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Autore: Japanlover86    30/11/2010    4 recensioni
Com'é nata l'amicizia tra le Sailor e Serenity nel passato Silver Kingdom? Quali circostanze hanno portato a condividere lo stesso destino?
Dal Prologo:
"Guardando sua figlia immersa beatamente nel mondo dei sogni, Selene si rammaricò di non poter proteggerla da un percorso già predestinato. Sapeva che il fato l’aveva scelta per compiere grandi imprese e lei non poteva opporsi. In gioco c’era la vita del suo popolo e di quelli che abitavano la galassia."
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Inner Senshi, Nuovo personaggio, Serenity
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
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Le Quattro Pietre del Destino... Il Destino delle Quattro Pietre.

Nota: i personaggi di Sailor Moon, detenuti da Naoko Takeuchi, non mi appartengono. 

 

 

 

 

 

 

 

Le Quattro Pietre del Destino,

Il Destino delle Quattro Pietre.

 

 

 

 

 

 

 

La disprezzava.

Anzi, no… la odiava. Con tutta l’anima.

Anima mutilata e corrosa dall’amore che provava per lei.

E quel sentimento tanto intenso quanto malsano si era trasformato in sdegno, finché il risentimento causato dal di lei rifiuto non era sfociato che in una devastante ostilità distruttiva. 

Perchè? Perché non lo aveva scelto?

Stupida.

Lei avrebbe potuto sedersi accanto a lui come sovrana se fosse rimasta al suo fianco. Già la vedeva compagna fedele nel suo piano di dominazione della galassia. Avrebbe potuto elevarsi al di sopra di tutti gli altri. E invece… si era accontentata del ruolo di guida per la sua gente.

Sporca traditrice.

Aveva preferito lui. Un misero lunare. E nemmeno nobile.

Ma per lei lo era.

Com’è che l’aveva chiamata? Ah, sì… Nobiltà d’animo.

Nient’altro che debolezza, secondo lui.

Come aveva potuto non scegliere la potenza e la superiorità che aleggiavano come un’aura intorno a lui? Aveva creduto che lei, maestosa regina, fosse affascinata da uomini di pari lignaggio.

Falsa.

Aveva anelato ardentemente di essere l’oggetto dei suoi sguardi luminosi.

Glielo aveva detto durante la serata del Ballo d’Inverno, approfittando della momentanea assenza del suo cavaliere. L’aveva trascinata in una saletta, arso dal desiderio violento di dimostrarle i suoi sentimenti.

Ma la freddezza dei suoi occhi celesti lo avevano raggelato all’istante. E seppe, ancor prima di parlare, ciò che il suo cuore si rifiutava di ammettere.

Non sarebbe mai stata sua.

Le aveva concesso l’altissimo onore di essere la sua compagna e lei aveva osato respingerlo!

Morta.

La voleva morta.

Così non sarebbe stata di nessun altro.

Ma proprio nel momento in cui stava per attuare il suo piano, quel maledetto cristallo aveva reagito, scaraventandolo dall’altra parte della stanza.

Il dolore delle ferite non era stato nulla in confronto all’umiliazione di essere stato sconfitto da una donna.

Aveva accolto quasi con piacere le sue parole che gli annunciavano il bando dal Silver Kingdom. Per lui, equivalsero a una sfida. Che non avrebbe perso.

Un giorno, lui sarebbe ritornato. E se lei non voleva fargli compagnia da alleata, allora l’avrebbe affiancato da schiava.

 

 

Sedici anni.

Sedici lunghissimi anni erano passati da quel giorno.

Interminabile lasso di tempo durante il quale si era preparato.

Aveva organizzato tutto, pianificato ogni dettaglio. In quanto Re, era stato facile comandare le menti del suo popolo.  

La vendetta è un piatto che va consumato freddo.

Se voleva abbatterla, schiacciarla, – Dio, quanto voleva farlo! – doveva cominciare dai bordi, per poi puntare dritto verso il centro. E così avrebbe fatto.

Lei si sarebbe ritrovata privata di tutti i suoi amici e alleati.

Il suo regno sarebbe andato distrutto così come i suoi cari.

E avrebbe chiesto sicuramente pietà.

Un ghigno malefico attraversò repentino il suo volto.

Non l’avrebbe risparmiata.

E nemmeno sua figlia l’avrebbe scampata.

Sì, lo aveva saputo. All’epoca, le notizie del matrimonio con l’insulso lunare e la nascita della bambina avevano trasceso i confini del sistema solare ed erano giunte fin lì a Tsuguria, piccolo pianeta ai margini della galassia.

Ricordava bene quel periodo: l’harem era stato un ottimo posto per dare sfogo ai suoi impulsi. La rabbia famelica si acquietava solamente al calar della notte quando, soddisfatto e rigenerato, lasciava quel luogo per ritirarsi nelle sue stanze.  

Dall’alto del suo scranno, egli si riscosse dai suoi pensieri e si alzò fulmineo, bramoso di raggiungere la sala attigua.

Varcata la soglia, si fermò un istante ad ammirare il grezzo bacile di ossidiana che troneggiava al centro della stanza.

Appena si avvicinò, il liquido putrido contenuto in esso gli restituì l’immagine della Regina e di una ragazza più giovane. Non l’aveva mai vista ma non poteva sbagliarsi sulla sua identità. La futura erede le somigliava come una goccia d’acqua. Questo bastò per odiarla ancora di più.

La vista, però, si concentrò sulla figura esile della Regina. Straordinario come non fosse cambiata nel corso degli anni. Non sapeva se lo eccitavano di più quegli occhi magnetici capaci di ipnotizzarlo o le curve sinuose del suo corpo perfetto e immutabile.

Lentamente, si mosse in avanti fin quasi a toccare con le labbra l’orecchio delicato che la superficie liquida gli mostrava.

L’oscurità asfissiante della stanza fu il solo testimone che accolse il suo sussurro carico d’odio.

-“E’ giunta la tua ora, Selene.”- mormorò Chaos.

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“È giunta la tua ora, Selene...”

 

Si svegliò di soprassalto, scattando a sedere.

Realizzando di essere nel suo letto, tentò di calmare il respiro accelerato e la corsa impazzita del suo cuore.

I suoi occhi misero a fuoco a poco a poco i mobili della sua camera appena rischiarata dai deboli raggi lunari. Non c’era anima viva in quella stanza a parte lei.

Eppure, qualche istante prima, avrebbe giurato di trovarsi al cospetto di una presenza malefica all’interno di un palazzo oscuro.

Era solo un incubo, rifletté per calmarsi.

Ma il pensiero le causò un’altra fitta d’inquietudine e le strinse il cuore in una morsa: erano passati anni dall’ultima volta che lei aveva avuto incubi.

Quel sogno significava forse qualcosa? Era forse un presagio?

Si rimise stesa, cercando di recuperare il tepore delle lenzuola di seta azzurra che le avevano offerto riparo fino a pochi attimi prima.

Ma il gelo del suo giaciglio le procurò un brivido che scosse il suo intero corpo.

Non è certo il freddo che mi fa reagire così, pensò con amarezza.

Provò a ricordare come era arrivata a fare quel sogno. Il brusco risveglio non aveva ancora cancellato dalla sua mente l’immagine indistinta dell’entità maligna. Raggiungendola di soppiatto, l’aveva presa proprio mentre lei attraversava la sala del trono. Un fremito di disgusto attraversò il suo corpo al pensiero delle sue forti mani che l’avevano afferrata per i fianchi e avevano accarezzato la sua pelle diafana, tentando di violarla. Prigioniera delle sue rudi carezze, lei aveva provato inutilmente a liberarsi. Si era risvegliata solamente dopo aver sentito quelle parole di condanna.

La sua voce fredda e tagliente le rimbombava ancora nella testa. Era certa che appartenesse a qualcuno del passato ma non riusciva a collegarla a un volto specifico.

 

La visione che aveva avuto lasciava intendere che qualcosa di grave era in arrivo.

Dopotutto, anche la sua defunta madre le diceva sempre di credere nei sogni, sia quelli belli che quelli brutti. I sogni sono la manifestazione dei sentimenti del cuore – affermava – ma i tuoi, figlia mia, sono speciali: hanno il potere di rivelare ciò che accadrà.

Decise di verificare all’istante le sue ipotesi. Se prima aveva sperato di riaddormentarsi, ora un compito urgente la teneva ben sveglia e lucida.

Si alzò, prese la sua vestaglia di raso bianco e uscì.

Con passo veloce, percorse sicura i corridoi del suo palazzo, addentrandosi nelle sue profondità. Solo quando giunse davanti a un portone di legno bianco intarsiato con fili d’argento, si concedette un momento di indecisione.

Forse stava sbagliando. Forse il suo sogno non significava nulla. Non c’era ragione di accedere a quella stanza se non per una sua stupida paura che poteva risultare ingiustificata.

Ancora una volta, le parole di sua madre la guidarono.

Segui il tuo cuore.

Avanzò di un passo e le ante del portone si aprirono, avvertendo la sua regale presenza.

E lei entrò.

 

Quella stanza dal soffitto alto e candido custodiva il Cristallo d’Argento, sua essenza e fonte inesauribile di potere. Non era certo un caso se l’accesso era riservato solo alle discendenti della stirpe lunare, le più idonee ad attingere l’energia contenuta e a fondersi con essa. Al centro, una teca trasparente proteggeva la pietra lunare che risplendeva fulgida, illuminando l’intera sala con i suoi bagliori iridescenti.

Rincuorata dalla piena potenza della pietra, la Regina Selene si avvicinò con passo leggiadro.

Era arrivata lì ma non sapeva ancora cosa fare.

Il suo sguardo volò in ciascuna direzione intorno alla teca, sperando che qualcosa fuori posto la inducesse a pensare a un indizio da seguire.

Tutto era immacolato e in ordine.

Scoraggiata e affranta, la Regina stava per andarsene quando all’improvviso il Cristallo emise una luce abbagliante che la costrinse a coprirsi gli occhi. Dopo attimi interminabili, Selene ebbe il coraggio di scrutare nella camera.

Illuminata da riverberi argentati, una pergamena arrotolata fluttuava in aria a pochi metri da lei. Con mani tremanti, la afferrò e lesse:

 

 

Un antico nemico tra le pieghe dello spazio è celato,

il tempo della pace è ormai terminato.

Il regno per mano sua cadere dovrà,

inevitabile la fine giungerà.

Ma rifiorisce della sopravvivenza la speranza

se accordi e amicizie rinsalderan l’Alleanza.

Il potente avversario dall’odio feroce si prepara,

colpirà con violenza la progenie cara.

Sono quattro guardiane la di lei salvezza

e quattro pietre la loro certezza.

Discendenti dai pianeti esse sono,

di regale stirpe il loro trono.

Combattiva è una, e orgogliosa,

consulta il fuoco senza posa.

In colei dovrete riporre la vostra fede

poiché è dell’agguerrito Marte l’erede.

Un’altra ha la sapienza dalla sua parte

e la fredda logica è la sua arte.

Derivato da Mercurio è il suo regno,

sulla principessa lascerà sicuramente un segno.

La terza ha del fulmine la potenza,

nella di lei forza vedrai di Giove la presenza.

Alta e snella, romantica e delicata,

in cucina le sue mani son di fata.

L’ultima ha di Venere la beltà,

ma dietro una superficiale vanità

si nasconde una leader perfetta e pronta

a non subir dell’affronto l’onta.

Ecco, dunque, la strada è segnata:

irta e di oscuri pericoli sarà costellata.

Incerto è l’assicurarsi di un futuro,

affrettatevi, se volete il regno duraturo.

 

 

Ecco il segno che cercava!

Piena di riconoscenza, la Regina accarezzò il Cristallo con le sue lunghe dita affusolate, come tacito ringraziamento per averle mostrato la via da seguire.

Ora sapeva.

Certo, la profezia aveva molti punti non chiari ma almeno il primo passo era tracciato: doveva ristabilire i contatti con gli altri pianeti.

E l’unica persona che poteva aiutarla era sua figlia, Serenity.

Si volse, pronta per tornare nelle sue stanze, ma un sonoro scatto proveniente dalle quattro colonne posizionate agli angoli della stanza la fece fermare. Si ricordava di averle distrattamente guardate nel momento del suo ingresso della stanza: il marmo bianco di cui erano fatte si presentava uniformemente liscio al suo tocco. Ora, invece, le mostravano il loro segreto: cavità che avevano aspettato quel momento per essere scoperte.

Se il vano della colonna alla sua destra conteneva un lucente zaffiro, il nascondiglio del pilastro di sinistra ospitava un brillante topazio. I due gioielli rimanenti si rivelarono essere il rubino di Marte e lo smeraldo di Giove.

Selene si diresse verso il Cristallo. Aprì la teca e, come ebbe in mano il Cristallo, lo assorbì all’interno del suo corpo. Poi fu la volta delle pietre. Dopo averle delicatamente avvolte nella pergamena, lasciò la stanza.

Aveva scoperto facilmente tutto ciò che c’era da trovare.

Ma la parte più difficile doveva ancora presentarsi, se lo sentiva.

 

A metà del corridoio, si arrestò improvvisamente e prese una direzione opposta a quella pensata poco prima. Percorse tutto il palazzo fino ad arrivare nell’ala est.

Spinse la porta davanti a lei che si aprì silenziosa, dandole l’accesso agli appartamenti della principessa.

Non si stupì nel trovare la figura dormiente di Serenity nel suo letto a baldacchino.

Sedendosi sul bordo, Selene si soffermò a osservare il volto placido della figlia, illuminato da un piccolo sorriso.

Chissà cosa starà sognando.

Serenity aveva l’innato potere di rallegrare le persone semplicemente con la sua presenza. Qualità che le sarebbe servita molto presto, pensò con dolore.

Guardando sua figlia immersa beatamente nel mondo dei sogni, Selene si rammaricò di non poter proteggerla da un percorso già predestinato. Sapeva che il fato l’aveva scelta per compiere grandi imprese e lei non poteva opporsi. In gioco c’era la vita del suo popolo e di quelli che abitavano la galassia.

Sperò solo che gli eventi che la attendevano non le facessero perdere la spensieratezza che la caratterizzava.

Dopo aver depositato un lieve bacio sulla fronte di Serenity, la Regina si alzò e raggiunse la soglia.

-“D’ora in avanti, il mondo non sarà più come lo abbiamo conosciuto.”- mormorò prima di scomparire nell’oscurità del corridoio.

 

 

 

 

 

 

Note dell’Autrice

 

Salve a tutti!! Come avevo già annunciato, sono ritornata con questo mio primo esperimento di long-fic a più capitoli. Questo, ovviamente, è solo il prologo.
Sinceramente parlando, non mi sento molto soddisfatta di questo capitolo. Ci ho messo tre giorni per scriverlo in mancanza della mia solita ispirazione e mi sa che ci sono parecchie imperfezioni. Cmq, che ne dite?
L’idea di questa storia ambientata nel passato Silver Kingdom è partita da una domanda: com’è nata l’amicizia tra le Sailor e Serenity? Se non sbaglio, sia nel manga che nell’anime non viene approfondita questa parte della storia (oppure me la sono proprio persa!) e così mi è venuta l’idea di svilupparla io, cercando di restare il più fedele possibile agli elementi del passato ma inventando comunque la storia dietro e le circostanze. Spero che questa storia sia di vostro gradimento e che vi piaccia.
Altra cosa: la trama della storia è interamente delineata nella mia mente (c’è giusto da limare qualche dettaglio!) quindi non c’è pericolo che io sospenda il mio lavoro. L’unico fatto è che gli aggiornamenti non saranno rapidi (e di questo, mi scuso già con voi lettori…^^'). Se tutto va come deve andare, aggiornerò una volta al mese probabilmente verso la prima settimana. Devo prendere del tempo per scrivere, rileggere, correggere, perché sono un po’ perfezionista. E poi perché i capitoli li scrivo durante questo lasso di tempo. Se invece mi accorgerò di essere indietro, cercherò comunque di sbrigarmi. Questo allungamento dei tempi sarà “in vigore” solo fino a marzo 2011, mese che per me sarà molto speciale. Dopo sarà più semplice per me rispettare le scadenze e magari accorciare i tempi di pubblicazione.
Se volete, fatemi sapere cosa ne pensate di questo inizio. Come scrivo sempre, tutti i commenti, sia positivi che negativi, sono ben accetti e graditi. Ovviamente, quelli positivi fanno più piacere ma anche le critiche costruttive servono a migliorare… e vi assicuro che ne ho tanta di strada da percorrere!! (^^)

A questo proposito, vorrei ringraziare di cuore le persone che hanno recensito la mia fic precedente “Emergenza!... C’è un mostro in casa mia!”: pingui79, Enid, Garth Herzog, ShessomaruJunior, maryusa, lagadema e luciadom.
Tantissimi grazie li rivolgo anche a chi l’ha inserita tra le preferite (Agnese94, LadyMars, ShessomaruJunior), a chi l’ha inserita tra le ricordate (ShessomaruJunior) e a chi l’ha inserita tra le seguite (ShessomaruJunior).

Dopo queste mie interminabili chiacchiere, vi saluto sperando di risentirci per fine dicembre/inizio gennaio.
A presto!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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