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Autore: melania    02/12/2010    10 recensioni
Ciò che ti lega a Lui: quella dipendenza mentale, fisica dal suo Essere. E' ossigeno. E' come ossigeno.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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*

Ipossia
*

 

{Sintomi. Condizione patologica determinata da una carenza di ossigeno nell'intero organismo o in una sua regione; genera uno stato di confusione e spaesamento, paragonabile a quello di ubriachezza.

I primi tessuti a risentire della mancanza o del calo di ossigeno sono i tessuti nervosi, in particolare il cervello, l'apparato visivo e quello uditivo, lo scarso apporto di ossigeno al cervello provoca una percezione sbagliata dei colori e un restringimento del campo visivo, oltre che una perdita della visione centrale.}

 

 

 

 

Ossigeno.

 

Ossigeno.

 

Ossigeno.

 

Merlin si sveglia faticosamente, le coperte di lana sono dei macigni sul corpo, lo soffocano. La camera è avvolta nell’oscurità, l’alba è lontana e fredda, nuvolosa. Cerca di alzarsi, barcolla. Con la magia accende la candela vicino alla branda, tutto si rischiara, eppure la fiamma sembra affaticarsi per conquistare quegli sprazzi di luce. Gli sembra di essere dentro una caverna scura e bassa…avverte quell’umidità penetrare nelle ossa.

Rimane immobile e seduto, una sensazione pesante all’altezza del petto. Infine si alza e le gambe non cedono ma la testa sembra girare in un vortice impazzito.

Si veste lentamente, le braccia due pezzi di carne scollegati dal corpo, pesanti e così ingombranti.

 

 

Esce dalla camera e Gaius non c’è, non ricorda se gli avesse detto qualcosa a riguardo il giorno prima. Forse è andato a cercare erbe o in missione in qualche villaggio.

È tutto avvolto nel chiarore timido del mattino e l’aria è pesante e carica di odori. Polvere e vecchiume e vetro sporco.

Dovrebbe mangiare ma non ha fame, solo una nausea persistente che gli scava lo stomaco e la mente.

 

 

A passi malfermi si reca nelle Cucine Reali e prende, senza in realtà neanche vedere davvero, la Sua colazione. Pezzi di pane e del formaggio. Forse della carne. Gli odori lo nauseano e le voci squillanti delle cuoche, lo infastidiscono. L’aria è così greve, sembra si attacchi ai vestiti, spingendolo inesorabilmente verso il pavimento di pietra.

Quando finalmente esce dalle Cucine, cerca di calmare il respiro leggermente affannoso, ma con scarso successo. Si appoggia con la schiena al muro freddo dei corridoi, vuoti.

Sente nel silenzio opprimente, il battito feroce del cuore. È un tamburo da guerra e il suono ritmico e cadenzato rimbomba nella cassa toracica.

Chiude gli occhi e cerca di prendere un grosso respiro, inutilmente. L’aria è fredda nel corridoio, lontana dalle fonti di calore e dal sole e sembra conficcarsi in aghi appuntiti in gola.

 

 

Incomincia a muoversi, a salire, gradino dopo gradino, gradino dopo gradino, lungo la scala che lo porterà alle Sue stanze. Il vassoio è pesante nelle mani, come può riuscire a non farlo cadere? A tratti vacilla, le mani tremano leggermente per lo sforzo e la vista pare annebbiarsi.

Quando mancano pochi gradini, finalmente, si ferma, cercando di recuperare il respiro. Ancora quel silenzio opprimente, nessuna guardia, nessun servo. Il Castello pare addormentato in quell’Ala.

 

 

Altri due gradini, sembra impossibile sollevare le gambe, un dolore serpeggiante nei muscoli. Quando è davanti alla Sua porta, pensa di avercela fatta. Anche quella mattina.

Non bussa, non servirebbe: nessuno risponderebbe. Con la magia apre la porta pesante, le mani occupate e tremolanti. Qualche altro passo lento e strascicato ed è dentro.

La porta si richiude alle spalle, con un rumore attutito nonostante il colpo.

 

 

 

Merlin chiude gli occhi, calmando il respiro. L’aria lì dentro è calda e piacevole, merito delle braci ancora calde nel camino.

Con passi meno malfermi posa il vassoio sul tavolo massiccio, poi si dirige verso la finestra vicino al Suo letto e la apre. La timida luce del mattino rischiara la camera in penombra, il sole è all’orizzonte. Avverte quella pesantezza incominciare a diradarsi, come l’acqua notturna di una marea, e lasciare una calma placida e rilassata nel corpo. Rimane fermo in piedi, gli occhi persi nel paesaggio verde immerso ancora nella nebbiolina, così rarefatto…sembra un sogno, paiono dei campi appartenenti alle trame del sonno, delle nuvole soffici.

Ascolta i rumori, ancora attutiti, della Città Bassa che si risveglia. Il giorno è iniziato ed è tempo che anche Lui si svegli.

Merlin sorride e si gira, posa gli occhi su ciò che ha di più caro al mondo. È solo in quegli istanti, prima che lo svegli, prima che escano da quella stanza, che può permettersi di osservarlo, baciarlo con gli occhi, perdersi nei pensieri.

E Lui non è perfetto (non vi potrebbe essere imperfezione più amata, aggiunge la sua mente incantata), ma la Sua arroganza, la Sua stoltezza, il Suo essere così viziato ed egocentrico sono ricompensati da una tale bontà e gentilezza d’animo, senso dell’onore e coraggio che Merlin…

Sospira, vinto, come ogni mattina.

 

Si avvicina al letto e si siede sopra, accanto alla Sua figura addormentata. Gli occhi si perdono lungo il Suo viso di giovane uomo, sulle Sue ciglia bionde e sulla Sua bocca dolce e carnosa. Conosce il sapore di quelle labbra, ricorda il dolce possesso che possono pretendere sulla sua pelle.

La stanchezza è dimenticata e i dolori al corpo, un antico ricordo. Si china su di Lui e passa lentamente una mano non più tremolante fra i suoi capelli di lino. Lo sente mugugnare lentamente, una leggera smorfia sul viso.

 

-          E’ ora. Svegliatevi.

 

 

Continua ad accarezzargli i capelli. Lui non ha mai accennato apprezzamenti per quel tipo di risveglio ma Merlin sa che li ama. Se fosse un enorme felino, come quelle bestie che abitano le Terre Lontane, farebbe le fusa, un sorriso pigro e soddisfatto sulla bocca perfetta.

 

E finalmente apre gli occhi. Un leggero tremolio delle ciglia e poi si guardano.

 

 

 

 

Arthur è sveglio.

 

 

 

Ossigeno. Ossigeno.

I suoi occhi sono su di lui, ora questo è importante. È ossigeno nei polmoni il suo sguardo dolce e ancora assonnato, la carezza ruvida accennata sul dorso della mano. È ossigeno quel sentimento che li lega in una crisalide effimera eppure durevole. È ossigeno, lo sente scorrere nel sangue, giungere al cuore. Lo sente ricolmo di vita.

E finalmente, finalmente, ritorna a respirare. Come ogni mattina.

 

 

{Terapia. Somministrazione frequente e controllata di ossigeno.}

 

 

FINE

 

 

 

E’ stato un esperimento, riuscito o meno, di esprimere quella dipendenza che a volte lega due innamorati (come una malattia), legandoli. E’ ovvio che Merlin non è davvero malato d’ipossia: è solo un’immagine mentale che si esprime nella sua dipendenza fisica da Arthur (il suo “ossigeno”).

Volevo rendere la differenza fra il risveglio di Merlin (l’oscurità, quella sensazione di pesantezza che lo avvolge, la difficoltà nel respirare) e l’entrata nella camera di Arthur (la luce, la calma, il respiro finalmente normale). Non so se ci sono riuscita.

Un grazie sincero a chi vorrà leggere e/o commentare questa storia.

   
 
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