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Autore: beesp    28/11/2010    1 recensioni
“Last night Some years ago Promise me you’ll never fade away It’s like we’ve been dying From about the start of our lives Only lies We’re never enough We still cry About the time and the World I can’t fix it You can’t start to tell the truth Nothing but nothing” Slash! + Drugs & Depress.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Max Green , Ronnie Radke
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La metà dei giorni della tua vita hai solo voglia di sparire o di auto-distruggerti.

Ecco tutto.

Poche parole per una Mannie. Mi fa rabbia non riuscire a spiegare quello che sono per me questi due.

Più o meno sono una parte della mia anima, ecco. E la mia anima non è poca cosa – come non lo è quella di nessuno. Tutto qua. Buona lettura (spero).



Sempre



È una necessità non ignorabile, un bisogno scorre sotto la pelle, non lascia scampo, è talmente intenso …

Una sorta di amore il loro, qualcosa di più particolare e contorto, malato per certi versi.

Max darebbe la vita per Ronald. E neanche un centesimo in più.

Ronald rinuncerebbe a tutto per Maxwell, ma nient’altro.

Forse è per il loro deprezzare l’esistenza che sono incapaci di comportarsi come si converrebbe a un essere umano comune, e allora si nascondono nel dolore e nel cercarsi non trovandosi.

Frasi criptiche, concerti, sfiorarsi senza mai raggiungersi.

Un ridicolo modo di apparire struggenti e doloranti.

Come se la vita non fosse già abbastanza disgustosa.

Si imbottiscono di stupefacenti e tramortiscono i sensi: è troppo difficile per loro capire che potrebbero stringere il giusto e pulito, basterebbe soltanto smacchiare le bugie, portarle a galla ed evitare le stronzate che Ronald è fisicamente portato a creare, le insicurezze di Maxwell che lo attirano verso il basso.

Ronald non cade mai, perché è già al piano più inferiore, nel peggio del peggio, da quando sua madre l’ha abbandonato ed è stato certo d’essere indesiderato: da allora ha deciso non sarebbe stato gradito a nessuno mai più.

Max non se n’è mai accorto di questo, perché lo sa e non vuole crederci (nessuno potrebbe mai voler odiare Ronald, avanti!) ciò che è ovvio è il meno probabile. Dice sempre Max.

Suona il basso, non gli importa affatto delle ragazzine urlanti sotto di lui, sono lì per il loro aspetto fisico, non sanno niente di cosa significhi cercare di propria volontà la distruzione – e senza immaginarne il motivo.

[Non sa dove mettere le mani Max, le tiene lungo i fianchi, non ha idea di come si salvi, allora osserva come il suo non-ancora-altro-che-migliore-amico avvolga allinterno di un pezzo di carta bianca dei frammenti di marijuana: è soltanto linizio, è sempre questo il punto di partenza verso la morte (o forse è precisamente mettere la testa fuori dallutero della madre)].

Appena ci sei dentro, non puoi più uscirne. La chiamano depressione: è l’assuefazione del male a se stessi, dell’incolparsi di ogni male del mondo. Drogati di dolore, in un certo senso.

Drogati di dolore insieme. Sempre.

Era un conforto. Era un “abbastanza”.

Guardare negli occhi la folla speranzosa e deluderla, saltare urlare piangere divertire, Ronald che perdeva pezzi ogni volta cantando “Not Good Enough”, Ronald che perdeva pezzi anche soltanto a respirare – era troppo faticoso per loro due prendere e dare, troppo.

Ronnie” - espira contro il suo collo tutte le parole che non ha mai avuto il coraggio di pronunciare con le labbra i denti il corpo, l’altro sta già giocherellando con i suoi boxer, come se tutta la loro esistenza fosse soltanto un divertimento (e invece non è così). Max non cerca – né mai ha tentato – di guardarlo negli occhi: ci troverebbe verità.

Non la vogliono conoscere la verità.


Niente è meglio di morire.

Sul serio.

Max scrive su un foglio una canzone.


Last night

Some years ago

Promise me you’ll never fade away

It’s like we’ve been dying

From about the start of our lives

Only lies

We’re never enough

We still cry

About the time and the World

I can’t fix it

You can’t start to tell the truth

Nothing but nothing”.


Potrebbero rimanere rinchiusi in una stanza e suonare per tutta la vita, ma bussano contro il legno e l’aria si dissolve, si riempie del tanfo dei gas di scarico, le urla del pubblico, l’aria si sgombra di ossigeno – vero – è tutto così vuoto da far male allo sterno (le giornate d’inverno in cui si ha talmente tanto freddo da non riuscire a respirare, è così lasciare Ronald).

Ed è sfuggente, non sanno spiegarlo, fa rabbia più di tutto il resto: basterebbe a sanare ogni dubbio, servirebbe per la vita, sarebbe utile per smettere di girare attorno impossibilitati a fermarsi.

Anime in pena.

Lo show comincia adesso.

   
 
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