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Autore: BitterSweetSymphony    06/12/2010    5 recensioni
Lentamente, Spock le fece scorrere fino alla vita del suo più caro amico, del suo T'hy’la, e lo avvicinò a se.
Rimasero così molto a lungo, lo scorrere del tempo misurato solo dal suono costante di due respiri che presto si fusero in uno solo.

Jim e Spock sono rinchiusi in una cella, la fame e i disagi si fanno sempre più acuti e la morte, ogni giorno più vicina, sembra l'unica certezza. Ma, anche nel buio più assoluto, c'è un motivo per resistere.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James T. Kirk, Spock
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Avviso: Questa storia contiene dello slash, è molto triste e non ha esattamente un happy ending. Siete stati avvertiti, se il finale non fosse di vostro gradimento, per favore, evitate rappresaglie sulla povera autrice. É stata solo una pedina nelle mani della storia.

Resistance


Love is our resistance

they'll keep us apart and they wont to stop breaking us down

Hold me

Our lips must always be sealed


[L’amore è la nostra resistenza

Loro ci tengono separati e faranno di tutto per farci crollare

Stringimi

Le nostre labbra devono essere sempre unite

(Resistance, Muse)]



Da quanto tempo stavano chiusi in quella cella? Mesi? Un anno? Il tempo era scandito solo dai rari pasti che gli venivano passati da sotto la porta. Uno per lui e uno per il suo compagno di cella. Pasti troppo magri o troppo rari per poter placare in qualche modo la fame.
Rabbrividendo, si avvicinò a Spock. Il vulcaniano era pallido e magro, l’ombra di se stesso, ma Jim sapeva di essere messo anche peggio, lo vedeva negli occhi del suo primo ufficiale quando rinunciava ad un pasto per lui, o quando, nonostante la sua istintiva repulsione per il contatto fisico, lo abbracciava stretto per proteggerlo dal freddo.
- Spock? - Un sussurro nel silenzio.
- Sì, Jim? -
- Lei sa dirmi da quanto siamo qui? Io non lo so più. -
- Ho contatto 43 pasti. Ipotizzando una frequenza di un pasto a settimana, il minimo per garantire la sopravvivenza di un umano, fanno circa 43 settimane.
- Quasi un anno. -
- 10 mesi. - Precisò automaticamente il vulcaniano.
L’ormai ex capitano Kirk sospirò, affondando il viso nel collo del vulcaniano.
- Resista, Jim. Ci troveranno. -
- Glielo dice la sua logica, Spock? -
Dopo tanto tempo, ancora non riuscivano a darsi del tu. Si aggrappavano disperatamente l’uno all’altro, ma quel piccolo passo ancora non riuscivano a farlo.
- No, la logica mi dice che siamo qui per restare. Credo che questo pensiero dipenda dalla mia parte umana. Credo che si chiami speranza. -
- Speranza... - Gli fece eco il capitano, prima di adagiarsi meglio sulla sua spalla e addormentarsi. Il vulcaniano gli accarezzo i capelli con dolce lentezza, prima di seguire il suo compagno nell’oblio del sonno.
Spock si svegliò per primo. Era sempre così, i vulcaniani hanno bisogno di meno riposo.
Fissò l’umano addormentato al suo fianco, confrontando quell’immagine con quella del capitano James T. Kirk. I capelli erano diventati scuri per la sporcizia accumulata, la pelle del viso era pallida e tirata sulle ossa tanto da farlo somigliare ad uno scheletro abbandonato nella penombra. Aveva bisogno di più cibo, ma il vulcaniano sapeva di non potersi permettere di saltare un’altro pasto. Il suo volto incavato abbandonò per un attimo l’espressione impassibile che lo caratterizzava e si sciolse in un debole sorriso. Quello che aveva deciso di fare non era logico: la sua sopravvivenza in quelle condizioni era più probabile di quella del capitano; ma la logica in una situazione come quella serviva a ben poco, perfino lui lo capiva.
Lentamente accarezzò le dita di Jim con le punte dell’indice e del medio. Un piccolo bacio rubato, simile a tanti che lo avevano preceduto.
Jim aprì lentamente gli occhi. Nonostante la prigionia, conservavano ancora parte di quella brillantezza che il vulcaniano ricordava, il suo cuore saltò un battito.
- Fa freddo. - Sussurrò l’uomo, cingendosi le gambe con le braccia. Erano circa 12 pasti che il capitano parlava per sussurri. Come se la sua voce non avesse più la forza, oppure la voglia, di uscire. Si stava arrendendo lentamente, Spock lo sapeva, lo sentiva.
- Presaspoco 10 gradi, capitano. - Rispose meccanicamente il vulcaniano. L’ombra di un sorriso attraversò le labbra di Jim, un piccolo raggio di sole in mezzo alla tempesta.
- Mi abbracci, Spock. Forte, la prego.* -
Le spalle del vulcaniano sussultarono mentre cercava di esaudire la richiesta del suo capitano. Dopo tutto quel tempo faceva ancora fatica a superare la sua repulsione per il contatto fisico.
Cercando di nascondere lo sforzo che gli costava, Jim prese dolcemente le mani del vulcaniano nelle sue e le appoggiò sulle sue spalle. Lentamente, Spock le fece scorrere fino alla vita del suo più caro amico, del suo T'hy’la, e lo avvicinò a se.
Rimasero così molto a lungo, lo scorrere del tempo misurato solo dal suono costante di due respiri che presto si fusero in uno solo.

Il vulcaniano spalancò gli occhi di colpo, scostandosi dal corpo caldo che stava appoggiato al suo. Un rumore sordo l’aveva destato.
- Ora di pranzo. - Annunciò con ironia una voce gracchiante, mentre nella parete si apriva un piccolo spiraglio di luce e due ciotole piene di una zuppa grigiastra venivano lanciate all’interno con violenza.
- Jim, si svegli. - Spock gli sfiorò con dolcezza una spalla. - Si mangia. -
Con una lentezza che fece rabbrividire il vulcaniano, l’uomo aprì gli occhi e si mise seduto. Chiunque altro, dopo tutto quel tempo, si sarebbe lasciato morire, ma non James Kirk. Ma, si rese conto il vulcaniano con terrore, anche James Kirk era umano e stava raggiungendo il limite.
Con uno sforzo non indifferente, si trascinò fino alle ciotole, avvicinandole entrambe al suo capitano. Aveva chiuso di nuovo gli occhi. Lo scosse nuovamente, con appena più vigore.
- Cibo... - Sussurrò l’uomo.
In quel momento, Spock sentì spezzarsi qualcosa dalle parti del suo cuore vulcaniano. Gli occhi di Jim erano spenti, vacui.
- Esatto, capitano. Coraggio, apra la bocca. -
Lo imboccò come se si fosse trattato di un bambino piccolo, recuperando con il cucchiaio quello che gli sfuggiva dalla bocca, incoraggiandolo ad ingoiare ogni piccola sorsata di zuppa.
Terminata la prima ciotola, gli occhi del capitano riacquistarono un po’ di colore e l’uomo gli concesse un sorriso, pallida imitazione di quelli che era solito distribuire sull’Enterprise, ma sufficiente a scaldare il cuore del vulcaniano.
Sospirando, Spock immerse il cucchiaio anche nella seconda ciotola e lo avvicinò alle labbra emaciate dell’uomo. Jim ingoiò altre due cucchiaiate prima di rendersi conto che era la razione del suo compagno quella che stava mangiando.
- No. - Sussurrò, scostando la bocca dalla terza cucchiaiata.
- Capitano, mangi. - Lo pregò il Vulcaniano. Sussurrava anche lui, ma non se ne rendeva conto.
- Spock, è la sua razione... io non posso... -
- I vulcaniani sono più resistenti degli umani. Aspetterò il prossimo pasto. -
- É il terzo che salta, non posso permetterlo. Mangi. É un ordine. - Quasi a sottolineare le sue parole, la sua voce acquistò un temporaneo vigore, poi gli occhi dell’uomo si chiusero, quel semplice sforzo era riuscito a stancarlo.
- Non sono più tenuto a seguire i suoi ordini. Non da quando i Klingon ci hanno imprigionati. - Replicò il primo ufficiale, fissando il suo compagno negli occhi.
- Io non mangerò il suo pasto, Spock. Se lo tolga dalla testa. - Sussurrava di nuovo, ma il suo tono era deciso e determinato, come non lo era stato per mesi.
- Capitano... - Il vulcaniano sollevò di nuovo il cucchiaio pieno, avvicinandolo alla bocca del suo capitano. La sua mano tremava per la fatica, ma lui finse di non notarlo.
- No, Spock. - Jim posò la sua mano su quella del primo ufficiale e gli fece deporre nuovamente il cucchiaio nella ciotola. - Usciremo insieme da questo inferno. Non ho intenzione di lasciarla morire per me. -
Spock avrebbe tanto voluto abbracciarlo di nuovo, oppure baciarlo, per un attimo si immagino di sfiorare le dita del capitano con le sue, vedere il suo volto accendersi con un sorriso e sporgersi a baciarlo. Sussurrargli che lo amava e che rinunciava volentieri a quella stupida zuppa se significava regalargli una settimana o un mese di vita. Ma non fece nulla di tutto questo. Il vulcaniano si limitò ad inarcare le sopracciglia e ad allontanare da sè la ciotola, avvicinandola sempre più al capitano.
Jim la fissò per un secondo come se fosse stata la cosa più preziosa in tutto l’universo e, forse, per il capitano, in quel momento lo era veramente. Ma davanti a lui c’era Spock, pronto a rinunciare ad un altro pasto per lui. Con un immenso sforzo di volontà, stacco gli occhi dalla ciotola e si voltò dall’altra parte, costringendosi a dormire e ad ignorare il morso della fame.

Quando il capitano aprì nuovamente gli occhi, una cucchiaiata di zuppa fredda gli venne spinta in bocca con la forza. Cercò di ribellarsi, ma il vulcaniano, nonostante tutte le privazioni, era ancora più forte di lui. Una nuova cucchiaiata si aggiunse alla prima. Calde lacrime iniziarono a solcare le sue guance, mentre Jim tentava invano di costringersi a respingere quel cibo. La fame era una brutta bestia e, prima di rendersene pienamente conto, aveva ingoiato tutta la razione di cibo di Spock.
- Perchè l’ha fatto? - I suoi occhi erano nuovamente lucidi e brillanti, Spock non sapeva dire con certezza se fosse per merito della zuppa o delle lacrime. - Nemmeno un vulcaniano può sopravvivere così a lungo senza cibo. -
- Questo non può saperlo, capitano. Ma le posso assicurare con certezza che quella ciotola le ha allungato la vita di almeno una settimana. -
- Fino alla prossima razione. E a quel punto cosa farà, Spock? Mi darà nuovamente il suo cibo? -
- E lo farò anche la volta dopo, se sarà necessario. -
Era vero ed entrambi lo sapevano. Come sapevano entrambi che il vulcaniano non sarebbe arrivato vivo alla prossima razione. Non servivano né logica né calcoli per arrivare a quella conclusione, semplicemente lo sentivano.

Il momento arrivò fin troppo presto. Spock era debole già da qualche tempo, non palava, non si muoveva, rallentava le sue funzioni vitali sempre di più, nel disperato tentativo di conservare fino all’ultimo una punta di lucidità.
Poteva trasferire il suo Katra dentro Jim, lo sapeva. Aveva considerato questa possibilità più di una volta, ma temeva che il capitano sarebbe stato troppo debole per sopportarlo. Contava solo sul fatto che i loro carcerieri ci avrebbero messo del tempo a scoprire il suo corpo, era l’unica speranza di sopravvivenza per Jim, godere della sua razione il più a lungo possibile. Alla fine aveva deciso di morire e basta. Niente logica, niente preoccupazioni, solo l’abbraccio della morte e una piccola speranza.
Sentì la mano di Jim afferrare la sua e tentò di parlare.
- Shhh - Lo zittì il capitano. Era nuovamente molto debole. - Resisti, manca poco alla prossima razione. - Cercò di rassicurarlo.
- Jim. - Un sussurro. Fu l’ultima parola che Spock di Vulcano pronunciò in quella vita. Dopo pochi minuti, lunghi quanto una vita, anche il respiro e il battito si spensero.
Jim urlò. O almeno avrebbe voluto urlare se la sua voce affaticata glielo avesse concesso. Tutto quello che uscì dalla sua gola fu un verso strozzato.
- Spock. - Lo scosse. - Spock svegliati! -
Era servita la morte per permettergli di abbattere anche l’ultima barriera che li separava. Svegliati. Ma non si sarebbe più svegliato.
Il capitano si sporse verso il corpo del suo primo ufficiale e depose un dolce bacio sulle sue labbra, bagnandogli il viso con le sue lacrime.
- Addio, T'hy’la. - Disse, chiudendogli gli occhi.

James Kirk rimase a stringere il corpo senza vita del suo amico fino a quando non lo sentì diventare rigido e freddo. Se nella cella ci fosse stato qualcuno, avrebbe visto i suoi occhi brillare di determinazione. Nello sguardo una goccia di speranza e la consapevolezza di aver ricevuto il sacrificio più grande di tutti. Sarebbe sopravvissuto, lo sentiva chiaramente.
Fu con un sorriso amaro e una lacrima che il capitano accolse la nuova razione di cibo. Due ciotole ondeggiarono pigramente sul freddo pavimento.
Sì, sarebbe sopravvissuto. Per Spock. A qualunque costo.


Note
* questa frase non è mia. É tratta dalla canzone Cinecittà dai Baustelle. Per qualche strano motivo mi è apparsa nella mente e non ho potuto non usarla.

Non ci credo. Ho fatto morire Spock... T.T So che non è una scusa, ma vi giuro che l’idea iniziale non era così tragica, in realtà cercavo di scrivere una lemon partendo dalla canzone Resistance dei Muse, poi la situazione è degenerata. Colpa di Spock, secondo me. Quel vulcaniano non può fare a meno di sacrificarsi per Jim.
Ora vado a nascondermi mentre tutte le persone che hanno letto questa storia si precipitano a prendere forconi, phaser, sassi, bastoni, lirpe, bazooka o qualunque altra arma abbiano a portata di mano per uccidermi.
  
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