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Autore: Esteliel    23/11/2010    0 recensioni
L'illusione della giustizia può essere un'arma a doppio taglio, che anche dopo molti anni torna a perseguitare i sogni di chi, di proposito, ha deciso di voltarle le spalle. Ed è quando l'illusione viene allo scoperto che si presenta anche un atroce dubbio: la giustizia da che parte stava davvero?
Genere: Azione, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La movimentata vita notturna di Soho aveva prestato poca attenzione all’arrivo di un anonimo furgoncino bianco, il cui unico segno di riconoscimento era il simbolo stilizzato di una chiave inglese, sormontato dal nome della ditta Tools & Co. Intorno alle quattro del mattino le strade non erano trafficate, poiché tutti i visitatori erano rinchiusi nei locali di dubbia fama che affollavano il quartiere. Il furgoncino percorse lentamente la strada fino ad un vicolo laterale, una minuscola traversa di Shatesbury Avenue, fino a fermarsi dinanzi all’entrata secondaria di una piccola pensione. Nonostante fosse solo una porta di servizio, i due uomini scesi dal furgone si imbatterono in un paio di donne che lasciavano l’edificio. Il loro abbigliamento succinto attirò l’attenzione di uno di loro, che si distrasse a guardarle finché non lo raggiunse un colpo secco sulla scapola destra. Il giovane sussultò e strinse i denti, voltandosi verso colui che l’aveva colpito e indietreggiando in tutta fretta. La vista ravvicinata del volto dell’altro non era un bello spettacolo. Il labbro inferiore della sua bocca era ripiegato verso l’interno da un taglio ormai cicatrizzato, che dava l’impressione di una smorfia perenne. Il volto incavato spiccava maggiormente a causa della testa rasata e non ispirava la minima simpatia. Al quadro si aggiungeva l’inquietante fissità dell’occhio sinistro, che aveva finito per uniformarsi al destro, rimpiazzato da anni da un sostituto vitreo.
«Fottuta miseria!» imprecò il giovane, chiudendosi meglio la giacca logora che copriva la tenuta della prigione di Hammersmith. «Stammi lontano, non voglio vedere quella tua faccia da vicino.»
L’altro continuò a fissarlo per qualche istante, piegando ulteriormente la linea delle labbra, in una specie di sorriso contorto che lo rese ancora più inguardabile.
«Asciugati la bava, Rudge» gli ingiunse con voce raschiante, senza la minima traccia di divertimento. «E vieni ad aiutarmi.»
Per tutta risposta, Rudge assunse un cipiglio offeso, inclinò la testa di lato e si ravviò all’indietro i capelli neri, che gli si rizzavano sulla testa come spine cresciute incolte in un campo abbandonato.
«Fottiti, Powell» rimbrottò, infilandosi le mani in tasca con aria strafottente. «Da quando sei il vice capo?»
Powell gli indirizzò un’ occhiata in tralice, ma non ebbe il tempo di replicare. Una voce autoritaria e seccata, proveniente dall’interno del furgone, si insinuò nel discorso.
«Rudge, datti una mossa.» Le parole rimbombavano nel silenzio del vicolo. «Metterò radici qui dentro.»
Rudge tolse istantaneamente le mani dalle tasche, precipitandosi verso il furgoncino per arrampicarsi all’interno. Powell lo seguì con indifferenza, bloccandosi accanto alle portiere spalancate, gli occhi puntati all’interno. Gli sbuffi e le recriminazioni di Rudge si persero nel comparto posteriore del veicolo. Dopo pochi istanti, piegato sotto il peso di un altro uomo, il giovane raggiunge il bordo del furgone e lanciò un’occhiata spazientita a Powell, che se ne stava stoicamente in attesa.
«Che cazzo aspetti? Di vedermi schiattare?» borbottò tra i denti, a corto di fiato, tentando di assestare meglio il braccio sotto la spalla dell’altro. «Capo, la prigione non ti ha fiaccato per niente.» Ramsfield voltò il capo verso di lui, sul suo volto contratto dallo sforzo si aprì un sorrisetto sghembo. Sulla sua testa si intravedevano strisce di capelli castani, più folti dove la chioma aveva iniziato a ricrescere, dopo l’ultima rasatura fatta in carcere. L’espressione divertita, però, non si estese ai suoi occhi verdi, che si inclinarono verso il basso, fissandosi su Rudge.
«Powell, dagli una mano o finirò per schiacciarlo, povero ragazzo.» Il palese sarcasmo delle sue parole si concretizzò in un sonora pacca sulla schiena già provata di Rudge.
Imperturbabile, Powell si fece avanti, appoggiò un piede all’interno del furgone e prese Ramsfield da sotto l’altro braccio. In due riuscirono a sollevarlo e a depositarlo a terra con una certa attenzione. Lo sforzo, però, costò uno strappo muscolare a Rudge, che colse l’occasione per lamentarsi del fatto che Powell lo avesse sbilanciato di proposito.
«Sei irritante» fu la secca risposta di Powell, che non sembrava intenzionato a raccogliere le sue provocazioni.
Rudge spalancò la bocca in tutta la sua ampiezza e corrugò la fronte.
«Sarei io quello irritante?»
Powell non aspettò neanche che finisse la domanda. Gli voltò le spalle, incamminandosi al lato del furgone, verso il sedile del conducente. Rudge non parve gradire la sua reazione.
«Dove credi di… Sto dicendo a te, figlio di puttana!»
Ramsfield li ignorò. Una delle portiere aperte del furgoncino sfiorava la parete di mattoni scuri e crepati che chiudeva il vicolo. Addossandosi ad essa, zoppicò per tutta la sua lunghezza e si aggrappò alla maniglia esterna con la mano sinistra. Rivolgendo le spalle agli altri due, inclinò la schiena in avanti in direzione del muro, ansimando con evidente sforzo. La mano che stringeva la maniglia era talmente salda che il pallore delle nocche si stagliava nettamente contro la carnagione arrossata delle palme. La gamba sinistra era saldamente piantata a terra, il ginocchio piegato un po’ per lo sforzo di reggere tutto il corpo. L’altra gamba era tenuta inclinata in avanti, completamente rigida. Ramsfield sollevò il volto stanco e fissò di sottecchi il muro poco lontano. Nonostante la sua resistenza minacciasse di cedere, gonfiò il petto in un profondo respiro, pronto ad avventurarsi verso la porticina della pensione, distante appena pochi metri. Era evidente che trascinare il peso non indifferente del proprio corpo doveva costargli parecchio. La gamba paralizzata si mosse quasi al rallentatore, aiutata dal braccio libero dell’uomo. L’altra mano si era già staccata dalla maniglia del furgoncino, quando si udì uno scalpiccio di passi affrettati alle sue spalle.
«Ho trovato questo» spiegò affannosamente un quarto uomo, accostandosi a Ramsfield. In mano reggeva un robusto bastone da passeggio, dalla superficie laccata di nero. «Dovrai piegarti un po’, ma almeno è resistente. Nella stanza c’è…»
«Andrà benissimo, Townsend» lo interruppe Ramsfield, afferrando subito il bastone con la mano che non aveva più l’appoggio della maniglia.
La sua schiena dovette piegarsi di parecchi centimetri, strappandogli un verso infastidito. Tuttavia, quel piccolo dolore valeva il supporto. Quando la punta sbozzata del bastone toccò terra, scaricandovi tutto il peso del corpo, l’uomo poté tornare a respirare normalmente.
Townsend continuò a fissarlo con apprensione. Ora che l’altro si era piegato, arrivava persino a superarlo d’altezza. Passò da un piede all’altro, puntandosi un dito contro la stanghetta degli occhiali per aggiustarli sul setto nasale.
«Copro il furgone con una cerata…»
I suoi occhi chiari tornarono quasi subito su Ramsfield, in attesa del suo consenso. L’altro teneva il viso rivolto a terra, gli occhi si spostavano sul selciato della strada come se scorressero su una fila di pensieri. Townsend restò in attesa, concentrato. Dal modo in cui lo fissava, era chiaro che non si sarebbe mosso di un centimetro senza un permesso.
Finalmente Ramsfield annuì, sollevando lo sguardo su di lui. Le lenti sporche di Townsend trassero il riflesso del suo capo che si voltava a metà in direzione degli altri due. Nonostante la sua attenzione si fosse fissata sul volto contratto di Powell, era evidente che la sua mente si trovava altrove.
«Sapevo di potermi fidare» mormorò, mentre il suo sguardo vagava dal furgone alle sue spalle agli uomini lì presenti con lui.
La sua voce aveva assunto un timbro roco, che la rese cupa come il brontolio di un lupo. Ma Townsend non dovette ricevere la stessa impressione, poiché si permise un sorriso soddisfatto.
«Ho solo seguito il piano» replicò, senza riuscire a togliersi quell’espressione trionfante dalla faccia, parzialmente nascosta da una massa di capelli d’un biondo pallido.
«Alla prossima servirà un cambio di turno.» Ramsfield inclinò lo sguardo verso di lui. «Te la senti?»
Il sorriso di Townsend si incrinò, ma l’uomo si affrettò ad annuire vigorosamente, facendo scivolare ancora di più i capelli a coprire il viso dalla mascella debole.
«Mi sembra giusto.»
Ramsfield si raddrizzò un po’ e usò la mano libera per assestargli al centro della schiena una pacca, che fece spostare l’altro di un paio di centimetri in avanti.
Le luci dei lampioni in strada stavano sbiadendo a mano a mano che il chiarore del nuovo giorno si insinuava tra le sacche di buio della notte morente. I rumori provenienti dai locali si erano ormai affievoliti, riducendosi alle sparute grida di qualche ubriaco che era stato buttato fuori all’orario di chiusura. Ramsfield scrutò le ombre che si disperdevano alla fine del vicolo, pensieroso.
«Fai sistemare da Rudge il furgone» ingiunse finalmente in un mormorio affaticato.
Puntellandosi al bastone, si diresse senza esitazione alla porticina laterale della pensione. Procedeva con scatti rapidi e bruschi, alternando in fretta la gamba funzionante all’appoggio di fortuna del bastone. Townsend restò a fissare la sua schiena per qualche istante, prima di sospirare e voltarsi verso gli altri due, riluttante ad interrompere la loro discussione. Si stava già avviando a passo lento verso di loro, quando Ramsfield gli venne in aiuto.
«Powell» chiamò, continuando a percorrere imperterrito la distanza che lo separava dalla pensione.
Dover dividere il fiato di cui disponeva tra lo sforzo di muovere la gamba paralizzata e quello di parlare gli aveva arrochito la voce. Ma quel richiamo bastò a sedare il litigio. Rudge si zittì, sul suo volto si dipinse un silenzioso sorriso d’esultanza. Powell si prese solo il tempo necessario a scoccargli un’occhiata d’avvertimento, prima di voltargli le spalle con indifferenza.
Raggiunse Ramsfield nel momento in cui questi scaricava il peso sul bastone, per potersi sporgere in avanti a spingere la porticina secondaria. Powell rimase in attesa appena dietro di lui, lasciandogli lo spazio necessario per permettergli di muoversi. Fissò l’occhio buono sul volto incupito di Ramsfield, ma non accennò ad aiutarlo. Sapeva bene che detestava interventi del genere.
Dopo un piccolo sforzo, le dita di Ramsfield toccarono la porta semichiusa, riuscendo a spalancarla con una pressione un po’ più forte. Rinsaldò la presa sul bastone con un grugnito e percorse qualche metro con una serie di falcate instancabili, prima di essere costretto ad appoggiarsi alla parete dello stretto corridoio per riposare. Powell era scivolato silenziosamente dietro di lui.
Nel silenzio, i due poterono udire le proteste di Rudge, che aveva finito col prendersela anche con Townsend. Le ignorarono senza alcun commento, come se per un tacito accordo avessero prestabilito di tenerle in poco conto.
«La stanza è al secondo piano?» domandò Ramsfield.
Teneva la spalla sinistra appoggiata alla parete, lo sguardo fisso sul corridoio che si dispiegava davanti a lui. Sentì un fruscio alle sue spalle, segno che l’altro aveva cercato e poi tratto qualcosa dalla tasca.
«Numero 22, secondo piano» confermò Powell, rigirandosi tra le lunghe dita il cartellino appeso accanto alla chiave della stanza.
Conscio di non poter essere visto, Ramsfield sollevò gli occhi al cielo. Emise un respiro mozzato, ma non accennò ancora a volersi allontanare dalla parete. Girò la testa verso destra con una piccola torsione del collo.
«Era già funzionante, vero?»
«Avevo già controllato l’innesco» replicò Powell, laconico. «La miscela era pronta, anche se non credo che quella dose di nitrato sia…»
«Sai che non capisco niente di questa roba.» Il collo di Ramsfield si torse ancora un po’ il collo per riuscire ad intercettare lo sguardo dell’altro.
Powell lo fissò per qualche istante senza battere ciglio, nell’occhio di vetro baluginava il riflesso della lampadina elettrica che illuminava l’angusto corridoio.
«È funzionante.»
«Il materiale che ti ha procurato Townsend andrà bene per costruire quello che manca?»
«Meglio di niente» concesse Powell con aria di sufficienza.
«Allora, muoviamoci.»
Senza aspettare di udire il suo verso di approvazione, Ramsfield si staccò dal muro con una spinta decisa.
  
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