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Autore: Nenredhel    07/12/2010    11 recensioni
Una song-fic basata sulla popolare canzone degli Evanscence, ambientata alla fine dell'ultima puntata della 5 serie (quindi ovviamente Spoiler!)
"Dean desiderò con tutto se stesso che quel silenzio d’inferno nella sua anima venisse rotto in qualche modo. Pregò, con tutto ciò che gli rimaneva, di non dover più essere solo ad affrontare il buio."
Genere: Drammatico, Fluff, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Quinta stagione
- Questa storia fa parte della serie 'Dean&Castiel's Compilation'
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My Immortal

 

 

Dean fissava il punto dove una voragine infernale aveva appena inghiottito suo fratello. In ginocchio, le spalle cascanti, la testa reclinata, sconfitto. E solo. Non c’era più nessuno, ormai era rimasto solo lui.

Il rumore che sentì alle sue spalle lo fece girare, allarmato ma senza la forza di combattere ancora, e quando i suoi occhi verdi si posarono sul lungo trench beige di Castiel, un poco del peso che sentiva sulle spalle venne sollevato come per magia.

- Cas, sei vivo? -

- Sono meglio di questo - rispose l’angelo, posando due dita sulla sua fronte.

Il sangue e le ferite scomparvero senza lasciare traccia, togliendo almeno quel dolore da lui. Lo stupore si insinuò nell’animo di Dean, scacciando almeno per qualche secondo tutta la pena ed il vuoto che vi sentiva dentro. Il cacciatore si alzò e fissò i placidi occhi blu di fronte a lui, cercandovi una risposta al proprio stupore, cercando una consolazione, una qualsiasi, con il bisogno impellente di un disperato.

 

~~~

 

“I'm so tired of being here
Suppressed by all my childish fears
And if you have to leave
I wish that you would just leave
'Cause your presence still lingers here
And it won't leave me alone”

 

La stanza era talmente buia da non poter vedere ad un palmo dal naso, tanto buia che gli ricordava l’inferno, o forse così era solo come appariva a lui.

Rannicchiato in fondo al divano dove erano sparse le coperte che Bobby gli aveva procurato, Dean si sentiva come un bambino intimorito dai mostri dell’oscurità. Aveva passato mille notti così, quando era piccolo e papà era lontano a cacciare chissà quali orribili creature, e Sam era troppo giovane persino per capire.

Si era sentito terribilmente solo in quelle notti, ma non come si sentiva ora. Ora, gli sembrava di essere tornato a tre anni prima, quando aveva vegliato giorno e notte il corpo senza vita di suo fratello, cercando la forza di lasciarlo andare, cercando il coraggio di fare quello che sapeva che alla fine avrebbe fatto comunque: vendere la sua anima.

E ancora, anche quella volta aveva almeno il suo corpo da guardare, aveva una speranza, per quanto orribile, a cui aggrapparsi.

Questa volta non c’era niente, né un corpo, né una speranza, solo un enorme vuoto. Eppure suo fratello era ancora lì, dentro quella vocina che si ostinava a ripetergli che di lì ad un secondo sarebbe emerso da dietro l’angolo, assonnato, forse dolorante, ma vivo.

Era così stanco di passare ogni notte ed ogni singolo minuto del giorno con la costante sensazione che un baratro enorme avesse inghiottito anche la sua vita. Così stanco di essere così totalmente, inesorabilmente solo da desiderare di dimenticare, di sparire in un oblio benedetto. Voleva che Sam se ne andasse davvero, la smettesse di ricomparire sullo schermo nero delle sue palpebre chiuse, e allo stesso tempo si aggrappava a quell’immagine, a quella sensazione di dejavù ad ogni angolo, perché non voleva lasciarlo andare. Perché la sua vita era sempre stata questo: proteggi Sam, mettilo in salvo. E senza di lui come diavolo avrebbe dovuto fare ad andare avanti a vivere?

Rannicchiato nell’angolo più remoto di quel divano malmesso che aveva ospitato molte volte Sam, nelle numerose notti che avevano trascorso da Bobby, Dean desiderò con tutto se stesso che quel silenzio d’inferno nella sua anima venisse rotto in qualche modo. Pregò, con tutto ciò che gli rimaneva, di non dover più essere solo ad affrontare il buio.

 

“[…]You used to captivate me
By your resonating light
Now I'm bound by the life
you left behind
Your face it haunts
My once pleasant dreams
Your voice it chased away
All the sanity in me”

 

Nemmeno il sonno sapeva più essere la dimenticanza di cui aveva bisogno. Ogni volta che riusciva finalmente a scivolare nel torpore che aveva desiderato per lunghe ore, ricompariva davanti ai suoi occhi quel baratro senza fondo aperto sul cuore della terra, e il viso determinato ma triste di suo fratello mentre lo salutava per l’ultima volta.

Ogni volta, si svegliava ansimante, sudato, vedendo ancora e ancora, all’infinito quella scena, sullo sfondo nero di una notte in cui l’ora è nessuna, sentendosi addosso la pesantezza della colpa di non essere riuscito, alla fine, a salvare tutti. E colui che non aveva potuto salvare era anche la persona più importante della sua vita, per questo non era riuscito a salvare nemmeno se stesso.

Aveva fatto una promessa, prima che tutto finisse. Aveva promesso alla voce razionale e preoccupata di Sam di andare avanti con la propria vita, di non cercare di riportarlo indietro. E lui aveva accettato, perché sapeva bene che Sam aveva ragione, come al solito: non poteva provare a riportarlo da lui, perché avrebbe rischiato di liberare di nuovo anche Lucifero.

Quando lui era ancora al suo fianco, quando la sua voce gli spiegava la forza delle sue ragioni, era stato facile accettare e promettere.

Ora che quella voce era solo un’eco lontana, ora che non poteva essere altro che un ricordo, l’oscurità aveva inghiottito ogni promessa, e lui non poteva trovare la forza per mantenere la propria parola.

Mentre la voce di Sam echeggiava nella sua solitudine, rimbombando come all’interno di una gola dove non giunge mai il sole, Dean sentiva scivolare via da sé, minuto dopo minuto, gli ultimi brandelli della sua sanità mentale, gli ultimi rimasugli della determinazione a vivere che l’aveva sempre sostenuto.

 

“These wounds won't seem to heal
This pain is just too real
There's just too much that
time cannot erase”

 

Dean si liberò delle coperte, crogiolandosi nel freddo disagio che questo gli provocava, piegò le gambe e le tirò contro di sé, rannicchiandosi proprio come avrebbe fatto un bambino contro la mamma, e si prese la testa tra le mani, sprofondando le dita nella propria corta capigliatura scura.

Quando la fitta di dolore perenne che sentiva nel petto, al centro di quel vuoto orribile che gli si era aperto al posto dell’anima, divenne troppo per poter essere sopportata, strinse i pugni fra i fili sottili dei propri capelli fino quasi a farsi male, come se la sofferenza fisica potesse fargli dimenticare la pena che sentiva nel cuore.

Lacrime brucianti di rabbia e dolore iniziarono a scorrergli per il viso contratto, sgorgando dagli occhi serrati prima che potesse fare alcunché per impedirlo, scavando scie bollenti, ma subito gelate dall’aria, per le sue guancie ruvide di barba trascurata e posandosi infine sulle ginocchia, contro cui aveva poggiato le labbra, nel tentativo di fermare un urlo che voleva esplodere e spezzare gli argini orrendi di quella terrificante solitudine.

Il cacciatore gettò la testa all’indietro in un gesto disperato e aprì gli occhi verso il cielo, come se potesse davvero vederlo attraverso il soffitto scrostato di quella stanza. Mentre sentiva i fiumi inarrestabili delle proprie lacrime rigargli le tempie e scivolargli nelle orecchie, indirizzò la propria rabbia al paradiso: quel paradiso che lo aveva salvato solo per condannarlo ad un inferno peggiore, che lo aveva scelto come suo campione solo per sottoporgli il calice più amaro.

Quel paradiso che gli aveva fatto credere che sarebbe stato dalla sua parte, ma lo aveva lasciato di nuovo solo.

 

“When you cried I'd wipe away
all of your tears
When you'd scream I'd fight away
all of your fears
I held your hand through
all of these years
But you still have
All of me”

 

Sobbalzò quando una mano si poggiò alla sua spalla, ma spostò lo sguardo all'intorno solo quando si rese conto che il suo tocco era troppo leggero per essere quello di Bobby.

Due grandi occhi blu lo guardavano dall’alto, tristi ed intensi come solo gli occhi di un angelo sapevano essere. Nessuna traccia del vago sorriso, che aveva increspato quelle labbra nel sentirsi chiamare “Dio”, rimaneva sul suo viso.

- Cas… pensavo fossi tornato in paradiso – commentò Dean, sciogliendo l’abbraccio in cui aveva stretto le proprie ginocchia per cercare di nascondere il viso quel tanto che bastava per cancellarne le lacrime.

La mano di Castiel, però, glielo impedì, afferrandogli gentilmente il polso per allontanarlo dalla sua faccia, mentre si spostava per sedere accanto a lui sul bordo del divano.

Dean fissò incredulo il viso serio dell’angelo, mentre lasciava docilmente che gli abbassasse le mani e mostrava stranamente senza una briciola di vergogna il proprio volto inondato di lacrime.

L’angelo non sembrava intenzionato a replicare alcunché, come se le parole non potessero essere altro che inutili orpelli in mezzo a tutto quel buio, a tutto quel vuoto, ma i suoi occhi erano il discorso più consolante che potesse desiderare.

Castiel sollevò la mano che non stava tenendo quella di Dean, e la poggiò sulla guancia bagnata del cacciatore. Il suo palmo era caldo ed asciutto, e anche se Dean pensò per un secondo che quel contatto sarebbe stato strano, poiché quello era un gesto che solo una ragazza avrebbe potuto fare su di lui senza apparire ridicola, il tocco dell’angelo gli parve all’improvviso esattamente quello di cui aveva bisogno.

Dean socchiuse gli occhi come per sentire meglio la vicinanza tiepida di quella mano sul viso, e prima che potesse rendersene conto nuove lacrime stavano spuntando dai suoi occhi, lacrime che avrebbero bagnato le sue ferite per lenirne il dolore. Sentì il pollice della mano di Castiel muoversi sulla sua pelle per catturare la goccia che si era appena staccata dalle sue ciglia, e inaspettatamente sentì che non era più solo.

Non sapeva se Castiel avesse gettato su di lui uno dei suoi angelici incantesimi, con quella mano, ma non gli importava. Per la prima volta da giorni, non era irrimediabilmente solo, per la prima volta sentiva che c’era qualcuno che avrebbe asciugato le sue lacrime e scacciato le sue paure, o che perlomeno ci avrebbe provato.

Il cacciatore alzò la mano in un movimento veloce ed istintivo, e si aggrappò alla manica di quel trench che conosceva così bene, stringendo convulsamente la stoffa nel pugno come se potesse sfuggirgli da un momento all’altro, mentre sentiva l’altra mano venire stretta dolcemente da quella dell’angelo.

Il dolore non era passato, non sarebbe mai passato, ma ora, in fondo a quel vuoto che pareva volerlo inghiottire, brillava una scintilla di speranza, e Dean vi si attaccò con tutta la forza di un disperato. Mentre viveva il proprio dolore senza più temerlo, perché finalmente c’era qualcuno ad affrontarlo con lui, tirò la manica del trench come se avesse bisogno di qualcosa in più, e sentì Castiel rispondere all’istante.

Percepì il corpo dell’angelo avvicinarsi a lui, le sue braccia circondargli il busto con tenerezza, trasmettendogli un senso di tepore benedetto, e le sue labbra posarsi delicate sulla sua fronte.

Dean sentì quel bacio sussurrato aleggiare sulla sua pelle come un marchio d’amore e guarigione, e senza più pensare nascose il volto contro il collo di Castiel e strinse forte il suo angelo come un naufrago afferra la zattera che lo terrà a galla, che lo terrà in vita.

 

“I've tried so hard to tell myself
that you're gone
But though you're still with me
I've been alone all along

When you cried I'd wipe away
all of your tears
When you'd scream I'd fight away
all of your fears
I held your hand through
all of these years
But you still have
All of me”

 

~~~

 

Spero davvero che vi sia piaciuta. E ovviamente, come sempre, le recensioni non sono solo molto apprezzate, ma anche sentitamente richieste! (vi prego! ;P)

Nenredhel

 

   
 
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