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Autore: Lexi_Frankie    14/11/2010    3 recensioni
Lexi Morgan non aveva la benché minima idea del come fosse riuscita a cacciarsi in quella situazione.
L’ufficio del preside Figgins era l’ultimo posto avrebbe mai pensato di trascorrere il lunedì mattina, eppure si trovava proprio lì.
Alle prese con qualcosa che non aveva fatto.
“Gliel’ho già ripetuto due volte, non ho rotto io la statua di William McKinley!”
***
Mercedes prese a battere le mani incrociando con lo sguardo il sorriso brillante di Quinn: un nuovo anno stava avendo inizio al McKinley e in quale modo migliore avrebbero potuto cominciare se non celebrandolo con una canzone?
Una lieve sfumatura di amarezza percorse il suo viso al pensiero che solo un anno prima molte di quelle persone non le avrebbero nemmeno rivolto la parola.
Tuttavia molte cose erano cambiate: per quasi un anno quei dodici ragazzi erano cresciuti assieme, destreggiandosi tra litigi, rivelazioni e passi di danza: forse non erano tutti uniti allo stesso modo, ma c’era un legame sottile che avviluppava invisibile ognuno di loro. Erano più che un Glee Club: erano una famiglia.
Genere: Romantico, Slice of life, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Scars capitolo 1
Scars.
Love isn’t finding a perfect person
It’s seeing an imperfect person
Perfectly


Episode 1.

 

Lexi Morgan non aveva la benché minima idea del come fosse riuscita a cacciarsi in quella situazione.

L’ufficio del preside Figgins era l’ultimo posto avrebbe mai pensato di trascorrere il lunedì mattina, eppure si trovava proprio lì.

Alle prese con qualcosa che non aveva fatto.

“Gliel’ho già ripetuto due volte, non ho rotto io la statua di William McKinley!”

Forse non era ancora abbastanza pratica con la lingua americana?

A più di due anni di distanza dal suo trasferimento negli Stati Uniti, era convinta di essere riuscita per lo meno a rendersi comprensibile. Certo, la suo pronuncia faceva ancora decisamente rabbrividire, ma…

 

“Il punto è signorina Morgan, che ci sono dei testimoni oculari. Io non posso trascurare questo fatto. Diversi studenti mi hanno confermato che questa mattina presto lei ha deliberatamente deturpato il volto di William McKinley…”

 

“Ma le assicuro che non è così!”

 Lexi non sapeva più con quali parole tentare di difendersi.

 

Certo, non poteva smentire il fatto di essere stata vista girovagare ben più volte nel salone d’ingresso dove il faccione in pietra del McKinley ammiccava severo e composto da ormai ben 40 anni.

Il punto era che Lexi aveva sempre posseduto un pessimo senso dell’orientamento e nonostante quello fosse ormai il principio del suo secondo anno a Lima, Ohio, alla giovane accadeva spesso di impiegare diversi minuti per ricordare dove si trovasse questa o quell’aula.

 

Decisamente il sistema scolastico americano non faceva per lei.

 

Non che Lexi potesse affermare di provarci davvero a sforzarsi di ricordare il tragitto.

 

La ragazza era piuttosto famosa per la sua pessima abitudine di camminare con la testa perennemente tra le nuvole.

Fu quello che successe quella mattina di settembre, quando per sbaglio Lexi si era trovata improvvisamente di fronte alla statua di William McKinley invece che nell’aula di spagnolo.

Eppure per quanto si sforzasse di ricordare, nulla in quell’ingresso le era parso diverso dal solito:

Un paio di cheerleader ridacchianti.

Coppiette che appoggiate al naso di McKinley pomiciavano indisturbate.

Frotte di ragazzi che si incamminavano verso questo o quel corridoio.

Assolutamente tutto normale.

Invece…

“Allora. Sto aspettando una confessione signorina Morgan.” L’accento insolito del preside Figgins era se possibile ancor meno “americanizzato” del suo.

Alexis “Lexi” Morgan scosse il capo con aria sfinita a corto di parole.

“Non ho intenzione di confessare per qualcosa che non ho fatto.  Sicuramente c’è stato un malinteso oppure si tratta di uno scherzo.”

Già, uno scherzo piuttosto stupido per lo più.

TOC TOC.

“Avanti!” esclamò il preside roteando gli occhi e sospirando.

La porta si aprì permettendo l’ingresso nell’ufficio ad un uomo dallo sguardo gentile e di bell’aspetto che Lexi riconobbe come l’insegnante di spagnolo.

“Figgins io e te abbiamo una discussione in sospeso.” Dichiarò William Shuester lasciandosi scivolare la tracolla dal braccio con aria stanca.

Lo sguardo si spostò dal preside alla ragazza che si sentì sprofondare nella sedia per il nervoso.

Oh perfetto. Ci mancava pure un insegnante che assistesse a quella pessima pagliacciata.

“Tutto bene Lexi? Perché non sei in aula?” domandò il professore prendendo posto alla poltrona a fianco alla giovane.

“Oh è molto semplice William. Voci di corridoio sostengono che la qui presente signorina Morgan abbia deturpato di propria volontà il volto della statua di William McKinley. Avrai sentito dell’accaduto immagino…”

“Certo che sì, i ragazzi non parlano d’altro. Sei davvero stata tu Lexi?”

Il professor Shuester lanciò un’occhiata sovrappensiero alla ragazza che arrossì violentemente come le capitava ogni volta che la rabbia o la vergogna prendevano il sopravvento su di lei.

“No. Non vedo perché avrei dovuto farlo e se devo essere sincera, non avevo neppure la minima idea di che fosse McKinley prima che il preside Figgins me lo spiegasse.”

Il preside sussultò portandosi una mano al petto come se la ragazza avesse appena bestemmiato.

Shuester annuì in silenzio continuando ad osservare Lexi.

“Figgins, non penso che stia mentendo. “ annunciò infine rivolgendo il capo verso di lui.

“Magari si è trattato di uno scherzo.”

Così aveva pensato anche Lexi, quando il nuovo coach le aveva chiesto di abbandonare la palestra per dirigersi verso l’ufficio del preside.

Che qualcuno avesse voluto prendersi gioco di lei?

Già, ma chi?

Ok, ammettiamolo. Non è che Lexi navigasse a vele spiegate nel bel mare della popolarità.

Tutto sommato era un individuo piuttosto nascosto come la maggior parte degli studenti suoi coetanei.

Era una fra tanti. Lunatica, riservata, taciturna.

Un volto incorniciato da una massa informe di ragazzi più o meno simili a lei.

Fortunatamente, non aveva mai provato l’ebbrezza di venire gettata in un cassonetto dell’immondizia, però aveva imparato presto a diffidare dalle persone che reggevano in mano una granita.

Dunque chi avrebbe potuto volerla mettere nei guai?

Lexi non ne aveva idea.

 “Oh suvvia William non incoraggiare la ragazza. Fatto sta che io non posso sorvolare su questioni del genere. Signorina Morgan, deve essere punita.”

La giovane sospirò tamburellando con le dita sulla scrivania per il nervosismo.

Era un vizio che si portava dietro da secoli e si accentuava con il degenerare di situazioni che le risultavano ingestibili.

“Aspetta un attimo Figgins.” Il professor Shuester squadrò con aria pensierosa la ragazza d’un tratto rianimato da un insolito brillio nello sguardo.

“Penso di aver trovato la soluzione che fa per noi.” Borbottò con aria assorta mentre un sorriso faceva capolino sul suo volto sotto lo sguardo confuso di Lexi e del preside Figgins.

***

“Ripetizioni di spagnolo?” domandò la ragazza rallentando l’andatura per stare al passo con il professor Shuester.

“Proprio così.”  Esclamò l’uomo lasciando scivolare gli occhiali neri sulla punta del naso per osservare gli studenti che li circondavano: sembrava stesse cercando qualcuno.

“Sei sempre stata molto brava in spagnolo. Ovviamente essendo di origini italiane questo ti avvantaggia parecchio. E uno dei miei studenti ha proprio bisogno di una mano con la materia.”

“Ma siamo solo a settembre!” notò Lexi sempre più confusa costringendosi infine ad accelerare il passo, mentre le scarpe del professore parevano scivolare sempre più in fretta sul pavimento.

“Stiamo parlando di un caso difficile. Prima iniziamo meglio è. Ti avverto che dovrai cominciare dalle basi… Se accetti chiuderemo la questione “statua McKinley” senza che venga segnalata in alcun verbale. In caso contrario ti toccherà pagare i danni afflitti al volto del povero William…”

“Che cosa?? Ma io non ho…”

“Lexi, lo so” William si fermò e le concesse un’occhiata sinceramente dispiaciuta.

“Ma è l’unico compromesso che ho trovato per mettere a tacere il preside Figgins. Di più non posso fare.”

Lexi sospirò.

“E va bene.” Annunciò infine avvertendo il suono della campanella risuonarle nelle orecchie.

“Darò ripetizioni a questo studente. Nella speranza che non sia davvero un caso così disperato come me lo descrive.”

“Oh vedrai andrà bene.” La rassicurò Shuester depositandole una mano sulla spalla con fare incoraggiante.

“Puck può sembrare un osso duro, ma se si impegna sono sicuro che riuscirete ad ottenere ottimi risultati.”

Il volto della giovane sbiancò.

“Chi?”

 

Il giorno prima, ufficio del professor Shuester…

“Mi dispiace non posso aiutarti Puck.”

Il professor Shuester scosse il capo e si alzò dalla scrivania.

“Se vuoi la sufficienza nella mia materia te la dovrai guadagnare.”

Il giovanotto aggrottò le sopracciglia con aria scocciata sempre prestando attenzione alla sedia sulla quale era seduto mantenendola in bilico sulle gambe posteriori.

“Senta Mr Shue,mia madre ha strillato quasi ogni sera durante l’estate per questa storia dell’insufficienza. Se lei non mi aiuta dovrò dire addio al football. E francamente non penso che la nostra squadra se lo possa permettere. Professor Shuester, non pensa al bene del McKinley High?  Se vinciamo il campionato, gli studenti andranno in delirio.”

“Io faccio solo il mio dovere Puck. E il mio dovere è quello di insegnare agli studenti lo spagnolo. Non posso regalare le sufficienze come se fossero caramelle.”

Noah Puckerman fece roteare gli occhi  scontrosamente e dondolò il capo con aria annoiata.

“Se mia madre vede anche solo un’insufficienza dovrò dire addio anche al Glee.”

Gli ricordò il giovanotto prendendo a tirare piccoli calci alla scrivania con aria distratta.

“Non cercare di persuadermi Puck, non ci riusciresti.”

Con uno scatto fermo, William spinse le spalle del ragazzo verso il basso interrompendo il dondolio della sedia.

“Cercherò qualcuno che ti dia una mano. E se necessario istituirò dei corsi di recupero. Tua madre non ti sta chiedendo più di tanto, Puck. Provaci per lo meno.”

Il giovanotto  infilò le mani in tasca e rivolse al professore un’occhiata scontrosa.

“E va bene.” Sbottò infine con aria tutt’altro che convinta voltando le spalle al professore.

“Faccia quello che vuole, tanto io la sua materia non la imparerò mai.”

Socchiuse la porta tirandola a sé con il piede ed alla stessa maniera se la richiuse alle spalle in maniera assai poco convenzionale.

Distinti rumori che si susseguirono per il corridoio, diedero da pensare a Shuester che Puck stesse prendendo a calci tutto ciò che gli capitava a tiro.

Ma non riuscì a prendersela più di tanto.

E suo malgrado non riuscì nemmeno a mettere in dubbio la buona fede del ragazzo.

Se la sarebbe cavata, William credeva in lui.

Così come credeva in ognuno dei suoi ragazzi.

Per questo, abbandonato lo studio, si diresse verso l’ingresso con una pila di volantini pinzati tra le dita della sua mano destra.

Era giunto il momento di dedicarsi a loro.

Era giunto il momento di Glee.

***

Un giocatore di football.

Avrebbe dovuto dare ripetizioni ad un giocatore di football.

Lexi scosse il capo con aria nervosa accelerando l’andatura dei suoi passi senza nemmeno rendersene conto.

“Lexi sei tu?” la voce della madre la raggiunse ovattata dal bagno.

La giovane gettò la tracolla sul divano e si lasciò sprofondare al suo fianco sbuffando sonoramente.

“No, sono solo una che le somiglia” ironizzò socchiudendo gli occhi e mettendosi comoda, le converse All Star abbandonate a terra e le ginocchia strette al petto.

Christine Morgan fece ingresso nella piccola cucina con aria stanca,ma tuttavia sorridente.

“Sempre spiritosa eh?” commentò asciugandosi le mani nel grembiule ed accarezzando il capo della figlia che giocherellava con il cordino della sua T-Shirt.

“Allora. Come mai quest’aria truce? Possibile che tu abbia già la luna storta la seconda settimana di scuola?”

“Possibile, sì.” Rispose Lexi scrollando le spalle.

“Più storta della torre di Pisa.”

Sul volto di Christine comparve un’ombra di nostalgia.

“Ah la torre di Pisa. Mi manca l’Italia,sai?”

Lexi aveva trascorso i suoi primi dieci anni di vita in una fattoria del Nord Italia in compagnia dei genitori, di sua sorella e della nonna paterna. Senza contare la miriade di gatti, galline e conigli.

A Lexi era sempre piaciuta quella casa. Dovettero trasferirsi in città poco dopo del suo decimo compleanno a causa di un incidente che comportò al padre di Lexi la perdita dell’uso delle gambe.

A più di cinque anni di distanza dal terribile fatto, Christine e suo marito Lorenzo, decisero che il loro matrimonio stava capitombolando in un fiasco e così decisero di divorziare.

Christine tornò a vivere a Lima, in Ohio, dove aveva trascorso la maggior parte della sua infanzia.

Portò con sé Lexi, la sua secondogenita, mentre Lorenzo rimase in Italia con Frances, la figlia più grande, e la nonna delle due ragazze.

Da quasi un anno il signor Morgan si era addirittura risposato regalando a Frances (Frankie per la famiglia) una matrigna, Ursula.

Lexi non ci aveva mai avuto a che fare, ma era convinta che con un nome del genere,quella donna non potesse promettere nulla di buono.

“Allora, mi vuoi spiegare perché quel muso lungo?”

Christine arrivò al dunque sistemandosi il grembiule sulle gambe e raggiungendo il tavolo,dove una torta di mele cosparsa di zucchero a velo adornava la cucina di un piacevolissimo profumo.

Era ormai abitudine, per Christine, quella di darci dentro con la cucina a tutte le ore del giorno preparando torte e pasticcini che avrebbe potuto vendere alla panetteria dietro l’angolo ad ottimi prezzi: una maniera come un’altra per arrotondare le entrate che arrivavano dal suo lavoro di cassiera al supermercato.

Lexi fece una smorfia e cominciò a raccontare alla madre gli avvenimenti di quella mattinata.

Le spiegò della statua del McKinley e della proposta di Mr Shuester sorvolando sulla buona dose di imprecazioni che aveva riservato ad entrambi per l’intera traversata fino a casa.

“Beh, allora è tutto risolto, no?” Christine la risole sollevando la torta ed aiutandosi con i gomiti per aprire lo sportello del forno.

“ Il preside si dimenticherà di questa faccenda e tu aiuterai il tuo compagno con lo spagnolo. A proposito è carino?”

“Mamma!” Lexi roteò gli occhi ed incrociò le braccia al petto con aria scocciata.

Christine rise.

“Ok, ok scusami è solo che non ti capisco Lexi. Ti lamenti sempre di sentirti diversa rispetto ai tuoi coetanei e una volta tanto che hai la possibilità di socializzare con qualcuno…”

“Ma stiamo parlando di un giocatore di football mamma. Atleti e gente comune non si mescolano al liceo. E come se fossero due classi distinte. Non so neanche se questo tizio qui…”

“La gente ha un nome Lexi.”

“Puckerman. Non so neanche se questo Puckerman mi ascolterà mentre tenterò di riempire la sua testolina vuota di nozioni sullo spagnolo…”

“Non pensi che sia un po’ troppo presto per giudicare tesoro? Hai mai parlato con… Parkerman o come si chiama?”

“Puckerman.”

E no, non ci aveva mai parlato.

Che era un idiota perdigiorno, lo potevano tranquillamente confermare i suoi ricordi relativi al corso di spagnolo dell’anno precedente: dopo un intero semestre trascorso a sputare palline di carta umidicce tra i capelli di tutte le compagne di classe, era piuttosto normale che il ragazzo non eccellesse in spagnolo.

Tuttavia le voci di corridoio le avevano fornito un quadro pressoché controverso di quel giovanotto con l’aria da duro.

C’era chi diceva che aveva l’abitudine di gettare  ragazzi nei cassonetti e chi giurava di aver assistito al contrario.

Puckerman era il classico giocatore di football. Muscoloso, arrogante e particolarmente donnaiolo. Eppure, Lexi sel’era sentito dire più volte, l’atleta era anche membro del Glee club: uno dei gradini più bassi della gerarchia sociale pre-costruita in ogni Liceo americano.

In effetti, Lexi fu costretta ad ammetterlo a sé stessa, questo Puckerman un tantino la incuriosiva.

Ma da questo all’essere propensa a offrirgli delle ripetizioni ce ne voleva ancor parecchio.

 “Ad ogni modo, non credo che sarà una cosa lunga.” Concluse sollevando la sua tracolla e dirigendosi verso camera sua lasciando che la borsa toccasse praticamente terra.

“Mr popolarità si scoccerà alla prima lezione. E allora potrò tornare alla mia vita di sempre. Halleluja!” gridò dalla sua camera.

Christine scosse il capo a metà fra il divertito e l’arreso.

Sapeva che Lexi non era una gran fan dei confronti con i coetanei.

Nonostante fosse riuscita a fare amicizia con un paio di studenti al McKinley, sua figlia era sempre stata un tipetto riservato ed insicuro. Specialmente per quanto riguardava i ragazzi.

“Tesoro senti, hai più avuto notizie di tua sorella?”

La domanda della donna risuonò a vuoto nella cucina e fu seguita da un silenzio innaturale.

“Sei tu quella che ha sue notizie. Io parlo solo con la nonna, lo sai.”

Ed era quasi completamente vero. Dal loro trasferimento in Ohio, il rapporto tra Lexi e Frankie si era incrinato parecchio con grande dispiacere di Christine.

L’unica persona con la quale la figlia continuava a corrispondere volentieri era la nonna paterna, Anna: un’arzilla vecchietta ultrasettantenne più sveglia in campo di tecnolologia e tendenze giovanili della stessa Christine.

“Lo so tesoro. Ma sono passate due settimane dall’ultima volta che ho ricevuto una sua telefonata e sto un po’ in pensiero. Probabilmente è solo tanto presa con l’università, ma speravo che ti avesse detto qualcosa…”

Decise di lasciar perdere ignorando l’assenza di risposta da parte della figlia minore.

Le parole FRANKIE – ITALIA – URSULA – PAPA'  erano da usare con cautela in quell’appartamento, specialmente quando una delle due abitanti era nervosa per qualcosa.

Infine Christine sospirò.

“Finisco con le torte e poi ti preparo qualcosa per cena. Faccio il turno serale al supermercato, tornerò intorno alle undici.”

Si diresse verso il frigo, mentre un ronzio di sottofondo annunciava che la figlia minore aveva dato inizio alla sua consueta routine pomeridiana: la musica aveva fatto capolino dalla stanza della giovane diffondendosi per tutto l’appartamento.

“Ehy mamma?” e poi il capo castano chiaro della giovane spuntò dalla porta della cucina.

“Sì Lexi?”

Alexis le rivolse un’occhiata malandrina e sorrise.

“Sei una gran mamma lo sai?” esclamò sollevando il pugno per aria con fare trionfante.

“Ti voglio bene!”

Christine scoppiò a ridere.

“Ti voglio bene anch’io tesoro.”  Rispose depositando una carezza affettuosa sul capo della sua secondogenita ormai più che sedicenne.

“Ti voglio bene anch’io.”

***

L’auditorium al McKinley High risuonava del chiacchiericcio entusiasta di poco più che mezza dozzina di studenti,come era accaduto ogni martedì il precedente anno scolastico.

Sette ragazzi occupavano le sedie stipate in un angolo del salone ed attendevano l’arrivo dell’insegnante immersi in varie conversazioni che avevano come soggetto le vacanze da poco trascorse, i progetti per l’anno venturo e gli ultimi pettegolezzi in ambito scolastico.

 

“Ho sentito dire che hanno beccato l’alunna che ha rovinato la statua del McKinley...” Rachel dichiarò sorridendo entusiasta diffondendo il pettegolezzo alle altre ragazze in sala.

Vi era qualcosa di nuovo in quel visetto vivace ed esuberante: un particolare brillio luminescente che si era impadronito dei suoi occhi a partire dall’inizio di quell’estate.

La sua prima estate con Finn.

“Sì ho sentito anch’io. Una nuova pare. Del mio corso di spagnolo. Dio ci salvi,veste malissimo…” fu la reazione di Kurt, sistemandosi il colletto della camicia con aria di superiorità.

“Quindi anche lei ha rotto una statua?”  Brittany esordì con occhi sbarrati suscitando una vago disappunto nei coetanei ed un’occhiataccia da parte di Sanatna.

I ragazzi del Glee, abituati alle esclamazioni bizzarre della ragazza, prosegurono nel loro discorso.

“Secondo voi il professor Shuester avrà architettato qualcosa di nuovo per quest’anno?” si introdusse nel discorso Finn prendendo posto accanto alla fidanzata e scostandosi una ciocca di capelli dalla fronte.

Era appena arrivato e dalle grosse chiazze di sudore individuabili sulla maglietta, nessuno ebbe difficoltà a comprendere dove avesse trascorso le ultime due ore.

A confermare la tesi di tutti,altri tre ragazzi fecero ingresso nell’auditorium ansanti e sudati.

“Allenamento pesante?”  Mercedes notò mentre Mike,Matt e Puck prendevano posto in compagnia dei coetanei.

Mike svitò il tappo di una bottiglietta d’acqua e dopo aver trangugiato un bel po’ del liquido rispose all’interrogativo della ragazza.

“Altrochè. Il nuovo coach è peggio di Sue Silvester e Lord Voldemort messi insieme.”

Commentò mentre la porta dell’auditorium si apriva di nuovo ed il professor Shuester faceva ingresso brandendo una serie di fogli fra le mani.

“Ragazzi, ci siamo tutti?” domandò distribuendo i fogli che rivelarono il loro contenuto: come al solito si trattava del testo di una canzone.

“Manca Quinn.” Notò Mercedes dandosi una rapida occhiata intorno.

Anche Artie si voltò istintivamente per fare lo stesso. Nove, dieci, undici… Mercedes aveva ragione. Mancava solo Quinn.

“Ci sono ci sono scusate!” la biondina li raggiunse trafelata, la coda di cavallo oscillante per via della corsa.

La divisa da Cheerio spiccava scarlatta sulla sua carnagione candida.

Nuovamente a capo della squadra: era tornata la vecchia Quinn.

“Ben tornata Quinn!” il professor Shuester le sorrise mentre consegnava anche alla ragazza una copia della canzone.

Quinn ricambiò il sorriso e prese posto fra Kurt e Mercedes, mentre lo sguardo di Puck indugiava su di lei con fare meditamondo.

“Bene ragazzi…”

La voce del professore si diffuse per tutto l’auditorium mentre gli alunni seduti composti e in silenzio,iniziarono ad osservarlo con occhi luccicanti e pieni di speranza.

Sì,perché nonostante la sconfitta ai regionali, Will continuava a scorgere,in ognuno di loro,la fermezza e la voglia di arrivare e vincere.

Per questo poteva ritenersi fiero dei suoi ragazzi.

“Siamo pronti a ricominciare un nuovo anno al Glee. Per questo…”

“Professor Shue!”

Eccola. 

Rachel Berry.

Chiedeva la parola con il solito sorriso orgoglioso e per nulla modesto e  la solita mano alzata,interrompendo non solo il discorso del professore,ma anche il silenzio composto dei compagni.

Voci,borbottii,lamentele a bassa voce e sguardi esasperati.

Una scena che a Will Shuester era parecchio familiare.

Pur ammettendo a se stesso che avrebbe voluto continuare ignorando così la richiesta della ragazza, pronunciò rassegnato quel nome,esclusivamente in qualità di insegnante.

“Rachel…”

Fiera e contenta la brunetta si diresse di fronte ai suoi compagni,prendendo posto di fianco al professore.

Come al solito la  gonnellina grigia,le calze sotto le ginocchia e la maglietta di Winnie the Pooh,suscitarono i sorrisini ed i bisbigli dei coetanei.

Dopo aver richiamato tutti al silenzio gesticolando in modo teatrale e con il  solito “Scusate!”,l’eco della sua voce cominciò a risuonare deciso nell’auditorium.

“E’ un dato di fatto che siamo stati ingiustamente sconfitti alle regionali.

Devo ammettere di essere stata tentata a non uscire più di casa a causa dell’umiliazione subita, poichè una come la qui presente Rachel Berry non è abituata a perdere.

Ma dopo aver girato con una busta di carta sul volto per una settimana ed essere andata a sbattere contro l’armadietto del bagno,procurandomi una cospicua protuberanza sulla fronte,ho avuto una folgorazione!"

I ragazzi si scambiarono occhiatine torve ed irritate.

"E’vero,non mi aspettavo di ritrovarvi tutti qui,devo ammetterlo, ma è meglio così.
Sono lieta di annunciare a tutti la mia candidatura come Guida e Supporto morale della squadra e, dato che sarò l’unica candidata e quindi sicuramente eletta,posso iniziare subito ad assolvere il mio compito con un bell’esercizio di autostima che lo psicologo amico dei miei papà mi ha insegnato,pur non avendone bisogno.
Adesso ripetete con me: Io non sono un perdente!
Forza!”

Oramai conoscevano tutti Rachel.

Bastava accontentarla ripetendo quella stupida frase per permetterle di riprendere il respiro e farla ritornare al proprio posto.

Per questo,anche se con pochissima convinzione,ognuno dei ragazzi ripeté le sue parole.

Tutti tranne Santana, ovviamente.

“Io non sono un perdente…”

"Certo che non sono un perdente. Per chi mi hai preso Berry?" fu lo spiccato commento di Puckerman che si tastò i bicipiti con aria fiera.

Ignorando il commento del compagno, la giovane sorrie soddisfatta e ringraziò prima di ritornare a posto.

“E’ necessario ripeterlo dieci volte al giorno,meglio se davanti allo specchio,affinchè funzioni!”

“Grazie Rachel.”

Mr Shuester riprese così la parola mentre la ragazza ritornava a sedersi vicino all’ormai rassegnato fidanzato Finn.

“Come diceva la vostra compagna è necessario che voi non perdiate la fiducia in voi stessi dopo la sconfitta alle regionali. Questo è stato uno dei piccoli ostacoli che si è presentato davanti a voi,nel vostro cammino. Ma la vita ne riserva altri e altri ancora di gran lunga peggiori e più difficili da superare.

Suderete,piangerete,sarete in procinto di mollare ma potrete  continuare a correre soltanto con la pazienza,con la forza di volontà e soprattutto grazie alla la fiducia in voi stessi prendendo fin da subito in mano la situazione.
Per questo, mi raccomando di non perdere mai la speranza e…”

 Il professore osservò gli sguardi dei suoi allievi ancora una volta prima di riprendere il discorso.

“…Per dimostrarvi che anch’io ho intenzione di fare lo stesso, ho preparato qualcosa per voi. Puck, quando vuoi…”

Il giovanotto annuì e si diresse al centro dell’auditorium con la chitarra sotto il braccio.

Dopo essersi scambiati diverse occhiate confuse, i ragazzi recuperarono il testo della canzone che Shuester aveva consegnato loro all’inizio dell’ora.

 La musica fece capolino nell’auditorium, accompagnata da un primo schioccare di dita proveniente dalla prima fila e subito diffuso in tutta l’aula.


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Waking up at the start of the end of the world,

But it's feeling just like every other morning before,
Now I wonder what my life is going to mean if it's gone,

La voce del professor Shuester si diffuse nell’auditorium rallegrata dagli allegri arpeggi di Puckerman che ondeggiava il capo a ritmo di musica.

Mercedes prese a battere le mani incrociando con lo sguardo il sorriso brillante di Quinn: un nuovo anno stava avendo inizio al McKinley e in quale modo migliore avrebbero potuto cominciare se non celebrandolo con una canzone?

Ricambiò il sorriso dell’amica con un lieve bagliore di entusiasmo nello sguardo: quel particolare mattino, si era svegliata con la luna storta e la giornata trascorsa non aveva contribuito a migliorarle l’umore.

Tuttavia trovarsi lì in quel momento, le strappò un barlume di speranza. Lì,in mezzo a tutte quelle persone, atleti e cheer leader, nerd e guru della moda; ogni membro del Glee aveva quel qualcosa che lo rendeva diverso e speciale a modo suo. Erano tutti pieni di difetti, come d’altronde ogni adolescente sulla faccia della terra. Ma erano unici.

Una lieve sfumatura di amarezza percorse il suo viso al pensiero che solo un anno prima molte di quelle persone non le avrebbero nemmeno rivolto la parola.

Tuttavia  molte cose erano cambiate: per quasi un anno quei dodici ragazzi erano cresciuti assieme, destreggiandosi tra litigi, rivelazioni e passi di danza: forse non erano tutti uniti allo stesso modo, ma c’era un legame sottile che avviluppava  invisibile ognuno di loro. Erano più che un Glee Club: erano una famiglia.

The cars are moving like a half a mile an hour
And I started staring at the passengers who're waving goodbye
Can you tell me what was ever really special about me all this time?


Dall’altro lato dell’auditorium Artie annuiva in silenzio ascoltando le parole  pronunciate dal suo professore; parole che profumavano di vita, vita vera.  Il suo ultimo anno trascorso al McKinley tradotto in versi e melodia.

 

C’era proprio tutto: la rabbia e la frustrazione nel dover essere preso di mira dagli scherzi immaturi dei bulli;  l’entusiasmo nell’aver scoperto tra le mura di quella saletta un posto a cui appartenere. La fatica impiegata nel tentativo di raggiungere un traguardo, per poi essere costretto ad assistere all’infrangersi di un sogno con il fallimento alle Regionali.

E ancora la gioia di avere una persona accanto ogni giorno. Una mano da stringere, un sorriso tutto per sè: il primo amore.

Tina l’aveva portato a sperare in qualcosa di meglio, in un futuro rispetto ciò che la sua mente aveva dipinto gli anni precedenti.

Eppure…

Il ragazzo si voltò per individuare il profilo della ragazza che sorridente lasciava oscillare le braccia a ritmo di musica. Mike Chang stava improvvisando una coreografia a pochi metri di distanza.

Chang: il muscoloso e talentuoso Chang.

Artie ribollì di rabbia al pensiero della conversazione che aveva avuto solo qualche giorno prima con la sua ormai ex-fidanzata:

“Artie,credo che tu sia grandioso, ma sei un pessimo fidanzato. Quest’estate mi hai ignorato per settimane!”

“Stavo facendo una maratona online di Halo,donna.”

“e quando finalmente abbiamo passato del tempo assieme,tu hai voluto guardare e riguardare “Coming home” all’infinito.

Mike cerca di interessarsi a quello che interessa a me … Come i suoi addominali…” *

 

I believe the world is burning to the ground
Oh well I guess we're gonna find out
Let's see how far we've come
Let's see how far we've come

Il ragazzo lanciò un’occhiata al suo gilet ben consapevole che ciò che si nascondeva sotto non era nemmeno paragonabile al corpo di un giocatore di football.

 Il pensiero di Tina, non gli permise di ascoltare con serenità le parole del professore. La fiducia che Will stava cercando di infondere in ognuno di loro tramite quei versi, sfuggì alla sua presa. Ma riuscirono comunque a sentirlo più rilassato, più leggero. Più  suo agio con sè stesso.

 

Well I believe it all is coming to an end

Oh well, I guess, we're gonna pretend,
Let's see how far we've come
Let's see how far we've come



Quando anche l’ultimo verso fu pronunciato dal signor Shuester, i melodici accordi si sfumarono fino ad attenuarsi del tutto; un silenzio innaturale si diffuse fra i presenti.

Tuttavia, la sensazione che traspariva dal volto di ciascun ragazzo era piacevolmente cosparsa di serenità: le parole della canzone avevano sortito l’effetto desiderato.

 

“Allora… Glee Clubbers.” Il professore sorrise osservando entusiasta i suoi allievi.

“Siete pronti per rifare le provinciali?”

 

Un boato di approvazioni esplose nell’auditorium suscitando la risata di Will.

 

“Un momento un momento” la voce stralunata di Brittany emerse dal gruppetto guadagnando l’attenzione dei compagni.

 

“Sì Brittany?” Shuester annuì con fare incoraggiante,seppur leggermente confuso.

La ragazza rivolse all’insegnante uno sguardo imbronciato.

“Io non voglio fare la provinciale. Sono una ragazza di città!”

William superò l’attimo di disorientamento scoppiando a ridere di gusto.

Forse era vero: i suoi ragazzi di strada ne avevano fatta e stavano crescendo proprio di fronte a lui.

Ma certe cose rimangono immutate nonostante lo scorrere del tempo; l’affetto che provava nei confronti di quei ragazzi era una di queste cose.

E la stupidità di Brittany, suo malgrado, anche.

Nota delle autrici.

*Dialogo tratto dall'episodio 2x01: Audition.

Canzone utilizzata: How far we've come - Matchbox 20

 

Heilá Gleeks!
 Innanzi tutto, complimenti se siete arrivati a leggere fino a qui;questo é un progetto a quattro mani che vaga nella nostra testolina bacata da un po' di tempo
e che finalmente siamo riuscite a cominciare.
Questo capitolo é una sorta di introduzione, come avrete potuto notare, ma non preoccupatevi: dal prossimo i vari membri del Glee club saranno sempre più presenti
(per non parlare di Sue: lei non può mancare).
Una cosa: abbiano iniziato a delineare questa storia prima della andata in onda della 2 stagione e dunque nella maggior parte dei casi non tiene conto
degli avvenimenti dei nuovi episodi ( Matt è infatti ancora presente, mentre non c'è Sam.) Tuttavia alcune cose coincideranno, come il fatto che Tina stia ora con
Mike e che ci sarà un capitolo incentrato sulla religione (anche se sarà per molti versi completamente diverso da Grilled Cheesus).

Che altro aggiungere? Beh, diciamo che questo primo capitolo è stato una sorta di esperimento. Ci siamo convinte a postarlo nella speranza di ottenere qualche
parere al di fuore dei nostri e continueremo a farlo,se questo prologo (un po' lunghetto in verità per essere un prologo) sia riuscito quantomeno a
stuzzicare il vostro interessere.

Speriamo dunque di essere di nuovo qui per un prossimo capitolo.

A presto!

Un abbraccio


Frankie & Lexi

 

  
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