Biscotti.
Autore:
Akrois.
Titolo della fic: Biscotti.
Personaggi principali : N.Italia (Feliciano Vargas),
Russia (Ivan Braginsky).
Genere: Introspettivo, malinconico.
Avvertimenti: AU, probabile OOC.
Raiting: Giallo.
Introduzione: consideratela una sorta di
spin-off natalizia su “una valigia di cartone”. Ah, quando Ivan dice
“prjaniki” non è una parola strana, ma
solo il nome dei biscotti che in Russia vengono cucinati durante il Sočel’nik,
l’ultimo giorno del digiuno natalizio (6 Gennaio) che precede la festa vera e
propria.
Fate un
giro su Google, è una cosa piuttosto interessante (♥).
(Ah,
qualunque cosa pensiate a fine storia. La risposta è: mi conoscete –e se non mi
conoscete: eretici!Leggete tutte le mie storie e capitene l’andazzo!è_é- .
Pensate davvero che io scriva una storia che finisce bene?)
Ah, ogni
tanto i tempi verbali sfasano. Ma io non sono brava a trovare i punti in cui
sfasano. Fatemi un fischio se li trovate ç.ç
E giuro
che prenderò in mano tutta la mia buona volontà e risponderò alle recensioni!
No, lo
sapete che non lo farò mai. Sono troppo pigra. Insomma, avete davanti una che
ci ha messo una settimana per mettere delle foto in una chiavetta USB!
Comunque,
sappiate che mi sono spaventata. Non sono più abituata a ricevere tutte quelle
recensioni. Insomma, cinque tutte in un botto (O_O/)
lì per lì ho pensato “no, dai, è un pirla che ha inviato cinque volte la stessa
recensione”. E invece no.
Comunque,
anche se ancora non vi ho ringraziate una per una, beccatevi sto riassuntivo
generale: scriverò la Prussia/Romano anche se ammetto che questa è una di
quelle coppie che non mi sono mai planate nel cervello, ma qualcosa
m’inventerò. Fight, Akrois!XD
Ho
sempre sognato una scrivania in mogano. La mia scrivania è un pannello di
compensato 1X0,50 m incastrato in un coso comprato all’IKEA circa Y anni fa.
Credo di
aver ricevuto una delle recensioni che mi hanno fatto più piacere da quando
scrivo. Davvero, non importa l’orario o quanto casino hai fatto o le parole a
vanvera. Quella recensione mi ha reso profondamente felice e…
non saprei. Felice. Tanto.
Però
sapere che non sei un opossum verde a pois rosa mi ha traumatizzato. Hai
distrutto i miei sogni! (*fugge piangendo*).
Insomma,
questi sono i passaggi salienti.
A presto
con le risposte (coro di: seeeeehh…)
Biscotti.
Quando
si avvicina il Natale tutto sembra migliore. I bambini stringono le mani ai
genitori, un sorriso enorme sul viso arrossato dal freddo, mentre camminano nei
grandi viali circondati da vetrine luccicanti e piccoli gruppi di persone che
cantano le carole.
Anche
lui cammina per quei grandi vialoni, solo che le mani se le tiene tasca e i
cantanti non gli si avvicinavano per chiedere una moneta e un minuto d’attenzione.
Vorrebbe almeno la soddisfazione di poter porgere loro dei soldi e chiedergli
se anche i soldi puzzavano così tanto da allontanarli. Ma una maligna
soddisfazione non vale la sua paga, quindi tira dritto.
Costeggia
una via ritrovandosi subito immerso nell’odore caldo e forte del pane appena
sfornato.
Un uomo
è seduto accanto alla vetrina della panetteria, avvolto in un cappotto beige
sbrindellato sui polsi e gli orli e macchiato un po’ ovunque. Tiene in una mano
una custodia per un violino e nell’altra una bottiglia semivuota di una di
quegli alcolici scadenti identificati solo dalla scritta nera “vodka”
sull’etichetta gialla.
L’uomo
si gratta il viso distrattamente, graffiando la pelle sottile e rovinata dal
freddo con le unghie spezzate. Feliciano sorride guardandolo e gli si avvicina
– Ciao Ivan!- esclama in italiano.
Per Ivan
non fa’ differenza se gli parla in inglese o italiano, giacché non capisce
nessuno dei due. Ma quando lo sente parlare italiano sorrideva con dolcezza,
come se stesse ascoltando una canzone a cui è affezionato.
Lo vede
voltarsi lentamente e guardarlo con quegli occhi viola (un signore una volta
aveva detto che erano sicuramente una malattia, ma a Ivan sembrava non
importare molto) vacui e persi nel mondo magico e caldo dell’alcool, mentre un
sorriso tremulo compare sulle labbra screpolate – Privet- sussurra l’uomo con voce roca, alzando una mano coperta di
pezzi di lana tenuti assieme con lo spago e bende sudice – Feliciano.
Feliciano
si siede accanto a lui, soffiandosi sulle dita. Ivan continua a sorridere
guardandolo senza dire nulla.
- Fa
caldino qui, eh?- domanda Feliciano affondando le mani nelle tasche – Non è
proprio caldo, ma neanche freddo- si ferma e sorride allegro – è caldino!
Ivan
annuisce come se avesse capito il discorso. Feliciano spesso pensa a quante
parole ci siano nella testa di Ivan, aggrappate ad appigli più o meno stabili
in quel mare di alcool scadente.
Potevano
essere lamentele, poesie, vecchie canzoni, sogni, speranze. Potevano essere qualunque
cosa, oppure potevano non essere nulla e stare lì a galleggiare pigramente,
come il sorriso di Ivan che compariva lentamente quando qualcuno gli tirava una
moneta vicino ai piedi.
Ivan non
si buttava sulla moneta. La guardava a lungo con quel sorriso placido da
ubriaco sul viso e poi allungava lentamente la mano per prenderla.
Se la
portava al viso e la fissava come fosse una cosa misteriosa e nuova. La faceva
poi cadere in tasca e tornava a fissare il nulla davanti a se.
Feliciano
esce dai suoi pensieri quando Ivan gli tira la manica indicando la vetrina del
panettiere. Il dito puntava un paio di biscotti piuttosto lievitati, coperti di
glassa bianca e decorati con arabeschi di cioccolata.
Ivan ha
un sorriso diverso, persino allegro e gli occhi malinconici. Dice qualcosa a
bassa voce, probabilmente qualcosa rivolto a lui. Feliciano guarda a lungo quei
biscotti, rigirandosi nelle tasche i tre dollari che costituivano la sua paga.
Un
sorriso gli compare sul volto – Biscotti caldi! O anche pane, ma no, i biscotti
sono meglio! In fondo è praticamente Natale no? Cosa c’è di meglio di un dolce?
Ivan
sorrise interrogativo – Aspettami qui!- Feliciano si butta nella panetteria.
Il panettiere
lo guarda male. C’è abituato, ma fa male, in un certo senso. Tira fuori i soldi
e li poggia sul bancone. Gli viene da pensare che suo fratello avrebbe
fortemente disapprovato quell’atto.
“Neanche
la fame nera t’ha cambiato, eh ‘Ciano?” avrebbe detto alla fine della sfuriata
in cui avrebbe ripetuto almeno otto volte “minchia”
e almeno dodici “idiota” e si sarebbe
arrabbiato perché sprecava i soldi per comprare biscotti.
Esce dal
negozio stringendosi al petto il pacchetto profumato dei due biscotti. Due
biscotti di numero, perché i soldi non sarebbero bastati per l’affitto se ne
avesse presi di più.
Ivan lo
guarda con quei suoi occhi grandi e rotondi che richiamarono alla sua mente un
cucciolo incuriosito. Chissà se scodinzola.
Sorride
sedendosi accanto a lui – Guarda Ivan, ho comprato i biscotti, quelli che
piacevano a te! Sono solo due, ma basteranno, no?- estrae i due biscotti dalla
carta, porgendone uno a Ivan.
Lo vede
sollevare il biscotto con calma e portarselo davanti agli occhi in silenzio,
osservandolo con tutta la calma e la tranquillità di questo mondo.
Sul viso
gli si dipinge un sorriso tremulo, mentre si volta verso Feliciano e sussurra a
bassa voce – Prjaniki.
Feliciano
non capisce ma sorride a sua volta ed annuisce. Ivan fa sparire il biscotto in
tasca e apre la custodia del violino, tirando fuori il vecchio strumento
rovinato.
Pizzica
le corde con aria concentrata e poggia lo strumento sulla spalla.
Feliciano
lo guarda ammirato e quando la musica si libra nell’aria la gente si ferma e li
guarda in silenzio, le mani affondate nelle tasche e i cappelli calati sui
visi.
Una
donna si copre il viso con le mani e lascia una moneta accanto agli stivali
rotti di Ivan, fuggendo via in silenzio.
Feliciano
si tira le ginocchia verso il petto e chiude gli occhi senza bloccare una
lacrima silenziosa.
La
musica di Ivan era tremendamente crudele. Toccava il cuore e faceva tornare
alla mente i ricordi felici, però quelli tanto
felici, quelli che sai non potranno mai tornare.
Feliciano
si alza quando i primi fiocchi di neve iniziano a cadere – Allora ci vediamo
domani, eh Ivan?
L’uomo
sistema il violino e si mette le monete in tasca. Sorride e lo saluta con la
mano.
Feliciano
cammina silenzioso, il biscotto che si sbriciola lentamente fra le dita strette
a pugno nella tasca.
Si ferma
davanti a duna vetrina. Una luce illumina penne eleganti e carte da lettere con
i bordi laccati d’oro.
Resta in
silenzio a fissare quella vetrina. Avrebbe proprio voglia di scrivere a suo
fratello.
L’aria è
piena dell’odore del pane e dei dolci. Il panettiere sistema in vetrina un
nuovo vassoio di biscotti. Sono a forma di stella.
Feliciano
guarda a terra. C’è Ivan, avvolto nella giacca foderata di giornali ingialliti.
Nella sua immobilità Feliciano sembra una statua di ghiaccio in mezzo alla
gente che gli sciama attorno.
Affonda
le mani in tasca e deglutisce – Buonasera, Ivan.- sussurra sedendosi a terra –
Hai passato una buona nottata?
Ivan si
volta e sorride. – Alle volte sogno la mia famiglia- dice pizzicando le corde
del violino – sogno le mie sorelle, sai. Sogno la mia casa. Sogno di poter
mangiare assieme a loro i dolci che ci piacciono tanto. Sogno il loro calore.
Ivan
guarda il cielo e tira fuori della tasca il biscotto, rigirandoselo tra le dita
– Però è un sogno. E quando mi sveglio devo buttare giù il boccone amaro- da un
colpetto alla bottiglia vuota che dondola pericolosamente – e questo mi da
calore.
Feliciano
poggia il capo sulle ginocchia e lo guarda – Ma il calore è illusorio.
-
Esatto. È una fiamma di un momento e poi torna subito il freddo. Ma ormai non
me ne accorgo più.
Feliciano
stringe le ginocchia fra le braccia e sospira – Credo che ci sia un posto
davvero migliore. Qualcosa come un posto dove c’è sempre il sole e i fiori e
tutte le persone che amiamo e il buon cibo e tante cose belle.
- Mi
basta che ci siano le mie sorelle- dice Ivan poggiandosi il violino sulla
spalla, cercando la nota giusta con l’archetto – e i girasoli.
- Ti
piacciono i girasoli?
- I
girasoli hanno il profumo del sole.- afferma Ivan sorridendo. Ha le guancie
arrossate e gli occhi brillanti e sembra un bambino – Qui in America non ho mai
visto il sole, sai? Pensavo che qui ne avrei sentito il profumo.
- Magari
in California, Ivan.- Feliciano sorride – Quando avrò i soldi ti porterò in
California, Ivan. Andremo assieme in California. Ti va’?
-
Sarebbe magnifico.- Ivan sorride a sua volta. A Feliciano è sempre piaciuto
quel suo sorriso, tremulo e vagamente triste. Gli sono sempre piaciuti i suoi
occhi grandi, tondi e tristi, di quel colore viola inusuale che forse era una
malattia o forse no.
Gli
piace la sua compagnia silenziosa e la sua musica, quella musica dolce e
crudele che strappava il cuore e lo gettava al vento.
- Sapevo
che avevi molte cose da dire, Ivan.- sussurra carezzandogli il viso e
chiudendogli gli occhi.
Il
freddo non perdonava mai. E si era portato via quel suo caro figlio fuggito a
cercare il sole e i girasoli.
Raccolse
il violino e il biscotto che il russo stringeva ancora fra le dita – Quando
torni- pigolò guardandolo (era così calmo, proprio come se dormisse) –
aspettami qui, va bene? Ti prometto che ti porterò in California a sentire
l’odore del sole e il calore dei girasoli.
Cadeva
la neve. Feliciano rimase a lungo al fianco del russo.
Chissà,
magari si sarebbe svegliato. Magari avrebbe cercato il suo violino e il suo
biscotto.
Com’è
che l’aveva chiamato?
Ah, Prjaniki.