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Autore: Sana e Akito    17/11/2010    5 recensioni
- Questa… cosa, cosa significa? -, ecco che era ritornato il solito chiacchierone.
- Merlin devi parlare proprio ora? -, chiese lambendo il suo labbro inferiore.
- Arthur! - lo accusò - Non mi hai risposto: cosa significa? -, gli richiese, guardandolo dritto negli occhi
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Fandom: Merlin


Autore: New Light
Rating: PG
Pairing: Arthur/Merlin
Beta: Cory90
Partecipa al Fanon Fest, indetto da True Color e Fanworld.

 

Note autrice: è la mia prima fanfic su questo fandom e anche la prima fanfic che faccio partecipare ad una challenge. Spero che sia almeno decente! XD
Vorrei ringraziare la mia nuovissima beta Cory90, che ha betato questa fic in brevissimo tempo e che è stata gentilissima: chissà che non nasca anche una bella amicizia. Non potrebbe che farmi piacere. 

Riguardo la storia, come prima fic non credo sia venuta male, ditemi voi cosa ne pensate!
Ora la smetto e vi lascio alla lettura.

Post 24/02/13: La storia partecipa al contest "Fammi innamorare. Miglior coppia Yaoi/Slash" di Faffina! sul forum di EFP. Per l'occasione le ho dato un'occhiata. Volevo anche spiegare, cosa che non ho fatto alla pubblicazione della storia, che i due protagonisti sono innamorati uno dell'altro, ma non riescono a dichiararsi. All'inizio potrebbe non sembrare così, ma la cosa è voluta. Diciamo solo che Merlin è un po' arrabbiato con il suo Principe per la gogna non meritata e cerca di non pensare ai suoi sentimenti, differentemente da Arthur che se ne è fatto una ragione.^^

 

Merlin, il mio bagno!

Era pieno inverno e il castello di Camelot era ricoperto di neve. I servi e i nobili avevano difficoltà a svolgere i loro compiti a causa dei continui fiocchi bianchi che cadevano sul Regno.

I servi correvano fuori e dentro al castello per prendere qualsiasi cosa richiesta dai loro padroni; oppure si recavano nell’armeria a rassettare e lucidare le armature dei propri cavalieri.

Questi, invece, faticavano ad allenarsi nel campo di addestramento poiché la neve era arrivata ormai a quasi cinque centimetri e l’aria fredda filtrava tra le fessure dell’armatura, causando brividi di freddo sulla pelle. Tutti preferivano rintanarsi nel castello e dedicarsi ad altre attività piuttosto che rischiare di prendersi un malanno.

Poi c’era chi, come Merlin, si trovava alla gogna per l’ennesimo e ipotetico errore fatto ai danni del Principe Arthur.

Nonostante il vento che spirava e la neve che cadeva come pioggia, il popolo infagottato con vestiti pesanti - per quanto potessero permetterseli - per proteggersi dal freddo,era radunato per lanciare frutta e verdura marcia addosso al malcapitato. Era come se la gente conservasse i suddetti prodotti per quell’occasione, perché, ormai era risaputo, Merlin finiva alla gogna più di tre volte a settimana. Il mago, dal canto suo, da quando era arrivato a Camelot, non aveva visto nessuno alla gogna se non se stesso. Così era arrivato alla conclusione che il Principe si divertisse a mandarcelo e vederlo di pessimo umore, invece che farlo per semplice punizione.

<< Quell’imbecille di un asino reale! >> aveva sbottato all’ennesimo lancio di verdura. << Questa volta gliela faccio pagare! Altro che 'due facce della stessa medaglia’! Gli darò fuoco con le mie mani. Quel viziato, spocchioso idiota!>>.

Ovviamente, continuare a sproloquiare non serviva a niente, ma almeno si sarebbe sfogato senza ricevere nessuna punizione. Mancava ancora mezz’ora al termine della gogna, dopodiché avrebbe dovuto eseguire i compiti affidatigli da Arthur. Non bastava salvarlo da maledizioni, incantesimi e pozioni d’amore quasi ogni giorno e non essere neanche ringraziato; l’asino si divertiva a propinargli anche un milione di cose da fare, sulle quali, a lavoro finito, aveva anche da ridire con frasi tipo: “Merlin, secondo te questa è una stanza pulita?” oppure “Merlin, questa maglia andava rammendata, perché è presente ancora questo buco?” o ancora “ Merlin, ti avevo detto di lucidare la mia armatura e di affilare la spada, cosa aspetti?”. 

E, ovviamente, non mancava mai la battuta finale: “Merlin, sei il peggior servitore che abbia mai avuto”.

Non era colpa sua se era sempre sfinito, diviso fra commissioni da fare a Gaius, salvare la vita a Arthur e fare i compiti ordinati da quest’ultimo. Non aveva mai tempo di riposare ed era logico che, ad un certo punto, non fosse più capace di rifare neanche il letto.

Non l’aveva di certo scelto lui il lavoro di servo di corte!

Tzè! Se fosse dipeso da lui a quest’ora starebbe a Eldor con sua madre e Will, invece no! Si trovava a Camelot, un regno di per sé molto bello, ma il cui Re disprezzava la magia e, guarda caso, lui era un mago. Di conseguenza, doveva nascondersi per non rischiare di finire sulla forca: cosa che per ora non aveva ancora intenzione di fare. Voleva avere la testa attaccata al collo ancora per molto, moltissimo tempo.

Per ultimo, ma non meno importante, aveva un destino da compiere con la persona più irritante del Regno, se non addirittura del mondo. Doveva ammettere, però, che Arthur non era sempre insopportabile. C’erano alcuni giorni in cui si comportava normalmente, o quasi: insomma, lo insultava meno del solito e gli confessava che, nonostante la sua incapacità di lavorare come servitore, non l’avrebbe cambiato per nessun’altro.

In quelle rare occasioni ricordava il motivo per cui non raccattava le sue poche cose e ritornava a casa. Ricordava i giorni passati a Camelot e, stranamente, non rimpiangeva nessuna delle sue azioni.

All’inizio salvare la vita al principe era stato un dovere, una cosa da routine, evitare la sua morte perché il Drago gli aveva detto così; invece, ora, giorno dopo giorno, salvarlo era diventato il suo ossigeno; proteggerlo, non più per adempiere al suo destino, ma semplicemente perché non voleva che Arthur morisse. Non avrebbe avuto la forza di vivere, sapendo che non era riuscito a salvargli la vita.

Nonostante tutto ciò che pensasse di negativo sul principe, non poteva negare anche i suoi lati positivi: era coraggioso, onesto e cercava, nelle sue possibilità e responsabilità, di fare la cosa giusta, anche se questo comportava scontri con il padre.

<< Ormai ti si trova sempre qui! >>, disse Gwen sorridendo, avvicinandosi a lui e approfittando il momentaneo allontanamento dei “lanciatori”.

<< Sì, sì, ridi pure! Poi riderò io quando vedrò Arthur disintegrato >>.

<< Dai che mancano solo due minuti >> specificò << E poi è colpa tua se ti ritrovi sempre alla gogna. Se smettessi di dargli ragioni per farlo, non staresti sempre qui
>>.

<< Io non gli do un bel niente! È lui che mi ci manda senza motivo! >>.

<< Ma smettila! Io vado che stanno ritornando con le provviste >> indicò, ridendo, le persone che tornavano con il cibo da lanciargli contro.

<< Ciao! >> la salutò, rassegnato a prendere altra frutta marcia sul viso.

*** 

Dopo la gogna, che era finita da più di un’ora, Merlin era entrato nelle stanze di Gaius a darsi una pulita e togliere tutta la sporcizia dal viso e dai capelli, cercando di scacciare anche il brutto odore di marcio. In seguito era andato nell’armeria a lucidare l’armatura e ad affilare la spada, che sarebbero serviti ad Arthur quel pomeriggio per l’allenamento.

Aver passato metà mattina alla gogna non aveva portato buoni risultati visto che doveva svolgere ancora molte mansioni e non era neanche a metà lavoro. 

Certe volte odiava trovarsi lì, in quel castello a cercare di soddisfare quel principe borioso e viziato, che si ritrovava come padrone. Quell’aria da sbruffone lo innervosiva a morte, tanto che certe volte gli avrebbe volentieri dato una lezione su come si trattava la gente, a prescindere dal suo stato sociale.

L’avrebbe fatto già molto tempo prima, se non avesse capito che tutto ciò era solo una maschera. Un’abitudinaria e dolorosa maschera che indossava ogni mattina per far credere alla gente che il principe di Camelot fosse forte, temerario, coraggioso e privo di pregiudizi. Una maledetta maschera per far vedere al padre che suo figlio era come lui aveva desiderato: cavaliere, principe e futuro Re forte, sicuro di sé e contrario alla magia.

Questa maschera, però, andava via ogni volta che rimanevano soli e Merlin scopriva il vero volto di Arthur: un ragazzo. Un semplice ragazzo che, prima del suo essere cavaliere e principe, voleva amore dal padre, una sua pacca sulla spalla, e un “Figliolo, sono fiero di te!”. Cercava di difendere il suo Regno facendo la cosa giusta e non condannando gente senza prove concrete sul fatto di un loro uso di magia.

Era questo lato di Arthur che gli piaceva, che non lo aveva fatto scappare da Camelot il primo giorno e, in fondo, le loro discussioni erano sempre divertenti: aveva sempre lui l’ultima parola, anche se alla fine finiva alla gogna perché al principino non piaceva perdere – in nessun senso.

Aveva finito all’armeria, ora toccava alle stanze di Arthur. Si diresse al castello, stringendosi meglio nel piccolo maglione che gli aveva regalato Gwen pochi mesi prima: “ Non devo regalarti qualcosa solo in giorni speciali. Mi andava di farlo e l’ho fatto!”, gli aveva detto e lui aveva accettato volentieri il pensiero.

Era arrivato fuori alla porta delle stanze del principe e si apprestava ad aprire la porta quando questa si spalancò facendo uscire Arthur.

<< Ah, Merlin! Finalmente ti si vede! Che fine avevi fatto? >>.

Che faccia tosta! Aveva anche il coraggio di chiederlo. Era stato lui a mandarlo alla gogna, quell’asino!

<< Sire, mi avete mandato alla gogna, dopodiché sono andato a lucidare la sua armatura e affilare la spada >> gli rispose soltanto, irritato e reprimendo l’impulso di prenderlo a parole.

<< D’accordo! A proposito, vieni con me nell’armeria: devi aiutarmi a mettere l’armatura che devo iniziare gli allenamenti >> gli ordinò, chiudendosi la porta alle spalle e dirigendosi verso l’armeria.

Merlin, però, era ancora davanti la porta. << Ma, Signore, potrebbe farsi aiutare da un altro servo. Devo ancora rassettare la sua camera, lucidare i suoi stivali e… >> ma venne interrotto dal principe.

<< Merlin, fino a prova contraria, sei tu il mio valletto, quindi sei tu a doverti occupare di me. Sei il mio servo e devi eseguire ogni mio ordine, perciò adesso vieni con me senza fare storie, se non vuoi finire anche il pomeriggio alla gogna. Chiaro!? >>.

Quel brutto…! Ricorreva alla gogna per farsi rispettare e, soprattutto, servire dagli altri, ma lui non era ‘gli altri’. Per adesso, però, lo avrebbe accontentato per non finire alla gogna, una seconda volta quel giorno.

<< Certo, Sire, come desiderate! >>.

***

Arthur era appena rientrato nelle sue stanze. L’addestramento era stato faticoso e la caccia, dopo, lo avevano completamente sfinito. Gli ci voleva proprio un bel bagno caldo!

Il principe aveva richiuso la porta alle sue spalle e avvicinatosi al tavolo, aveva preso un chicco d’uva da una ciotola. Portandolo alle labbra per mangiarlo, aveva dato un po’ un’occhiata in giro, convinto di trovare Merlin indaffarato in qualche compito assegnatogli. Quando i suoi occhi si erano diretti nella direzione del letto, aveva notato qualcosa su di esso, così si era avvicinato e, mezzo sdraiato sul baldacchino, aveva visto Merlin: aveva un braccio disteso sul fianco sinistro e l’altro era piegato in modo tale da avere la mano vicino al viso, mentre i piedi erano appoggiati per terra. Aveva il viso rivolto verso il braccio piegato e, avvicinandosi di più, aveva notato che aveva un’espressione serena e… innocente. Non poteva far a meno di pensare che Merlin, così addormentato, sembrava un bambino. Il suo piccolo cucciolo da amare e proteggere.

Sì! Ormai, almeno con se stesso, aveva smesso di negare i suoi sentimenti per quel servo idiota, che ne combinava una più del diavolo e che si ficcava sempre nei casini; ma era il suo servo idiota e non avrebbe mai permesso a nessuno di fargli del male.

In principio, aveva cercato di non pensarci, di dar un altro nome a quel vuoto al petto che gli si presentava ogni qualvolta vedeva Merlin in pericolo, o allo svolazzare delle farfalle nel suo stomaco quando Merlin era troppo vicino, oppure ai brividi che lo pervadevano quando il servo lo toccava.

Ma, dopo aver capito che tutto ciò proveniva dal fatto che provava dei sentimenti per lui, aveva cercato di convincersi che quello che sentiva era sbagliato, contro natura; che non poteva permettersi di provare amore per il suo servo, per un uomo. Aveva provato ad uscire con qualche dama di corte, forse convinto che fossero solo i suoi ormoni a fare brutti scherzi, ma, anche una volta estinti, i suoi sentimenti rimanevano comunque.

Quando poi, mesi prima, aveva visto Merlin in compagnia di Gwen, che gli porgeva un regalo, gli era montata una rabbia che, se non si fosse calmato dicendosi che quello che stava per fare non aveva alcun senso né giustificazione, avrebbe fatto a pezzi quel regalo e buttato Gwen dalla torre del castello. Era rimasto fermo a guardare senza farsi vedere e, quando aveva visto Gwen baciare Merlin sulla guancia, era praticamente scappato dal nascondiglio.

Gelosia!

Era gelosia quello che aveva provato e così, da allora, aveva smesso di rinnegare i suoi sentimenti e aveva cercato di capire se Merlin aveva un qualche interesse per lui. Cercava di capire cosa provasse quando lo spogliava, quando lo vedeva mezzo nudo o quando si guardavano negli occhi, fissi uno nell’altro, in qualche determinata circostanza.

Non aveva, però, percepito nessuna diversa sensazione da parte di Merlin, fino a poche settimane prima e quel cambiamento gli aveva dato speranza.

Non voleva forzarlo in niente, perciò voleva essere sicuro in un suo interesse nei suoi confronti e, al diavolo tutto, avrebbe scoperto le carte e giocato il tutto per tutto quel giorno stesso.

Pensando un modo migliore per far cedere il suo servo, si diresse nella stanza adibita a bagno, certo di trovare già la tinozza piena d’acqua, preparata da Merlin. Quest’ultimo, infatti, sapeva che dopo ogni allenamento o caccia voleva trovare la tinozza già pronta per fare un buon bagno caldo, invece, avvicinatosi aveva visto che era completamente vuota. Quell’imbecille doveva essersene dimenticato e adesso lui si trovava senza l’occorrente per fare il bagno. Ah! Ma adesso lo sentiva! Oh, se lo avrebbe sentito! Al diavolo i suoi progetti di conquista! Come prima cosa lo avrebbe strigliato per bene e, se ne avesse avuto voglia, lo avrebbe spedito alla gogna.

<< Merlin! >>, sibilò avvicinandosi pericolosamente a lui.

<< Merlin! >>, questa volta aveva urlato.

<< Eh!? Cosa? >>, proruppe il servo, voltando la testa a destra e a manca, ancora confuso per il sonno.

<< Cosa!? >>, era arrabbiato e molto irritato. << Merlin, perché il mio bagno non è pronto? >>, soffiò - calcando con un certo interesse il suo nome - ad un metro da lui e tenendo a freno la rabbia per non esplodere.

<< Il suo cosa? >>, replicò cercando di svegliarsi e di capire cosa stava succedendo.

<< Merlin, il mio bagno! >>, troppo tardi: era esploso!

<< Oh! >>, esclamò soltanto il moro.

<< Merlin! >>, sillabò avvicinandosi ancora, fino a fermarsi a pochi centimetri di distanza da lui << Mi prendi in giro? Perché se lo stai facendo non è per niente divertente e, oltretutto, saresti tu a rimetterci >>.

<< Sire, oggi vi piace particolarmente il mio nome? Perché lo avete ripetuto minimo cento volte! >>, cercò di scherzare Merlin, mentre dava le spalle al principe e si dirigeva nella stanza per preparare il bagno.

<< Smettila di fare l’idiota e muoviti che il mio bagno doveva essere già pronto da tempo! >>.

Non gli piaceva per niente la piega che stava prendendo la situazione: se continuava così le cose con Merlin non sarebbero mai cambiate, perciò era meglio per lui cercare di farlo. Poteva provare a flirtare un po’, tanto non ci perdeva niente; al massimo si ritrovava con un servo un po’ confuso tra i piedi: era risaputo che Merlin non era un tipo perspicace.

***

<< Ah! Mi ci voleva proprio! >> si rilassò Arthur nella tinozza, con Merlin che gli strofinava la schiena.

<< Sì, certo, come poteva essere diverso! >> borbottò il moro, continuando il suo lavoro.

Era stanchissimo! Aveva svolto tutti i compiti che gli erano stati ordinati, senza riposarsi un attimo. Si era seduto sul letto del principe per rilassarsi un po’, ma per la troppa stanchezza si era addormentato e il risveglio non era stato dei migliori.

Vorrei sfidare chiunque a dire il contrario, pensò, non è stato per niente gentile né tanto meno delicato. È soltanto un bruto asino reale! Ed io che divento un budino quando sto vicino a lui, maledizione a me! Dovevo per forza innamorarmi di lui? Maledizione anche a lui!

<< Merlin, continui a dormire? O la mia schiena è particolarmente interessante per te? >>, iniziò a provocarlo Arthur, mettendo in atto ciò che aveva premeditato. Alla frase, il moro era arrossito, ma al principe era sfuggito poiché Merlin non si era mosso dalla sua postazione.

<< Sei scappato, per caso? >>, continuò il biondo. Non aveva nessuna intenzione di smettere, tanto ormai aveva iniziato e voleva sapere se aveva una minima possibilità con lui.

<< N-No, Sire, la vostra schiena è l’ultima cosa che vorrei osservare! >>, balbettò il servo, cercando di sembrare sicuro.

<< L’ultima? E qual è la cosa principale che ti andrebbe di osservare? >>, replicò malizioso, voltando il viso verso di lui.

<< Mhm… Arthur, se non vi girate non riesco a lavarvi >>, disse in imbarazzo, dimenticando le etichette, mentre al principe questa volta non era sfuggito il rossore sul suo viso.

<< Merlin! Non mi dire che sei arrossito!? >>, chiese ironicamente, sapendo benissimo che era impossibile ribattere e godendo della bellissima visione del servo imbarazzato.
<< Non dite sciocchezze! Arrossito, io? Perché poi dovrei essere arrossito? >>, cercò di negare.

<< Non hai mai imparato a mentire e poi il tuo viso non da adito a dubbi >>, disse calmo prendendogli una mano, in modo da portarlo dinanzi a lui.

<< Cosa fai? >>, soffiò dandogli direttamente del tu.

<< Cerco di guardarti in faccia, mentre ti parlo >>.

<< Per dirmi cosa? >>, era irrequieto. Non capiva il motivo, ma Arthur si comportava in modo strano.

<< Per fare cosa, vorrai dire! >>, lo smentì. Si era stancato di giocare: se Merlin provava i suoi stessi sentimenti allora lo avrebbe scoperto con i fatti!

<< Cosa? >>, chiese ancora insicuro di sapere o no la risposta.

<< Questo! >>, disse per poi avvicinarlo a sé e baciarlo, facendolo cadere nella tinozza. Dopo una leggera resistenza, forse per il gesto improvviso, il moro ricambiò il bacio.

Il bacio che si era scambiati era stato molto intenso, ma non mancava di dolcezza e passione.

<< Wow! Se sapevo che sarebbe stato così, l’avrei fatto già un po’ di tempo fa! >>, esclamò Arthur, ad un soffio dalle sue labbra.

<< Bhe, meglio tardi che mai! >>, gli replicò, mentre scalciava via le scarpe per immergersi completamente nella tinozza e salire cavalcioni su di lui, per poi coinvolgerlo in un altro bacio.

Mentre continuava a baciarlo e iniziando a spogliarlo, dopo aver borbottato un “Questi non ti servono”, Arthur pensò che in fondo non aveva sprecato troppo tempo per riuscire a conquistare Merlin.
<< Questa… cosa, cosa significa? >>, lo interruppe Merlin. Ecco che era ritornato il solito chiacchierone.

<< Merlin devi parlare proprio ora? >>, chiese lambendo il suo labbro inferiore.

<< Arthur! >> lo accusò << Non mi hai risposto: cosa significa? >>, gli richiese, guardandolo dritto negli occhi.

<< Significa che ti amo! >>, gli rispose tranquillamente, fissando i suoi occhi cielo e pensando che era una delle tante cose che amava di lui.

<< Ti amo anch’io! >>, sorrise, tuffandosi poi in quel turbine di sentimenti che solo i baci di Arthur riuscivano a dargli.

E non avevano più bisogno di parole.

  
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