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Autore: Losth    16/11/2005    3 recensioni
[FINAL FANTASY IV]
Egli è splendente come l'alba, il suo cuore puro e indistruttibile come il diamante, e pari forza ha il suo braccio, guidato dall'incrollabile fede,
...ma è veramente solo questo un Paladino, anche quando sotto l'armatura c'è un anima che non ha smesso di vagare tra i propri vorticosi meandri, anche prima d'esser avvolta dalla luce?
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC | Avvertimenti: Incompiuta
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«Cecil…»

Chi diavolo è?

«Oh… Rosa, Cid…»

Una pacca sulla spalla.
Cid, lo sapevo già che avresti avuto una frase scontata per me, anche senza questo tuo gesto…
Evita.
Evita.
Evita.
Per favore.

«Ragazzo…»

…non star giù per blablabla. Come minimo… saprai anche cosa mi sfugge.
Fosse così facile, vecchio… non starei qui a spaccarmi la testa per inseguire… nemmeno so bene cosa.

«…non stare male per il Cristallo. Hai fatto del tuo meglio… Tutti abbiamo dato il massimo per evitare che succedesse. Golbeze è scaltro…. Ma non è detta l’ultima parola.»

Oh, certo. L’ultima parola non è mai detta, mai nessuno neppure la pensa. Spetta sempre a Cecil metterci l’ultima parola… l’ultimo scorcio di pateticità in questa –e in qualunque altra- scomoda opera. Cos’è questa? Maledetta fiducia in un povero sciocco, bollato come traditore già una volta, ex cavaliere nero complessato, conosciuto come l’eterno indeciso? O maledetto menefreghismo, maledetto il vostro ‘non-voglio-mettermi-in-mezzo-tanto-finchè-c’è-Cecil…’? Cos’è, maledizione, questa languidezza opaca nei vostri sguardi azzurri che si specchiano sull’armatura del vostro punto di riferimento?



Rosa.

… cosa c’è nel tuo sguardo? L’eterno aspettarsi di più da questo creatura stanca di voi, perché, il Cecil che ami tu non fa questo e quest’altro?
O stai semplicemente leggendo nei miei occhi che c’è “qualcosa” che non va, qualcosa che tu sai (o addirittura “senti”) di sapere?

«….non sentirti in colpa, Cecil»

Sentirmi in colpa.
Oh, bellissimo… sentirmi in colpa! Non ci sarei mai arrivato da solo, credimi, a questa soluzione dei miei drammi.
In colpa per cosa, Rosa… per non sapere quanto effettivamente sia potente Golbeze? Non aver previsto le sue mosse? Non essere a conoscenza dei suoi mezzi? O per il vostro stramaledetto e spergiurato Cristallo?

O dovrei sentirmi in colpa solo perché questa è la mia parte, solo perché questo metallo bianco che mi ricopre il corpo porta con sé il peso del preciso e gravoso compito di sentirsi in colpa e responsabile di tutto, in questi casi?

Sentirmi in colpa.

Sì, forse, dovrei. Ma scusate se non è così, scusate se sotto quest’armatura c’è un sangue e un cuore, troppo saturi, troppo, troppo, troppo pieni di tremori per farci entrare anche il peso di questa responsabilità.

Responsabilità… quella di aver permesso alla manina di qualcuno veramente furbo di prendere un cristallo da una stanza segreta, custodita da dozzine e dozzine di nani pesanti come pietre morte, e sorvegliata in segreto da un’evocatrice e dal suo Drago di Nebbia. Responsabilità, certo… forse perché di quattro persone ero l’unico che a malapena tentava di tenersi in piedi, allora la responsabilità è mia di pieno diritto. La prossima volta imparerò a cadere come un sasso al primo spostamento d’aria causato dalla risata di quello furbo… poi la responsabilità passerà all’ultimo che cade. Ah. E di certo infierirò con tutti questi discorsi, stanne certo, prossimo che cadrà… toccherà a te, Cid? O a Rosa? Alla spavalda Rydia, o a quel moccioso di un principino viziato?

…al diavolo, ma cosa m’importa… tanto la fine sarà sempre la stessa, no? E’ questo, alla fine, quello che conta.

«… grazie.»

Eccolo, l’altro peso che questa stupida corazza si porta appresso. Grazie.
Di cosa? Di avermi distrutto? Di essere sempre qui, accanto a me, dietro la mia ombra, a farmi presente quanto il mondo sia brutto, ingiusto, crudele e pericoloso, e che è perennemente in bilico su queste mie mani –che sono stanche anche di sopportare il peso di una spada, o il semplice peso di loro stesse.

«… Ce…»

No, Rosa, non pronunciare di nuovo quel nome, mi fa innervosire. E mi fa innervosire che voi siate qui, mentre io sono al limite, mentre io sono qui a schiacciarmi sotto il perso delle mie sensazioni e voi non sospettate neppure che io abbia un cuore che non serve solo a battere e a battermi, sotto questa scorza. Che voglio togliermi, maledizione… Andate via, tutti. Toglietevi dalla mia vista, che il mio sguardo vi possa fulminare almeno stavolta.

…come se potesse servire a qualcosa.

Forse potrebbe servire a te, Cid, a farti sentire veramente deluso. A far vacillare le certezze di Rydia. A dar occasione ad Edge di chiamarmi codardo –già, occasione che brama da quando ha visto che anch’io so impugnare una spada. Ma a te, Rosa, non farebbe effetto… se non è il Cecil che ami, per te non esiste.

O almeno, da tante lune, è quello che mi stai facendo credere.

E devo trasformare tutto questo rancore in un bacio che non ti saresti aspettata.

Buffo, neppure io. Baciare senza amore… quante volte l’ho mai pensato? Nemmeno una, Rosa. Nemmeno una volta questo pensieri ha mai sfiorato le tue labbra. Adesso… devo convincermi di avere le spalle al muro. Almeno di questo, per giustificare quest’ennesima stilettata che non saprai mai quanto ha il potere di farti sanguinare.

«Sono un po’ stanco.»

Sono veramente stanco, riuscite a leggerlo negli occhi, vero? Sì, senza dir nulla di più, state lasciando la stanza. Anche tu Rosa, con quel passo da contessa che appare umile in un modo che non mi saprò mai spiegare… esci dalla stanza, amore mio, ignorando che adesso non ti amo.

Ignorando. Ignorando… no. Ti sei fermata sulla porta, prima di chiuderla.

L’hai forse sentito?

«…buon riposo, Cecil.»

E chiudi la porta, in punta di rumore, lasciando nella stanza il vago alone di un sorriso. E sento che non hai capito.

Del resto, come puoi Rosa… capire… quello che c’è qui sotto, oltre quella pelle che amavi accarezzare di notte, di nascosto –oltre quel profumo che mi dicevi, era tutto nelle notti che non avevano neanche la luna.

Come ha il potere di farmi ricordare questo corpo che si lascia cadere di dosso l’armatura… come ha il potere di spogliarmi da questa luce che, dite, mi abbia benedetto. Per me, mi ha solo accecato, mi ha solo fatto sentire un nuovo dolore, bruciante come il sole e profondo come un taglio di spada.

Posso davvero sopportare tutto questo?

Non ho mai capito tutto quello che è stato, dopo aver lasciato il comando dei Red Wings –o forse, chissà, era una cosa che non avevo capito neppure prima. Perché avevo studiato l’Arte della Spada Nera… per riconoscenza verso il Signore che mi aveva allevato come un figlio, benché ormai non fossi più figlio di nessuno.

Tutto sommato, c’era un barlume di coscienza, un debole scopo in tutto questo, c’era.

Poi, qualcuno ha rovesciato tutto, gradualmente, a poco a poco, per uno scopo che non so.

E adesso questo chissàcosa mi ha trascinato a questo punto, senza neppure più una fede vacillante, senza capire chi combatto, perché sto combattendo e, soprattutto, per chi.

Sto servendo una parte, e nel cuore sento di starne tradendo un’altra. Ma quale?

Di chi sono una pedina, per chi sono solo uno stupido boia, neppure alla mercé del mio stesso odio?

Non lo scoprirò mai –certo, nessuno lo verrà mai a dire a me. A meno che non sia già troppo tardi, voglio dire.

Troppo tardi per salvare quel che vogliono io salvi… troppo tardi per salvare la mia fede, una speranza, come fu troppo tardi per salvare il villaggio di Myst.

Myst…

Lo avrò per sempre sulla coscienza. 150 anime ignare di tutto, bruciate come falene in un incendio… e io sono stato solo capace di star lì e chiamarlo. Chiamarlo… chiamarlo…

Salvai solo Rydia. Condannai ogni altra anima. Ne persi un’altra, da quella volta forse, per sempre –no, no, nulla deve essere per sempre –fu solo un semplice allontanamento...

Eppure. Ripenso sempre a Myst.

Forse perché è l’unico peso nel mio cuore che so di non covare in solitudine.

Anche a te pesa, vero? Anche tu ci pensi, a volte, di notte, guardando il cielo… con un nome tra le labbra…. Magari il mio. O quello della donna che ami –o che ti ama; ormai, questo non lo so più.

La donna che ami

-la donna che si stringeva ogni notte sul mio petto.

La donna che prendesti in ostaggio al solo scopo di attirarmi in quella che doveva essere una trappola –una semplice trappola, sì… non la mia tomba.

A che scopo?
Forse era un pezzo di me che volevi rapire –ancora m’illudo di questo, lo sai? … forse era questo tutto ciò che voleva simboleggiare la tua amata Rosa.

O forse, è vero, l’amavi come allora, la ami ancora, le volevi semplicemente stare vicino…

…allora perché hai pianto davanti ai miei occhi?



~~~
Uso questo piccolo post scriptum per scusarmi: innanzi tutto questa è una fict su Final Fantasy IV, senza nessun crossover -è finita in questa sezione solo perchè non sapevo dove altro avrei potuto postarla ^^' Seconda cosa, è terribilmente OOC, ma cosa volete, in quel momento Cecil lo immaginavo esattamente con quei pensieri per la testa. Insomma, è un po' incasinata anche per essere la prima fict, ma... tentar non nuoce! Spero solamente che a nessuno sia venuta un'allergia verso FFIV (uno tra i più bello... credo) leggendo ;) Salut!

  
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