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Autore: Alexandes    05/11/2010    1 recensioni
Una comunissima ragazza con un unico vizio (farsi troppi problemi) e un ragazzo egocentrico che, inaspettatamente, è molto più saggio si lei. Un episodio romantico ritrovato dalla massa di storie dimenticate nel quaderno del secondo anno di superiori.
Genere: Romantico, Satirico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il vento soffiava forte. Fin troppo forte.
-Tesoro, mi dai il giubbino?- chiese Roxanne ad Axel, che le stava accanto.
- Certo- rispose lui. Con un gesto veloce se lo sfilò, scoprendo una bianca maglia a mezze maniche, e glie lo porse.
-Ma stai a mezze maniche! No! Tienilo tu! Sentirai un freddo cane! Io sto con la maglina …- protestò a raffica Roxanne, vedendolo, ma lui l’interruppe mettendo un indice sulle sue labbra e avvicinando molto il viso al suo, estremamente consapevole che la metteva tremendamente in soggezione, e le mise con l’altra mano la giacca sul braccio.
-Io sono più robusto di te, non mi prenderò nulla per un po’ di vento- disse.  Sempre a fare il figo.
Lei, rossa fino alla punta delle orecchie, abbassò lo sguardo, si scostò e si mise la giacca.
Entrambi tornarono ad appoggiarsi alla ringhiera del tetto. La vista era spaventosamente bella e sarebbe stato un momento perfetto, se non fosse stato per il freddo e lo strano atteggiamento di Axel.
Roxanne era triste di riflesso. Pensava che lui si fosse scocciato di lei, che l’aveva portata lì per lasciarla e che i suoi gesti d’affetto, maliziosi, erano solo un modo per umiliarla. Tanto, credeva, nessun ragazzo si sarebbe comportato con lei come lui aveva fatto: una poco di buono non aveva bisogno di tanta gentilezza. Rimpianse ancora una volta di esser così come era. Perché forse allora Axel non l’avrebbe mai lasciata e lei avrebbe potuto vivere quel sogno stupendo ancora per un po’..
Scrutò Axel si sottecchi, facendo finta di aggiustare una ciocca di capelli scompigliata dal vento.
Era così bello.. il profilo da principe altezzoso, quegli occhi assurdi, quasi quanto i suoi, che la rapivano per la loro arroganza … avere la possibilità di averlo tutto per sé era qualcosa di cui non si capacitava. Ecco. Appunto. Non era tutto per lei. Axel la stava per lasciare. Si accorse di un insolito groppo in gola che le premeva: “ signore, fa che sia che ho preso freddo ed è catarro, ma la figura di merda di piangere no” guardò in alto e represse le lacrime, chiuse gli occhi e zittì la vocina lamentosa nella sua testa.
Scrutò di nuovo Axel: nulla, imperscrutabile, ancora immerso tra i suoi pensieri.
Tossicchiò per estinguere del tutto il groppo, ma così facendo Axel si ricordò di lei. Xanne fece finta di nulla mentre lui l’osservava, e si mise a studiare una cupola particolarmente interessante …
Axel sorrise, vedendo il suo scarso tentativo di recitare. Ormai, dopo quasi due mesi che erano fidanzati e un anno che si conoscevano, capiva quando fingeva e quando davvero era immersa nel suo mondo.
-Lo sai ..- iniziò a dire, guardandola con la coda dell’occhio e vedendola irrigidirsi. Si fermò. Voleva che glie lo chiedesse.
-Cosa?- la domanda arriva indifferente, ma con voce stridula.
Roxanne, come ogni volta che era nervosa, continuava a tormentare l’unghia del pollice sinistro. Axel rise. “Cosa c’è da ridere, montato?!?” pensò lei, voltandosi a guardarlo con espressione interrogativa e scettica.
Lui si girò, poggiando la schiena alla ringhiera ed incrociando le braccia. Guardò in cielo, noncurante.
- Lo sai che quando sei in imbarazzo, oltre a diventare rossa … - ruotando il collo verso l’alto spostò lo sguardo su di lei, obliquamente (sì, doveva per forza fare tutta quella scena, era più forte di lui) - … le sopracciglia si avvicinano in un modo assurdo, donandoti un’aria amabilmente buffa e ingenua?- concluse, conscio che quella frase avrebbe sortito l’effetto descritto. Roxanne effettivamente divenne color peperone e tornò a guardare la città. Tentava in tutti i modi di non inarcare le sopracciglia, come aveva scoperto di fare, e stizzita al massimo gli disse - Non rompere!- Axel scoppiò a ridere. Quell’orribile odiosissima risata così aperta e senza confini che lasciava intendere l’indole così semplice e generosa sotto tutto quello strato di teatralità e infinito ego. Un’ondata di tristezza avvolse Roxanne e non poté far finta di nulla. Axel se ne accorse. Smise di ridere e si appoggiò di lato alla ringhiera, rivolto verso di lei. Gli restava un sorriso ironico, perché non voleva lasciar intendere la propria perplessità -Che c’è?-  le chiese scherzoso.
- Perché mi hai portato qui sopra?- disse Roxanne aspra.
Lui sospirò con un sopracciglio alzato, si grattò la testa e capì. Sorprendentemente capì. Si sforzò di non ridere. Un anno che si conoscevano ed era ancora convinta. Non riusciva ancora a capacitarsi che stavano sul serio assieme, a tempo indeterminato. E va bene tutto quello che era successo prima, la sua ninfomania e tutto il resto, ma dopo un po’ stizzisce: aveva fatto tutto per dimostrarglielo! Le aveva pure dato ragione nelle discussioni! Poche volte, ma l’aveva fatto.
Scosse il capo. “  E va bene, se tanto mi dà tanto ..”
Roxanne aveva smesso di pensare a qualsiasi cosa di coerente, e sentiva solo quella vocina che le diceva “ aspettati solo “ti mollo” poi non scoppiare a piangere, corri solo giù da Roxas e fatti fare la cioccolata calda. No, non il caffè, la cioccolata calda, che è più depressivo …”
Così, quando Axel le prese il polso gentilmente e la fece voltare verso di sé, non oppose la minima resistenza, né fu lontanamente sorpresa. Si limitò a lasciarsi manovrare, come una bambola, posando un braccio attorno al collo di lui, come Axel aveva deciso, facendosi passare un braccio attorno la vita e stringendogli la mano quando questa le fu presa. E come in catalessi si ritrovò stretta a lui, a mo di due ballerini di valzer. Si riscosse nel momento in cui Axel unì i loro corpi come pezzi di un puzzle e mise la testa nell’incavo del suo collo.
-Ma che minchia..?- iniziò a dire, ma Axel passo la lingua su una piccola porzione di pelle e vi soffiò lievemente. I brividi la scossero e appoggiò la guancia sulla spalla di lui, inspirando il suo odore si deodorante Axe perché doveva essere megalomane anche in quello. Se doveva perderlo almeno avrebbe avuto la consapevolezza che forse era il suo ego a non poter tollerare un’altra persona nella propria orbita. Axel si scostò leggermente, in modo che lei sollevasse la testa, ma che comunque non si potessero guardare, orecchio contro orecchio.
- Te lo dico solo se mi prometti una cosa. - Axel sussurrò.
Lei sorrise. Sempre con quei giochetti infantili fino alla fine. Si costrinse ad uccidere la vocina.
- Cioè?- chiese.
- Devi imparare il valzer entro la prossima settimana- sussurrò, con voce seria. Roxanne fece una faccia perplessa che Axel non vide, ma percepì. Sorrise diverito.
- Lo sai che odio qualunque tipo di ballo Ax … -
- Lo so. -
Roxanne divenne ancora più perplessa. Le stranezze di Axel.
- e va bene! Impererò il valzer in una settimana. Adesso mi dici perché sono qui, al freddo, sul tetto e in una posizione assurda a parlare sussurrando?-
- Sì. - disse Axel - Ti amo. –
No, non aveva capito bene. Era “ti mollo” la cosa da dire, non ti amo. Ti amo era troppo. Troppo inaspettato, troppo diretto, troppo tutto. Troppo. Sentì un battito mancare. O forse erano due.
- Non ho capito bene.-
Axel ridacchiò: - Ti aaaamo. Due parole. Le capisci? Evidentemente no. Sillabiamo: ti a-mo. Te le computo pure se vuoi: T-I-A-M-O. Ti-i-a-emme-o. –
Xanne rise: - no, oddio, non ci credo. Hai piegato il tuo orgoglio per dirmelo! No, non è vero.- ironizzò, per dissimulare la stragrande avvolgente ondata di fuoco che la riempiva dentro. E la vocina bruciava sul rogo.
- Secondo te perché ho scelto un posto così isolato? – le chiese Axel. Xanne gli diede un buffetto dietro al collo e lo guardò finalmente negli occhi, con una scherzosa espressione di rimprovero. Lui ricambiò, serio – Ti voglio bene davvero - le ridisse. Xanne annuì e sorrise. Poi la felicità prese il sopravvento sulla sua mente bacata, poiché in un attimo aveva debellato tutte le inibizioni, fidandosi, chissà per quale motivo, per l’ennesimo ti amo detto da un ragazzo. Ma in fondo era di quell’arrogante di Axel che si parlava. Iniziò a muovere i passi, girando in tondo e intonando il motivetto del valzer. Axel, dapprima sorpreso, incespicò con lei, poi prese la guida e mosse i passi, canticchiando con lei. Se qualcuno li avesse visti li avrebbe chiamati pazzi. Non perché lo fossero effettivamente, ma per riscattarsi dall’invidia per ciò che vedono esistere e che non avevano, e forse, non avrebbero mai avuto.

  
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