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Autore: Falling_Thalia    03/12/2010    1 recensioni
"Sei mesi. Erano passati sei mesi e ancora non era riuscita a liberarsi di quell’ossessione. Si, perché ormai era diventata un ossessione per Lauryn. Un peso che non riusciva più a sopportare, una confessione che doveva fare. Ma non avrebbe mai pronunciato quella frase nemmeno sotto tortura.".............
"Appagamento per quel rapporto di pura estasi che ogni notte, o almeno pensava ogni notte, la travolgeva. Il sesso, il sangue, la pazzia, l’estasi la facevano star bene. Era come vivere in un sogno. Non aveva paura di quell’uomo che aveva ucciso in modo così crudele i due coniugi, al contrario provava un’attrazione morbosa nei suoi confronti."
Genere: Dark, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ecco l'Intro della mia nuova Fic. Tratta di tematiche un pochino forti, ma non troppo, quali sesso e sindromi psicologiche che lascerò a voi individuare.
Spero si dia vostro gradimento, continuerò presto!

 
 
Sei mesi. Erano passati sei mesi e ancora non era riuscita a liberarsi di quell’ossessione. Si, perché ormai era diventata un ossessione per Lauryn. Un peso che non riusciva più a sopportare, una confessione che doveva fare. Ma non avrebbe mai pronunciato quella frase nemmeno sotto tortura.
Purtroppo per lei la situazione era diventata insostenibile, a casa, al lavoro, ovunque andasse tutti la guardavano male.
“Stupida gente con stupidi pregiudizi”
Lo pensava sempre, ogni volta che uno sguardo indiscreto si posava su di lei, ogni volta che un commento poco piacevole sulla sua situazione le arrivava all’orecchio.
L’ambiente lavorativo era diventato da sei mesi a quella parte solo un luogo come tanti, pieno di persone come tante, che facevano cose inutili. Almeno per lei lo era. E, per una poliziotta, pensare questo era piuttosto preoccupante. Il suo lavoro e quello dei suoi colleghi non era insignificante. La loro sezione era indispensabile. Senza il loro lavoro centinaia di persone sarebbero morte. Molte le dovevano la vita, e lei doveva la vita a molti dei suoi colleghi, al suo partner in particolare.
Robbie l’aveva sempre supportata, non l’aveva mai definita “malata”. Forse lo pensava, ma almeno aveva il buon senso di tenersi certi pensieri per se.
Lauryn aveva sempre pensato a Robbie come un collega fidato, al massimo come ad un amico. Si fidava cecamente di quell’uomo e gli aveva affidato la sua vita circa un centinaio di volte. Ok, era un concetto contradditorio ma meglio di così non poteva essere espresso.
Ma torniamo indietro, a quel dannato 26 Novembre. Quello fu il giorno in cui la sua vita cambiò. Doveva essere una giornata come tante alla sede centrale di Houston, le solite scartoffie da compilare a caso risolto, le solite battutine tra colleghi e l’assegnazione di un nuovo caso da seguire. In effetti, andò così, tutto normale. Almeno fino a quando si ritrovò davanti alla casa di Shelley Montgomery.  Doveva avvisare la famiglia che non avevano ancora ritrovato la loro adorata bambina, che probabilmente non l’avrebbero ritrovata. Ma la casa della famiglia Montgomery era vuota. Anzi, era piena. I due coniugi erano sdraiati a terra in un lago di sangue. Lui con gli arti inferiori mozzati, lei nuda e senza testa; probabilmente aveva subito violenze prima di essere decapitata. Lauryn stava per vomitare, era disgustata e spaventa ma allo stesso tempo affascinata dal riflesso rosso che ancora splendeva al contatto con la luce. L’odore ferroso del sangue dilaniava la pace che si era creata in quel posto. All’improvviso una mano l’aveva afferrata saldamente per il collo, obbligandola a girarsi verso il suo assalitore. L’uomo ancora imbrattato di sangue la fissava negli occhi con tempestivo furore che provocò alla donna un brivido lungo la spina dorsale. Ancora prima di capire quello che stava succedendo era stata catturata da quel pazzo e portata via sulla sua stessa auto rimasta aperta sul vialetto della villetta. Il suo rapitore la portò in un posto isolato dove la violentò per sei giorni di fila. Lauryn non aveva la cognizione né dello spazio né del tempo. Sapeva solo che era in un posto e che questo uomo faceva sesso con lei. Perché per lei era di sesso che si trattava, non di violenze. Dopo giorni dentro di lei sentiva nascere uno strano sentimento, non di paura, ma di appagamento. Appagamento per quel rapporto di pura estasi che ogni notte, o almeno pensava ogni notte, la travolgeva. Il sesso, il sangue, la pazzia, l’estasi la facevano star bene. Era come vivere in un sogno. Non aveva paura di quell’uomo che aveva ucciso in modo così crudele i due coniugi, al contrario provava un’attrazione morbosa nei suoi confronti. Il settimo giorno, senza sapere come e perché, il suo rapitore la liberò, lasciandola davanti a una stazione di polizia di Somerville, a circa 89 miglia da Houston.  

 

Ecco l'Intro della mia nuova Fic. Tratta di tematiche un pochino forti, ma non troppo, quali sesso e sindromi psicologiche che lascerò a voi individuare.
Spero si dia vostro gradimento, continuerò presto!

Qui il link dove troverete i miei adorati Pg: http://akana-no-chii.deviantart.com/art/Unclassificated-189689116

 
Sei mesi. Erano passati sei mesi e ancora non era riuscita a liberarsi di quell’ossessione. Si, perché ormai era diventata un ossessione per Lauryn. Un peso che non riusciva più a sopportare, una confessione che doveva fare. Ma non avrebbe mai pronunciato quella frase nemmeno sotto tortura.
Purtroppo per lei la situazione era diventata insostenibile, a casa, al lavoro, ovunque andasse tutti la guardavano male.
“Stupida gente con stupidi pregiudizi”
Lo pensava sempre, ogni volta che uno sguardo indiscreto si posava su di lei, ogni volta che un commento poco piacevole sulla sua situazione le arrivava all’orecchio.
L’ambiente lavorativo era diventato da sei mesi a quella parte solo un luogo come tanti, pieno di persone come tante, che facevano cose inutili. Almeno per lei lo era. E, per una poliziotta, pensare questo era piuttosto preoccupante. Il suo lavoro e quello dei suoi colleghi non era insignificante. La loro sezione era indispensabile. Senza il loro lavoro centinaia di persone sarebbero morte. Molte le dovevano la vita, e lei doveva la vita a molti dei suoi colleghi, al suo partner in particolare.
Robbie l’aveva sempre supportata, non l’aveva mai definita “malata”. Forse lo pensava, ma almeno aveva il buon senso di tenersi certi pensieri per se.
Lauryn aveva sempre pensato a Robbie come un collega fidato, al massimo come ad un amico. Si fidava cecamente di quell’uomo e gli aveva affidato la sua vita circa un centinaio di volte. Ok, era un concetto contradditorio ma meglio di così non poteva essere espresso.
Ma torniamo indietro, a quel dannato 26 Novembre. Quello fu il giorno in cui la sua vita cambiò. Doveva essere una giornata come tante alla sede centrale di Houston, le solite scartoffie da compilare a caso risolto, le solite battutine tra colleghi e l’assegnazione di un nuovo caso da seguire. In effetti, andò così, tutto normale. Almeno fino a quando si ritrovò davanti alla casa di Shelley Montgomery.  Doveva avvisare la famiglia che non avevano ancora ritrovato la loro adorata bambina, che probabilmente non l’avrebbero ritrovata. Ma la casa della famiglia Montgomery era vuota. Anzi, era piena. I due coniugi erano sdraiati a terra in un lago di sangue. Lui con gli arti inferiori mozzati, lei nuda e senza testa; probabilmente aveva subito violenze prima di essere decapitata. Lauryn stava per vomitare, era disgustata e spaventa ma allo stesso tempo affascinata dal riflesso rosso che ancora splendeva al contatto con la luce. L’odore ferroso del sangue dilaniava la pace che si era creata in quel posto. All’improvviso una mano l’aveva afferrata saldamente per il collo, obbligandola a girarsi verso il suo assalitore. L’uomo ancora imbrattato di sangue la fissava negli occhi con tempestivo furore che provocò alla donna un brivido lungo la spina dorsale. Ancora prima di capire quello che stava succedendo era stata catturata da quel pazzo e portata via sulla sua stessa auto rimasta aperta sul vialetto della villetta. Il suo rapitore la portò in un posto isolato dove la violentò per sei giorni di fila. Lauryn non aveva la cognizione né dello spazio né del tempo. Sapeva solo che era in un posto e che questo uomo faceva sesso con lei. Perché per lei era di sesso che si trattava, non di violenze. Dopo giorni dentro di lei sentiva nascere uno strano sentimento, non di paura, ma di appagamento. Appagamento per quel rapporto di pura estasi che ogni notte, o almeno pensava ogni notte, la travolgeva. Il sesso, il sangue, la pazzia, l’estasi la facevano star bene. Era come vivere in un sogno. Non aveva paura di quell’uomo che aveva ucciso in modo così crudele i due coniugi, al contrario provava un’attrazione morbosa nei suoi confronti. Il settimo giorno, senza sapere come e perché, il suo rapitore la liberò, lasciandola davanti a una stazione di polizia di Somerville, a circa 89 miglia da Houston.  

 

 

   
 
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