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Autore: Dea Elisa    06/11/2010    3 recensioni
Semplice raccolta di drabble/one-shot con protagonisti Anna e Antonio. I titoli delle storie seguiranno un ordine alfabetico, tecnica abusata, ma a mio parere ideale per lavorare di fantasia.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna Ristori, Antonio Ceppi
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Pairing: Anna/Antonio;
Seconda persona: Antonio.







Bianco

Era il colore che sembrava avere il suo vestito dalla distanza a cui ti trovavi.

Forse era un po’ più scuro, o magari la tonalità rimbalzava dal rosato all’azzurro per via delle luci delle candele che si rinfrangeva sulle vetrate colorate.

Qualunque fosse stata la sfumatura assunta da quella veste, avrebbe donato ai suoi occhi quel riflesso colorato che non era più loro innato, almeno da quando le avevi distrutto il sogno di essere felice.

 

Con quale diritto ti saresti presentato a interrompere le futili chiacchiere tra Anna e le sofisticate nobildonne altere che sventolavano i ventagli seguendo un procedimento fisico che a te sfuggiva?

Non di certo con il pretesto di far loro notare come l’ipocrisia regnasse tra le pieghe di quelle gonne infiocchettate di lusso, ma nemmeno con l’intenzione menzognera di permeare tra i loro discorsi.

Saresti rimasto appoggiato in quell’angolo di muro finché gli ospiti non avessero lasciato la sala: sarebbe stato l’unico modo non esibizionista per farti notare dalla sola donna che ti interessava.

 

Ora che si era voltata su un fianco, il bianco lasciava notare una scia di brillantini luccicanti di giallino.

Ma sicuramente il colore di quel vestito non era nemmeno il giallo.

Per poter definire con meticolosità le sfumature del capolavoro di sartoria che indossava la contessa Ristori, non sarebbe bastata un’occhiata di sfuggita dal fondo della sala, ma nemmeno uno studio approfondito alla luce di quelle candele, che avrebbero rischiato di alterare la vera natura delle stoffe.

Era altresì impossibile negare che l’accostamento della collana dalle pietruzze bianche brillanti e i nastrini candidi che dai capelli disegnavano la linea delle spalle la rendessero la più attraente nella sua diversità dalle altre donne: troppo truccate, ingioiellate e dall’aria di conscia altezzosità.

 

Al contempo la tua presenza nel salotto dei Ristori era discutibile.

Fabrizio ti aveva avvertito di questa sorta di rimpatriata tra i vecchi amici dei due fratelli, ma non ti aveva formalmente invitato, perciò, oltre al timore di incrociare uno sguardo femminile sconvolto o piacevolmente sorpreso, eri angosciato dall’idea di essere scacciato con l’accusa di intrusione.

 

Eppure quel pizzicore al cuore e il formicolio ai muscoli delle gambe rendevano la tua permanenza in quel luogo proibito una fonte di accattivante rischio.

L’unione di un uomo dalla superiorità congenita al gruppetto di signore capeggiate da Anna non passò inosservato ai tuoi occhi: aveva salutato con un leggero inchino le quattro donne e ora teneva la mano della contessa su cui aveva posato le labbra velate di un sorriso, lo stesso che apparve sul viso compiaciuto della Ristori.

Non avesti la possibilità di studiare la sua espressione per trovare i segni del fastidio, perché quando il suo capo si sollevò dal viso del nobile, si appoggiò su di te, lentamente, fermando il tempo in quel preciso momento.

Donne e uomini attraversavano la sala a braccetto, nobili annoiati parlottavano fittamente, le candele trasmettevano il loro sfiancamento nel posare la luce su tutti quei volti, ma a te non importava se qualcuno si fosse accorto del vostro scambio di sguardi, tantomeno dell’espressione paralizzata che avevate entrambi.

Il contatto svanì altrettanto velocemente quando le compagne vivaci di Anna la presentarono in modo più compiuto all’uomo, che non nascondeva affatto il proprio interesse verso la sua fisicità sagomata dal corpetto.

 

Ti chiedesti come fosse plausibile essere gelosi di uno sconosciuto; la risposta che la tua mente stava elaborando non era necessaria a mandare l’impulso ai tuoi muscoli, che si erano già avviati da soli verso l’uscita.

Se mai Anna fosse tornata a guardare nella tua direzione, non avrebbe visto altro che un muro spoglio e non propriamente candido.

 

L’unico dettaglio che avresti rimpianto sarebbe stato il colore di quel vestito: non avresti mai saputo di che sfumatura fosse il bianco, né come sarebbe stato accarezzare il suo corpo da sopra la rigida stoffa. Per quello ti accontentavi dei ricordi perduti nel tempo, sempre meno vividi e legati al reale.

 

“Potevate rimanere, non stavate recando alcun disturbo.”

Sarebbe stata solo quella la condizione necessaria e sufficiente per essere allontanati dal salotto?

Ti voltasti piano, giusto per non illudere la contessa del tuo desiderio infinito di vederla da vicino.

 

“Perdonate la mia uscita di scena, ma non reputavo adatto a me l’ambiente che si era creato.”

E lo sapeva benissimo, che detestavi gli incontri in pubblico.

“Perché avete lasciato il vostro nuovo ospite? Tornate nel salone, vi staranno aspettando.”

 

“No, preferisco lasciarli sparlare da soli del mio casato. In mia presenza sarebbe stato molto più complicato.”

Aveva parlato con allegra rassegnazione, come se conoscesse a memoria le abitudini, le chiacchiere e le facce degli aristocratici.

 

“Mi spiace.”

 

Sorrise, scuotendo il capo. “Non avrei mai pensato di trovarvi in un’occasione simile.”

Ora che il discorso ricadeva su di te, i tempi morti di cui avevi disponibilità sarebbero stati impiegati a formulare frasi coerenti e non arroganti, perciò l’analisi del suo abito doveva essere rimandata.

 

“Vostro fratello me ne ha parlato.”

L’affermazione non era per niente esauriente, ma potevi sfruttare i suoi occhi curiosi su di te per centrare i tuoi sullo stretto corpetto che indossava.

“Ma non immaginavo-”

Una sua mano si posò tra collo e bordo dell’abito giocando nervosamente con la collana. O aveva notato il tuo sguardo attento su di lei e fingeva di sistemarsi il gioiello per coprirsi l’incavo del seno, o era semplicemente agitazione.

“… di trovare tutta questa gente.”

 

Una folata di vento forte aprì d’improvviso una finestra del corridoio lasciando svolazzare la tenda e riempiendo il silenzio di fischi fastidiosi.

Un fiotto di luce chiara investì il corpo di Anna che respirava forte per lo spavento, illuminando in tutte le sue sfaccettature l’oggetto del tuo studio.

Le sfumature di stoffa immerse nel bianco luccicavano finalmente del loro vero colore: erano verdi, come la speranza ora ripagata di ritrovare nei suoi occhi lo stesso strato di pianto quiescente che li ricopriva quand’era felice.




   
 
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