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Autore: Arthur Jeevas    12/11/2010    3 recensioni
"La sua risata era folle, acuta, stridente. Incuteva terrore, soffocava l'anima."
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Beyond Birthday
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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sangue

- Perché il sangue?

- Il sangue? – Alzò la testa. I suoi occhi, rossi quanto l’elemento in questione, erano inquietanti. Mi trafiggevano, mi spezzavano in mille pezzi, come fa un bicchiere di vetro quando si schianta contro il pavimento. Scattò a ridere. La sua risata era folle, acuta, stridente. Incuteva terrore, soffocava l’anima. – Potrei vivere di sangue. Il suo colore, il suo odore, il suo sapore… - Ad occhi chiusi, si leccò le lunghe e magre dita.

- Ma perché il sangue?

  Era disgustoso. Completamente scomposto sulla sedia, sembrava quasi privo di ossa. Pallido, troppo pallido. Mi chiedevo se fosse veramente vivo… Il suo sguardo sembrava inseguire insetti inesistenti, quelle enormi orbite color scarlatto non si fermavano mai. La testa pendeva da un lato, i capelli scompigliati sembravano totalmente oscurati dal verbo ‘pettinare’… Ma vi posso giurare che la cosa più macabra fosse il suo sorriso; Non rappresentava né allegria né tristezza. Non rappresentava nulla… Eppure c’era. E si leggeva nettamente “Della vita non so nulla, ma conosco molto la morte”.

- Il sangue… - Di nuovo quella dannatissima risata. – Il sangue mi ricorda mia madre.

 

[Flash Back]

 

 La casa era vuota, fredda, buia. Lui si trovava nella sua camera, guardava delle foto. Nomi, numeri… Cosa rappresentavano? I suoi genitori erano preoccupati, anzi, terrorizzati. Beyond sapeva il nome di tutte le persone prima che esse si presentassero, e poi… Quelli occhi color morte… Erano affilati quanto mille coltelli. Privi di brillo. Privi di vita. Non ci si poteva neanche riflettere.

 Il suo padre aveva trovato rifugio nei bar, dove passava tutte le notti, quasi come se avesse paura del figlio. Quasi come se volesse scappare dalla propria creazione. La madre non lo guardava mai in faccia. Non poche furono le volte che Beyond si sentì chiamare “Il figlio di Satana”. Qualcosa nel concepimento di quella piccola creatura era andato storto. Molti credevano addirittura che fosse nato senza un’anima… Ma Beyond aveva un’anima, che si contorceva di dolore dentro a lui. Che non sopportava più quel carcere… La prigionia in quel corpo maledetto. In quel corpo odiato da tutti, persino da chi lo aveva partorito. Si sentiva solo, ed infatti lo era.

 Rumori soffocati in cucina. Si trascinò lentamente per il corridoio. Sua madre era seduta per terra, teneva in mano un coltello. Lo guardò sofferente… Quello sguardo che valse più di mille parole. Uno sguardo che si scusava con lui, per averlo creato. Il suo viso pallido quanto la luna, il suo corpo debole e tremulo, pieno di tanti di quei tagli… di tanti di quei tentativi di finirla subito…

- Non sei tu, la colpa è mia.

 Il suo fiato era così scarso che Beyond si meravigliò che ci fosse riuscita a pronunciare quelle parole. Camminò lentamente fino a lei, che lo accolse fra le sue braccia. Lo strinse. Il suo corpo era così fragile e magro che lui si domandò se sarebbe stato in grado di sollevarla… Le sue lacrime gli bagnavano i capelli. Il suo cuore lottava faticosamente per ogni battito. Lui la invidiava e biasimava; era così piena di vita e cercava la morte, lui era la morte, senza alcuna speranza di vita.

- Tranquilla mamma, ci sono io. Ci sarò sempre.

         Le lacrime sempre più insistenti… Erano fredde. La cucina sembrava sempre più                      piccola, sempre più buia. Nascose il suo viso nel petto della madre, aspirò il suo odore… Odorava a stanchezza, sofferenza. Un braccio si alzò.

- Non sono in grado di prometterti lo stesso…

    Un movimento brusco, veloce. Il liquido scorreva. Più pesante, più denso delle lacrime. I  capelli di Beyond appiccicati alla sua fronte. Un odore forte, ferro arrugginito. Un sapore diverso, aspro. Non lo abbracciava più. La testa per un pelo, il collo sfigurato. La strinse con forza, pensava che così facendo avrebbe impedito alla sua anima di abbandonare il suo corpo. Piangeva incessantemente nella speranza che le sue lacrime scaldassero il suo corpo. Pregava alla luna di andarsene, dare spazio al sole e porre fine a quel incubo… Ma la luna era perfida, godeva la visione da lontano. Rideva della sua sofferenza. Gli rinfacciava la sua inutilità. La sua maledizione.

  Era rinchiuso nel buio. Sanguinante era il corpo tra le sue braccia… Gli occhi bianchi di sua madre erano cadaverici. Sentiva la colpa che cercava di soffocarlo, l’odore della morte si spandeva.

- Svegliati Mamma, ti prego.

 Non vedeva più il suo nome. Non vedeva più i suoi numeri.

- Smettila, mamma. Smettila!

Il suo cuore ormai non batteva più. Doveva… battere. Graffiò il suo petto violentemente, scavò dentro il suo corpo. Il fatto che non si opponesse lo faceva arrabbiare sempre di più. Con la carne della madre sotto le unghie, lui insisteva. Finché non arrivò al suo cuore.

- Mamma, non ti preoccupare per questo. Ti do il mio di cuore.

 Teneva in mano quell’organo ormai inutile. Quello che aveva fatto era stato un gesto intenso. Aveva bisogno di vedere come lei era fatta dentro. Sapeva che se tutto era arrivato a questo punto, era solamente colpa sua… Ma gli stava molto più comodo attribuirla al cuore debole di sua madre. Con l’altra mano si graffiò il proprio petto. Doveva effettuare lo scambio.

  Un rumore; La porta d’ingresso. Suo padre. Urla, botte. Lo trascinò in camera, lo chiuse a chiave. Strillava.

- La tua percezione di amore è malata! Tu non hai un’anima. Sei stato inviato dall’inferno. Figlio di satana!

   La luna lo guardava ancora, gli diceva di abituarsi a quest’incubo… Non avrebbe mai avuto una fine. Gli diceva che lui era così incapace che non era riuscito nemmeno ad essere un motivo abbastanza valido perché sua madre rimanesse in vita.

 Aveva solo sei anni di vita.  Ma di morte almeno il doppio.

 Nelle mani ancora il sangue di sua madre. Si leccò le dita…

 

 

         [/Flash Back]

 

- E che sapore delizioso che aveva.

  
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