Capitolo 1
L'ordinaria vita di una ragazza come tante
Una ragazza dagli occhi di due colori diversi correva a perdifiato, ignorando i capelli castani che le finivano davanti al viso quando si voltava a controllare a quanta distanza fossero da lei. Maledizione, le stavano ancora tutti addosso! Eppure, le pareva di non aver visto qualcuno…Tornò a guardare avanti, svoltando solo all’ultimo momento in una traversa sulla destra nel tentativo di depistarli. Niente, erano ancora dietro di lei! E tutto questo per cosa, poi? Non era neppure riuscita nel suo intento e si era fatta scoprire come una dilettante. E ora, proprio come una dilettante, non riusciva neppure a seminarli.
"Dannazione!" la ragazza inveì mentalmente, rivolta più a sé stessa che ai suoi inseguitori “Avevo promesso che sarei tornata per cena ma, vista la situazione, dubito che ci riuscirò…" sospirò, immaginando il momento in cui avrebbe varcato la soglia di casa e le mille domande che le sarebbero state poste. D’altra parte, capiva che erano più che lecite: la scusa della biblioteca era diventata poco credibile ormai, visti gli orari che quei continui imprevisti le facevano fare.
"Ho fallito ancora" si disse poi, mordendosi nervosamente il labbro inferiore al pensiero di non essere stata abbastanza forte, di non aver saputo chiudere in fretta la questione. Diamine, ora era costretta a tornare ancora in quel posto squallido e umidiccio! L’umidità le aveva sempre dato fastidio…
Scosse la testa, tentando di tornare a concentrarsi sul momento: poco più avanti, la strada che stava percorrendo si apriva in una graziosa piazzetta con troppi lampioni e tanto di fontana illuminata. La via davanti a lei si diramava di nuovo in due direzioni opposte ma, qualunque scelta avesse fatto, la troppa luce del luogo l’avrebbe senz’altro tradita. Strinse gli occhi con una punta di irritazione, sfogando la sua ira sul primo lampione che si trovò davanti: bastò un suo sguardo perché la lampadina e il vetro che la proteggeva scoppiassero, lasciando cadere a terra i loro resti. Un istante dopo, tutte le altre luci nel giro di un isolato imitarono quell’esempio, lasciando le strade e le abitazioni nei dintorni completamente al buio. La ragazza sentì i passi dietro di lei rallentare fino a fermarsi e poi le voci di quella mezza dozzina di persone che, spaesate, cercavano di capire dove andare. Un sorriso compiaciuto si formò sulle sue labbra, quando si voltò nuovamente a cercare quelle figure scure nella notte, fermandosi un solo istante a godersi il momento, prima di rendersi conto che i suoi inseguitori avevano ripreso a correre. Si appiattì contro il muro di una casa, completamente colta alla sprovvista, quando sentì che le erano vicini, troppo vicini. La gola si era fatta improvvisamente secca e le gambe non le rispondevano più, inchiodate com’erano sul posto. Se si fosse mossa l’avrebbero sentita, se non lo avesse fatto, l’avrebbero trovata…Cosa poteva fare? Certo, poteva sempre andarsene ma, se lo avesse fatto, probabilmente loro avrebbero captato i suoi spostamenti e l’avrebbero seguita fino a casa sua. Un mago avverte sempre la magia altrui, quando vi si trova vicino. Mosse lentamente un passo contro la parete, controllando le figure che le si stavano avvicinando. Quanto avrebbe voluto essere andata davvero in biblioteca e aver fatto esattamente ciò che aveva detto alla sua famiglia e ai suoi amici, per una volta nella vita! Voleva tornare a casa, ma sapeva di non poter rischiare tanto: non poteva permettere che quei…quei mostri trovassero le persone che amava, non poteva permettere che facessero loro del male!Fece un altro passo, strisciando furtivamente contro il muro e di nuovo si assicurò di non essere stata vista. Se avesse continuato con questo ritmo, l’avrebbero raggiunta in una decina di secondi al massimo, ma cos’altro poteva fare, mettersi di nuovo a correre e attirare ancora la loro attenzione? Prese un respiro profondo, annuendo una sola volta con un gesto semplice e conciso, prima di decidersi a staccarsi da quel muro e cominciare ad accelerare il passo per riprendere la corsa. Ma, pochi secondi dopo, qualcuno l’attirò in un vicolo tanto piccolo da essere sfuggito alla sua vista e tanto scuro da essere semplicemente perfetto per aggirare quegli scocciatori. Dietro di lei, la persona che l’aveva attirata in quel luogo la tenne stretta a sé, premendole una mano sulle sue labbra dolci per impedirle di parlare. Lei si tenne stretta a quel braccio, lottando senza troppa convinzione per potersi allontanare, quando i passi dei suoi inseguitori superarono di corsa il vicolo, mentre quelli imprecavano, capendo di averla persa. Nello stesso istante, la presa dello sconosciuto su di lei si rinsaldò ancora e i due si appiattirono più che poterono contro il muro per essere sicuri di non essere visti. Così vicino a quella figura alle sue spalle, la ragazza poté sentire tutti i battiti del suo cuore che pulsava con forza, il suo petto che si riempiva e poi si sgonfiava dell'aria inspirata l'attimo prima. Quando il gruppo fu ormai lontano, lei fu di nuovo libera e poté allontanarsi di un passo e voltarsi a guardare chi l’avesse salvata da quella spiacevole situazione di stallo. La luce della luna riusciva ad illuminare solo in parte il volto del ragazzo che si trovava di fronte, non permettendole di vedere i suoi occhi. Era di poco più alto di lei, come tutti del resto, il fisico snello e tonico di un atleta. Il suo sorriso, poi, era davvero magnifico…
Il ragazzo fece un passo avanti, mostrandosi interamente alla tenue luce della sera.
Tsk, e dire che per un attimo le era parso anche bello…
"Mi sembrava mancasse qualcuno all’appello…" disse, mentre sul suo volto si dipingeva subito un’espressione carica di insofferenza.
Al vederla, lui sorrise ancora, soddisfatto per avere indovinato la reazione che l’altra avrebbe avuto nel riconoscerlo.
"Sapevo che non mi avresti neppure ringraziato…" sussurrò lui con voce calda e profonda, mentre scuoteva la testa senza mai distogliere lo sguardo da quegli occhi fiammanti che aveva di fronte. La ragazza non disse una parola e la sua espressione divenne ancora più furente, se possibile. Non ne poteva più di quel tipo, non poteva più tollerare i suoi continui tentativi di essere gentile con lei. Continuava a starle tra i piedi, nonostante il suo posto fosse dall’altro lato del campo di battaglia e il fatto stesso che se lo ritrovasse sempre dietro non faceva altro che confonderla, senza capire se davvero lui fosse cambiato. No, le "persone" come lui non potevano cambiare, se l’era ripetuto miliardi di volte. Non sarebbe stata così stupida da credere alle sue parole. In fondo, se si trovava in quell’assurda situazione, era anche colpa sua…
Imperterrita, continuò ad aspettare in silenzio che lui capisse di doversene andare, fissandolo con una profonda aria di sfida e quel pizzico d’ira che era sufficiente a far tremare un leone.
Lui si portò le mani ai fianchi e scosse di nuovo la testa, sospirando. "Non cambierai mai…" commentò, lievemente deluso dalla reazione della ragazza. Rimase ancora un istante a perdersi nelle profondità dei suoi occhi chiari, prima di avvicinare l’indice e il medio della mano destra alla fronte in una specie di saluto militare e di correre via senza dire una parola di più.
***
Quando
si ripresentò a casa, a circa duemila e trecento chilometri
di distanza dal
luogo in cui si trovava fino a un attimo prima, la ragazza si sorprese
nel non
venire subito accolta dal terzo grado di routine. Stupita,
guardò l'orologio al
suo cellulare, chiedendosi come avesse fatto a rientrare in tempo.
Le nove di sera.
No, era di nuovo in ritardo...
Posò le chiavi nella ciotola verde accanto alla porta ed
andò in salotto,
trovando solo due persone ad aspettarla.
"Sei in ritardo." disse Lee, il ragazzo dagli occhi chiari e il viso
perfetto seduto a gambe incrociate sul divano, dopo aver alzato per un
solo
istante gli occhi dal libro di latino che stava leggendo. Dimostrava al
massimo
vent'anni, ma lei sapeva che ne aveva molti, molti di più.
Sorrise, dopo
essersi ricordata che il latino, lui, lo aveva parlato a suo tempo e
che quel
libro doveva essere una specie di barzelletta per uno del suo calibro.
"Lo so" sussurrò lei, ricordando d'improvviso di avere
ancora le sue
care versioni di latino, ad attenderla "mi spiace, ho perso
l'autobus..."
"E non potevi usare la magia?" chiese allora l'altro ragazzo,
distogliendo lo sguardo dal gunblade che stava pulendo con cura quasi
materna,
per posarlo su quello della ragazza che aveva di fronte, pronto a
cogliere un
suo minimo cenno d'imbarazzo nel caso stesse mentendo.
"No, non ero sola." rispose lei, tentando di essere il più
naturale
possibile, notando il classico sguardo inquisitorio che lui le
riservava
quando le sentiva addosso l'odore dei guai. In quei momenti, Squall
sembrava
proprio il SeeD che era sempre stato. Diamine, neanche la polizia era
tosta
quanto lui! Non lo avesse conosciuto da una vita (e se lui non fosse
stato
pazzamente innamorato di una certa persona...) probabilmente avrebbe
completamente perso la testa per lui. Ma le cose stavano in un'altra
maniera e
lei non poté evitarsi di sorridere a quel pensiero.
Perdere la testa per Squall...dopo tutto quel tempo insieme, lo
considerava
quasi un incesto...
Lee si alzò in piedi, avvicinandosi a lei con in mano
il suo quaderno di latino. Glielo porse, posandosi contro di lei per
sussurrarle qualcosa all'orecchio.
"La prossima volta che faccio i compiti per te" mormorò,
fissandola
con la coda dell'occhio per studiare la sua reazione "cerca almeno di
essere sincera."
Lei chinò lo sguardo, stringendo a sé il
quadernino scuro "Scusa."
"Ah, smettila con le scuse, Yuna! Quante volte te lo devo dire che mi
impressiona guardare te e vedere la sua faccia al posto della tua?" Lee
alzò improvvisamente il tono, indicando con
un brusco gesto del braccio il
ragazzo dietro di sé, che intanto aveva ripreso a lucidare
la sua Lionheart.
Yuna sorrise, trattenendosi a stento dal sussurrare un altro "Scusa".
Lee sparì in cucina e il rumore del frigo che si apriva
ricordò allo stomaco
della ragazza che l'ora di cena era passata già da un pezzo
per lei. Andò a
sedersi accanto a Squall, lanciando il quaderno che aveva ancora in
mano
sull'altro divano e sprofondando accanto all'amico.
"Forse passiamo davvero troppo tempo insieme..." disse, grattandosi
distrattamente il collo mentre parlava.
Squall la guardò perplesso, senza dire una sola parola.
"Insomma, Lee non perde mai l'occasione di farmi notare quanto abbia
preso
a somigliarti e tu...tu non sembri neanche più lo stesso che
ho conosciuto sette
anni fa! Ai tuoi amici prenderebbe un colpo, se sapessero quanto sei
cambiato..."
Squall sorrise, pensando malignamente al volto di Zell che mutava in
un'espressione di puro stupore lasciandolo, per una volta, senza una
delle sue
solite scemenze da dire. Chissà, magari gli sarebbe
letteralmente preso un
colpo...
"Squall..." la voce seccata della ragazza seduta al suo fianco lo
riportò alla realtà, fissando di nuovo la sua
attenzione su di lei. Lui alzò un
sopracciglio, aspettando che dicesse qualcosa.
"Smettila di fare pensieri maligni!"
Per un momento, lui ci rimase come uno scemo, sorprendendosi del modo
in cui
lei aveva capito ciò a cui stava pensando. Alzò
lo sguardo al soffitto,
ricordandosi che con lei era sempre così. Ma come diavolo
faceva?
"Squall..." la voce improvvisamente triste di Yuna lo
riportò con i
piedi per terra, fissando gli occhioni chiari della ragazza che
scrutavano
mesti il pavimento. "Mi ripeti perché diavolo sei ancora
qui? Perché non
te ne torni a casa tua?"
"Finché tu sarai qui, questa è casa mia." disse
lui, convinto,
inginocchiandosi davanti al divano per catturare il suo sguardo. "E poi
hai sentito Lee, no? In questa era il tempo per me non passa, posso
stare qui
quanto voglio senza che nessuno a Balamb si accorga della mia assenza."
Yuna sorrise, incrociando gli occhi azzurri del ragazzo che aveva di
fronte. Il
Griver ciondolava inerte sotto al suo viso, stonando del tutto con gli
abiti in
borghese di Squall. Dopo tanti anni che lo vedeva aggirarsi per casa
così, lei
continuava a figurarselo con indosso i suoi vestiti scuri, la giacca
col collo
di pelliccia, gli anfibi neri e le decine di cinte che teneva legate ai
pantaloni. Quella era la sua natura, no? Il comandante ammirato suo
malgrado da
tutti sempre pronto ad ammazzare un grat quando meno te lo aspetti. Che
cosa ci
faceva seduto in un comunissimo salotto a pulire la sua arma e magari a
chiacchierare allegramente con lei? Quasi si aspettava che un giorno,
rientrando a casa, trovasse due chiodini fissati nel muro sopra al
caminetto,
pronti ad accogliere il suo gunblade!
"Ancora speri di convincermi a venire con te?"
Lui alzò le spalle, sorridendole di rimando. "Forse."
Beh, fortuna che conservava le sue battute più celebri, o
sarebbe stata lei
quella che avrebbe rischiato un colpo...
In quel momento, Lee sbucò di nuovo fuori dalla cucina,
tenendo tra le mani tre
piatti, bicchieri e parecchie buste del take-away e stringendo le
bacchette
ancora incartate tra i denti.
"Wow, hai ordinato il giapponese!" esclamò Yuna, raggiante,
andando a
prendergli qualche busta dalle mani.
Appena riuscì a trovare un dito in cui tenere le bacchette,
Lee le prese e si
sedette a terra con lei, mentre diceva "Non guardare me, è
stata un'idea
sua."
Lei si voltò a guardare Squall: decisamente, la sua
influenza cominciava a
farsi sentire...
***
Dopo
cena, quasi in un tacito accordo, Squall e Yuna si piazzarono davanti
alla play
station, impazienti di vedere il filmato finale di Kingdom Hearts 2,
che
sapevano essere ad un passo da loro. Lee, invece, riprese il suo posto
sul
divano, stiracchiandosi stancamente prima di tuffarsi nella lettura di
un
romanzo fantasy che gli aveva suggerito Yuna solo qualche giorno prima.
La
ragazza aveva appena caricato il salvataggio, quando un suono mostruoso
interruppe il suo "momento perfetto". A tanto così dalla
fine, il
cellulare di Lee prese a squillare. Squall scosse la testa, incrociando
le
braccia sul petto in previsione dell'imminente lotta che sapeva lei
avrebbe
ingaggiato con Lee per fargli pagare quello scherzetto. Strano come il
suo
cellulare suonasse sempre nel momento meno adatto...
***
Il
giorno dopo, nonostante fosse sabato, Yuna si alzò presto e
sgattaiolò fuori di
casa prima che Squall si svegliasse. Sperava di passare inosservata e
ce
l'aveva quasi fatta, quando fuori di casa vide la moto scura di Lee
fermarsi
giusto davanti a lei, mentre il ragazzo liberava i capelli castani dal
casco.
"Già in piedi a quest'ora?" chiese, posando il casco davanti
a sé e
poggiandosi con le braccia al manubrio, tenendo il mento sulle mani
strette
l'una nell'altra. L'espressione colpevole che ricevette in risposta la
tradì
più di quanto lei avrebbe mai voluto.
"Yu, si può sapere cosa sta succedendo?" domandò
ancora, scuotendo
debolmente il capo mentre la fissava dal basso. "Non me la racconti
giusta. So che non lo hai mai fatto, ma ultimamente mi pare che la cosa
stia
degenerando. Sicura di non essere nei guai?"
Lei scosse la testa, tentando di sorridere. "Sono solo le solite cose,
Lee."
"Continui a giocare al gatto e al topo con quei tipi?"
sussurrò lui,
rabbuiandosi di una leggera preoccupazione mentre rialzava la testa e
si
metteva del tutto in piedi, tenendo ferma la moto con le braccia per
evitare
che gli cadesse su una gamba, come succedeva sempre a
quell'intelligentona della
sua amica.
Lei sospirò, sapendo di non potergli rispondere, anche se
consapevole che quel
semplice gesto era una conferma più che palese. "Squall non
lo sa,
vero?"
"Scherzi? Morirebbe se sapesse in che genere di guai continui a
cacciarti!
E prega perché non capiti anche a te, una volta o l'altra..."
Lee si rimise il casco, sfrecciando via come un fulmine, ansioso di
terminare
quella conversazione. Possibile che non riuscisse a vivere senza
rischiare la
pelle un giorno sì e l'altro pure?
***
Quando
lui si fu allontanato, Yuna si diresse con passo veloce verso il retro
della
casa, fissando nella mente il luogo in cui desiderava andare e
schioccò le dita
per scomparire nel nulla.
Stavolta ci sarebbe riuscita, non poteva fallire ancora: avrebbe
aspettato nell'ombra
che qualcuno arrivasse solo e l'avrebbe colto di sorpresa, per poi
sigillare lo
spirito del demone che aveva in pugno uno di quei cinque ragazzi.
Poteva
farcela. Doveva farcela.
Yuna si accucciò nell'ombra della vegetazione scozzese,
trattenendo a stento
uno starnuto per il freddo pungente del mattino. Non doveva farsi
sentire, non
doveva farsi notare. Certo, l'essere uscita di casa con il cambio in
stile
pistolera di Final Fantasy X-2 rischiava di non farla passare del tutto
inosservata, ma cosa poteva farci se solo così stava comoda
per combattere?
Ogni volta che l'aveva fatto con altri vestiti, qualche furbo di quegli
scocciatori glieli aveva strappati. Ogni singola volta. E lei era stufa
di
doversi rifare l'armadio praticamente ogni settimana. Lo shopping
doveva essere
un piacere, non una necessità, no?
Yuna bevve un lungo sorso da una fiaschetta di legno scuro, posando per
un attimo il suo gunblade a
terra accanto a lei. Per tutta la mattina era stata indecisa su che
gunblade
scegliere. Aveva cominciato a farsi mille problemi come qual'era il
più forte,
quale il più maneggevole, quale si abbinasse meglio alla sua
mise...Alla fine
aveva optato per la Crime&Penality, dato che il nero sta bene
con tutto ma,
non ancora del tutto convinta, aveva deciso anche di...
Qualcosa di tremendamente freddo le sfiorò il collo,
sorprendendola alle spalle
mentre lei osservava dritto davanti a sé. Già
vedeva la faccia di Squall,
quella sua espressione a prima vista imperscrutabile, ma che a chi lo
conosceva
rivelava ogni sua più piccola emozione: sarebbe
stato deluso e si sarebbe
preoccupato per lei.
"Diamine, Yu: possibile che in tanti anni tu non abbia imparato proprio
nulla da me? Come ti è saltato in mente di abbandonare la
tua arma in
terra?" Un attimo di silenzio "La Crime&Penality, Yuna!"
Avrebbe voluto ridere all'immagine di quel volto familiare che le
faceva
l'ennesima predica sulla cura di un gunblade, ma una voce fin troppo
conosciuta
le ricordò in che situazione si trovava.
"Potrei ucciderti, lo sai?" Chris, l'infame...cioè, il
ragazzo...che
ieri non le aveva fatto saltare la cena. "Non dovresti lasciare armi
incustodite in questo modo."
Yuna voltò appena la testa verso di lui e la luce della lama
si riflesse nei
suoi occhi, accentuando il suo sguardo colmo di collera.
"Ti dispiace ridarmi la spada?" chiese lei, alzando le sopracciglia e
porgendogli una mano perché lui lo facesse.
"E chi mi assicura che, una volta che l'avrò fatto, tu non
mi
ucciderai?"
"Nessuno" rispose, mentre un lieve sorriso si posava a illuminarle il
giovane viso "è per questo che è divertente!"
Lui si inginocchiò davanti a lei, girando l'arma con un
movimento fluido
dell'unica mano in cui la teneva, facendo in modo che lei la prendesse
per
l'elsa.
"Mi ripeti quand'è che sarai maggiorenne?" le chiese,
poggiando i
gomiti sulle ginocchia e continuando a guardarla mentre lei si
ravvivava
teneramente i capelli.
"No" disse, secca "Non te l'ho mai detto, non posso
ripetertelo." Odiava quelle sue velate avances, odiava sentirlo
ricordarle
che aveva dei sentimenti: perché doveva rendere tutto
così maledettamente
difficile quel deficiente di un demone? Ma non aveva altri da
importunare? Non
aveva una "schiera oscura" da guidare, lui che era il capo?
Lui sorrise, inclinando lievemente la testa su un lato, fissandola con
un'espressione
da bambino innocente stampata in volto. Inutile: lei non ci cascava e
lui lo
sapeva bene. Ma un tentativo lo poteva anche fare, no?
"Che stai facendo?" le chiese, affiancando il suo viso a quello della
ragazza per poter seguire il suo sguardo.
"Cerco di ammazzare i tuoi amici." rispose lei, voltandosi di nuovo a
guardarlo con un sorriso tirato.
Beh, almeno non gli stava mentendo. Non lo ignorava, non lo prendeva a
calci...si poteva considerare un traguardo...
Lui rise, soddisfatto per la sincerità che lei gli aveva
dimostrato.
"Cos'hai da ridere? Hai deciso di sabotarmi?" domandò Yuna,
stavolta
irritata al pensiero che quello scemo potesse farla scoprire. Non aveva
voglia
di ripetere l'esperienza del giorno precedente, non aveva voglia di
correre
ancora.
Chris scosse la testa, portando una mano stretta a pugno a coprirsi la
bocca,
mentre cercava di trattenersi. "Scusa" disse "stavo
solo...pensando..."
Yuna si trattenne dall'aggiungere qualcosa di acido nei suoi confronti,
visto
che lui stava cercando di non darle fastidio più del dovuto.
"Perché sei qui, Chris?" Prima regola della cacciatrice: mai
chiamare
la preda per nome, finisci per affezionarti. Da quando lo aveva
conosciuto,
Yuna non lo aveva mai fatto. "Perché non vai ad avvisare i
tuoi amici?"
Eppure, in quel momento le era venuto così naturale...quasi
lui fosse...suo
amico...
Scosse energicamente la testa, tentando di scacciare quei pensieri
assurdi. Che
fosse in astinenza da caffeina? Si voltò un momento verso il
ragazzo alle sue
spalle, quando un dubbio le si infilò nella mente: e se
fosse opera sua? Non
poteva esserne certa, ma il suo istinto le suggeriva di allontanarsi
subito da
lui, che non era una buona idea restare l'uno accanto all'altra.
"Chris?"
"Mh?"
"Qualunque cosa tu stia facendo, ti conviene smetterla, se non vuoi
ricominciare a cercare un corpo in cui stare!" Yuna gli
puntò il gunblade
al collo e il ragazzo fu costretto ad alzare il viso per non essere
ferito
dalla sua lama, mentre uno strano sorriso si dipingeva sulle sue labbra.
"Scusa, cercavo solo di avere una sana conversazione tra amici, tutto
qui!"
La lama scura dell'arma passò ad un centimetro dai suoi
occhi, facendolo
balzare d'istinto all'indietro. Perse l'equilibrio, cadendo malamente
sull'erba, mentre osservava una ciocca dei suoi capelli neri cadere a
terra
accanto a lui. Eppure, erano così corti...Come aveva fatto a
non prendergli
direttamente lo scalpo?
"Vattene" disse lei, tornando a voltarsi ad osservare la situazione.
Tutto tranquillo, troppo tranquillo e quel deficiente che le teneva
compagnia
era quasi riuscito a farle tornare il suo solito mal di testa. Doveva
andarsene, prima che il danno fosse completato. Si alzò in
piedi, incurante
dello sguardo dell'altro su di sé, cominciando ad
incamminarsi verso l'ingresso
della loro tana.
"Yuna, aspetta!" Chris tentò di fermarla, ma la ragazza era
ormai
lontana e lui non poteva rischiare di farsi sentire dagli
altri. "Maledetta
impulsiva!" gridò nella sua mente,
picchiando il terreno sotto di
sé. Aveva voglia di prendersela con un molboro, ma i mostri,
in quell'assurda
epoca, non sapevano neppure che fossero. L'ultimo pianto lunare
risaliva
all'ultimo secolo del Medioevo e, da allora, erano stati eliminati
tutti,
lasciando solo miti e leggende al loro passaggio. Ah, che epoca d'oro
il
Medioevo: c'era almeno un pianto ogni secolo, se proprio diceva male!
Ogni
giorno poteva uscire a caccia senza problemi, ogni giorno poteva
sterminare
montagne di molboro senza la paura che si estinguessero! Ora, invece,
tutto
quello che gli era rimasto da fare era correre dietro a quella
ragazzina
immatura che, chissà perché, lo attirava
così tanto. Forse era per via di
quella sua straordinaria calamita per i guai che tanto gli piacevano.
Adorava
avere qualcosa da fare e con lei non si annoiava mai. Un angolo delle
sue
labbra si alzò lievemente in un debole sorriso, mentre il
ragazzo chiudeva gli
occhi, chinando la testa in terra. Quanto amava averla tra i piedi!
***
Un eco profondo rimbombò nel passaggio, un rumore di passi che si avvicinavano con aria inquietante. Tentò di ignorare il groppo alla gola che sentiva di avere e si costrinse ad andare a nascondersi in un angolo, aspettando che la sua vittima le fosse passata davanti, per poi attaccarla alle spalle. Certo non era corretto e lei odiava ricorrere a certi mezzucci, ma non aveva altra scelta, non poteva rischiare di mandare tutto all'aria solo per rispettare il galateo del bravo guerriero. Attese di vedere di chi fossero quei passi e attese ancora, quando si rese conto che era solo Chris. Beh, presto o tardi sarebbe toccato anche a lui, quindi...
Altri passi la trattennero dall'attaccarlo e un altro "ragazzo" dall'aspetto conosciuto si fece incontro al primo, andando a controllare la sua identità con tanto di pistola in mano.
"Certo, come se ne avesse bisogno..." Quante scene dovevano fare quei tipi, tutto quel darsi da fare per tentare di sembrare umani!
"Chris, sei tu. Dove ti eri cacciato? Ti abbiamo cercato ovunque!"
"Evidentemente dovreste cercare meglio, visto che ero a soli pochi passi da qui..." disse lui, in un tono vagamente acido, guardandosi intorno alla ricerca di qualcosa, di qualcuno. Di lei...
"Si può sapere che cosa vuole? Non avrà mica paura che possa riuscire a battere tutti loro?" la ragazza sorrise, improvvisamente più tranquilla e sicura di sé per ciò che avrebbe fatto. Ci sarebbe riuscita, ora ne era certa. Si sporse di poco dalla sua posizione riparata, osservando Chris guardarla con una strana espressione dipinta in viso. Scosse la testa in un modo quasi impercettibile, quando il sorriso di lei si fece più ampio.
"Troppo tardi, bello!" Yuna prese la mira in un attimo, ma poi ci ripensò e decise di non premere il grilletto, o avrebbe potuto fare "ciao ciao" al fattore sorpresa per tutti gli altri, e corse contro l'ultimo arrivato, strisciando a terra il gunblade proprio come Squall le aveva insegnato, tentando di ripetere il Colpo imperiale lungo la schiena del povero malcapitato. Il ragazzo, però, si voltò troppo in fretta e riuscì a schivare facilmente l'attacco. Ora Yuna si trovava in una posizione svantaggiata, con le braccia alzate al cielo e l'arma che era troppo pesante per contrattaccare all'istante il suo avversario.
"No!" Chris sentì una stretta al cuore, al vedere la ragazza affrontare qualcuno. Non poteva aiutarla, non quella volta, ma non poteva permettere che le accadesse qualcosa. Cosa doveva fare, cosa?
Lei si accasciò al suolo, tenendo la mano sinistra saldamente ancorata al fianco ferito e la Crime&Penality altrettanto stretta nella destra. Strinse i denti, senza neppure capire cosa l'avesse ferita. Ma non aveva una pistola? E allora perché la ferita di un'arma da taglio?
Dalle mani del suo avversario, intanto, era appena sparito qualcosa che non era riuscita a distinguere. Il suo sorriso, invece: quello lo aveva visto benissimo. E non poteva perdonarlo.
Velocemente, passò il gunblade nella mano sinistra e con la bocca si sfilò il guanto di pelle nera che usava per non farsi scivolare la spada di mano. L'affinità col suo elemento preferito era più forte che mai in quel momento e aveva bisogno della mano libera, per non dover dire addio all'ennesimo guanto destro. Aveva perso il conto di quelli che aveva bruciato solo in quei pochi giorni di inizio mese e non aveva intenzione di continuare la sua lista. Si posò un istante la mano sulla fronte, con il palmo rivolto verso l'esterno e poi strinse il pugno all'altezza del cuore, portandolo in basso e poi davanti a sé con un unico gesto improvviso.
"Firaga!" gridò, ma qualcosa la colpì alle spalle proprio mentre la magia si sprigionava dal suo corpo. Ci fu un tonfo e poi il buio più totale, mentre veniva trascinata indietro per i piedi.