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Autore: Yuri_e_Momoka    14/11/2010    5 recensioni
Avrebbe preferito ricordare il giorno in cui lui e Arthur erano stati sorpresi dalla pioggia e si erano riparati sotto lo stesso ombrello; il suo compleanno, quando l’inglese aveva cucinato per lui, o il giorno in cui avevano litigato per scegliere la carta da parati da mettere in soggiorno; la volta in cui avevano fatto un picnic in campagna e avevano dimenticato la tovaglia; la domenica mattina in cui Francis era rimasto a guardarlo dormire. Ma non poteva, non era accaduto niente di tutto ciò. Non c’era stato il tempo.
[FrUk/Germania x Francia]
Genere: Drammatico, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Germania/Ludwig, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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deuxieme tranchee Titolo: Schützengraben, Capitolo 2 – Deuxième Tranchée
Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggi: Inghilterra (Arthur Kirkland), Francia (Francis Bonnefoy), Germania (Ludwig)
Genere: Storico, Drammatico, Guerra
Rating: Nc17, Arancione
Avvertimenti: Yaoi, Angst, Death, AU
Parole: 2,939 con Windows Office
Disclaimer: I personaggi della fanfiction provengono da Axis Powers Hetalia che appartiene a Hidekaz Himaruya
Note: 1. Da qui in poi i protagonisti avanzeranno di grado militare, quindi dovrete sforzarvi un po’ di capire di chi si sta parlando, di volta in volta.
2. Neanche questo è un capitolo da rating arancione, sebbene mi sia impegnata nel renderlo crudo, non siamo ancora arrivati al momento clou. Portate pazienza. Inoltre temo che questo sia un capitolo abbastanza noioso… avrei voluto inserire delle descrizioni storiche più accurate, ma mi sono resa conto che era già abbastanza pesante così com’era, perciò perdonatemi per i numerosi salti temporali, ho solo cercato di arrivare il prima possibile alla parte più interessante. In fin dei conti si tratta di una fanfiction storica, e la storia non è sempre ricca di colpi di scena, ahinoi.
3. Verranno citate un po’ di armi… non importa se non sapete di cosa si tratta, volevo solo tirarmela un po’, magari tra voi c’è qualche appassionato (per quanto mi riguarda, io lo sto seriamente diventando!) In ogni caso tutte le scarse informazioni che ho acquisito provengono da Wikipedia, a cui vi rimando per eventuali chiarimenti.
4. Ho usato Babylon per tradurre le frasi straniere di questo capitolo e sono a conoscenza della sua inaffidabilità quindi non fateci casooooo! Tanto quelle frasi non sono importanti al fine della storia.
 

Deuxième Tranchée: La niege rouge

 

Vauquais, dicembre 1915
 
“Sergente… cosa dobbiamo fare?” chiese il soldato giovane, quello la cui paura negli occhi era talmente palese da sembrare sul punto di perdere il senno.
“State in silenzio, e pregate.”
Francis chiuse gli occhi, sapendo che anche gli altri avrebbero fatto lo stesso. Bloccati lì sotto, come topi, non avevano altre possibilità se non starsene rintanati finché il pericolo non fosse passato. Se ne stavano schiacciati contro le pareti del tunnel con le gambe premute contro il petto, la testa bassa, in attesa del momento in cui sarebbero potuti morire tutti.
In un istante tutta la roccia attorno a loro tremò, si udì un boato, alcuni frammenti di pietra si staccarono dal soffitto e piovvero su di loro sollevando la polvere. Le schegge fischiavano e le pareti rimbombavano. Francis sentì la pietra dietro alla sua schiena divenire più calda. Persino dall’interno della loro galleria poterono udire le grida degli uomini colpiti percorrere la terra ed echeggiare nel loro minuscolo rifugio.
Poi tutti i rumori cessarono, la polvere si posò, lasciandoli semi soffocati. Un paio di soldati piangevano, gli altri restarono increduli di fronte al pericolo miracolosamente scampato.
Un'altra mina sotterranea evitata. Forse sarebbe stata l’ultima.
 
La galleria esplosa era quella più a ovest; si pensava che ci fossero ancora alcuni uomini in vita sepolti a quasi 50 metri sotto terra. Si udivano dei rumori, ma sarebbe trascorso del tempo prima che i soccorsi potessero raggiungerli, sempre se ci fosse stato il tempo di intervenire: molte volte il Comando riteneva uno spreco di forze la ricerca dei superstiti all’interno delle gallerie, era più semplice costruirne delle nuove.
Alla sua truppa furono concesse alcune ore di riposo, così, una volta arrampicatisi fuori dai cunicoli, vennero portati alla cantina, una stretta grotta scarsamente illuminata dove gli uomini potevano acquistare piccoli lussi, quali vino e cioccolata, ma anche francobolli per spedire le lettere alle proprie famiglie. In poche parole, era il luogo più vicino alla realtà che avevano lasciato ormai da tempo.
Lungo il tragitto incrociarono ufficiali e sottoposti che si affrettavano a raggiungere le stanze adibite a uffici, infermerie, cucine… Tutto era claustrofobico, niente a che vedere con i sotterranei di Arras, le cui grotte più ampie riuscivano ad ospitare comodamente duecento persone.
“Sergente? Ha posta da spedire?” Uno dei suoi uomini gli stava tendendo la mano in attesa di ricevere la corrispondenza. Francis, seduto su una panca lungo le pareti della cantina, riusciva a malapena a vederlo in controluce, davanti alla fioca lanterna appesa al soffitto.
“No, questa settimana niente” rispose sorridendo, tentando di celare lo sconforto.
“E quella busta?” insistette il soldato accennando al foglio che Francis aveva appoggiato con finto disinteresse sulla panca.
“Le lettere per le innamorate devono essere scritte con attenzione e io mi reputo un poeta mediocre” scherzò Francis con la sola intenzione di invitare quel tizio a farsi i fatti propri.
“Oh, capisco Sergente. Ma non la faccia attendere troppo o si metterà nei guai!” avvertì l’altro allontanandosi.
Francis lo guardò sparire tra le tenebre del corridoio, poi si voltò stizzito. Altro che poeta mediocre: avrebbe potuto comporre dei sonetti prodigiosi, se solo colui a cui avrebbe voluto rivolgerli non fosse stato un rustico campagnolo collerico. Oltretutto, non aveva alcun indirizzo al quale spedire la lettera.
Si rimise in tasca il foglietto stropicciato, nell’attesa del prossimo momento in cui avrebbe sentito il bisogno di lasciarsi andare ai ricordi.
Che motivo aveva di farlo consegnare? Non sapeva nemmeno se Arthur fosse vivo. Durante le settimane trascorse con lui, Francis sapeva che sarebbe stato trasferito da Arras, ma se l’avesse detto all’inglese avrebbe ottenuto solo un malinconico congedo – o almeno, questo era ciò che si era immaginato, con l’aggiunta di un romantico addio strappalacrime. Quella notte aveva voluto conquistarlo. Ci aveva provato, non esattamente nel migliore dei modi, considerando anche il difficile soggetto con cui aveva avuto a che fare, ma era certo di aver lasciato un segno profondo che avrebbe tormentato quel frigido inglese per molte notti a venire.
Voleva tornare ad Arras, e non solo per le grotte più accoglienti, ma per accertarsi con i suoi occhi e con il suo corpo che quello scriteriato avesse tenuto fede al suo intento… e che fosse ancora vivo. Se lo fosse stato, chissà com’era cambiato. La guerra trasformava  le persone, sia mentalmente che fisicamente.  Magari aveva perso una gamba, era un incidente comune, oppure un lanciafiamme gli aveva fatto il favore di bruciargli quelle sue sopracciglia esagerate. Un anno e tre mesi era un tempo davvero lungo in una realtà in cui ogni giorno poteva essere l’ultimo, l’unica consolazione che Francis poteva permettersi era immaginarsi come sarebbe stato passare più tempo con lui e possederlo fino in fondo.
 
“Ascoltate bene: d’ora in avanti silenzio assoluto. Prendete gli stetoscopi e iniziate a fare il vostro lavoro.”
I suoi soldati obbedirono e si distribuirono lungo la parte finale del tunnel. Li attendevano quattro lunghe ore di intercettazioni, nella speranza di cogliere frammenti di conversazione dei tedeschi che, in quel momento, scavavano gallerie nella direzione opposta a loro. Potevano essere a fianco a loro, sopra, sotto o anche a pochi metri di fronte. L’unico modo per conoscere la loro posizione e quella delle mine che avrebbero piazzato era premersi contro le pareti e ascoltare.
Nelle ultime notti i minatori avevo allungato il corridoio sotterraneo secondo le indicazioni di Francis, ma ogni giorno lui e la sua truppa dovevano tornare lì sotto ad accertarsi che i tedeschi non avessero fatto lo stesso.
Era una situazione assurda. Fin quando avrebbero dovuto continuare a scavare? Prima o poi sarebbero arrivati direttamente sotto la trincea nemica, a meno che i crucchi non li avessero fatti saltare in aria per primi.
Dopo un’ora riuscirono a individuare la direzione dalla quale provenivano delle voci indistinte. Francis aveva dovuto imparare il tedesco con tutti i soldati che si trovavano assieme a lui e ora prendeva appunti su ciò che riusciva a carpire attraverso la terra e la roccia.
Annotò sul suo taccuino un paio di parole in tedesco; nel frattempo gli arrivarono altri foglietti dagli uomini con brandelli di frasi, alcuni traducevano. Il silenzio era assoluto.
Alla fine Francis rilesse per tre volte il risultato dell’appostamento. Si alzò di scatto e corse lungo la galleria che si allargava sempre più, i soldati che si aggiravano per i corridoi si premettero contro le pareti per lasciarlo passare.
“Devo fare rapporto al Maggiore!” annunciò abbozzando un saluto militare all’uomo che piantonava una porta in ferro.
Quando fu dentro si presentò al Maggiore e gli lesse il comunicato.
“Siamo appena venuti a sapere dall’avamposto nella galleria a nord-est che il nemico sta posizionando due Bergmann nelle vicinanze della nostra trincea.”
Il Maggiore alzò gli occhi dalla mappa che stava consultando sulla scrivania.
“Quanto nelle vicinanze?”
“Sbocco a sud-est, quello più vicino alla nostra posizione. In questo modo ci sarà quasi impossibile uscire dalle gallerie in quella direzione.”
L’ufficiale diede un’altra occhiata alla cartina consumata e sospirò. “Sergente Bonnefoy, prenda quattro uomini della sua squadra e vada a sabotare quelle mitragliatrici. Se ci bloccassero il passaggio su quel fronte il piano d’attacco non potrebbe più essere attuato. Parta immediatamente.”
Francis fece fatica a recepire quell’ordine. Sarebbe uscito da quel buco, avrebbe sentito il vento sulla pelle, l’aria pulita… ma si sarebbe anche gettato in bocca ai tedeschi con soli quattro uomini!
Uscì dalla stanza senza parlare. Appena fuori si appoggiò al muro e fece appello a tutta la sua lucidità; più ci pensava e più si convinceva che si trattava di un’impresa impossibile.
Alzò gli occhi al soffitto, immaginando il cielo. Era da tanto tempo che non usciva, chissà com’era cambiata la sua Francia.
 
Fuori era giorno. Francis si sporse leggermente fuori dalla trincea e lanciò una triste occhiata al paesaggio intorno: il villaggio di Vauquais era quasi del tutto distrutto, solo alcune povere case di sassi si stagliavano con i loro scheletri contro il sole velato dalla nebbia. Gli alberi più vicini erano bruciati, il terreno era devastato dalle esplosioni delle mine e le voragini si aprivano fin dove poteva arrivare la vista. Alcune chiazze di neve macchiavano quella terra infelice, come a tentare di celare qualcosa che non si poteva più tenere nascosto.
Francis estrasse l’orologio dal taschino e controllò l’ora, poiché stando per tutto quel tempo sotto terra aveva perso completamente la concezione del tempo: quasi le quattro del pomeriggio; non avevano molto tempo prima che il sole tramontasse.
Lui e i suoi quattro uomini erano equipaggiati di fucili, revolver e granate, distribuiti tra loro. Non avevano potuto attrezzarsi più di così: essendo soltanto in cinque doveva essere una semplice missione di sabotaggio e perciò dovevano potersi muovere velocemente.
In realtà a Francis sembrava più un suicidio. I tedeschi non erano degli sprovveduti, avevano sicuramente predisposto sufficienti protezioni alle mitragliatrici.
“Ascoltate bene, soldati. Abbiamo delle Bergmann puntate contro e dobbiamo sabotarle il più velocemente possibile. Se faremo un lavoro pulito potremo tornarcene tutti indietro  vivi, perciò state concentrati e ubbidite agli ordini.”
Gli altri annuirono, ma tutti avvertivano la venefica sensazione della morte imminente.
Uscirono dalla trincea strisciando sulla neve e in pochi istanti Francis si ritrovò fradicio e infreddolito. La guerra non era qualcosa da intraprendere in inverno, la storia aveva accumulato molti esempi del suo esito disastroso e, grazie all’impresa di Napoleone, i francesi avrebbero dovuto imparare più di tutti la lezione. Ma quella non era affatto una guerra: ormai era solo una gara al massacro.
Procedettero con lentezza estenuante, su e giù per le colline fangose create dalle mine esplose, lasciandosi a poco a poco alle spalle il villaggio deserto.
Francis ricordava Vauquais il giorno in cui erano arrivati i francesi a evacuarlo, un anno prima: era un semplice paesino tra i boschi, ma sarebbe diventato presto il teatro di una delle tante, inutili battaglie, destinato alla stessa fine di tutte quelle povere cittadine che si avevano avuto la sfortuna di trovarsi lungo la linea Hindenburg.
Si fermarono al riparo di un tumulo, il più vicino alla trincea nemica. Il problema era che, ovviamente, l’ingresso a quest’ultima era ben nascosto. In silenzio, Francis si fece passare il binocolo. La poca neve caduta gli facilitava il compito dato che il fossato era appena visibile come una vaga striscia scura in mezzo al candore; riusciva anche a distinguere quelli che gli apparvero come sacchi di sabbia celati dalla neve. La sua esperienza gli diceva che quello era il punto in cui erano state poste le mitragliatrici.
In silenzio indicò l’obiettivo ai suoi soldati. Era impossibile avvicinarsi di più, ma si trovavano comunque a una distanza adatta per lanciare una granata. Se avessero mancato il bersaglio sarebbe scattato l’allarme e sarebbero morti tutti.
Francis pensò che sarebbe stato meglio lanciare due ordigni contemporaneamente, ma se fossero esplose nello stesso punto anche loro sarebbero stati coinvolti, e per quanto lui fosse patriottico, non aveva alcuna intenzione di sacrificare se stesso e altre quattro persone per far saltare quelle Bergmann. Perciò rimaneva solo da lanciare quella singola granata e sperare. Decise che sarebbe stato lui a farlo: era il Sergente e si sarebbe assunto questa responsabilità.
Prese in mano la granata, fece un respiro profondo e l’armò. Aveva solo pochi istanti per calcolare la distanza e la forza da imprimere al proprio braccio: la bomba doveva esplodere appena toccata terra. Con la mano libera si fece il segno della croce, e lanciò.
La granata disegnò un grande arco attraverso il cielo candido, Francis seguì il suo percorso e sentì il tonfo soffocato che produsse cadendo sulla neve, a circa un metro dalla fossa.
Non era esplosa. Merda, aveva calcolato male i…
Per qualche secondo rimase assordato dallo scoppio. La neve e il fango si alzarono come  il getto di una fontana e ripiovvero a terra senza produrre alcun rumore, eccetto un lungo, rintronate fischio che gli trafiggeva il cervello.
Francis si era riparato la testa con le braccia e si era lasciato scivolare lungo la collinetta. Quando riacquistò parte dell’udito iniziò a sentire i primi lamenti e le imprecazioni dei tedeschi.
La missione era compiuta, ora dovevano tornare indietro il più presto possibile, prima che il nemico potesse avere il tempo di riorganizzarsi. Ma qualcosa andò storto. Udì un rumore sordo e liquido, poi la neve accanto a lui si sporcò di rosso e uno dei suoi soldati cadde morto. Dalla loro sinistra provennero voci irate e il latrato di un cane, una decina di tedeschi li aveva individuati e correva nella loro direzione. Fottuti, nessuno scampo.
“Correte!” ordinò Francis ai suoi uomini. Sebbene sapesse benissimo che si trattava di una follia non potevano far altro che scappare e pregare di riuscire a sfuggire tra la neve. Prima di mettersi a correre, Francis impugnò la pistola e sparò alcuni colpi. La mano gli tremava, ma i nemici erano in formazione compatta, così riuscì a ucciderne uno e a ferirne almeno un altro. Ovviamente non sarebbe bastato.
Si diedero alla fuga, ma il cane fu subito dietro di loro e azzannò un francese. Alle loro spalle riecheggiavano gli spari e gli ordini del comandante nemico che incitava i suoi all’inseguimento.
Francis correva, non sentiva nemmeno le gambe, ma su quel terreno accidentato non era semplice mantenere l’equilibrio. Gli pareva che i polmoni gli esplodessero e si rese conto con orrore di non sentire più nessuno al suo fianco: i suoi compagni erano morti. Si guardò alle spalle, il comandante puntava la pistola proprio verso di lui. Una Mauser. Cazzo... Era davvero fottuto.
L’istante in cui sentì lo sparo fu lo stesso in cui la sua gamba sinistra cedette e Francis finì con la faccia nel fango gelato. Faticava a respirare, l’aria gli si era ghiacciata nei polmoni e la ferita gli faceva talmente male che non aveva nemmeno la forza di gridare. Tentò miseramente di strisciare via; se si fosse visto in quel momento si sarebbe messo a ridere. I tedeschi ebbero tutto il tempo di avvicinarsi e riprendere fiato, un paio di loro sghignazzava. Francis rinunciò, si accasciò definitivamente nella neve e imprecò. Aveva le lacrime agli occhi per la rabbia e per il dolore. No, non sarebbe crepato in quel modo ignobile, in mezzo a una valle oltraggiata dalla guerra, nel suo Paese occupato da quei bastardi!
Un piede premette crudelmente sulla sua schiena, schiacciandolo a terra; il cane venne a ringhiargli vicino ma venne subito trattenuto e allontanato. I tedeschi dissero qualcosa in tono sprezzante che Francis capiva benissimo.
Non sarebbe crepato lì, non umiliato in quel modo, non senza aver saputo se Arthur fosse ancora vivo. Strinse la pistola nascosta dal suo corpo, si girò di scatto e sparò in faccia al tedesco. Il terreno attorno a sé si tinse di rosso, sentì il sangue schizzargli sul volto.
Gli altri non apprezzarono per nulla quel gesto di ribellione e gli si gettarono addosso. Lo colpirono su uno zigomo con un calcio, lo afferrarono per i capelli e lo misero in ginocchio mentre la sua gamba gli trasmetteva fitte lancinanti. Lo costrinsero a sollevare la testa e sentì il gelo del metallo di una pistola in mezzo alla fronte.
Sie sterben, französisch!”
“Alt!”
Si fece avanti quello che Francis aveva identificato come il comandante. Era alto, biondo e con gli occhi azzurro ghiaccio, nulla di strano per un crucco. Aveva i gradi di Capitano appuntati sulla divisa.
“Vous allez loin de ma terre!” gridò Francis, non gliene fregava niente di parlare con un Capitano o no, e non gli importava nemmeno che non lo capissero, voleva soltanto insultarli a morte e rispedirli tutti nella topaia dalla quale provenivano.
“Andatevene dalla mia terra, dannati barbari bastardi! Avete distrutto le mie città, ammazzato i miei fratelli e sono sicuro che avete ucciso anche Arthur! Andate a farvi fottere!” Sputò sangue e saliva sugli stivali del Capitano, il quale gli assestò un calcio alle costole. Nessuno lo sostenne e Francis cadde a terra. Le ferite gli stavano facendo perdere la lucidità, sentì solo il tedesco impartire un ordine. Quando riaprì gli occhi si rese conto che erano rimasti soli. Francis si guardò attorno con sospetto… già, lo avrebbe ucciso, proprio come un’esecuzione. Probabilmente il tedesco si sarebbe divertito a torturarlo, o magari i sottoposti se n’erano andati perché il loro ufficiale aveva la malsana abitudine di violentare le sue vittime. Erano porci fino in fondo.
 Il tedesco si chinò su di lui e lo guardò, piegando leggermente la testa, perfettamente calmo. Afferrò con due dita la pistola, ormai scarica, che Francis aveva lasciato cadere e la gettò lontano.
“Vattene.”
Era sicuro di non avere capito bene. Il crucco parlava francese. Lentamente, si puntellò sui gomiti e cercò di mettersi seduto.
“Veloce” disse il tedesco con voce profonda, senza alcuna rabbia. Si trattava semplicemente di un ordine.
Francis lo guardò a lungo, era certo che, non appena si fosse voltato per andarsene, gli avrebbe sparato alle spalle. “Perché?”
“Per i miei uomini. Perché non crediate che siamo tutti uguali.” Si rialzò. “Muoviti o verranno a catturarti.”
Francis si rimise in piedi con molta fatica, ma decise di non farselo ripetere oltre. Prima di allontanarsi rivolse al tedesco un’altra occhiata. “Dimmi il tuo nome.”
“Non ne vedo il motivo.”
“Voglio conoscerlo per poterti risparmiare la vita, nel caso si presentasse l’occasione” insistette Francis.
“Non voglio la pietà dei francesi” rispose lui voltandosi.
“Ti prego!”
Il tedesco rimase immobile per qualche istante, Francis vedeva il suo respiro che si condensava davanti a lui, le sue spalle ampie solide e ferme, i corti capelli biondi nascosti sotto il cappello.
“Ludwig. Ora sparisci.”
Francis obbedì e si diresse zoppicando verso la sua trincea. Non si voltò nemmeno, aveva la sensazione di potersi fidare.





Continua


Che capitolo palloso, nevvero? E temo che il prossimo sarà ancora peggio, ma prometto che ce la metterò tutta u_u
Prima di rispondere alla vostre recesioni ho da fare una piccola parentesi: vi sarete sicuramente accorti che i personaggi, che dovrebbero parlare in lingue diverse tra loro, si capiscono, ma allo stesso tempo ogni tanto se ne saltano fuori con frasi nella propria lingue... quindi la domanda che dovrebbe sorgere spontanea è: ma allora tra loro che lingue parlano?
...Boh.... Dico solo che ho voluto inserire ogni tanto qualche frasetta in lingue diversa perchè ci stava bene, ma non fatevi troppe domande... Volevo solo avvertirvi che sono consapevole di questo mistero della fede.



@ GinkoKite: Ciao!! Sono proprio felice che i  personaggi siano risultati IC per te, questo mi rincuora molto... Scrivere di Arthur non è mai stato un problema per me, ma non avevo mai sperimentato Francis (e ancor meno Ludwig!!), in più credo sia abbastanza difficile parlare di loro in una situazione come questa della fanfiction, sicuramente abbastanza lontana da come siamo abituati a vederli... ma proprio per questo ci piace! Mwahahaha! Tranquilla, presto torneranno a rotolarsi nei letti :)

@ Harinezumi: Ma ciao collega! Che bello risentirti dopo averti conosciuta (credo non freghi niente a nessuno).  Sono contenta che ti piaccia il mio Francis serio! Devi sapere che a me quella rana non piace per niente e l'unico modo per rendermelo sopportabile è renderlo serio, perciò quando ci sono io fidati, sarò assai macho XD
Per conoscere la sorte di Arthur dovrete aspettare ancora un po'! *gode sadicamente*

@ Miristar: Capisco perfettamente la tua perplessità riguardo ai giochini poco silenziosi che i due hanno fatto a letto. Non sono riuscita a sistemarli altrove, in un posto come quello era praticamente impossibile farli trovare da soli quindi ho optato per la camerata, almeno la gente "dovrebbe" dormire.... Perciò ti risponderò citando il commento a questa scena di mio fratello: "Probabilmente gli altri staranno guardando" XD

@ Julia Urahara: Senza il suo lato pervertito Francis non sarebbe Francis ù_u Purtroppo in quest'ultimo capitolo non sono proprio riuscita a inserirlo, dopotutto siamo pur sempre in guerra e questa è una fiction assolutamente angst... Spero comunque di essere rimasta IC, le motivazioni che mi hanno spinto a descrivere questi comportamenti di Francis, in queste situazioni atipiche, sono tanti e molto lunghi ma ho cercato di interpretare la meglio quelle che potevano essere delle reazioni credibili.

@ Baekho: Se hai apprezzato l'ambientazione solo al primo capitolo allora credo (e spero) che sarai rimasta positivamente colpita da quest'ultimo XD Quello di "Be alive" era solo un'introduzione, in futuro la situazione peggiorerà sempre più, sappilo...
E per quanto riguarda l'interesse suscitato dalla guerra mi trovi pienamente d'accordo... si tratta di periodi terribili e vergognosi ma ciò non toglie che siano interessanti e proprio per questo possiamo approfondire quelli che sono stati gli sbagli che hanno portato a risultati così drastici e incivili. Credo sia sempre bene parlarne, ovviamente mantenendo un certo rispetto verso l'argomento.




Nach vorne Kapitel ---> Dritte Graben:  Geschenk
   
 
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