Nota
per humancrime: TU SEI VECCHIA! *w* <333
-{Noise.
“Se qualcuno
ti dice che sta per prendere una "decisione realistica", capisci
immediatamente che sta per fare qualcosa di brutto.”
Mary McCarthy (1912-1989),
scrittrice americana.
Break si poggiò
scompostamente all’elegante balcone fuori dalla sua stanza, cercando di
ricordare ogni particolare di quel paesaggio che non sarebbe più stato in grado
di vedere. Sorrise mestamente, decidendo che, dopotutto, non gl’importava
neanche un po’, non sarebbe stata la vista di un giardino e qualche albero a mancargli.
“Finché questo
corpo non cadrà a pezzi, devo pensare solo a scoprire la verità di cent’anni
fa” si disse con decisione, per scacciare i pensieri scomodi…
o per meglio dire, quell’unico pensiero scomodo che di nome faceva Reim Lunettes.
Con il piede
punzecchiò una delle bottiglie sul pavimento, ascoltando distrattamente il
rumore del vetro tintinnante; «A quanto siamo arrivati, Emily?» domandò
divertito, prendendo in mano la bambola.
«Otto» si
rispose, usando la vocetta stupida che utilizzava per
il fantoccio, «ti sei scolato otto bottiglie di vino, incosciente».
“quasi otto
bottiglie” pensò, osservando quel poco che era rimasto sul fondo del fiasco.
Con stizza si
versò l’ennesimo bicchiere dell’alcolico, per poi stare diversi secondi ad
osservare senza poterlo realmente vedere il liquido dall’intenso color porpora.
Lo bevve tutto d’un fiato, per poi schioccare le labbra, infastidito.
Ancora niente,
non sentiva assolutamente niente, nemmeno i minimi accenni di una sbronza.
“No, avere un
alta capacità di bevuta non è affatto una bella cosa, una volta tanto vorrei
riuscire ad ubriacarmi e smetterla di pensare per cinque dannati minuti”.
Scosse la
testa; essendo incapace di smettere di pensare, permise alla sua mente di
affrontare quell’argomento particolarmente fastidioso.
Non riusciva a
capirlo; per quanto si sforzasse, non riusciva a capire Reim.
Sì, erano amici da un sacco di anni e balle varie, ma una persona sana di mente
nello scoprire che lui in realtà era Kevin Regnard
avrebbe come minimo dovuto allontanarlo. Non si era stupito della reazione di Oz, Gilbert e Alice perché aveva appreso che quelli non
sapevano nemmeno il significato della frase “sanità mentale”… ma Reim? No, lui non solo continuava a preoccuparsi come solo
una Sharon particolarmente isterica era in grado di fare, ma era stato pure sul
punto di opporsi al duca Barma quando l’aveva colpito per palesare il suo
sigillo da contraente illegale.
“Forse Reim è solo più stupido di quanto sembri” pensò con un
ghigno, per poi ricordarsi un altro particolare: stupido ma in grado di
rendersi conto in un nano secondo della sua cecità quando neanche Oujo-sama –che teoricamente sarebbe dovuta essere la
persona a lui più vicina- non aveva sospettato alcunché?
No, la
soluzione all’enigma era più complicata e fastidiosa in maniera orribile.
«Bene» esclamò,
simulando un allegria che non sentiva addosso, «stappiamo la nona!»
Aprì l’ennesima
bottiglia di alcolico e, dimenticandosi completamente dell’esistenza del
bicchiere, bevve direttamente dal recipiente; «Wah,
tutta colpa del signor Reim, vero Emily?»
«Scaricare le
tue colpe sugli altri non ti fa onore, Xerx».
Break sorrise,
“parli dell’Abisso e spuntano le Catene”;
«Mi chiedo per quale motivo il cagnolino dei Barma passi più tempo dai
Rainsworth che dal suo padroncino» fece, sardonico.
Reim si avvicinò e gli
strappò dalle mani la bottiglia di vino, per poi servirsene un bicchiere e
sedersi su una sedia di fronte all’amico, «solo per controllare che il
cagnolino dei Rainsworth non si ammazzi da solo accidentalmente» rispose a tono
ma senza particolare convinzione. «Comunque, se è “colpa mia” almeno potresti
dirmi cos’ho fatto questa volta?»
Break mise su
la sua migliore espressione angelica, «esisti»; al che Reim
si versò un altro bicchiere di vino, rabbuiandosi e causando un ghigno sul
volto di Break, «e non solo. Sai, non è corretto che tu mi faccia una corte
tanto spietata» vociò con fare civettuolo.
A
quell’affermazione l’altro sollevò di scatto lo sguardo, riuscendo abilmente a
dissimulare quel caleidoscopio di emozioni che il suo viso avrebbe voluto
mostrare. Con uno sbuffo ammiccò alle bottiglie sparse disordinatamente sul
pavimento «Xerx, sei ubriaco» decretò.
«Sciocchezze,
non posso ubriacarmi, lo sai bene. Io ti piaccio». Non era una domanda, quindi Reim non si prese nemmeno la briga di rispondere,
limitandosi a distogliere lo sguardo.
«Uh, uh, uh… chi tace acconsente, lo sai?» continuò Break impietoso,
anche se non poteva vederlo, seppe
che il collega era vistosamente arrossito e se ne sentì incredibilmente
compiaciuto.
«Io… tu… tu non mi piaci!» trovò, Reim, la forza di ribattere, balbettando.
Xerxes ridacchio,
avvicinandosi alla vittima; si fermò
a pochi centimetri da lui per poi accovacciarsi per raggiungere la sua stessa altezza
da seduto, «se non ti piacessi, mi lasceresti mai fare questo?» domandò
sporgendosi verso di lui.
Gli slacciò
lentamente il bavero della divisa, per poi passargli una mano tra i capelli e
posare le labbra sulla tenera carne dell’incavo del collo, per poi salire fino
alla mascella, posando piccoli baci simili a morsi.
Reim non ebbe i riflessi
abbastanza pronti per sottrarsi a quel contatto e non riuscì a trattenere un
gemito, stringendo i pugni per la frustrazione per essere nuovamente solo un
fantoccio da prendere in giro.
«Se non ti
piacessi, non mi lasceresti fare neanche questo» aggiunse, lascivo, sedendosi
sulle ginocchia del collega. Gli sbottonò la giacca della divisa per poi
insinuare la mano sotto la camicia, a
diretto contato con la pelle, deliziandosi dell’ imbarazzo che riusciva a
causare all’amico. In quel momento
rimpianse davvero l’uso della vista, pensando che avrebbe dato qualsiasi cosa
per poter vedere ogni dettaglio di quel viso accalorato e contratto in
un’espressione quasi tormentata.
Reim non
riuscì a trattenere un fremito quando le gelide dita di Break gli sfiorarono il
petto, anche se non poté essere certo che fosse stato causato dal freddo; no,
in quel momento sentì chiaramente di aver perso il concetto di “certezza”,
semplicemente non esisteva più, s’era annichilita contro quelle mani ghiacciate
che lo sfioravano.
«Xerxes, sei ubriaco» mormorò nuovamente, cercando gentilmente di scrollarselo
di dosso.
«Sì, sì, l’hai
già detto» tagliò corto l’altro, con un sorriso molto poco rassicurante, «sai? Sto per prendere una decisione realistica»
mormorò, togliendo gli occhiali al
collega, ritenendoli solo un intralcio e sapendo che lui non
avrebbe reagito.
«E quindi?»
«Quindi, Reim, non fare quella faccia, lo sai che in questo modo tu otterrai
quello che vuoi esattamente come lo otterrò io» ridacchiò, sfiorandogli una
guancia con tocco così lieve che Lunettes si trovò inconsciamente a sollevare un
po’ il viso per approfondire quel casto contatto.
Il bruno distolse lo sguardo, «cos’è che vorresti
ottenere?» domandò, pentendosi quasi subito della domanda, decidendo con
l’immediato senno di poi che, dopotutto, avrebbe preferito non conoscere la
risposta.
Ridacchiò nuovamente, Break, accarezzandogli il petto con
le labbra e strappandogli un gemito, «sono semplicemente curioso di scoprire
quanto puoi diventare rumoroso»
sussurrò lussurioso, lasciando intendere che non l’avrebbe fatto scappare per
nessun motivo, che per quella sera lui sarebbe stato il suo passatempo.
Reim sgranò gli occhi, vagamente terrorizzato all’idea. Venne
salvato dal rumore che in quel momento si sentì dalle scale. Passi; abbastanza
decisi da non suonare civettuoli nonostante i tacchi.
“Sharon-sama…” pensò Reim, allarmato.
Riuscì inspiegabilmente a scivolare via dalla presa
ferrea di Break per ricomporsi e sparire
tanto velocemente da dimenticarsi gli occhiali che Xerxes aveva lasciato con trascuratezza sul
pavimento.
Pochi secondi dopo la fuga di Lunettes,
Sharon lo raggiunse sul balcone.
«Dovresti smetterla di tormentare il povero Reim» commentò la ragazza, con leggerezza, come se la
questione non la toccasse realmente.
Break sbuffò
ironico, «sono io che
tormento lui?» domandò retorico,
alludendo alle bottiglie di vino sparse sul pavimento.
“Poco male… tanto domani dovrò restituirgli gli occhiali”.