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Autore: Yumi_Slyfox483    28/11/2010    11 recensioni
Cosa succederebbe in casa dei Tokio Hotel con la peste più pestifera della famiglia Kaulitz? xD
Questa sarà una raccolta di vari episodi in casa Kaulitz con protagonista il piccolo Axel ^^
Prima Storia: Axel e la sua Mamma
Seconda Storia: Axel e la Neve
Terza Storia: Axel e la Stella Magica (Prima parte)
Quarta Storia: Axel e la Stella Magica (Seconda Parte)
"Papà, devo dirti una cosa..." Axel chinò la testolina bionda e prese a torturarsi le dita, mentre Bill guardava il figlioletto incuriosito. Gli stava mettendo un paio di pantaloni puliti, quando il bambino aveva esclamato quella frase e da come si torturava le dita, sembrava sul punto di fargli un'importante confessione.
"Che cosa, amore? Non ti sei divertito oggi?"
"Sì che mi sono divertito! Anche con Elena! Ma non è quello che voglio dirti. Axel... ti ha detto una bugia ieri mattina..."
Bill sorrise e prese Axel in braccio portandolo in sala. "Davvero?" Domandò sorpreso.
"Sì. Papà non dice mai le bugie ad Axel e ora Axel si sente in colpa." Il piccolo prese di nuovo a torturarsi le dita e Bill gli afferrò le mani paffutelle tra le sue.
"Forse c'è qualcosa che posso fare per non far sentire Axel in colpa..." sussurrò.
Il bambino scosse la testa. "Ricordi quando ti ho detto che avevo sognato il principino Axel?"
"Sì!" Rispose Bill confuso. Non capiva che cosa c'entrasse il sogno con la bugia.
"Ricordi che mi hai chiesto se avevo trovato la Stella Magica?"
"Sì!" Ripeté Bill ancora più confuso.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Sorpresa, Tom Kaulitz
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Shining Star



Prima Storia: Axel e la sua Mamma



Il giorno più pesante di tutta la settimana per i quattro componenti della famosissima band tedesca, Tokio Hotel, era il mercoledì.
Quasi sempre vi era un sacco di lavoro arretrato da terminare, a detta del loro manager David Jost, e in quel periodo, con il nuovo album in produzione e i nuovi pezzi da scrivere, lo stress raggiungeva il culmine proprio in quel giorno della settimana.
Ma quel mercoledì c'era qualcosa di ancora più impegnativo a cui pensare. Qualcosa di meraviglioso, ma allo stesso tempo devastante.
Quel qualcosa si chiamava Axel.
"Papà..." sussurrò un bambino con gli occhietti stanchi e la vocina triste che stava seduto comodamente sulle gambe di Bill Kaulitz "mi sento la testa pesante..."
Bill lo fissò preoccupato e posò delicato una mano sulla fronte bollente del figlioletto.
Axel aveva quattro anni, capelli biondo cenere che cadevano lisci all'altezza del collo e due occhi esattamente dello stesso colore di quelli del suo papà. Assomigliava in ogni lineamento del viso, persino dalla forma orecchie, ai gemelli Kaulitz e ogni volta che nonna Simone lo guardava si aspettava di veder spuntare da un momento all'altro un bambino identico accanto a lui, ma poi si ricordava che quel bambino non era suo figlio, bensì il suo nipotino e se lo stringeva forte riempiendolo di baci.
"Tomi, mi porti il termometro?" urlò Bill dal salotto non riuscendo ad alzarsi tanto il figlioletto si era stretto al suo petto. Non aveva intenzione di staccarsi da lui e forse quel giorno, a giudicare dal suo stato di salute, non era in grado di portarlo all'asilo.
Tom Kaulitz spuntò dalla cucina e si inginocchiò accanto al gemello e al nipotino passando il termometro nelle mani di Bill.
Due occhietti socchiusi si posarono su di lui guardandolo tristi e sofferenti.
"Ehi, come sta il mio campione?" esclamò Tom arruffandogli i capelli e sorridendo, constatando che la fronte del bambino era bollente.
"Eh zio..." rispose il bambino sospirando afflitto "forse ho la febbre..." disse a denti stretti come se avesse comunicato allo zio qualcosa di orribile e devastante.
Tom sorrise e alzò lo sguardo verso un Bill preoccupato che, come il gemello, mosse le labbra in un sorriso tirato e posizionò il termometro sotto l'ascella del figlio.
"Adesso papà te la prova e vediamo..." pronunciò Tom e Axel sembrò sollevato da quella notizia.
Il termometro digitale suonò dopo cinque minuti e il vocalist lo prese in mano controllando il risultato segnato sul display.
"38 e mezzo..." sussurrò preoccupato mentre il figlioletto si aggrappò al suo collo per poggiare la testa sulla spalla ossuta del padre.
"Ho la testa pesante..." ripeté il bambino prendendo a giocare con il lobo dell'orecchio del papà.
"Devo chiamare l'asilo! E David! Non posso venire a lavoro!" esclamò Bill, sul viso ancora un'espressione preoccupata.
"Bill, non preoccuparti. E' solo un po' di febbre, una supposta e passa tutto!"
Axel alzò il capo di scatto e guardò lo zio con due occhi sgranati per il terrore.
"No, non voglio!" gridò perforando un timpano al padre.
"Come non vuoi?" esclamò Tom fingendosi sorpreso "E come fai a guarire? Vuoi avere la testa pesante per sempre?"
Axel guardò il padre terrorizzato, come cercando conferma alle parole dello zio e Bill annuì sorridendo.
"Non ti faccio male... non te ne accorgerai neppure!" lo rassicurò il padre e Axel chinò il capo rifugiandolo sulla spalla del papà.
"Lo abbiamo convinto..." sussurrò Tom ridendo e Bill si alzò portando il bambino in camera.
Il chitarrista si diresse in cucina e si sedette a tavola zuccherando il suo caffé e guardando Georg Listing intento a preparare la colazione.
"Papà... ho paura!" urlò una vocina in lontananza.
"Ma non c'è niente di cui avere paura. Il papà non ti potrebbe mai fare qualcosa di brutto!" fu la risposta di Bill e il moro e Georg si guardarono sorridendo.
"Come sta?" chiese il bassista.
"Il pargoletto ha la febbre." rispose Tom sorseggiando il suo caffè.
"Quindi oggi niente lavoro per Bill?"
"Non credo che David accetterà la cosa di buon grado, però Axel sta male e di certo non possiamo portarlo fuori al freddo. Sa anche lui che è un bambino debole."
"Ha preso da Bill..." sorrise Georg sedendosi "stai a casa anche tu?"
"Io non ho nulla da fare. Ho quasi finito di scrivere i pezzi e con l'incisione sono a buon punto. Posso permettermi di saltare una giornata di lavoro, non mi va di lasciare Bill a casa da solo."
"Fai bene... quando Axel sta male è sempre ansioso. Comprensibile dopo quello che è successo quando è nato. Ci penso io ad informare David." Il moro sorrise e anche Tom gli ricambiò un sorriso imbarazzato.
"Grazie, Hagen!"
Bill ricomparve in cucina dopo qualche minuto con ancora Axel in braccio e si sedette a tavola affamato.
"Ehi!" esclamò Georg scompigliando i capelli biondi del bambino "che ci fai in braccio a papà? Non dovresti essere a letto visto che sei malato?"
"Ci ho provato a metterlo a letto!" rispose Bill "ma non vuole saperne di staccarsi dal mio collo."
"Ho la testa pesante!" gridò il bambino per l'ennesima volta e Bill fece una smorfia di dolore.
"Axel, papà non riesce a tenerti così tanto. Vieni dallo zio, ti va?" pronunciò Tom avvicinandosi al posto del gemello e tendendo le braccia.
"No!" esclamò il bambino stringendosi più forte al collo paterno.
"E se ti prende lo zio Hagen?" esclamò Georg guardando il bambino e facendogli l'occhiolino.
Axel voltò lo sguardo e guardò Georg mentre una lacrima scendeva sulla sua guancia, ma la sua buffa espressione era tutto tranne che triste.
"Mi fai volare?" domandò sottovoce.
"Certo! Però dopo a letto!" rispose Georg.
"Shi!" il bambino si staccò dal padre e tese le manine verso Georg che lo prese in braccio e lo sollevò in aria scatenando le risa del piccolo.
"Uh, come sei alto!" esclamò Bill ridendo e battendo le mani.
"Tuo figlio si fa convincere con poco!" sbottò Tom verso il gemello.
"Sì!" rispose Bill ridendo "ha preso tutto da me! Se fossi capace lo farei giocare anche io così!"
"Non credo che lo solleveresti più di due centimetri!" Bill gli lanciò un'occhiataccia e il gemello rise.
"Grazie..." rispose sarcastico.
"Di nulla, fratellino, quando vuoi!" I due gemelli scoppiarono a ridere, aggiungendosi alle risate felici e squillanti di Axel.
"Che succede qui?" esclamò Gustav entrando in cucina con un sopracciglio alzato e gli occhi piccoli per il sonno, grattandosi la testa.
"Abbiamo svegliato lo zio Klaus!!" gridò il bambino e Georg scoppiò a ridere stringendolo forte tra le braccia e baciandolo affettuoso.
"Axel ha la testa pesante!" esclamarono Bill e Tom all'unisono verso Gustav e tutti scoppiarono a ridere guardando Axel tra le braccia del bassista.
"Vai, zio Hagen, ancora! Ancora!"

***



"Questo?"
"Questo lo mettiamo qui! Vedi?" Tom posizionò un pezzettino di puzzle al suo posto, sotto gli occhi incuriositi di Axel che guardava i movimenti dello zio con meraviglia. I lati coincidevano perfettamente con gli altri pezzettini già allineati e cominciavano a far intravedere la forma di una figura.
"Questo?" Axel prese un altro pezzo e lo fece vedere allo zio.
"Qui..." rispose il moro indicando il punto giusto.
Axel lo infilò al suo posto e batté le mani eccitato.
"Zio Tomi, perché dobbiamo fare il pazol?" domandò incuriosito.
"Perché così scopriamo la figura che è rappresentata..." rispose Tom.
"Ma io la so già!" sbottò Axel "è un leone come il mio papà!"
Tom scoppiò a ridere si portò una mano sulle labbra. "Shh, non farti sentire da tuo padre!"
"Eh Eh!" il bambino continuò a ridere divertito prendendo i pezzettini mancanti e posizionandoli a casaccio nel puzzle.
"Papà è un leone! Papà è un leone!" gridò e si portò una mano alla bocca sconvolto guardando il padre che stava entrando in salotto. Il moro guardò male i due componenti della famiglia offeso.
"Chi sarebbe un leone?" esclamò fingendosi imbronciato.
Axel corse tra le braccia di Tom ridendo "nessuno, nessuno!" esclamarono in coro zio e nipote.
Bill li guardò cercando di rimanere serio, ma non riuscì a trattenersi e dall'angolo della bocca comparve un piccolo sorriso. Si sedette sul divano e si portò le mani in viso stravolto.
"Che state facendo?" esclamò.
"Giochiamo!" rispose Axel, ancora intento a trovare da solo i posti giusti dove infilare i pezzettini del puzzle.
"Sei stanco?" domandò Tom, mentre il piccolo era impegnato a concentrarsi a fondo.
"Stargli dietro tutto il giorno è quasi più faticoso di una giornata di lavoro." rispose Bill sorridendo.
"E io che ci sto a fare?" esclamò Tom voltandosi imbarazzato verso Axel, decidendo di fare tutt'altro tranne che guardare il gemello negli occhi "ti do una mano io, tu riposati!"
"Grazie, Tomi..." rispose Bill anche lui un po' imbarazzato diventando completamente rosso.
"Zio Tomi..." esclamò d'improvviso Axel, rompendo il silenzio che si era creato tra i due gemelli "posso farti una domanda?"
"Certo!"
"Come nascono i bambini?"
Calò un silenzio ancora più imbarazzante del precedente dopo quella domanda posta così su due piedi, fino a quando Bill non lo interruppe, alzandosi dal divano ancora più rosso di prima.
"Axel, smettila di dare fastidio allo zio!" sbottò prendendo il bambino da sotto le ascelle e sollevandolo a pochi centimetri da terra.
"No, no!" strillò il bambino divincolandosi dalla stretta del genitore "lasciami, papà! Lasciami!"
"Dai, Bill, non mi sta disturbando. Vuole saperlo, è lecito!" disse Tom ridendo.
"Deve dormire! Invece di scendere la febbre è salita, perché continua ad andare in giro scalzo e in pigiama!"
"No, no, sto bene! Voglio giocare con lo zio! Non voglio dormire! Non voglio dormire!"
Il bambino cominciò a divincolarsi tra le braccia del genitore, che barcollò rischiando di farlo cadere a terra.
"Axel, fai il bravo e obbedisci a papà! Non hai più la testa pesante, eh?" lo sgridò Tom serio.
"No, sto benissimo!" replicò il bambino e nello stesso istante si accasciò per terra e Bill lo issò tra le braccia preoccupato.
"Bill, lo sai che ha preso tutto da te? Anche la curiosità!" esclamò Tom ridendo. A confronto padre e figlio sembravano l'uno la copia dell'altro.
"Tomi, per favore,!" sbottò Bill sedendosi sul divano e baciando delicato i capelli del figlio.
"Dai, stai tranquillo, è solo stanco." lo rassicurò il gemello.
"Per quello che volevo che dormisse... conosco mio figlio!"
"Sì lo so. Lo conosco anche io..." il gemello si sedette vicino a Bill e incrociò lo sguardo di Axel che lo fissava con la testa poggiata sulla spalla del papà, mentre giocherellava ancora con il suo orecchio.
"Me lo sta torturando questo orecchio!" sibilò Bill alzando gli occhi al cielo.
"Ho la testa pesante... e ho freddo, papà..." sussurrò Axel, mentre una piccola lacrima scivolava timidamente sulla sua guancia posandosi sul collo di Bill.
Axel era un bambino molto debole, sin dalla nascita, e soffriva spesso di emicrania, quindi una semplice influenza, come quella che si era preso quel giorno, poteva sfiancarlo completamente e Bill questo lo sapeva bene.
Tom si alzò e prese una coperta da un mobiletto lì vicino, con la quale coprì il nipotino e il proprio gemello e posò una mano sulla fronte calda di Axel, accarezzandogli piano i capelli.
"Grazie, zio Tomi..." sussurrò il piccolo aggiustandosi sulla spalla di Bill e continuando a torturargli l'orecchio ormai arrossato.
"Prego, amore." rispose Tom avvicinandosi e dandogli un bacio sulla guancia accaldata.
Con Axel riusciva ad essere molto più affettuoso che con il suo gemello. Forse era dovuto a ciò che era successo alla sua nascita, quando il piccolo aveva rischiato di morire venendo al mondo, ma da quando era nato lo aveva amato più della sua stessa vita e in un certo senso era un modo per dimostrare il suo affetto anche al gemello. E anche questo Bill lo sapeva bene, infatti gli sorrise e lui chinò il capo imbarazzato.
"Zio Tomi..." sussurrò Axel dopo un po' con un filo di voce, distraendo Tom da quei pensieri.
"Dimmi..."
"Adesso me lo dici come nascono i bambini?"
Bill sorrise guardando Tom un po' intimidito.
"Non molla mai!" sussurrò.
"Come te!" rispose Tom. Gli fece l'occhiolino, mentre Bill sorrideva compiaciuto, e si schiarì la voce.
"Ecco... sei ancora troppo piccolo per capire queste cose. Quando sarai grande, però, lo zio ti racconterà tutto quello che vorrai sapere."
"Quando?"
"Quando avrai dodici o tredici anni."
"Cosa?" sbottò Bill furibondo "come minimo quando avrai diciotto anni, forse anche di più!"
"Ma non fare lo scemo! E poi io ho detto sapere, Bill, non fare."
Bill lo guardò scocciato e Axel alzò la testolina per fissare il padre ridendo.
"Zio, ma perché non me lo puoi dire adesso?" domandò poi tristemente.
"Perché sei troppo piccolo, non puoi capire come funzionano queste cose..." intervenne Bill accarezzandogli la schiena per scaldarlo.
"però..." il piccolo chinò il capo e lo appoggiò sul petto di Bill, giocherellando stavolta con la sua maglietta.
"I miei amichetti lo sanno già e loro sono come me. Perché io non posso capire e loro sì? Mi prendono in giro perché io sono stupido..."
Bill corrucciò la fronte innervosito e costrinse il figlio a guardarlo negli occhi. "Non è affatto vero! " ribatté "chi ti dice queste cose?"
"Bill, calmati..." lo ammonì Tom tranquillo "sai una cosa, Axel? Loro sono i veri stupidi... perché tutto quello che credono di sapere non è vero!"
"Non è vero?" ripeté il bambino sorpreso.
"No..." confermò Bill "sono le solite storielle che si raccontano ai bambini stupidi per farli stare zitti..."
"... ma tu sei intelligente" continuò Tom "e noi ti raccontiamo solo la verità."
Il bambino sorrise visibilmente compiaciuto e si arrampicò sul petto paterno per stampargli un bacio inumidito dalle lacrime sulla guancia. Il contatto con la pelle fredda del genitore lo fece rabbrividire.
"Quindi..." continuò dopo un po' "non esistono le api dei papà che mettono il semino nel fiore della mamma?"
"Bè..." risposero di gemelli in coro "non è proprio così che funziona!"
"E la cicogna che porta i bambini a mamma e papà?"
"Oh Tomi, quello che ci ha raccontato la mamma, ti ricordi?"
"Fin troppo bene... ho avuto gli incubi due notti immaginando che la cicogna ti avesse fatto cadere dalla fascia perché eri troppo pesante."
Bill scoppiò a ridere ricordandosi le innumerevoli lacrime che aveva versato da bambino pensando di essere cresciuto con la testa deforme a causa di quell'incidente e anche Axel rideva come un forsennato guardandolo in volto "Papà, sei caduto?"
"Ma no, amore, era invenzione. Anche quella storia non è vera." lo rassicurò Bill.
"Però è vero che ci sono sempre mamma e papà?"
Bill smise improvvisamente di ridere e divenne serio. Sembrava che avesse appena visto un fantasma.
"Bè..." cercò di articolare.
"E' vero!" continuò Tom.
Axel spostò gli occhietti stanchi dal padre allo zio e continuò "allora dov'è la mia mamma? I miei amichetti dicono che non ce l'ho..."
"Che cosa ne sanno i tuoi amichetti stup..." incalzò Bill frustrato.
Tom gli fece un pizzicotto e il gemello non terminò la frase guardando Tom con un'espressione incomprensibile.
"Dì ai tuoi amichetti che anche tu hai una mamma!"
"Davvero? E dov'è? Perché non vive con noi?"
"Bè... vedi lei non può essere qui con noi, però ti svelo un segreto..." Tom si avvicinò al bambino e Axel tese l'orecchio incuriosito.
"Hai presente quella stella che vedi brillare tutte le sere quando comincia a farsi buio? La stella più luminosa che compare in cielo?"
"Shi..." rispose Axel e Bill chinò il capo portandosi una mano in volto.
"Ecco. Lei è la tua mamma..." continuò Tom.
"La mia mamma è una stella?" chiese il bambino come sorpreso da quella notizia, guardando prima lo zio e poi il genitore.
"Proprio così. Una stella che ti protegge sempre e non ti lascia mai da solo." esclamò Tom e Axel sorrise rincuorato e riappoggiò il capo sul petto di Bill.
"La mia mamma mi vuole bene, allora?" chiese di nuovo timidamente.
"Tanto..." fu la voce rauca di Bill a rispondere. Aveva il viso rigato da una linea nera "non sai neppure quanto!"
Tom lo fissò tristemente, sostenendo lo sguardo del fratello fisso sul vuoto.
"La mia mamma è una stella." sussurrò di nuovo il bambino chiudendo gli occhi, cullato dai battiti del cuore e i movimenti irregolari del torace del suo papà.
"Ha dato la sua vita... per salvare la tua." Terminò Bill scosso da piccoli singhiozzi, ma Axel non aveva sentito quelle parole, perché era caduto addormentato preso dalla stanchezza e la febbre alta.
Bill si asciugò il viso con una mano e passò il corpicino del figlio addormentato tra le braccia del gemello.
"La febbre è salita!" sbottò alzandosi agitato "Vado a prendere un panno fresco!"
"Bill, tutto bene?" domandò Tom preoccupato.
"Certo!" rispose Bill con un sorriso triste sul volto e gli occhi gonfi di lacrime.
Tom gli ricambiò il sorriso e baciò il capo di Axel seguendo con lo sguardo Bill che si dirigeva in cucina.
"Zio Tomi..." esclamò d'improvviso una vocina debole tra le sue braccia.
"Ehi campione! Sei ancora sveglio? Devi riposare!" pronunciò Tom asciugandogli con la mano la fronte sudata.
"E se anche papà diventasse una stella? Io non voglio vivere senza di lui." Due grossi lacrimoni rigarono le sue guanciotte arrossate e Tom le catturò prontamente con le dita.
"Papà non diventerà una stella. Vivrà sempre con te e ti starà sempre accanto, quando la mamma non potrà consolarti."
"Me lo prometti?" domandò il bambino.
"Te lo prometto." rispose Tom.
Axel gli stampò un grosso bacio umido sulla guancia e Tom lo strinse forte al petto. Se di una cosa era sicuro, quella era che se il suo gemello fosse morto l'unica cosa che lo avrebbe spinto a sopravvivere era quel pargoletto che stringeva tra le braccia.
Bill tornò con il panno fresco e si sedette accanto a Tom poggiandolo sulla fronte sudata di Axel.
Non ci sarebbe stato nulla che avrebbe riportato lei indietro, ma almeno ora Axel sapeva che non era solo. In cielo una stella brillava solamente per lui e lo avrebbe protetto senza mai abbandonarlo.
Anche lui aveva una mamma.

   
 
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