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Autore: Bad A p p l e    05/11/2010    4 recensioni
-Dediata ad humancrime per il suo compleanno *-* *inserire cuoricino random* [vecchia u_u]-
«A quanto siamo arrivati, Emily?» domandò divertito, prendendo in mano la bambola.
«Otto» si rispose, usando la vocetta stupida che utilizzava per il fantoccio, «ti sei scolato otto bottiglie di vino, incosciente».
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Reim Lunettes, Xerxes Break
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Nota per humancrime: TU SEI VECCHIA! *w* <333

-{Noise.

 

 

 

“Se qualcuno ti dice che sta per prendere una "decisione realistica", capisci immediatamente che sta per fare qualcosa di brutto.”

Mary McCarthy (1912-1989),
scrittrice americana.

 

 

Break si poggiò scompostamente all’elegante balcone fuori dalla sua stanza, cercando di ricordare ogni particolare di quel paesaggio che non sarebbe più stato in grado di vedere. Sorrise mestamente, decidendo che, dopotutto, non gl’importava neanche un po’, non sarebbe stata la vista di un giardino e qualche albero a mancargli.

“Finché questo corpo non cadrà a pezzi, devo pensare solo a scoprire la verità di cent’anni fa” si disse con decisione, per scacciare i pensieri scomodi… o per meglio dire, quell’unico pensiero scomodo che di nome faceva Reim Lunettes.

Con il piede punzecchiò una delle bottiglie sul pavimento, ascoltando distrattamente il rumore del vetro tintinnante; «A quanto siamo arrivati, Emily?» domandò divertito, prendendo in mano la bambola.

«Otto» si rispose, usando la vocetta stupida che utilizzava per il fantoccio, «ti sei scolato otto bottiglie di vino, incosciente».

“quasi otto bottiglie” pensò, osservando quel poco che era rimasto sul fondo del fiasco.

Con stizza si versò l’ennesimo bicchiere dell’alcolico, per poi stare diversi secondi ad osservare senza poterlo realmente vedere il liquido dall’intenso color porpora. Lo bevve tutto d’un fiato, per poi schioccare le labbra, infastidito.

Ancora niente, non sentiva assolutamente niente, nemmeno i minimi accenni di una sbronza.

“No, avere un alta capacità di bevuta non è affatto una bella cosa, una volta tanto vorrei riuscire ad ubriacarmi e smetterla di pensare per cinque dannati minuti”.

Scosse la testa; essendo incapace di smettere di pensare, permise alla sua mente di affrontare quell’argomento particolarmente fastidioso.

Non riusciva a capirlo; per quanto si sforzasse, non riusciva a capire Reim. Sì, erano amici da un sacco di anni e balle varie, ma una persona sana di mente nello scoprire che lui in realtà era Kevin Regnard avrebbe come minimo dovuto allontanarlo. Non si era stupito della reazione di Oz, Gilbert e Alice perché aveva appreso che quelli non sapevano nemmeno il significato della frase “sanità mentale”… ma Reim? No, lui non solo continuava a preoccuparsi come solo una Sharon particolarmente isterica era in grado di fare, ma era stato pure sul punto di opporsi al duca Barma quando l’aveva colpito per palesare il suo sigillo da contraente illegale.

“Forse Reim è solo più stupido di quanto sembri” pensò con un ghigno, per poi ricordarsi un altro particolare: stupido ma in grado di rendersi conto in un nano secondo della sua cecità quando neanche Oujo-sama –che teoricamente sarebbe dovuta essere la persona a lui più vicina- non aveva sospettato alcunché?

No, la soluzione all’enigma era più complicata e fastidiosa in maniera orribile.

«Bene» esclamò, simulando un allegria che non sentiva addosso, «stappiamo la nona!»

Aprì l’ennesima bottiglia di alcolico e, dimenticandosi completamente dell’esistenza del bicchiere, bevve direttamente dal recipiente; «Wah, tutta colpa del signor Reim, vero Emily?»

«Scaricare le tue colpe sugli altri non ti fa onore, Xerx».

Break sorrise, “parli dell’Abisso e spuntano le Catene”; «Mi chiedo per quale motivo il cagnolino dei Barma passi più tempo dai Rainsworth che dal suo padroncino» fece, sardonico.

Reim si avvicinò e gli strappò dalle mani la bottiglia di vino, per poi servirsene un bicchiere e sedersi su una sedia di fronte all’amico, «solo per controllare che il cagnolino dei Rainsworth non si ammazzi da solo accidentalmente» rispose a tono ma senza particolare convinzione. «Comunque, se è “colpa mia” almeno potresti dirmi cos’ho fatto questa volta?»

Break mise su la sua migliore espressione angelica, «esisti»; al che Reim si versò un altro bicchiere di vino, rabbuiandosi e causando un ghigno sul volto di Break, «e non solo. Sai, non è corretto che tu mi faccia una corte tanto spietata» vociò con fare civettuolo.

A quell’affermazione l’altro sollevò di scatto lo sguardo, riuscendo abilmente a dissimulare quel caleidoscopio di emozioni che il suo viso avrebbe voluto mostrare. Con uno sbuffo ammiccò alle bottiglie sparse disordinatamente sul pavimento «Xerx, sei ubriaco» decretò.

«Sciocchezze, non posso ubriacarmi, lo sai bene. Io ti piaccio». Non era una domanda, quindi Reim non si prese nemmeno la briga di rispondere, limitandosi a distogliere lo sguardo.

«Uh, uh, uh… chi tace acconsente, lo sai?» continuò Break impietoso, anche se non poteva vederlo, seppe che il collega era vistosamente arrossito e se ne sentì incredibilmente compiaciuto.

«Io… tu… tu non mi piaci!» trovò, Reim, la forza di ribattere, balbettando.

Xerxes ridacchio, avvicinandosi alla vittima; si fermò a pochi centimetri da lui per poi accovacciarsi per raggiungere la sua stessa altezza da seduto, «se non ti piacessi, mi lasceresti mai fare questo?» domandò sporgendosi verso di lui.

Gli slacciò lentamente il bavero della divisa, per poi passargli una mano tra i capelli e posare le labbra sulla tenera carne dell’incavo del collo, per poi salire fino alla mascella, posando piccoli baci simili a morsi.

Reim non ebbe i riflessi abbastanza pronti per sottrarsi a quel contatto e non riuscì a trattenere un gemito, stringendo i pugni per la frustrazione per essere nuovamente solo un fantoccio da prendere in giro.

«Se non ti piacessi, non mi lasceresti fare neanche questo» aggiunse, lascivo, sedendosi sulle ginocchia del collega. Gli sbottonò la giacca della divisa per poi insinuare la mano sotto la camicia, a diretto contato con la pelle, deliziandosi dell’ imbarazzo che riusciva a causare all’amico. In quel momento rimpianse davvero l’uso della vista, pensando che avrebbe dato qualsiasi cosa per poter vedere ogni dettaglio di quel viso accalorato e contratto in un’espressione quasi tormentata.

Reim non riuscì a trattenere un fremito quando le gelide dita di Break gli sfiorarono il petto, anche se non poté essere certo che fosse stato causato dal freddo; no, in quel momento sentì chiaramente di aver perso il concetto di “certezza”, semplicemente non esisteva più, s’era annichilita contro quelle mani ghiacciate che lo sfioravano.

«Xerxes, sei ubriaco» mormorò nuovamente, cercando gentilmente di scrollarselo di dosso.

«Sì, sì, l’hai già detto» tagliò corto l’altro, con un sorriso molto poco rassicurante, «sai? Sto per prendere una decisione realistica» mormorò, togliendo gli occhiali al collega, ritenendoli solo un intralcio e sapendo che lui non avrebbe reagito.

«E quindi?»

«Quindi, Reim, non fare quella faccia, lo sai che in questo modo tu otterrai quello che vuoi esattamente come lo otterrò io» ridacchiò, sfiorandogli una guancia con tocco così lieve che Lunettes si trovò inconsciamente a sollevare un po’ il viso per approfondire quel casto contatto.

Il bruno distolse lo sguardo, «cos’è che vorresti ottenere?» domandò, pentendosi quasi subito della domanda, decidendo con l’immediato senno di poi che, dopotutto, avrebbe preferito non conoscere la risposta.

Ridacchiò nuovamente, Break, accarezzandogli il petto con le labbra e strappandogli un gemito, «sono semplicemente curioso di scoprire quanto puoi diventare rumoroso» sussurrò lussurioso, lasciando intendere che non l’avrebbe fatto scappare per nessun motivo, che per quella sera lui sarebbe stato il suo passatempo.

Reim sgranò gli occhi, vagamente terrorizzato all’idea. Venne salvato dal rumore che in quel momento si sentì dalle scale. Passi; abbastanza decisi da non suonare civettuoli nonostante i tacchi.

Sharon-sama…” pensò Reim, allarmato.

Riuscì inspiegabilmente a scivolare via dalla presa ferrea di Break per ricomporsi e sparire tanto velocemente da dimenticarsi gli occhiali che Xerxes aveva lasciato con trascuratezza sul pavimento.

Pochi secondi dopo la fuga di Lunettes, Sharon lo raggiunse sul balcone.

«Dovresti smetterla di tormentare il povero Reim» commentò la ragazza, con leggerezza, come se la questione non la toccasse realmente.

Break sbuffò ironico, «sono io che tormento lui?» domandò retorico, alludendo alle bottiglie di vino sparse sul pavimento.

“Poco male… tanto domani dovrò restituirgli gli occhiali”.

 

 

 

 

   
 
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