Poi lo minacciano dicendo che è già tanto che non lo denunciano per sequestro di persona. Anche se provo a difenderlo, non mi ascoltano, come al solito. Loro non si fidano di una persona così inaffidabile. Ovviamente, credono alle dicerie orribili che si fanno su di lui.
Invece si fidano del suo manager che interviene ad un certo punto dopo aver saputo che Michael è di nuovo nei guai. Così i miei si tranquillizzano e poi (fulmine a ciel sereno) mi dicono che vogliono partire sul prossimo aereo per tornare a casa.

Per me e Michael è venuto il momento di salutarci. -Mi mancherai, MJ.- gli dico a testa bassa.
-Mi mancherai anche tu. Ma spero di poterti scorgere nella folla, al prossimo concerto.- mi sembra di sentire il ritornello di Human Nature nell'aria: “why, why, tell'em that it's human nature, why, why does me do me that way...”
-Non so se ci potrò essere. Non ho abbastanza soldi per andare avanti e indietro da Genova a Los Angeles- gli dico tristemente.

Lui mi stringe forte e lo sento cercare di soffocare le lacrime. -Con te ho passato il più bel pomeriggio della mia vita.- mi sussurra, soffocato dai singhiozzi. Stringo la testa al suo petto, non voglio che qualcuno mi veda piangere.

Mi parve di vedere un flash, di sentire il rumore di una macchina fotografica, e dei passi molto veloci, una corsa. Un paparazzo era riuscito a farci una foto insieme.

Il manager di Michael si mette subito all'inseguimento, ma a noi due di lui non ci importa granché. Alla fine i miei genitori ci dividono chiamandomi per nome.

-Claire, prima di dirci addio- mi dice lui -voglio che tu tenga qualcosa che ti ricordi di me- prese un paio di forbici, si tagliò una ciocca di capelli, la infilò in una fialetta venuta fuori da chissà dove e me la diede.

Stavolta non posso fermare una lacrima che scende, traditrice, sulla mia guancia -Sarà il mio tesoro più prezioso.- e poi vengo trascinata via. Lui mi saluta con una mano, io ricambio, prima di vederlo sparire.

Ritorno un attimo alla realtà e mi accorgo che stavo davvero piangendo.

Ritorno a fantasticare;
sono passati due mesi da quando ho salutato MJ per l'ultima volta fino a quando una delle mie amiche MJ-dipendenti arriva gridando a casa mia con un pacco di fogli in mano. Mi chiama e poi mi dice qualcosa che davvero non riesco a comprendere: -MichaelJacksonverràquiinItaliapertrovareunafanmoltospecialeeagiudicaredacomeparlavadileisonosicurachesitrattaditeeeee!!!!- le chiedo di calmarsi e ricominciare da capo, e lei ripete; -Michael Jackson verrà qui in Italia per trovare una fan molto speciale e a giudicare da come parlava di lei sono sicura che si tratta di te!- mi sbatte davanti al naso i fogli: erano giornali di oggi.

Io rimango senza fiato: -Se così fosse?- lei ride alla Babbo Natale: -Se così fosse, ho già chiamato le altre per aiutarti a fare bella figura. Faremo in modo che la prima cosa che MJ ti dirà sia...- fece una pausa di sospensione (o forse, per trovare il termine giusto in inglese, visto che in quella materia è una capra) -“You're wonderful!”-.

Forse prima non l'ho detto, ma io parlavo a MJ in inglese, quando l'ho incontrato.

Guardo la ciocca che mi aveva regalato: -Preferirei che mi dicesse qualcos'altro...- lei dice: -Cosa?- poi vede che guardavo la ciocca: -Ah, ho capito. Non ti preoccupare. Col tempo faremo in modo che ti dica anche quell'altra cosa. Ora pensiamo a trasformare questa margherita in una rosa rossa!- e mi trascina nel Beauty-farm più vicino.

Tre giorni dopo, le notizie su Michael Jackson che arrivava in Italia si moltiplicano. Ben presto tutta l'Italia e gli Stati Uniti sapeva che una fan italiana aveva fatto passare a MJ il pomeriggio più bello della sua vita.

Lui ha raccontato tutto ciò che avevamo fatto insieme: il giro a Los Angeles, la fuga dai fan urlanti, il rifugio all'Hollywood Bowl, i nostri discorsi (a parte i segreti che ci eravamo scambiati), la notte passata insieme e ha aggiunto che deve dirmi una cosa molto importante, che sono a conoscenza solo i suoi parenti. Si è informato su dove abito e sta venendo.

È davvero dolce, si ricorda ogni secondo di quel giorno. Dopo il quarto giorno, la stessa amica che mi aveva informato dell'arrivo di MJ arriva nel salotto dove le mie amiche mi stavano finendo la manicure gridando: -È QUI! MICHAEL JACKSON È QUI!!! È al bivio, vuole venire su! Oh, Kya, sono eccitata per te!-
ma mi viene una bella idea -Sarò io ad andare da lui!-.
Lasciandole senza una parola di replica prendo casco, chiavi del motorino e parto a bordo del mio cinquantino, lo stesso che nella realtà mi ha lasciato in mezzo alla strada.

Accelero come una pazza, arrivo al bivio, dove una grande folla si è riunita, ci sono la Rai in diretta e i canali statunitensi e anche la radio. I parenti di Michael sono lì con lui, mentre parla ad un giornalista di quanto è agitato nel potermi rivedere.

Guardo un attimo Michael girato a tre quarti verso di me, io indosso ancora il casco, poi sposto lo sguardo su un mega schermo lì davanti messo per la folla, inquadrava il mio bellissimo angelo cantante.

Sospiro e mi tolgo il casco, e Michael finalmente mi riconosce.

Mentre parla col giornalista, si blocca, mi guarda attonito, poi si fa largo tra i giornalisti e le sue guardie del corpo e copre la distanza tra me e lui di corsa gridando il mio nome in inglese.

Io mi limito ad aprire le braccia, e lui si getta sul mio corpo tenendomi stretta, quasi avesse paura di perdermi di nuovo.

Ricambio il suo abbraccio, riempo di baci la sua guancia, mentre lui piange a dirotto.
Quando, finalmente, MJ riesce a trovare un po' di voce tra un singhiozzo e l'altro, mi dice: -Mi sei mancata tantissimo!- e io gli rispondo che mi è mancato anche lui.

Mi accorgo che sul mega schermo siamo inquadrati noi due, ma non ci faccio caso.

MJ si calma, e, finalmente mi guarda in faccia. -Ho attraversato mezzo mondo per trovarti.- mi dice con un filo di voce -Devo dirti una cosa che avrei dovuto dirti due mesi fa- -Sì, lo so.- gli rispondo -Ma di che si tratta?-.

Lui fa una pausa, distogliendo il suo sguardo dalla mia faccia, quasi avesse paura di dirmelo.

Io insisto: -Michael?-, lui mi guarda di nuovo, sospira e prende coraggio.

Mi sussurra una frase che avevo sempre desiderato sentire: -Io ti amo-.

Il mio cuore quasi si ferma di battere. Non riesco a formulare una frase che abbia senso, Michael si preoccupa, forse pensando che quella sorpresa fosse un no, che non provo lo stesso.

Già comincia a dire: -Claire? Quello che ti ho detto forse non...- io prendo a calci la mia voce come due mesi prima e dico: -No, non è questo è che...- lacrime di gioia soffocano le mie parole -...tu non hai la minima idea di quanto mi hai resa felice...- i suoi occhi si spalancano, sa cosa sto per dire: -...ti amo anch'io, Michael!-.

Il suo respiro si fa più intenso, mi sorride per una gioia incontenibile e mi bacia.

Dio, bacia meglio di Casanova in persona!

Quasi avessi paura che lui si staccasse dalle mie labbra troppo presto, tengo le mie mani dietro la sua testa, stringendogli i riccioli.

Durante il bacio sento la folla gridare, non so se per la felicità, la gelosia o chissà che cos'altro, ma non m'importa. Se c'è una cosa importante adesso è che... sento un clacson.

Mia madre mi riporta tristemente alla realtà. Mi chiede dove ero finita e le racconto l'accaduto, compreso ciò che avevo immaginato per tutto il pomeriggio. Lei ridacchia chiedendomi se non trovassi strano fantasticare su un uomo morto. Io rispondo di no e insieme torniamo a casa. La cosa strana di tutta questa vicenda è che sono stata un intero pomeriggio a fantasticare. Ma, dopotutto, questa è la mia vita.
   
 
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