Scritto da takara, corretto da
me medesima, una divertente scenetta nella sede B.A.U.
Spero vi piaccia!
Buona lettura, chocco! :)
Dedicato a
takara, una scrittrice fantastica,
che mi regala sogni con Morgan e Hotch!
Non
c'era stato nessun richiamo da parte di JJ per la presenza di un caso
in chissà che lontana città, perciò
tutti e sette i membri della
squadra rimasero nella struttura Federale terminando di trafficare
con noiose pile di scartoffie che, poco a poco, andavano a diminuire.
Morgan
e Prentiss se ne stavano seduti dietro le loro scrivanie a compilare
e terminare di stendere rapporti ed altro, assaliti dalla noia
più
totale e svolgendo quel compito svogliatamente, impiegandoci
più
tempo del solito; diversamente il Dr.Reid, accompagnato da una grossa
tazza di caffè, svogliava quei fascicoli con
velocità, facendo
passare lo sguardo da una parte all'altra, tutto concentrato e
sicuro. I due colleghi per un momento credettero di aver visto un
sorriso sulle sue labbra ma, scuotendo la testa, si ricredettero,
sperando di aver intravisto male. Ok che aveva una memoria idetica e
leggeva 200.000 parole al minuto, ma nessuno poteva trovare
stimolante un lavoro come quello, almeno era quello che si
auguravano.
Mentre
le pile di Derek e Emily diminuivano, anche se con molta lentezza,
quella di Reid era rimasta della stessa lungezza, se non era
aumentata ancora.
“Scusa,
Reid..” s'intromise Morgan non capendo quello strano fenomeno
“ma
come mai noi abbiamo quasi finito, mentre tu sei al punto di
partenza?”.
“Veramente
io ho finito ciò che avevo sulla scrivania molto tempo
fa!”, gli
rispose senza smettere di sfogliare quelle scartoffie e mordendosi il
labbro inferiore.
Il
nero era confuso dalla risposta che il giovane collega gli aveva
dato, e incontrando lo sguardo di Prentiss, anch'esso perplesso, si
voltò nuovamente verso di lui.
“Come?”
domandò.
“Ho
deciso di portarmi un po' avanti con il lavoro e sistemare vecchie
cose che non venivano toccate da tanto tempo”,
spiegò.
Morgan
in fondo non era così compreso per quella risposta e lo
stesso lo
era Emily: Reid era perfettamente capace di fare una cosa simile.
Entrambi
finirono completamente ciò che avevano sopra le rispettive
scrivanie
e, da lì a breve tempo, si alzarono e si diressero in aria
relax,
alla ricerca di una buona tazza di caffè.
“Hei
Morgan!” lo fermò Reid prima che il moro potesse
andare troppo
lontano. “potresti portare una tazza di caffè
anche a me?”.
“Ok
ragazzino,” gli rispose il collega tornando da lì
a poco con la
tazza fra le mani.
Reid
la prese velocemente iniziando a trangugiare a grandi sorsi la
bevanda finché, finita, non la ripose sulla scrivania vicino
alla
compagna vuota.
“Hai
già bevuto tutto il caffè?!” si
sorprese Emily: “vai con calma
Reid, sennò ti soffochi, non ti corre mica dietro
nessuno!”.
Prentiss
gli sorrise dalla scrivania non ricevendo alcun segno di risposta che
le facesse capire che l'aveva sentito; guardò Morgan per
qualche
istante e sorprendendosi per quella troppa attenzione a quei
fascicoli, entrambi rotearono gli occhi ridacchiando come complici
fissarono nuovamente l'iper concentrato Dr. Spencer Reid.
“Morgan”
disse immediatamente continuando a scrivere ed osservare i fogli:
“mi
prenderesti un altro caffè?”.
“Ancora,
Reid!?” gli chiese perplesso il moro, ricevendo come
risposata una
mano alzata reggente la tazza vuota.
Derek
s'alzò svogliatamente prendendo la tazza fra tre dita
domandandosi
come diavolo facesse quel ragazzo di 27 anni a bere così
tanto caffè
al giorno. Aveva ragiona la madre.
“Sei
troppo magro...troppi caffè”
Riempì
la tazza mischiandola a due cucchiaini di zucchero -come era solito
fare l'amico- e la portò al Dottore che, continuando a
passare da un
fascicolo ad un altro, non si fermava un minuto.
Morgan
si risedette dietro la sua scrivania chiacchierando con Emily:
“ma
quanto caffè beve quel ragazzo?”, le
domandò retoricamente.
La
donna l'accompagnò nella leggera e breve risata che il moro
s'era
fatto scappare, finché dalle loro spalle non sopraggiunse
Garcia
che, andando a posizionarsi vicino alla figura di Morgan,
salutò
energicamente entrambi volgendo poi lo sguardo all'indaffarato Reid.
“Heilà
little G-man!”, gli disse euforica: “siamo
indaffarati eh?”.
Ma
nemmeno la bionda informatica dai ciuffi rossi ebbe risposta da quel
giovane agente del FBI che, chino sulla carta, non dava minimo segno
di interesse per il mondo che lo circondava.
“Ma
che sta facendo?”, chiese allora a Prentiss.
“Sta
solo lavorando su ogni minimo fascicolo non completo di tutto il
centro!”, le rispose guardando, come tutti, verso Spencer.
Il
ragazzo distolse lo sguardo da un fascicolo su un vecchio caso di
Boston solamente per portarlo alla tazza vuota alla sua destra,
rimanendo a contemplarla per qualche istante, per poi prendere fra le
mani l'oggetto e portarlo nuovamente in aria.
“Moorgan!”,
si fece sentire il giovane: “mi porteresti dell'altro
caffè?”
Morgan
lo guardò incredulo: ancora una tazza? Quel ragazzo era
davvero
fuori dal comune!
Il
moro roteò gli occhi al cielo e, sbuffando sonoramente,
s'avvicinò
all'amico e, prendendogli la tazza dalla mano, disse: “Per
piacere non si dice più?”.
“Per
piacere Morgan, ho molto lavoro da fare”, lo
accontentò il
ragazzo.
Derek
si rassegnò, contrariato, trascinandosi alla sala relax,
uscendone
con l'intruglio scuro per il collega, per poi quasi sbatterglielo
sulla scrivania; si riportò poi a sedere nella sua sedia
sperando
che Reid iniziasse a considerare un'alternativa al caffè:
“Non
so...camomilla andrebbe bene?”.
Ma
sapeva che mai avrebbe abbandonato quella bevanda, ricordandosi bene
quell'episodio dove il giovane disse che si sarebbe licenziato se
avessero ridotto le scorte di caffè; il decaffeinato, poi,
lo
disgustava.
Morgan
riprese a parlottare con Emily e Penelope, contenti di non aver nulla
da fare, prima che JJ tornasse con altre pile di documenti.
Presto
notarono nuovamente la tazza di Spencer vuota, sgranando gli occhi
increduli per la velocità con cui quel ragazzo ingurgitava
la
bevanda.
Non
passò molto tempo che Reid riportò l'oggetto in
aria, facendo
immediatamente esasperare Morgan, che intuiva quello che, entro breve
tempo avrebbe pronunciato il Dottore.
“Mooorgan,
mi prendi del caffè?”, disse infatti Spencer.
“Appunto”:
Morgan aveva intuito giusto.
Infastidito,
si alzò e strappando la tazza con forza dalla mano
dell'“amico”,
ritornò verso lo stanzino con passo pesante e, tornando,
sbatté
violentemente la tazza traboccante di caffé sulla scrivania,
facendo
quasi uscire un po' del suo contenuto.
Derek
si fece cadere sulla sedia, rimanendoci però, poco tempo.
“Moooorgan?
Mi prendi altro caffè?”, la voce di Reid
rimbombò nell'ufficio.
E
così cominciò un via vai tra uffici e saletta
relax, con un Derek
Morgan dal cipiglio sempre più furioso con la pericolosa
voglia di
strangolare quel bevitore incallito di caffè che diventava
sempre
più agitato ad ogni tazza riempita; a Reid mancavano ancora
molti
fascicoli, mentre a Morgan iniziava a mancare il sangue sulle dita
dato che la stretta del suo pugno impediva il suo passaggio.
Emily
e Garcia guardavano con gli occhi sbarrati quella scena che si poteva
quasi definire un continuo dejà-vu, contando quante volte il
giovane
avesse chiesto un caffè a quell'agente federale che da
lì a poco
avrebbe estratto la pistola e avrebbe sparato contro il
ventisettenne. Purtroppo le volte in cui Derek faceva pensieri
omicidi non si potevano contare sulla punta delle dita.
Era
appena terminato il tredicesimo giro quando Morgan, furioso, si mosse
in direzione della sua sedia, non riuscendo però nemmeno a
sfiorarla
con un polpastrello, interrotto dall'ennesima richiesta di Reid.
“Moooorgan,
Caffè!!”, quasi urlò il Dottore.
E
quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Morgan
si voltò di scatto verso la mano alzata dei Reid con la
tazza: dire
che lo sguardo del moro lanciava fulmini era dir poco; fece un
respiro profondo e s'avvicinò sbuffando e ringhiando verso
Spencer
che minimamente s'accorgeva dell'alone omicida che circondava il
collega.
Derek
agguantò svelto la tazza quasi stritolandola fra la sua mano
e,
sbattendo a terra i piedi, s'avviò, stringendo i denti verso
la
saletta.
Prentiss
e Garcia erano un po' preoccupate per ciò che poteva
accadere a Reid
che, ignaro, continuava a sistemare gli ultimi fascicoli: i loro
sguardi si incontravano sentendosi come persone che, a breve,
sarebbero diventate testimoni di un omicidio.
Vedettero
Morgan tornare con la tazza di caffè in mano, ma stranamente
non
possedeva più il cipiglio arrabbiato, scambiatolo con uno
più
tranquillo, molto più tranquillo, troppo più
tranquillo,come
se...stesse nascondendo qualcosa..?
S'avvicinò
a Reid, che non s'accorse della sua presenza, e lo guardò
per
qualche istante per poi, con un grande sorriso sulle labbra, andare a
sollevare la camicia che aderiva alla schiena: portò in aria
la
tazza colma del liquido scuro e, con uno scatto secco e soddisfatto,
rovesciò il contenuto dell'oggetto all'interno della stoffa
che
ricopriva il busto del collega.
“Auw!”,
un urlo di dolore si espanse nell'ufficio.
Reid
saltò sulla sedia, alzandosi immediatamente e sentendo che
il
liquido andava ad intrufolarsi giù per i pantaloni e
all'interno
della mutande. Iniziò a saltellare qua e là per
l'ufficio colto
dalla calura emessa dal caffè. Quando tutto il liquido smise
di
corrergli sul giovane corpo si fermò, allargando gambe e
braccia per
permettere agli ultimi residui di colargli fino alle scarpe. Il
ragazzo squadrò Morgan esterrefatto per il gesto da lui
appena
compiuto, mentre il moro, comodamente e finalmente seduto dietro la
sua scrivania, gli rimandava un sorrisetto soddisfatto e malandrino,
affiancato da due donne che non la smettevano più di ridere.
“Ma
che diavolo...!”, quasi urlò Reid, fermo nella
posizione assunta.
“Volevi
dell'altro caffè no?”, disse Morgan continuando a
sorridere:
“eccoti servito!”
Reid
lo fulminò nuovamente, strizzandoci il retro della camicia.
“La
prossima volta dimmi solo: “vattelo a prendere tu
Reid”
!”, disse piccato il ragazzo.
“Potevo
farlo, ma che divertimento c'era sennò?!”.