I’LL CARRY YOU
“Ti
sei calmato?”
Tenendo saldamente il partner per le spalle, Shotaro ne osservava
preoccupato il viso tirato e pallido solcato di lacrime; il moro, poggiato
contro di lui, singhiozzava appena.
Calava la sera, e i due detective erano i soli esseri umani lì intorno,
tutto era tranquillo, troppo tranquillo se contrapposto alla confusione della
lotta di poco meno di un’ora prima; Hidari era seduto per terra, accanto a
Philip che sembrava essere sprofondato in una disperazione tale da annientarlo,
il ragazzo non riusciva a muoversi, il suo corpo non ne voleva sapere di
rispondere alle sollecitazioni, nemmeno la voce riusciva a uscire per rispondere
al compagno.
Potè
solo annuire leggermente, abbandonandosi stancamente tra le braccia
dell’amico.
Shotaro gli scostò una ciocca di capelli dalla fronte sudata e cercò di
asciugargli il viso con la manica della giacchetta, ma senza sciogliere il
contatto con lui: “Mi spiace, aibou…” sussurrò il bruno, stringendogli
brevemente la vita, “Non te lo meritavi…” borbottò con astio, osservando il
cielo sanguigno al tramonto, “Non ti meritavi tutto
questo…”.
L’espressione di Hidari s’indurì, ripensò a quell’anno passato con il
compagno dopo la fuga dal laboratorio, i risultati che erano riusciti a ottenere
nel loro rapporto, un rapporto che si era sempre più rafforzato con il passare
del tempo, rapporto che si era infine esteso anche ad Aki-chan e a Teruii, un
rapporto che aveva portato un minimo di serenità a Philip, che era riuscito a
lasciarsi tutto alle spalle.
E
ora, tutto era stato buttato al vento per due sole
parole.
Sonozaki Raito.
Il
vero nome di Philip.
Un
nome che bruciava sulle labbra per quanto dolore portava con sé, un cognome
pesante da sopportare, poiché entrambi erano consci di quello che comportava,
ora che sapevano veramente quello che la famiglia del moro era in
realtà.
Imprecando a mezza voce, Joker si sfregò la guancia sporca di sangue,
osservando le dita arrossate con disappunto: certo che una cosa il suo partner
aveva imparato di sicuro in quell’anno.
A
menare le mani non era secondo a nessuno.
Oh
beh, poco male, se era servito a calmarlo, il giovane detective si sarebbe
offerto volontario come sacco da boxe anche per il futuro; almeno adesso non
urlava più come quando lo aveva trovato, in lacrime a terra, con le braccia
piene di graffi, le mani strette al petto.
Aveva
faticato non poco per tenerlo fermo, in verità, non avrebbe mai sospettato che
in un corpo così sottile si nascondesse una forza simile, Philip era riuscito a
respingerlo quattro volte prima che egli riuscisse ad abbracciarlo e a
tranquillizzarlo, finalmente.
Shotaro sospirò con aria stanca, osservando vacuamente la strada deserta:
“Aibou… Dovremmo tornare a casa, Akiko sarà preoccupata per noi.” disse lui a
voce bassa, portando una mano a sfiorargli i capelli umidi di pianto e di
sudore; debolmente, il ragazzo scosse la testa, accoccolandosi maggiormente
contro la sua spalla, “Sonozaki… Raito… Perché?” mormorò, le sue parole erano
appena udibili tanto che perfino il bruno, che era a pochi centimetri da lui,
dovette avvicinare l’orecchio a lui per poter comprendere, “Io non voglio…”
singhiozzò inconsolabile, le sue mani andarono a stringersi sulla stoffa della
camicia del compagno, “Non voglio… Mi rifiuto di essere uno di
loro…”.
Hidari non sapeva che rispondere, anche lui era rimasto sconvolto quando,
in punto di morte, Yamashiro aveva confessato al suo compagno la verità sulle
sue origini, ma di una cosa sola Joker era certo: per lui, non sarebbe cambiato
nulla.
“Aibou, anche se tu fossi il diavolo in persona, non mi importerebbe. Tu
sei Philip, il Boss ti ha dato questo nome in onore di Marlowe e per me non c’è
altro nome con cui potrei chiamarti. E lo stesso vale anche per Akiko e quella
testaccia di Teruii, non importa se sei Sonozaki o se ti chiami Raito, perché io
non conosco nessuno con questo nome. Davanti a me, c’è solo il mio partner.”
sorrise appena il più grande, facendogli indossare la propria giacca sopra il
leggero spolverino.
Coi
grandi occhi scuri appena appena lucidi puntati sul compagno, Philip accennò un
tenue sorriso, che voleva dire tantissime cose, cose che Shotaro aveva compreso
all’istante nell’esatto momento in cui i loro sguardi si erano
incrociati.
La
tensione tra loro si alleggerì con una risata allegra mentre Joker, tenendolo
sempre stretto a sé, sollevava in piedi Cyclone: “Torniamo a casa, forza. O
Akiko libera Terui e ce lo manda alle calcagna e non ho voglia di sorbirmi il
suo sarcasmo stasera.”.
Sempre poggiato a Hidari, il più giovane annuì, stretto nella giacca:
“Sono stanco…” ammise, sfregandosi gli occhi gonfi di
pianto.
Per
un attimo gli mancò il contatto con la terra sotto i piedi, per ritrovarsi
appollaiato sulle spalle del compagno: “Non dirlo ad anima viva, e neppure a
qualche anima morta.” borbottò il maggiore, allontanandosi a passo spedito da
quel luogo, “Soprattutto, non dirlo ad
Akiko.”.
Philip restò per un attimo interdetto, poi si abbandonò al tenue calore
che la schiena del partner emanava con un leggero sorriso: “Non dirò nulla…”
sussurrò, prima di cadere
addormentato.