Si
chiama “amore”.
Nella
sua perenne dignità, nella sua cortesia sempiterna, nel suo ordine di plastica,
Austria era in grado di toccarlo senza farlo mai davvero.
Pensi
che debba- deglutì, osservando quel
placido viso di porcellana –spegnere la luce?
-
Sarebbe il caso, sì.
Il sole
della Spagna non l’abbronzava mai, i suoi cibi non lo facevano ingrassare, il
suo vento non smuoveva i capelli. Austria era come una statua, perfetta,
immobile e terrificante nella sua immutabile bellezza.
- Pensi
che debba- strusciò un ginocchio sul
lenzuolo bianco – chiudere le tende?
-
Sarebbe il caso, sì.
Austria
non imparava lo spagnolo, se non lo stretto necessario per farsi capire da lui
senza ricorrere a gesti che l’austriaco considerava lesivi per la propria
dignità.
- Pensi
che- un dito scivolò sulle sue labbra e
gli occhi violacei di Austria brillarono nell’oscurità.
Austria
stava seduto al pianoforte e suonava quelle canzoni spagnole col viso rosso. E
Antonio si avvicinava quatto come un gatto e si sedeva accanto a lui e cantava
a bassa voce, lo sguardo perso nella luce di una finestra.
- Questa
è- Austria deglutì a sua volta, sforzando
il palato nella pronuncia di quelle sillabe ispaniche così diverse dalla sua
lingua – nostra prima notte, sì?
Antonio annuì, il dito ancora
sulle labbra.
Spagna
sorrideva e lo baciava sulla guancia e rideva quando quella statua di marmo
arrossiva e si portava una mano al viso e lo fulminava con lo sguardo.
- Sai,
con quell’espressione sembri quasi umano. - diceva ridendo.
- Quindi
noi- si fermò, togliendo il dito dal
volto di Spagna – dovremmo
- Fare l’amore,
sì. – completò lui, ormai contagiato dal
morbo del “sì”.
Austria
camminava al suo fianco, Veneziano stretto fra le braccia. La manina di Romano
tirava il vestito del fratellino, come a volersi assicurare la vicinanza di
questi. Spagna sorrise, prendendo la mano libera del piccolo Sud Italia e
allungandosi per baciare Austria sulla guancia.
- Che
cos’era quello fratellone Spagna?- domandò la vocina cinguettante di Veneziano.
Spagna
sorrise e Austria arrossì – Quello, Veneziano- disse sfiorandogli una guancia
con il dorso della mano – si chiama “amore”.
- Non è
sesso?- domandò l’austriaco, che a quanto
pare non aveva compreso nel suo vocabolario quel significato di “amore”.
- Dopo
potrai dirmi se questo è amore- sussurrò
chinandosi su di lui nell’oscurità – o sesso.
Gli mise
la fede in mano. La premette con il palmo candido contro il suo, stringendo il
metallo caldo tra le loro mani.
-
Allora, questa sarebbe un “addio”?- domandò Austria senza lasciare la sua mano.
- Sì.-
Spagna guardò la mano tremante dell’altro e tirò su con il naso, sorridendo –
Credo che non esista definizione migliore di “addio”.
Strinse
la fede nella mano. Lo guardò e sorrise prima di voltarsi.
- Amore.-
sussurrò l’austriaco. Spagna si voltò e fu sicuro di vedere una lacrima
luccicare all’angolo del suo occhio destro – Quella sera si chiamava “amore”.
A.Corner___
Dedicata
in un modo contorto a Frances, donna che non conosco e che per quanto ne so può
essere un opossum marziano verde a pois rosa (se lo sei: ti adotto subito ♥),
ma senza le cui fiction non avrei scritto questa.
Ergo,
questa donna scrive così magistralmente che mi ha fatto venire voglia ci
cimentarmi anche io in una Spaustria (SpagnAustria?Spustria?Spastria?). Questa
è caccosa, ma farò di meglio. Intanto ci studio su.
E voglio
scrivere quella dannata raccolta Spagna/Olanda ç.ç
Suggeritemi
un titolo per una raccolta Spagna/Olanda!
(ah,
devo rispondere ai commenti della storia precedente. Lo farò, lo farò. Nel caso
non lo faccia: picchiatemi. In ogni caso, se Nihal the revenge passasse di qua
sappia che è autorizzata a chiedermi qualunque cosa. Anche un rene. Quelli li
svendo =ç=/)
Ah, se
non capite la storia non fa nulla. Davvero, credetemi, neanche io la capisco
più di tanto. Più che una storia è un pezzo d’arredo per il sito. Sedeteci sopra
ed aspettate che sforni qualcosa di meglio.