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Autore: zagabria    10/11/2010    2 recensioni
- Prendila, Margaret, prendila e nascondila; ma soprattutto mantieni il segreto, non dire a nessuno ciò che hai visto questa sera, non ti fidare delle persone che ti stanno accanto, sono le peggiori!-
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un giardino nella sabbia

 

 

 


Dopo tutta la fatica che ho fatto per arrivare qua, tornare a casa con questo segreto sarà molto difficile ma ne è valsa la pena: ho trovato ciò che molti e da troppo tempo cercavano, una meraviglia che dovrà essere protetta da me e da chi mi ha accompagnato con una promessa.

 


Capitolo uno

Uno strano incontro.

 


Adoro la pioggia. Il peculiare odore e lo scroscio che realizza quando giunge a terra sono la cosa più bella che la natura ci possa offrire; specialmente su una comoda poltrona, davanti a uno scoppiettante fuoco nel camino e con una tazza di cioccolata calda; quando piove, mi piace molto rilassarmi e così molto spesso mi trattengo davanti alla finestra per osservare le persone sorprese dalla pioggerella.  Improvvisamente il mio consueto rituale fu interrotto da un rumore: era la porta. Mi avviai verso essa, francamente molto infastidita per l’insistente bussare, e aprii. Innanzi a me si presentò un uomo non molto alto e con il viso coperto da una sciarpa corvina, bagnato fradicio dalla pioggia che, gettando accanto ai miei piedi un qualcosa avvolto in una stoffa logora e sporca, bisbigliò veloce:

-Prendila, Margaret, prendila e nascondila; ma soprattutto mantieni il segreto, non dire a nessuno ciò che hai visto questa sera, non  ti fidare delle persone che ti stanno accanto, sono le peggiori!-

Gli volevo fare delle domande, ma fuggì via terrorizzato perché inseguito da un’altra persona che non ho potuto riconoscere per la velocità con cui mi è passato davanti e perché aveva il volto coperto e un lungo soprabito nero. L’unica cosa che potei scorgere furono i suoi occhi: azzurri e freddi come il ghiaccio.

Chiusa la porta e ripresami dallo sgomento, cominciai a pormi delle domande:

Cosa gli era successo? Perché quell’uomo lo pedinava? Come poteva conoscere il mio nome? E soprattutto cos’erano quegli stracci?

Avevo l’intenzione di avvertire le forze dell’ordine ma la curiosità, o forse le parole dell’uomo, prese il sopravvento e cominciai a svolgere dalle bende ed esaminare l’oggetto: era una sfera perfetta, dorata e interamente decorata da bassorilievi, simili a un’arcaica scrittura; non ne ero sicura ma pensavo fossero geroglifici, ma, come scoprii in seguito, non era esatto. Tenendola tra le mani mi accorsi che tremava ed emanava una strana luce, un’aura dorata che invase la stanza e che si espandeva sempre di più, inondando l’intera stanza, finché non dovetti riporre quello che per me sembrava un importante resto archeologico, per tenerlo lontano dagli occhi di tutti, nella mia borsa della scuola, la cosa più vicina e contemporaneamente la più sicura e insospettabile, mi sentivo molto tesa e agitata. Il motivo di tutto il movimento era semplice: suonò il cellulare. Dopo la conversazione con la mia amica notai che ormai la notte era calata e il giorno seguente avevo una lezione importante, quindi andai a letto. Durante la notte, però, fui turbata da singolari pensieri, mistici sogni:
sentivo una voce lontana che veniva dalla sfera e mi chiamava per nome. Era una richiesta di aiuto mescolata a boati e rumori. Persone atterrite che correvano e scappavano da una grotta e poi...

- AhiC! Che male! - ero caduta dal letto! ”Che strano sogno” pensai, rialzandomi da terra. Mi girai per guardare la sveglia che avevo puntato la sera prima per suonare alle 6.30 e che non avevo sentito suonare a causa del sonno profondo nel quale ero scesa:

- Com’è tardi, sono già le 8.00! a quest’ora dovrei essere in classe! -. Il tempo di sistemarmi e prendere la borsa ed ero già fuori a correre dietro l’autobus.

Mi accomodai su un posto qualunque, ancora ansimante, non per la corsa (anche perché ero abituata, faccio sempre tardi!), ma per il peso della mia tracolla. In quel momento mi venne un lampo e credo che sbiancai all'istante perché  mi accorsi che lì dentro c’era quell’involucro di stracci che mi aveva affidato l’uomo la sera prima.

Il tragitto che fece l’autobus, quel giorno, mi sembrò durare un’infinità: mi sentivo osservata da tutte le persone che viaggiavano con me e a ogni loro, qualsiasi movimento o rumore sobbalzavo; ad ogni fermata avevo l’intenzione di scendere, pensavo “Basta, ora scendo e il rimanente tragitto lo faccio a piedi... meglio di no... alla prossima fermata...”  fino a quando la mia amica e compagna di studi Beatrice, salendo sul bus e vedendomi, fece un cenno con la mano e si sedette nel posto libero accanto a me. Conversammo di futili cose: delle materie che avevamo quel giorno, degli amici comuni nella classe e dei professori, poi di musica e di tante altre cose che per un attimo mi fecero dimenticare il peso che portavo. Finalmente l’autobus raggiunse l’università e con Bea (la chiamavo affettuosamente così) mi avviai verso l’ingresso.

Mi separai da lei sotto l’arcata della porta e andai in classe. Non ricordo bene di cosa parlava la lezione cui avevo preso parte, soprattutto perché pensavo ad altro.

Dopo la scuola avevo appuntamento con Ivan in un bar vicino all’università. Lui era iscritto a un’altra facoltà ma siamo stati compagni di liceo ed era la persona di cui mi fidavo maggiormente tra i miei amici, forse perché ci conosciamo da quando siamo nati e non abbiamo mai avuto divergenze o litigi.

Ormai ero decisa. Dovevo raccontargli tutto, non potevo tenermi questo segreto in eterno! Mi avvicinai al tavolo dove era seduto mentre aspettava il mio arrivo e con molta cordialità lo salutai:

- Ciao Ivan! Com’è andata la giornata?-

 - Bene grazie, ma non posso dire la stessa cosa di te… sembri un fantasma. Che ti è successo, ci sono dei problemi?-

Mi aspettavo queste parole. Lui mi capisce a prima vista!

- Non ho passato una notte serena, soprattutto per colpa di questo. - e gli mostrai il contenuto della mia borsa che mi aveva ossessionato fin dalla sera prima e che finalmente potevo condividere con qualcuno.

- Cos’è?- mi chiese, sopraffatto dalla curiosità.

- Ordiniamo qualcosa da bere, così ti racconto tutto. -

  
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