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Autore: Alexys_Tenshi    24/11/2010    4 recensioni
[Quarta classificata al contest Progetto Cinema - Prima edizione indetto da Erea-chan sul forum di EFP]
Il teatro è vuoto. Le poltrone sono ricoperte da un alto strato di polvere. Sei solo su quel palcoscenico. C’è solo una chiara luce a illuminare la tua figura, che ora si trova in piedi in quel luogo solitario.
Dov’è tutta la tua compagnia, Cappellaio?
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Cappellaio Matto, Gatto del Cheshire
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Autore: Killuale 94
Titolo: The show must go on
Fandom: Alice in Wonderland.

Personaggi: Cappellaio Matto – Altri personaggi.
Pairing: 
accenni Cappellaio/Alice
Genere: Triste
Raiting: Verde
Avvertimenti: AU
Tipologia: One Shot
Movie scelto: Alice in Wonderland
Obblighi correlati: Citazione: The show must go on [omonima canzone - -Freddy Mercury] Avvertimento: AU
Introduzione: Il teatro è vuoto. Le poltrone sono ricoperte da un alto strato di polvere. Sei solo su quel palcoscenico. C’è solo una chiara luce a illuminare la tua figura, che ora si trova in piedi in quel luogo solitario.

Dov’è tutta la tua compagnia, Cappellaio?
Note dell’autore: Nella fanfiction Tarrant/Cappellaio fa parte di un’importante compagnia teatrale. Tutti i personaggi sono in forma umana.


A Erea-chan, perché un quarto posto non me l'aspettavo!

 
The show must go on.

 

Il teatro è vuoto. Le poltrone sono ricoperte da un alto strato di polvere. Sei solo su quel palcoscenico. C’è solo una chiara luce a illuminare la tua figura, che ora si trova in piedi, in quel luogo solitario, da troppo tempo.

Dov’è tutta la tua compagnia, Tarrant?

Giri lentamente la testa a destra e a sinistra. Non vedi nessuno, eppure quella voce l’hai sentita chiaramente.

Decidi di rispondere, visto che hai capito benissimo chi è che sta parlando.

<< La mia compagnia? Se ne sono andati tutti… Dovresti saperlo. >>

Una risata riempie l’aria del teatro. Lui sta ridendo della tua situazione.

E dove sono andati?

Ci pensi un po’ su.

Lo scricchiolio di una poltrona in prima fila ti fa sobbalzare. La fissi, mentre un ghigno spunta dal nulla. Subito dopo appaiono due occhi vispi, che ti guardano attentamente.

<< Vuoi sapere dove sono andati? Lontano da me. >>

Rispondi con un tono rilassato.

Vi guardate attentamente, per un tempo che a te sembra non terminare mai. Poi, all’improvviso, il suo corpo appare intero, ai tuoi occhi.

E dimmi Tarrant…

Fa una breve pausa. Forse, per farti capire la prossima domanda che ti sarà posta? Oppure perché l’hai già capita, e vuole lasciarti il tempo necessario per pensare meglio alla risposta che dovrai dare?

…Perché ti hanno lasciato?

Sogghigna mentre lo dice. E te lo mostra perfettamente, mentre tu lo fissi con troppa calma e te ne stai zitto.

Non rispondi?

Scompare.

Come mai non dici una parola?  E perché sei così calmo, e ti tieni tutto dentro?

Non muovi un muscolo. Fai roteare solo i tuoi occhi, verdissimi, per tutto il tuo campo visivo. Eppure sai benissimo che non puoi vederlo.

Sai, dovresti parlare con qualcuno. Ti farebbe bene.

Chiudi gli occhi. Non hai voglia di ascoltarlo. Di ascoltare le sue domande retoriche – perché è questo che sono, alla fine – di sapere che gode nel vederti ridotto in quello stato sia fisico, sia mentale. Mentre cerchi di sfuggire alla cruda realtà.

Allora? Perché se ne sono andati?

Ricompare di fronte a te, magicamente. Ti sta guardando ancora negli occhi, che hai appena aperto di scatto.

<< Perché… >>

Ti costa molto dirlo. Dire che se ne sono andati tutti per causa tua. E per questa causa tutto si è spento. Tutto il tuo scintillante e luminoso mondo è andato a pezzi. E ora ti ritrovi da solo nel tuo rifugio segreto, che è lo stesso posto dove tutto è iniziato. Dove hai conosciuto tutti. Dove eri acclamato e lodato.

<< Perché io… >>

Senti la curva delle sue labbra espandersi e il suo viso avvicinarsi. I suoi baffi vibrare per l’emozione. È davvero una tortura.

<< …io sono… >>

<< Matto! >>

La sua leggiadra voce risuona per tutto il teatro.

Con lei, ci sono tutti gli altri che annuiscono all’unisono.

Tu li guardi senza capire.

<< Pensate che io sia un matto? >>

Chiedi a bassa voce e a testa china.

<< Il più matto dei matti! >>

A parlare è stato un vecchietto con un panciotto, e un orologio da taschino che stringeva tra le sue piccole mani nivee.

Alzi di scatto la testa e li osservi intensamente.

Il tuo sguardo si posa per più tempo sulla sua figura.

Alice.

 La tua preferita. La più brava. La più bella.

Ti guarda con uno sguardo pieno di compassione.

<< Mi spiace Tarrant. Noi andiamo via da qui. >>

Una fragorosa risata. La tua.

Ridi a crepapelle. Ti pieghi in due e cadi a terra, continuando a ridere.

Il tono aumenta. Le lacrime iniziano a scendere per il tuo viso, togliendo un po’ di cerone.

Tutti ti stanno guardando. Tutti si voltano verso l’uscita e se ne vanno.

Per sempre.

<< …Matto! >>

Lo sussurri mentre ti risvegli da quel ricordo, di quel giorno di tanto tempo fa.

Quando hai riacquistato di nuovo tutti i sensi, ti accorgi che lui è arrivato a pochi centimetri da te. Avvicina il suo volto al tuo orecchio sinistro e inizia a sussurrarti quella frase che amavi tanto.

Lo spettacolo deve andare avanti.

Poi scompare. Per sempre (?).

 

Intanto tu sei ancora immobile. Resti così per un’altra ora. Poi noti, sul palco, una sedia e un tavolino. Ti siedi con eleganza e ti avvicini di più con la sedia al tavolino. Su di esso c’è un servizio buono da the. Uno di quei servizi di porcellana decorata in oro. Riempi la tazzina di quel liquido caldo. La porti alle tue labbra e sorseggi lentamente.

Senti il liquido che entra e scende giù nel tuo corpo. Un tepore rassicurante t’invade, e ti sembra che tutti siamo tornati lì con te a bere il the. Sorridi e ritorni a recitare un monologo, uno di quelli che apparivano quasi alla fine dello spettacolo.

<< Mi piace molto il the. Lo prendo sempre con due zollette di zucchero. >>

Lo spettacolo continuerà solo con te. Sarai l’unico a recitare per l’ultima scena. Quella in cui tutti non ci sono più. Nessuno escluso.

Incominci a ridere. Una risata che man mano aumenta d’intensità. Infine, scagli la tazzina vuota a terra.

Ti alzi dalla sedia e incominci a raccogliere i pezzi. Sfortunatamente, quei pezzi sono molto affilati e lasciano tagli profondi sulla tua pelle. Tagli che fanno male, che bruciano, che lasciano segni permanenti.

Ora cadi a terra in una pozza di sangue rosso scuro. Il sipario si chiude lentamente.

 

Ti guarda dall’alto. Osserva quegli istanti in cui ti distruggi.

Era davvero un Matto. Proprio come il personaggio che interpretava. Il Cappellaio Matto.

Se ne va via, in una nuvola vaporosa.

Lui. Lo Stregatto.


Killuale94

The show must go on


Dunque, cosa dire?

Prima di tutto, nella storia non ho trovato alcun genere di errore grammaticale. L'unica parola che OO mi sottolinea è the, che andrebbe scritta così: tè. Ma dato che, googleando, non ho trovato nulla di specifico non l'ho considerata come errore.

Per quanto riguarda invece il lessico e la sintassi... beh, la costruzione delle frasi è perfetta, e il lessico è buono ma non eccessivamente ricercato.

Ti ho penalizzata un po' nella consequenzialità, per un semplice motivo: Tarrant fnisce per essere un matto esattamente come il personaggio che interpretava, ma non viene granché spiegato come o perché gli altri colleghi lo abbandonano. Oh, si, capisco che sia pazzo, ma perché l'hanno considerato tale?

Anche il fatto che ascolti voci... fantastiche -come quella dello Stregatto- quando invece è solo è un segno di follia, ma nel testo non vi è neppure un riferimento ad altri episodi che abbiano portato i colleghi di Tarrant a catalogarlo come tale. La storia ci viene presentata col senno di poi, ma se ci fosse stato qualche piccolo flashback in più sarebbe stato più... completo.
Un'altra piccola cosa che per me non va molto bene è "il lago di sangue" che il Cappellaio si provoca tagliandosi le mani con i cocci di porcellana. Hum, sai che proprio non mi figuro la scena? Forse perché nelle mani non c'è nessuna arteria fondamentale -parlo di mano e non polso, attenzione- e sinceramente non credo che dei tagli non intenzionali possano essere tanto profondi da uccidere...
Impressione mia.

Per gli obblighi... sono stati pienamente rispettati. L'AU ovviamente è ben presente, ma mi è piaciuto ancora di più come hai usato la citazione, quasi per contrappasso. Il Cappellaio si dice che lo spettacolo deve andare avanti, ma alla fine la sua follia lo sovrasta e lo uccide. Mi piace questo giochetto di significato... quasi come se volesse dire "the show must go on... or not?". Bravissima.


Per lo stile, è molto pulito, semplice e lineare, nonché una formattazione molto ordinata, devo dire. Ottimo!

Tarrant e lo Stregatto sono irrimediabilmente loro. Tarrant folle, come il Cappellaio che interpreta, ma con una vena d malinconia che lo contraddistingueva anche nel film... ma è stato lo Stregatto a colpirmi di più.
E' DAVVERO lo Stregatto di Burton... non agisce, lui mette le pulci nelle orecchie, e poi si mette ad osservare le conseguenze delle sue parole. Non colpisce e non uccide... la sua arma è la lingua! Ed è tanto egoista da non aiutare il Cappellaio, ma solo osservarlo. Lo lascia al suo destino...
Assolutamente Stregatto!

Per quanto riguarda l'originalità hai avuto un punteggio a metà perché la vicenda in sé e per sé non spicca particolarmente, e soprattutto il fatto che tu abbia calato Tarrant in un constesto così simile a quello di partenza -ovvero, rimane il Cappellaio Matto anche se sotto le forme di attore di teatro- non mi ha permesso di dare allavicenda un punteggio molto alto.
Ma è molto bello il modo in cui hai saputo giostrare lo stregatto, e questo ha fatto alzare la media.

Complimenti!


Grammatica e morfologia 10/10
Lessico e sintassi 9/10
Consequenzialità Logico e spazio-temporale 7/10
Aderenza agli obblighi imposti 10/10

Stile 4/5
Caratterizzazione dei personaggi 5/5
Originalità 3/5
Giudizio personale 5/5

Totale: 53/60

 

   
 
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