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Autore: Akrois    28/11/2010    3 recensioni
Ivan si volta e sorride. – Alle volte sogno la mia famiglia- dice pizzicando le corde del violino – sogno le mie sorelle, sai. Sogno la mia casa. Sogno di poter mangiare assieme a loro i dolci che ci piacciono tanto. Sogno il loro calore.
Ivan guarda il cielo e tira fuori della tasca il biscotto, rigirandoselo tra le dita – Però è un sogno. E quando mi sveglio devo buttare giù il boccone amaro- da un colpetto alla bottiglia vuota che dondola pericolosamente – e questo mi da calore.
Feliciano poggia il capo sulle ginocchia e lo guarda – Ma il calore è illusorio.
- Esatto. È una fiamma di un momento e poi torna subito il freddo. Ma ormai non me ne accorgo più.
[Una sorta di spin-off natalizia di "Una valigia di cartone" in largo anticipo]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nord Italia/Feliciano Vargas, Russia/Ivan Braginski
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Biscotti.

 

Autore: Akrois.

Titolo della fic: Biscotti.

Personaggi principali : N.Italia (Feliciano Vargas), Russia (Ivan Braginsky).

Genere: Introspettivo, malinconico.

Avvertimenti: AU, probabile OOC.

Raiting: Giallo.

Introduzione: consideratela una sorta di spin-off natalizia su “una valigia di cartone”. Ah, quando Ivan dice “prjaniki” non è una parola strana, ma solo il nome dei biscotti che in Russia vengono cucinati durante il Sočel’nik, l’ultimo giorno del digiuno natalizio (6 Gennaio) che precede la festa vera e propria.

Fate un giro su Google, è una cosa piuttosto interessante (♥).

(Ah, qualunque cosa pensiate a fine storia. La risposta è: mi conoscete –e se non mi conoscete: eretici!Leggete tutte le mie storie e capitene l’andazzo!è_é- . Pensate davvero che io scriva una storia che finisce bene?)

 

Ah, ogni tanto i tempi verbali sfasano. Ma io non sono brava a trovare i punti in cui sfasano. Fatemi un fischio se li trovate ç.ç

E giuro che prenderò in mano tutta la mia buona volontà e risponderò alle recensioni!

No, lo sapete che non lo farò mai. Sono troppo pigra. Insomma, avete davanti una che ci ha messo una settimana per mettere delle foto in una chiavetta USB!

Comunque, sappiate che mi sono spaventata. Non sono più abituata a ricevere tutte quelle recensioni. Insomma, cinque tutte in un botto (O_O/) lì per lì ho pensato “no, dai, è un pirla che ha inviato cinque volte la stessa recensione”. E invece no.

Comunque, anche se ancora non vi ho ringraziate una per una, beccatevi sto riassuntivo generale: scriverò la Prussia/Romano anche se ammetto che questa è una di quelle coppie che non mi sono mai planate nel cervello, ma qualcosa m’inventerò. Fight, Akrois!XD

Ho sempre sognato una scrivania in mogano. La mia scrivania è un pannello di compensato 1X0,50 m incastrato in un coso comprato all’IKEA circa Y anni fa.

Credo di aver ricevuto una delle recensioni che mi hanno fatto più piacere da quando scrivo. Davvero, non importa l’orario o quanto casino hai fatto o le parole a vanvera. Quella recensione mi ha reso profondamente felice e… non saprei. Felice. Tanto.

Però sapere che non sei un opossum verde a pois rosa mi ha traumatizzato. Hai distrutto i miei sogni! (*fugge piangendo*).

 

 

Insomma, questi sono i passaggi salienti.

A presto con le risposte (coro di: seeeeehh…)

 

 

 

 

Biscotti.

 

 

Quando si avvicina il Natale tutto sembra migliore. I bambini stringono le mani ai genitori, un sorriso enorme sul viso arrossato dal freddo, mentre camminano nei grandi viali circondati da vetrine luccicanti e piccoli gruppi di persone che cantano le carole.

Anche lui cammina per quei grandi vialoni, solo che le mani se le tiene tasca e i cantanti non gli si avvicinavano per chiedere una moneta e un minuto d’attenzione. Vorrebbe almeno la soddisfazione di poter porgere loro dei soldi e chiedergli se anche i soldi puzzavano così tanto da allontanarli. Ma una maligna soddisfazione non vale la sua paga, quindi tira dritto.

Costeggia una via ritrovandosi subito immerso nell’odore caldo e forte del pane appena sfornato.

Un uomo è seduto accanto alla vetrina della panetteria, avvolto in un cappotto beige sbrindellato sui polsi e gli orli e macchiato un po’ ovunque. Tiene in una mano una custodia per un violino e nell’altra una bottiglia semivuota di una di quegli alcolici scadenti identificati solo dalla scritta nera “vodka” sull’etichetta gialla.

L’uomo si gratta il viso distrattamente, graffiando la pelle sottile e rovinata dal freddo con le unghie spezzate. Feliciano sorride guardandolo e gli si avvicina – Ciao Ivan!- esclama in italiano.

Per Ivan non fa’ differenza se gli parla in inglese o italiano, giacché non capisce nessuno dei due. Ma quando lo sente parlare italiano sorrideva con dolcezza, come se stesse ascoltando una canzone a cui è affezionato.

Lo vede voltarsi lentamente e guardarlo con quegli occhi viola (un signore una volta aveva detto che erano sicuramente una malattia, ma a Ivan sembrava non importare molto) vacui e persi nel mondo magico e caldo dell’alcool, mentre un sorriso tremulo compare sulle labbra screpolate – Privet- sussurra l’uomo con voce roca, alzando una mano coperta di pezzi di lana tenuti assieme con lo spago e bende sudice – Feliciano.

Feliciano si siede accanto a lui, soffiandosi sulle dita. Ivan continua a sorridere guardandolo senza dire nulla.

- Fa caldino qui, eh?- domanda Feliciano affondando le mani nelle tasche – Non è proprio caldo, ma neanche freddo- si ferma e sorride allegro – è caldino!

Ivan annuisce come se avesse capito il discorso. Feliciano spesso pensa a quante parole ci siano nella testa di Ivan, aggrappate ad appigli più o meno stabili in quel mare di alcool scadente.

Potevano essere lamentele, poesie, vecchie canzoni, sogni, speranze. Potevano essere qualunque cosa, oppure potevano non essere nulla e stare lì a galleggiare pigramente, come il sorriso di Ivan che compariva lentamente quando qualcuno gli tirava una moneta vicino ai piedi.

Ivan non si buttava sulla moneta. La guardava a lungo con quel sorriso placido da ubriaco sul viso e poi allungava lentamente la mano per prenderla.

Se la portava al viso e la fissava come fosse una cosa misteriosa e nuova. La faceva poi cadere in tasca e tornava a fissare il nulla davanti a se.

Feliciano esce dai suoi pensieri quando Ivan gli tira la manica indicando la vetrina del panettiere. Il dito puntava un paio di biscotti piuttosto lievitati, coperti di glassa bianca e decorati con arabeschi di cioccolata.

Ivan ha un sorriso diverso, persino allegro e gli occhi malinconici. Dice qualcosa a bassa voce, probabilmente qualcosa rivolto a lui. Feliciano guarda a lungo quei biscotti, rigirandosi nelle tasche i tre dollari che costituivano la sua paga.

Un sorriso gli compare sul volto – Biscotti caldi! O anche pane, ma no, i biscotti sono meglio! In fondo è praticamente Natale no? Cosa c’è di meglio di un dolce?

Ivan sorrise interrogativo – Aspettami qui!- Feliciano si butta nella panetteria.

 

 

Il panettiere lo guarda male. C’è abituato, ma fa male, in un certo senso. Tira fuori i soldi e li poggia sul bancone. Gli viene da pensare che suo fratello avrebbe fortemente disapprovato quell’atto.

“Neanche la fame nera t’ha cambiato, eh ‘Ciano?” avrebbe detto alla fine della sfuriata in cui avrebbe ripetuto almeno otto volte “minchia” e almeno dodici “idiota” e si sarebbe arrabbiato perché sprecava i soldi per comprare biscotti.

Esce dal negozio stringendosi al petto il pacchetto profumato dei due biscotti. Due biscotti di numero, perché i soldi non sarebbero bastati per l’affitto se ne avesse presi di più.

Ivan lo guarda con quei suoi occhi grandi e rotondi che richiamarono alla sua mente un cucciolo incuriosito. Chissà se scodinzola.

Sorride sedendosi accanto a lui – Guarda Ivan, ho comprato i biscotti, quelli che piacevano a te! Sono solo due, ma basteranno, no?- estrae i due biscotti dalla carta, porgendone uno a Ivan.

Lo vede sollevare il biscotto con calma e portarselo davanti agli occhi in silenzio, osservandolo con tutta la calma e la tranquillità di questo mondo.

Sul viso gli si dipinge un sorriso tremulo, mentre si volta verso Feliciano e sussurra a bassa voce – Prjaniki.

Feliciano non capisce ma sorride a sua volta ed annuisce. Ivan fa sparire il biscotto in tasca e apre la custodia del violino, tirando fuori il vecchio strumento rovinato.

Pizzica le corde con aria concentrata e poggia lo strumento sulla spalla.

Feliciano lo guarda ammirato e quando la musica si libra nell’aria la gente si ferma e li guarda in silenzio, le mani affondate nelle tasche e i cappelli calati sui visi.

Una donna si copre il viso con le mani e lascia una moneta accanto agli stivali rotti di Ivan, fuggendo via in silenzio.

Feliciano si tira le ginocchia verso il petto e chiude gli occhi senza bloccare una lacrima silenziosa.

La musica di Ivan era tremendamente crudele. Toccava il cuore e faceva tornare alla mente i ricordi felici, però quelli tanto felici, quelli che sai non potranno mai tornare.

 

 

 

Feliciano si alza quando i primi fiocchi di neve iniziano a cadere – Allora ci vediamo domani, eh Ivan?

L’uomo sistema il violino e si mette le monete in tasca. Sorride e lo saluta con la mano.

Feliciano cammina silenzioso, il biscotto che si sbriciola lentamente fra le dita strette a pugno nella tasca.

Si ferma davanti a duna vetrina. Una luce illumina penne eleganti e carte da lettere con i bordi laccati d’oro.

Resta in silenzio a fissare quella vetrina. Avrebbe proprio voglia di scrivere a suo fratello.

 

 

 

L’aria è piena dell’odore del pane e dei dolci. Il panettiere sistema in vetrina un nuovo vassoio di biscotti. Sono a forma di stella.

Feliciano guarda a terra. C’è Ivan, avvolto nella giacca foderata di giornali ingialliti. Nella sua immobilità Feliciano sembra una statua di ghiaccio in mezzo alla gente che gli sciama attorno.

Affonda le mani in tasca e deglutisce – Buonasera, Ivan.- sussurra sedendosi a terra – Hai passato una buona nottata?

Ivan si volta e sorride. – Alle volte sogno la mia famiglia- dice pizzicando le corde del violino – sogno le mie sorelle, sai. Sogno la mia casa. Sogno di poter mangiare assieme a loro i dolci che ci piacciono tanto. Sogno il loro calore.

Ivan guarda il cielo e tira fuori della tasca il biscotto, rigirandoselo tra le dita – Però è un sogno. E quando mi sveglio devo buttare giù il boccone amaro- da un colpetto alla bottiglia vuota che dondola pericolosamente – e questo mi da calore.

Feliciano poggia il capo sulle ginocchia e lo guarda – Ma il calore è illusorio.

- Esatto. È una fiamma di un momento e poi torna subito il freddo. Ma ormai non me ne accorgo più.

Feliciano stringe le ginocchia fra le braccia e sospira – Credo che ci sia un posto davvero migliore. Qualcosa come un posto dove c’è sempre il sole e i fiori e tutte le persone che amiamo e il buon cibo e tante cose belle.

- Mi basta che ci siano le mie sorelle- dice Ivan poggiandosi il violino sulla spalla, cercando la nota giusta con l’archetto – e i girasoli.

- Ti piacciono i girasoli?

- I girasoli hanno il profumo del sole.- afferma Ivan sorridendo. Ha le guancie arrossate e gli occhi brillanti e sembra un bambino – Qui in America non ho mai visto il sole, sai? Pensavo che qui ne avrei sentito il profumo.

- Magari in California, Ivan.- Feliciano sorride – Quando avrò i soldi ti porterò in California, Ivan. Andremo assieme in California. Ti va’?

- Sarebbe magnifico.- Ivan sorride a sua volta. A Feliciano è sempre piaciuto quel suo sorriso, tremulo e vagamente triste. Gli sono sempre piaciuti i suoi occhi grandi, tondi e tristi, di quel colore viola inusuale che forse era una malattia o forse no.

Gli piace la sua compagnia silenziosa e la sua musica, quella musica dolce e crudele che strappava il cuore e lo gettava al vento.

- Sapevo che avevi molte cose da dire, Ivan.- sussurra carezzandogli il viso e chiudendogli gli occhi.

Il freddo non perdonava mai. E si era portato via quel suo caro figlio fuggito a cercare il sole e i girasoli.

Raccolse il violino e il biscotto che il russo stringeva ancora fra le dita – Quando torni- pigolò guardandolo (era così calmo, proprio come se dormisse) – aspettami qui, va bene? Ti prometto che ti porterò in California a sentire l’odore del sole e il calore dei girasoli.

Cadeva la neve. Feliciano rimase a lungo al fianco del russo.

Chissà, magari si sarebbe svegliato. Magari avrebbe cercato il suo violino e il suo biscotto.

Com’è che l’aveva chiamato?

Ah, Prjaniki.

 

 

 

 

 

   
 
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