Il furgone di un corriere
espresso,probabilmente usato per non destare sospetti,
spuntò dalla
strada che passava tra i magazzini 14 e 15, per poi proseguire ancora
dritto per quella che costeggiava il 2 e l'1, dove si trovavano i
nostri obbiettivi.
Mettemmo via il microfono direzionale,
Alex recuperò il C4 dal cruscotto della macchina e la borsa
con gli
strumenti da interrogatorio dal sedile posteriore.
Uscimmo e ci dirigemmo velocemente
all'incrocio tra i 4 capannoni, lui seguì il percorso del
furgone
appena passato, io prseguii tra il capannone 1 e 14, dirigendomi
verso la parete esterna del primo.
Alla mia sinistra, si stagliava la
costa. La fredda brezza notturna non calmava l'adrenalina che aveva
cominciato a scorrermi nelle vene.
Estrassi la pistola dalla fondina
sinistra, La impugnai saldamente con due mani, e percorsi velocemente
la parete ovest dell'edificio.
Arrivato all'angolo mi
inginocchiai,
schiena al muro.
Inspirai profondamente l'aria di mare.
Le mie mani smisero di tremare... Feci scivolare lentamente l'indice
della mano destra sul grilletto, la mia impugnatura si fece
più
salda, sentii chiaramente il freddo del metallo che stringevo.
Quella notte avrei mandato un po' di
gente cattiva all'inferno.
Diedi un occhiata oltre mia
copertura.
Il furgone nero era Fermo davanti alla
serracinesca del fabbricato, alzata abbastanza da far passare delle
persone di statura media. A piantonare l'entrata, due tizi armati di
carabina che, da bravi coglioni, stavano a guardare la trattativa
all'interno
Mi lanciai verso l'entrata.
La mia corsa destò subito l'attenzione
dei due tizi, Ma ancora prima che potessero tendere le armi verso di
me, risuonarono le deflagrazioni dei proiettili.
Il primo lo colpii al cuore, il
secondo, avendo tempo di aggiustare la mira tra uno sparo e l'altro,
lo presi dritto in mezzo agli occhi.
Mentre la strada dietro di lui si
chiazzava della sua materia celebrale, la sua caduta mi rivelava la
figura di Alex, che si dirigeva come me verso l'entrata.
Ovviamente il rumore degli
spari aveva
attirato un altro uomo fuori dall'edificio che, sfortunatamente per
lui, si voltò verso il mio compagno.
Mi dispiace che non abbia fatto in
tempo a salutare il suo tratto intestinale.
Nel giro di un secondo venne proiettato
verso di me dalla forza del colpo del fucile di Alex, scavato come
una zucca ad Halloween.
«Buonasera!» Lo salutai cordialmente,
mentre scavalcavo il suo corpo martoriato.
Lasciai la pistola con la
mano sinitra
e estrassi la seconda dalla fondina destra, quindi entrai
nell'edificio a seguito del mio partner.
Il nostro era un metodo rozzo ma
efficace.
Alex procedeva con una raffica a
ventaglio con i suoi mitragliatori, in modo da uccidere, o quanto
meno ferire chi non era abbastanza rapido da trovare una copertura.
Piccoli spruzzi di sangue uscivano dai corpi di chi stava concludendo
la trattativa al centro del locale. Era uno spazio
rettangolare, sovrastato circondato da
una passerella sopraelevata sorretta da spesse colonne di metallo.
accessibile dalla rampa di scale alla mia sinista, appena di fianco
all'entrata. Dopo aver sistemato due tizi in fondo alla stanza con un
paio di colpi ben assestati, urlai
«Io salgo, tu tieni quelli a sinistra,
io ti copro le spalle da sopra!»
«Ricevuto, io ricarico.» Mi
rispose, facendo scattare le sicure dei caricatori degli Uzi, per poi
ripararsi dietro una colonna alla sua destra.
Mi lanciai sulla rampa,
composta da
ampi gradini di ferro.
Un gradino, tre, cinque, poi mi si parò
davanti un grosso tizio che imbracciava quello che sembrava un
fottuto M16.
Nella mia mente si formò l'immagine di
un oggetto falliforme di esclusivo appannaggio maschile, che espressi
ad alta voce nella sua forma volgare.
«CAZZO!»
Schivai per un pelo la raffica, che
fece tintinnare i gradini, buttandomi verso il corrimano. Lanciai
verticalmente la pistola che tenevo nella mano sinistra e mi appesi
con tute le mie forze alla sbarra per non ribaltarmi oltre.
Fui un lampo. Drogato
dall'adrenalina,
chiusi un occhio e presi la mira con la pistola nella mano destra. Il
proiettile seguì una traiettoria lineare dalla canna della
pistola
ai testicoli del bastardo che aveva tentato di ridurmi ad un
colabrodo. Essi decorarono con una macchia degna del test di
Roscharch l'angolo di parete su cui dava l'uscita della scala.
Ripreso l'equilibrio, riafferrai al volo la pistola da cui mi ero
separato,e corsi su per le scale, scaricandogli i caricatori addosso,
mentre quello cercava inutilmente con le mani i gioielli persi.
Non contento, un paio di gradini prima
della fine della rampa mi diedi la spinta per saltare e assestargli
una poderosa ginocchiata sotto il mento. Questo lo spinse
violentemente contro il muro retrostante, andando a produrre un
armonioso "CRACK" quando vi entrò in contatto con la
testa. Il fucile del bestione andò a sbattere con il calcio
sulla
parete sinistra, innescando una scarica che colpì al torace
un altro
tizio che stava accorrendo per farmi la pelle.
Che culo, dovevo pure ricaricare.
Rischiare di morire mi
rende nervoso, e
rimasi un attimo imbambolato.
Ma le bestemmie in aramaico antico di
Alex mi fecero rinsavire. In effetti l'avevo lasciato sotto in mezzo
a due fuochi. Buttai un occhiata e lo vidi che sparava all'impazzata
dove poteva, trattenendo tutta la sala sotto copertura, ma appena
doveva ricaricare si trovava sotto una grandinata di piombo.
Riparandomi dietro i pannelli che
impedivano di cadere dalla passerella, cambiai velocemente i
caricatori delle pistole.
«Prendili, Ti copro!» Diedi il via
libera al mio compagno
«Era ora cazzo!»
Mi sporsi e capii che quelli dietro di
lui erano troppi per tenerli a bada tutti insieme. Sparai diversi
colpi lungo tutta l'ala d'estra dell'edificio, e mentre i bastardi si
riparavano innescai due granate che lanciai verso il centro,
arrivando poi di rimbalzo all'obbiettivo.
Non fecero in tempo ad accorgersi degli
odigni che le loro urla vennero coperte dalle esplosioni. Esse
causarono un violento spostamento d'aria, e deformarono le colonne
che reggevano la passerella dalla parte opposta della stanza. Ancora
una volta dovetti reggermi per sostenere le vibrazioni e non cadere
di sotto.
Dopodichè, il
silenzio.Scesi.
«AAAAAALEEEE TUTTO BEEEEEENE?» Urlai
poco convinto, mentre mi guardavo intorno.
Una voce soddisfatta mi rassicurò
«Tutto bene, tutto bene.»
Aveva la faccia di una persona in pace
col mondo, e procedeva verso di me a grandi passi.
Dietro di lui vedevo allargarsi una
grossa pozza di sangue. I cadaveri erano nascosti da delle casse di
legno che avevano offerto una blanda copertura alla sua furia.
Sorrideva sornione, e sinceramente non avevo voglia di vedere come
aveva ridotto quei corpi.
«Non ne è rimasto vivo neanche uno?»
Chiesi ad Alex
«Neanche uno. Mi sono fatto prendere
un po' la mano, mi dispiace.»
«Non è un problema.» Conclusi.
Certo, ci sarebbe servito per ottenere qualche informazione su chi
stava a capo della baracca, ma erano tutte informazioni che avremo
potuto reperire facilmente più avanti.
«Direi di far saltare tutto e
andarcene a casa, che ne dici?»
Alex annuì «Nulla in contrario, ma
della roba che ne facciamo?»
Mi voltai.
Al centro della stanza, su un carrello
per il trasporto dei pacchi, c'erano almeno venti chili di droga.
Ovviamente la regola era sempre la
solita.
«Si brucia tutto, senza eccezioni. Lo
sai come la pensa il capo.»
Neanche il tempo di finire la frase,
che dal nulla partì uno sparo.