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Autore: CaskaLangley    28/11/2010    10 recensioni
“Un Attivo può capire ogni cosa, provare ogni esperienza, vivere tutte le vite e amare in modo intenso e disinteressato. Per quanto mi riguarda, li considero la cosa più simile a Dio che abbiamo.”
“Ma non vivono una vita reale.”
“Perché, Mustang, credi forse di essere più reale di loro, in questo momento?”

[ispirato al telefilm 'Dollhouse'.]
Genere: Generale, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Note preliminari incoerenti dell'autrice
Capita ogni tanto che io scriva cose strane. Come questa storia, per esempio. Il Mac spergiura che io abbia creato oggi il documento, ma non è vero, sarà di sei mesi fa, probabilmente di più. Il motivo per cui non l'ho postata prima è che avrei voluto aspettare di finirla, poi però una cosa che inizia per Little e finisce per Boxes mi ha un po' monopolizzata, e quindi eccomi qui, a centellinarla in attesa di chiuderla. Cosa che succederà l'anno prossimo, penso, che ha un suono un po' traumatico, ma l'anno prossimo è tra due mesi, rassegnamoci.
Beh, visto che siamo qui diciamo due cose doverose, prima di iniziare, altrimenti rischieresti di non capirci una mazza.
Prima di tutto, per chi non lo sapesse: io scrivevo su Evangelion. E' chiaro che a una parte del mio cervello manca scrivere su Evangelion XD E' probabile che quando ho cominciato questa storia avessi visto o stessi aspettando di vedere You can not advance. Beh, avevo molta voglia di riprendere in mano un certo metodo, lo stavo utilizzando anche in un'altra storia su Kingdom Hearts (un AU yakuza, lo leggerete mai? Speriamo), lo trovo molto rilassante, sarà perché di solito ma mia scrittura sia torppo densa che troppo emotiva XDD In queste storie, volevo che fosse asciutta e fredda. Ho anche riesumato i miei dvd di Serial Experiments Lain...! E mi hanno fatta sentire un idiota, tanto per cambiare D: Ma ti amo, Lain.
Poi, sono una grande fan di Joss Whedon :3 Ho un debito non indifferente nei suoi confronti, è una delle persone che mi ha insegnato a scrivere. Ai tempi in cui scrivevo su Evangelion volevo fare un tributo a Buffy the vampire slayer, ma purtroppo è stato uno dei miei duemila progetti mai nati D: Tempo dopo avrei voluto inventarmi qualcosa su Firefly, e niente ancora. Così siamo arrivati ad oggi, a Dollhouse, ed eccoci qui. Dollhouse poteva essere una serie bellissima, se non l'avessero ostacolata. Mi sono permessa allora di tributarla rilevandone l'universo, che è quello in cui si svolge questa storia (anche se, non incontrandosi mai i personaggi e non tenendo conto degli sviluppi originali, non si tratta di un crossover). Alcune idee sono mie, altre fanno parte della mitologia della serie (la presentazione iniziale di cos'è un Attivo è una citazione letterale) . La storia comunque è indipendente e si spiega da sé, non serve che abbiate visto la serie, anche se dovreste perché merita. Se poi non capite qualcosa, è perché effettivamente è un casino immane :D D'altra parte, il bello dello sci-fi, è annuire seriamente quando i personaggi parlano di cose scientificamente senza senso. Adesso, infatti, vi lascio liberi di andare a farlo.
Quelli di questa storia sono i dialoghi su cui mi sono formata, e quasi dieci anni dopo è stato molto divertente scriverli; spero che siano migliori di quelli di allora, ovviamente XD non mi riuscivano mai. Take that, 15-yeas-old-self! I capitoli, come vedete, non saranno lunghi (altra fonte di rilassamento non indifferente, e altro ritorno alle origini, in effetti), cercoerò di postarli abbastanza velocemente :3 Alla fin fine, per i miei standard, poteva essere una oneshot, ma siamo sotto Natale e Gesù Bambino non mi porterebbe i regali se costringessi ancora la gente a spipparsi tomi di quaranta pagine. Oltre ai capitoli di Boxes, ovviamente. A proposito, non sono riuscita a postarlo per l'anniversario, quello nuovo ;_; Vi racconterò a tempo debito. Ah, dimenticavo! Ho scelto questo titolo perché era divertente che fosse sia una traduzione letterale del titolo della serie che un rimando Ibseninano XD ...mi rendo conto, sì, di trovarlo divertente solo io.
Un bacio, e divertitevi a sguazzare nella depressione :*




CASA DI BAMBOLA

Raggiunto un certo livello di progresso, ogni scienza diventa indistinguibile dalla magia.
(Arthur C. Clarke)

 

The world is a vampire.

 

# Cherokee
“Chiediti se questo è ciò che vuoi chiamare ‘Al’.”

“Sicuramente avrà sentito voci colorite su che cosa sia un Attivo. Robot, zombie, schiavi…molti pensano che siano soltanto dei bravi bugiardi. In realtà, sono l’esatto opposto. Un Attivo è la persona dall’animo più puro che si possa incontrare.”

Cherokee non è il suo vero nome, quello era noioso.
Pare che sia nata nelle Highland, vicino a Inverness, ma siccome non se lo ricorda le piace di più pensare di essere nata a Londra insieme al punk. L’ultima volta che l’ha vista, sua madre aveva diciannove anni ed era un po’ punk. Non sa bene che fine abbia fatto e forse non vuole saperlo. Cherokee ha il suo viso e i suoi capelli, ma le avevano detto che ha gli occhi di suo padre. Dovendo scegliere avrebbe preferito i capelli e gli occhi di suo padre e la vagina di sua madre, ma non si può avere tutto. Almeno, tutti la scambiano per una ragazza. Anche quest’uomo le ha detto sali, dolcezza. Ma forse dolcezza vale per entrambi i sessi.
Dolcezza è una delle sue parole preferite.
Ha quasi diciassette anni.

“L’imprinting della memoria si estende anche alla memoria muscolare. Qualsiasi cosa i nostri Attivi siano chiamati a fare, sarà qualcosa per cui si preparano da tutta la vita.”

Cherokee pensa a queste cose mentre si guarda nello specchio accanto al letto. Ha capelli lisci color miele, grandi occhi grigio scuro. Col gloss le sue labbra sembrano più belle di quanto non siano. Guarda nello specchio anche ciò che sta accadendo, così può far finta di non essere davvero lì e che quell’uomo non le stia davvero addosso e non si stia sfregando contro la sua coscia. Questa è una fantasia erotica che presto finirà, questa è una scena che le sta ispirando l’erba. In realtà è nella sua stanza con le fate di ceramica lo skateboard che non usa gli acchiappa sogni appesi al muro e la saga di Weetzie Bat. Cherokee è il nome della figlia di Weetzie. L’ha scelto perché è bionda e dolce, però in realtà il suo personaggio preferito è Babystrega. E’ sola al mondo e arrabbiata come lei.
Adesso, per esempio, è molto arrabbiata. Però non lo dà a vedere. Continua a guardarsi nello specchio e nota una cosa che non aveva mai visto prima, una cicatrice sulla gamba. Quando se l’è fatta? Non riesce a ricordarlo e se ci prova le viene un gran mal di testa. L’uomo le lecca il collo come fosse una cosa da mangiare e si spinge contro di lei. Le coperte infeltrite puzzano di fumo e i muri della stanza sono spaccati dall’umidità. Cherokee conta le macchine che sente passare sulla strada e quelle che si fermano nel parcheggio. Un’ora e si farà una bella doccia. Un’ora e sarà tutto a posto.
“Cosa cazzo…”
L’uomo ha spinto una mano tra le sue gambe. Cherokee indietreggia un po’ anche se è schiacciata dal suo peso. Lo sapeva che sarebbe successo, lo sapeva. Succede quasi sempre, dannazione. Prova a chiedere scusa – e di che cosa, poi? A lei non fa piacere avere un muscolo ingombrante niente affatto necessario. Ma adesso la preoccupano gli occhi dell’uomo, le vene gonfie del suo collo. Chiede ancora scusa e per istinto prova ad andare via, però sa che è inutile, lo è sempre. Siccome è condannata stringe i denti e aspetta i pugni. Ne ha presi talmente tanti che le pare non le facciano più male. Almeno vorrebbe crederlo, ma quando il primo arriva strilla e poi strappa le lenzuola cercando di scappare. L’uomo le prende una gamba e lei cade dal letto picchiando la faccia. Comincia a sanguinare dal bel naso che le piace tanto, se lo guarda sempre, un sacco di gente glielo tocca e dice: hai un naso perfetto, proprio un bel nasino da bambina. Frocio del cazzo, urla l’uomo, mostro schifoso. Adesso ti apro il culo, stronzo. Cherokee singhiozza perché pensa al suo naso, chissà se si è rotto. Non avrebbe i soldi per rimetterlo a posto, così sarà un mostro e pure brutta. L’uomo gli tira giù i pantaloncini e lei comincia a piangere.
La porta si apre in quel momento, come nei film che guarda sempre dal vecchio televisore scassato che hanno nella roulotte. Debbie, una delle sue compagna, scuote sempre la testa quando entra l’eroe che salva la fanciulla. “Maddai” dice mentre si fa le unghie.
Adesso, però, Cherokee ha davanti quell’eroe e non ha più paura.

“Insomma, supponendo che l’ingaggio abbia un risvolto erotico…avremo tutto il vostro personale che ascolterà ciò che facciamo?”
“No, assolutamente.”
“Ma se dovete proteggerlo…”
“Un handler monitorerà i segnali vitali dell’Attivo, al fine di riconoscere segnali di pericolo o di sofferenza. Se il suo ingaggio comporta attività criminali l’handler potrebbe ascoltare, sì, ma in caso contrario non avrà idea di che cosa stia succedendo. Nessuno lo sa.”


Edward è così bello. E’ biondo come un principe azzurro. Non ricorda neanche dove l’ha incontrato e ora si fida di lui più di chiunque altro. Forse perché quando lo guarda negli occhi sa che lui non le farebbe mai del male. Lo sa e basta, e lei gli affiderebbe la sua vita. Così, anche mentre distrugge la faccia di quell’uomo bavoso a cazzotti, Edward sembra a Cherokee la creatura più nobile e tenera del mondo. Non le importa del sangue né delle urla, non capisce le minacce. Lo guarda ed è come guardare il sole. E quando Edward molla l’uomo come fosse spazzatura e si avvicina, lei si butta tra le sue braccia e si scioglie in lacrime. Edward la stringe, le accarezza i capelli, le dice che adesso è lì con lei e che andrà tutto bene. Cherokee singhiozza: “Forse mi ha rotto il naso. Sono brutta, non guardarmi.” Ma lui la guarda lo stesso e dice: “Non è rotto, stai tranquilla” poi, dopo una pausa “E non sei brutta.” Cherokee non è convinta e si asciuga il sangue, che rimane appiccicoso sopra il dorso della mano. Ma non prova nient’altro che amore quando Edward chiede “un trattamento ti farebbe stare meglio?” e sperando di trasmetterlo risponde “sì.”

“Lei è un uomo che può avere tutto ciò che vuole. Se quello che vuole è una ragazza vestita da cheerleader che le dica quant’è magnifico, può pagarne cento che lo facciano in modo soddisfacente per lo stesso costo di un solo giorno con un Attivo. Ma questo non riguarda ciò che vuole. Riguarda ciò di cui ha bisogno.”

Edward scende le scale in un cocente imbarazzo. Al gli sta tenendo la mano e si fa trascinare come un bambino. Al…non riesce a fare a meno di pensarlo con quel nome, anche se in realtà Al sta dormendo da qualche parte e quando si sveglierà avrà un bel po’ di domande in merito alle ammaccature sul suo corpo. Per questo Edward è lì, per evitare che si faccia male. Solo che a volte non ci riesce.
Appena salgono in macchina Cherokee si guarda nello specchietto. La conosce, sa quant’è vanitosa. All’inizio vedere suo fratello comportarsi da ragazza era un po’ disturbante, mentre adesso…è ancora disturbante, ma ogni tanto lo diverte. Quando stanno per uscire, più che altro, quando Cherokee è lì che gli zompetta attorno e che gli chiede “dove andiamo?”
Dopo no. Dopo decisamente no.
“Mi hai salvato” gli dice, come se non se ne fosse accorto. Quello che si chiede Edward è chi salverà lui dalla Armstrong. Aggressione a un cliente; potrebbero sospenderlo, togliergli Al…mandarlo nell’Attico. Scaccia un brivido come una mosca e mette in moto.
“Dovere” risponde, ed è la verità. Ma Cherokee non lo sa e si sporge per dargli un bacio sulla guancia. Lui sta guidando e non può evitarlo, a meno di spaccarsi la testa contro il finestrino e andare fuori strada. Un rischio un po’ eccessivo, anche se essere baciato dal proprio fratello non rientra tra i piaceri per cui Edward pensa che valga la pena vivere.

“Un Attivo non giudica, non finge. Questo sarà il più puro, il più genuino incontro della sua vita. E le garantisco che non lo dimenticherà mai.”

*

“Si può sapere cosa cazzo ti è saltato in mente?!”
Non avevano neanche attraversato il corridoio. Da lì, attraverso il vetro opaco, Edward vede gli Attivi nell’atrio passeggiare flemmaticamente, senza meta. Un luogo freddo, un po’ new age. Arredamento falso giapponese, falso minimalista, falso in generale. Anche certe piante non sono vere.
“Lo sai quanto ha pagato quell’uomo per Echo?!”
“Si chiama…”
“Quarantamila sterline, ecco quanto, e tu gli hai spaccato la faccia!”
“Beh, era ora che qualcuno lo facesse! Dovevate internarlo, non dargli mio fratello perché lo facesse a pezzi!”
Roy Mustang lo guarda per un attimo, poi sospira e si zittisce come a raccogliere la pazienza. La signorina Hawkeye, dietro di lui, guarda come al solito senza fiatare. Edward si sente strano, in sua compagnia, come di fronte a qualcosa di sbagliato.
“Alfons ha ricontrollato i bioritmi di Echo, e non era in pericolo di vita.”
“Lei non conosce mio fratello, lui si fida ciecamente delle persone, se aveva paura è perché…”
“Echo non è tuo fratello, Edward, è il tuo Attivo.”
“Sì, e l’ho guardato negli occhi quando ho giurato di proteggerlo.”
Mustang rimane in silenzio e distoglie lo sguardo. “Vai” gli ordina “Ne parliamo dopo. Cherokee rifiuta il trattamento se non ci sei tu.”
Edward annuisce e passa oltre a passo fiero, convinto di avere ragione. Mustang lo guarda e non riesce neanche a dargli torto. Non era tagliato per dirigere questo posto, ora lo sa, ma quello che non sa è se sia un sollievo che quel compito non sia più suo. Sospira, voltandosi verso Riza: “Dici che c’è un modo per nasconderlo alla Armstrong? Ho come l’impressione che ci prenderemo la nostra parte, per questa cazzata olimpionica.”
“E’ il nostro lavoro, Signore” risponde lei “Cerchiamo di fare del nostro meglio.”

Cherokee è accovacciata sulle scale, due uomini della sicurezza la controllano. Quando vede Edward si alza e gli corre incontro, lo abbraccia. Il naso ha smesso di sanguinare ma non lo zigomo, dove la pelle si è staccata. Non sembra rotto. A Edward non hanno mai spiegato che fine fanno gli Attivi che non sono più abbastanza attraenti da lavorare, ma crede di saperlo. C’è un solo posto, in una casa, dove si possono ammassare le bambole rotte e inutilizzabili.
“E’ l’ora del mio trattamento?” chiede Cherokee guardandolo con fiducia. Edward le accarezza goffamente la testa e annuisce, poi lascia che lo prenda per mano e salgono le scale.
Quelli sono gli occhi di Al.

Adesso Cherokee è sulla sedia, Alfons sta eseguendo lo screening. Il cervello di Al ruota su uno dei monitor come se non fosse una cosa reale. Edward lo guarda e ricorda di quando ideavano piani diabolici per rubare le caramelle che la mamma teneva da parte per gli ospiti. A quel tempo, quel cervello che a lui era invisibile era anche la cosa più cara che avesse.
Adesso è solo una struttura incompleta, una casa disabitata.
“Chiedere un ragazzo che si vesta da ragazza e poi picchiarlo perché è un ragazzo - che razza di fantasia.”
“Non la peggiore che mi sia capitata.”
Alfons si alza e si avvicina alla sedia. Edward va con lui. Cherokee rimane sdraiata come se tutto questo le sembrasse normale e lo guarda. Gli fa un sorriso. Edward ricambia sentendosi in colpa. Lo schienale della sedia si abbassa ed è solo un attimo, come una scossa elettrica. Il rumore è forte, tutte le volte che lo sente vorrebbe strappare Al da lì. E’ un’operazione dolorosa? Mentre lo studiava non se l’era chiesto. Lo schienale si rialza e Al apre gli occhi. Grandi, inespressivi. E’ così che Edward immagina qualcuno con le sinapsi bruciate dalla droga.
“Mi sono addormentato?”
“Solo per un po’ ” risponde Alfons, tirando fuori l’hardware che ora contiene Cherokee. Edward pensa a quando, in macchina, gli ha raccontato del suo gatto. Si chiama Tee Wee e per qualche motivo odia il latte. Edward ha risposto che anche a lui non piace. “Quindi quando vivremo tutti insieme avrò un sacco di latte per me” aveva risposto Cherokee sorridendo. Ma Cherokee non esiste e non esiste il suo gatto. Edward si chiede se esistano i suoi sentimenti, visto che lui è lì per percepirli. E’ stupido dispiacersi perché non puoi ricambiare l’amore di un mucchio di dati sopra un disco, no? Eppure non riesce a non sentirsi male.
Due uomini della sicurezza si avvicinano ad Al e lo portano via, probabilmente dal dottor Knox. E’ lì che le bambole vanno a farsi rattoppare quando a qualcuno sfugge il gioco di mano. Edward vorrebbe seguirlo, invece guarda Alfons che ripone Cherokee insieme a tutti gli altri imprint di Al. Impulsi umani creati dal nulla, congelati dentro uno schedario e chiusi in cassaforte. Se ci pensa ha i brividi.
“Potresti toglierle la cotta che ha per me? Mi mette in imbarazzo.”
Alfons ride e chiude la cassaforte: “Anche se potessi non correrei il rischio, Cherokee era già sull’orlo del suicidio. Adesso come adesso, tu sei il suo principe azzurro. Se ti eliminassi, chi può dire come reagirebbe?”
“E tu hai ficcato un suicida nel corpo di mio fratello?”
“No, ma quello che Cherokee prova per te non era previsto. L’ha sviluppato spontaneamente, anche se non so come.”
“E come lo spieghi, questo errore?”
“Col fatto che lavoro ventidue ore e mezza al giorno, Edward, e che voi due non mi rendete mai la vita facile.”
Edward sbuffa. Alfons torna alla scrivania e aggiorna i dati sull’ingaggio di Al. La scheda è a nome ECHO.
“Non hai neanche una teoria? Dai, ci deve essere un motivo. Cerca di capire la mia situazione, non è facile quando tuo fratello vestito da donna ti fa capire che vuole che te lo porti a letto.”
“Non lo so, Ed, un Attivo si fida del suo handler completamente…è possibile che tu fossi impresso nella memoria fotografica di Alphonse al punto da amplificare questo processo, e che un imprint vulnerabile come Cherokee l’abbia sviluppato in una forma d’innamoramento. Si può quasi dire che siate troppo legati, voi due.”
“Non vedo come si possa essere troppo legati a qualcuno.”
“Gli esseri umani si legano troppo uno all’altro. E’ un errore comune, ma che ci permette di vivere. Però ci sono anche persone che sono del tutto incapaci di legarsi ai propri simili, e per questo conducono una vita misera.” Alfons chiude la scheda di Echo. “Ecco perché esistono le Dollhouse.”

Edward è appoggiato al corrimano, per oggi non vuole più scendere le scale.
Sotto di lui, gli Attivi vivono a basso consumo. Mangiano poco, fanno esercizio, si lavano in docce comuni perché non hanno il senso della malizia né impulsi sessuali. Non mai tra loro.
Al sta tagliando i rami ad un bonsai. Anche da lì, Edward riesce a vedere la toppa che ha sullo zigomo. E’ probabile che senta dolore, ma non avendo consapevolezza di come manifestarlo lo tiene per sé. Non parla se non interrogato, non sorride se non a lui. Edward odia quel sorriso, perché è debole e accondiscendente.
Il sorriso di Al è diverso.
“La Armstrong ti aspetta nel suo ufficio.”
Edward si volta. Mustang si è appoggiato con lui, ma non troppo vicino. Quand’è stata l’ultima volta che qualcuno l’ha toccato? E’ abbastanza sicuro che sia stata Cherokee. Certo, non può biasimare nessuno. In un posto del genere la prima cosa che impari è quanto ingannevole sia il contatto fisico, e quanto poco voglia dire.
“Devo proprio…?”
Mustang fa una specie di sorriso: “Sembra di sì. Se può consolarti, dopo di te ci sono io. Mi raccomando, falla incazzare per bene.”
Edward sbuffa e si stacca dalla ringhiera. Al sta ancora lavorando sul bonsai.
“La ferita di Echo non è grave, in caso te lo stessi chiedendo.”
“Si chiama Al.”
“Chiamarlo col suo nome ti fa sentire meno in colpa? Sei fortunato, se è così, e non voglio toglierti le tue illusioni, ma dovresti guardarlo un po’ più attentamente. Non ha gusti, abitudini, umori, tantomeno sentimenti. Sa a mala pena che esisti. Chiediti se questo è ciò che vuoi chiamare ‘Al’.”


  
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