X1999 - (Future)
<<
E’ passato molto tempo dall’ultima volta che ci
siamo visti, Subaru. >>
l’uomo in questione si voltò trovandosi di fronte
una bellissima donna. Capotto
nero lungo, stivali e minigonna dello stesso colore. Camicia bianca.
Capelli color
della pece, lunghi e lisci, occhi azzurri e un tempo luminosi ma
tuttora
tristi. Pelle chiara e viso delicato.
Gli
ricordava molto Arashi.
<<
Infatti. >> rispose atono quest’ultimo.
<<
Grazie per essere venuto all’appuntamento. >>
la sconosciuta era chiaramente
in pena per lui. Da quando Seishiro Sakurazuka era morto non provava
più alcun
tipo di sentimento, avevo smesso persino di desiderare qualunque cosa.
L’unico
motivo per il quale continuava a vivere era per non cancellare
l’unica traccia
del suo amato da questo mondo. Avrebbe dato qualunque cosa per
riportare
indietro il tempo e restituirgli la persona che lui amava.
Ma
ciò non era possibile.
<<
Se sono qui è solo per mettere la parola fine a qualunque
mio contatto con la
famiglia Sumeragi, ora io sono il nuovo Sakurazukamori.
>> non vi era
alcuna inflessione nella voce ne mostrava uno sguardo particolare,
Subaru
Sumeragi era sparito insieme a quell’uomo. Più che
addolorata, l’altra distolse
lo sguardo osservando il parco che li circondava, il luogo del loro
incontro.
<<
Io invece sono qui per due motivi: il primo è scusarmi per
non aver saputo
aiutarti. >>
<<
Non devi. >> le rispose sempre atono lui.
<< Non avresti potuto
aiutarmi in alcuna maniera. Tu sei Tsubaki Suzaku, l’attuale
capostipite della
famiglia che da sempre serve il clan Sumeragi. >> fece
una breve pausa
alzando lo sguardo verso il cielo terso. <<
Nonché la donna che mia nonna
aveva scelto per me. >>
<<
Già. >> Tsubaki ripensava alla sua infanzia e
a tutti i momenti trascorsi
con i due gemelli. Quanto le mancava Hokuto, se lei fosse stata ancora
in vita
ora non sarebbero ridotti così.
<<
Tu >> cercò di attirare la sua attenzione lui
vedendo che era persa in
chissà quali pensieri. << hai detto che sei
venuta qui per due motivi. Il
primo l’ho capito, il secondo? >> lei sorrise e
la luce che da sempre le
apparteneva riprese a brillare come un tempo.
<<
Per farti rivedere una persona. >> e si fece da parte per
mostrargli
qualcuno di particolare. Subaru
seguii il suo sguardo e capì a chi si stesse riferendo.
<<
Lei? >> niente sorpresa, niente gioia o dolore. Niente. I
suoi occhi non
dicevano nulla e lei si senti nuovamente abbattuta.
<<
Proprio così. >> guardò dolcemente
verso una panchina.
<<
Hokuto… >>
<<
Tua figlia. >> gli disse con gentilezza prima di
correggersi da sola.
<< anzi, nostra
figlia.
>>
<<
Il figlio che concepimmo quella notte. >> Tsubaki,
rricordando gli eventi
precedenti a quei cinque anni, iniziò a raccontare.
<<
Tua nonna era disposta a cederti la tua libertà e a
lasciarti vivere come un
Drago del Cielo a patto che tu lasciassi un erede. Avevamo entrambi
vent’anni e
per il bene della famiglia accettammo. Quella fu la prima e
l’ultima volta che
ci toccammo. Fortunatamente rimasi subito incinta e dopo nove mesi
diventammo genitori.
Tuttavia… >> non riuscì a
continuare e Subaru lo fece per lei.
<<
Tuttavia, io mi sono interessato pochissimo alla bambina ed
è cresciuta
praticamente senza padre. >>
<<
Esatto. >> sospirò per nulla intenzionata a
rinfacciargli quella storia.
Sapeva a cosa andava incontro quando aveva accettato di mettere al
mondo suo
figlio. Non era giusto fargliene una colpa. Entrambi osservavano la
piccola
creatura di cinque anni che giocava al parco insieme ad un cane. Era
praticamente identica ai gemelli quando erano piccoli.
<<
Le somiglia molto? >> chiese Subaru senza un vero
interesse.
<<
Assomiglia a entrambi. Ha la tua stessa dolcezza ma possiede anche la
forza di
tua sorella, e la mia pazienza. >> rise appena senza
allegria. Ormai il
tempo dei giochi era finito per tutti e due.
<<
Dunque, Tsubaki, perché sei qui? Per quale vero motivo?
>> la donna
divenne improvvisamente seria, gli occhi puntati su quello che
è stato e che sempre
sarà il suo grande amore. Un amore che non sarà mai ricambiato. In questo erano uguali.
<<
Ora che tu sei diventato Sakurazukamori, toccherà ad Hokuto
portare avanti la
tradizione di famiglia come quattordicesima capostipite. Un giorno,
forse tra
una decina d’anni, lei verrà a cercarti. Sappilo.
>> un forte vento si
alzò come a voler testimoniare la gravità di
quelle parole e la promessa
implicita nascosta in esse.
<<
Questo lo sapevo già. Sarebbe stato impossibile per te o per
mia nonna
uccidermi. >>
<<
E comunque sia mai l’avremmo fatto. >>
osservò ancora una volta la sua
piccola giocare felice e spensierata prima di tornare a lui.
<< Questa è
l’ultima volta che ci vediamo. >>
<<
So anche questo. >> Subaru ormai non riusciva a provare
più niente.
Voleva dispiacersi per ciò che aveva fatto a Tsubaki ed a
Hokuto ma era
inutile, non ci riusciva. Lui era solo un automa che uccideva le
persone per
tenera in vita un albero e così il suo amato. Niente di
più.
<<
Mammina! >> la bambina si avvicinò di corsa
verso la donna e aprì le mani
facendo vedere un uccellino ferito. << L’ho
trovato vicino ad un albero,
posso curarlo? >> domandò speranzosa di
ricevere risposta positiva, cosa
che avvenne.
<<
Ma certo tesoro, lo porteremo a casa con noi. >> dal suo
sorriso
traspariva tutto il suo amore di madre. Sua figlia era la persona che
per lei
era più importante e avrebbe fatto qualsiasi cosa per il
bene, anche andare
contro alla persona che amava di più.
<<
Evviva! >> esultò felice alzando le mani
contenenti il volatile. D’un
tratto i suoi occhi si posarono sulla figura dell’uomo
vestito anch’essi di
nero. << Chi è questo signore, mamma?
>> era una domanda totalmente
innocente eppure era quanto di peggio potesse chiederle. Subaru rimase
in
perfetto silenzio lasciando a lei il compito di rispondere. Non poteva
dirle la
verità, era fuori discussione.
Forse,
un giorno capirà…
<<
E’ un mio vecchio amico. E’ venuto qui per
salutarmi perché lui deve partire e
quindi non ci rivedremo per molto, molto tempo. >>
concluse con una vena
di tristezza che però era ben lontana dall’essere
percepita dalla figlia.
<<
Capisco, allora buon viaggio signore. >> lo
salutò piena di allegria e
con un bellissimo sorriso che assomigliava in maniera spaventosa a
quello della
persona da cui prendeva il nome. << Mamma, andiamo a
prenderci un gelato?
>>
<<
Certo tesoro, tu torna a giocare con Inu, io vengo subito.
>>
<<
Va bene. >> si girò pronta per tornare
indietro quando si ricordò di una
cosa importante. Ritornò a guardare l’amico della
mamma. << Ciao signore,
ci rivedremo prima o poi. >> quello era forse il sorriso
più bello che
avesse mai rivolto a qualcuno. Chissà che non avesse
inconsciamente capito la
verità.
<<
Spero che nel momento in cui scoprirà tutto sarà
disposta a perdonarmi.
>>
<<
Lo farà sicuramente, dopotutto è mia figlia. Un
giorno saremo costretti a
combattere l’uno contro l’altra. >>
<<
Questo non è detto. >> fece una breve pausa
prima di proseguire. <<
sappi che da parte mia farò di tutto perché
diventi una perfetta onmyoji.
>> vi era la massima serietà nella sua voce,
come seri erano i suoi
occhi.
<<
Non mi sarei aspettato nulla di meno da te. >>
fissò un punto imprecisato
davanti a lui per alcuni istanti prima di voltarle le spalle.
<< Ora devo
andare. >>
<<
Addio, Subaru. >>
<<
Addio, Tsubaki. >> lo guardò allontanarsi
lentamente, senza alcuna
fretta, come se del tempo non gli importasse nulla. E probabilmente era
così.
<<
Subaru. >> si fermò sentendosi chiamare ma non
si voltò.
<<
Non è detto che tu e Hokuto siate destinati a battervi.
>> abbasso il
voltò sempre sorridendo << Dopotutto, il
futuro non è ancora stato deciso. >>
una piccola pioggia di petali li
avvolse, mossi dal piacevole venticello che si era nuovamente alzato.
<<
Non sono forse i nostri desideri a decidere il nostro futuro?
>> senza
darle alcuna risposta e, così com’era arrivato,
Sakurazukamori scomparve. Senza
preavviso un lacrima scese solitaria sul volto della donna.
<< Addio,
amore mio. >>
<<
Mamma? >> sentendo la voce della piccola si
asciugò subito la guancia e
si voltò a guardarla.
<<
Si? >>
<<
Sei triste. >> non era una domanda ma
un’affermazione, era sempre stata
brava a capire certe cose. Era preoccupata, non voleva vedere la sua
mammina piangere.
<<
Un po’ tesoro, ma ora è tutto passato. Andiamo?
>> le allungò la mano,
mano che Hokuto afferrò subito.
<<
Sì! >> insieme si avviarono fuori dal parco,
mano nella mano e sorriso
nel sorriso. Più in alto, su un palazzo che affacciava sul
quel frammento di
terra, Subaru le osservava impassibile.
<<
Hai ragione tu, Tsubaki. Sono i nostri desideri a decretare il nostro
futuro…
ed è per questo che un giorno sarà proprio mia
figlia, il capo della famiglia
Sumeragi, ad uccidermi. Così che io possa raggiungere
Seishiro e mia sorella.
>> diede loro un ultima occhiata prima di indossare i
guanti neri.
<< E’ ora di mettersi al lavoro.
>>
Per
quanto cerchino di
separarle, le strade dei Sumeragi e dei Sakurazuka sono destinate a
incrociarsi
per sempre. La prima salvando vite umane mentre la seconda togliendo le
vite
agli altri. Si dice che i Sakurasukamori possano essere uccisi solo
dall’unica
persona che ameranno al mondo. Potrà, allora, Hokuto
riuscire a uccidere suo
padre? E lei vorrà ucciderlo veramente?
Questo
solo il destino può dirlo… ma, in fondo,
è tutta una questione di desideri.
Fine.
Salve a tutti, cari lettori.
^^
Se ho deciso di scrivere
questa roba è perché ci sono
degli interrogativi che mi sono rimasti.
Primo: che en
sarà di Subaru? Chi lo avrebbe
ucciso/salvato? Ecco la riposta. Secondo: cosa ne sarebbe stata della
famiglia
Sumeragi ora che il suo erede ha dato buca? Ci pensa la bambina.
Suzaku Tsubaki: è
un personaggio che da sempre esiste
nella mia testa e che da sempre ho associato a Subaru. Suzaku
è la “fenice
vermiglia” ed è il simbolo associato
all’imperatrice. Tsubaki significa
“camelia” ed è fiore senza profumo.
Shizuka, la madre di Seishiro, prima di
morire stava curando delle camelie. Questo per far capire che non
è una scelta
tirata a caso ma ben precisa.
Grazie a chiunque
leggerà, recensirà e inserirà la
fiction
da qualche parte, anche nel forno. XD
Saluti da Koishan la folle.
^^