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Autore: Looney    07/12/2010    4 recensioni
Pensieri sconnessi di un uomo che inutilmente tenta di ricordare l'amico scomparso. Perché le parole (e la neve) valgono più di molte parole.
Ho voluto scrivere questa shot per John, ben sapendo che fa pena e misericordia D: Ma vorrei tanto sapere da voi se l'avete apprezzata oppure se non vi piace per niente! Ma mi raccomando, siate gentili ù__ù Ah per chi non mi conoscesse... Legga la storia, sennò divento troppo monotona!XD Buonanotte, e grazie in anticipo a tutti coloro che leggeranno!
P.S.: okay, oggi non è l'8 Dicembre, ma ci tenevo a pubblicare XD Perdonate la mia pazzia.. XD
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: John Lennon , Paul McCartney
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                 Penny Lane

 

 

Un vento leggero e pungente soffiava da Nord, gelando gli animi di chi viveva in quel paese frustrato dalle intemperie che, come rivoluzioni, scoppiavano senza preavviso e trasformavano gli abitanti ed il luogo.

Lui lo sapeva perfettamente; c’era stato dentro la rivoluzione.

Anzi, ne fu uno degli artefici.

E tutto era cominciato proprio lì, in quella cittadina così familiare, dall’animo così spontaneo e gentile da farsi amare subito anche agli occhi di uno straniero.

Era cominciato tutto quasi per scherzo ed era finita con uno scherzo.

Ogni fiocco di neve che lievemente cadeva davanti ai suoi occhi per lui rappresentava un ricordo che andava ad ammassarsi agli altri come sul fondo di una clessidra, e come sapeva bene, le clessidre non duravano per l’eternità.

I nostri granelli di sabbia potrebbero finire da un momento all’altro, ma finiscono comunque.

I tuoi, però, sono finiti troppo presto: non dovevi andartene.

Non era nei tuoi piani.

Cazzo, perché quello stronzo ti aveva fatto fuori?

Solo per avere notorietà, mi sembrava ovvio, solo per diventare qualcuno.

L’assassino di John Lennon…

John Lennon.

Al solo udir quel nome il mondo rabbrividiva, proprio come la città in quel giorno di dicembre, dove si potevano ancora sentire i tuoi passi lungo la via dipinta di neve, i tuoi scherzi idioti e le tue risate ancor più idiote, i tuoi strimpellamenti con la chitarra da musicista alle prime armi, i tuoi rari silenzi, i tuoi maliziosi sorrisi.

Eri apparentemente una persona senza problemi, un ragazzo che aveva la costante voglia di divertirsi alle spalle degli altri, trascurando gli obblighi ed i doveri tipici dell’età.

Chiunque ti incontrasse, pensava esattamente la stessa cosa. Ma bastava un attimo, un sorriso, una lacrima, per scoprire come eri veramente.

Ed io, sciocco bamboccio dalla faccia sin troppo pulita, l’avevo capito troppo tardi: ho dovuto aspettare la morte di una persona a te cara per accorgermi che eravamo simili, condividevamo qualcosa, a parte quella fottuta voglia di suonare e di cambiare il mondo!

Tua madre, John… La donna che in fondo hai sempre amato per tutta la tua misera vita, la donna che hai sempre cercato nel volto di altre, e che nessuna era riuscita ad eguagliare.

O forse, qualcuna…

Ma sono ricordi, ormai, inutili frammenti di vita, senza più un senso.

Cosa rimane, se non gli oggetti che ti sono appartenuti, la tua casa, la tua famiglia…?

Anime effimere, povere…

Tu valevi molto di più: valevi la luce del sole, il rumore della pioggia battente, lo scalpiccio dei passi sulla neve, una nota che si perde nell’aria durante un accordo, la pagina di un libro voltata, il fumo di una sigaretta al suo concludersi, l’odore di disordine che aleggiava imperturbabile nella tua camera…

Oh, ma smettiamola di essere così orrendamente sdolcinati, Paul… Sembri una donna che ha perso l’amore della sua vita. Mentre tu hai perso solo un amico.

Già, che grande amico.

Ti ricordi la prima volta che ci siamo incontrati, John? E l’ultima volta in cui ci siamo visti? Bei momenti, davvero!

Ma adesso che ci penso… Preferirei non averti mai incontrato, quel giorno: così, ora, non sarei così triste inutilmente.

Perché, cazzo, tu sei felice, ora! Certo, potevano risparmiarti una morte così violenta, ma almeno sei felice! Felice… Ci vuole così poco per esserlo!

Una schioppettata, e via!

……

Ah, ma a chi la do a vedere, John? Tanto, si sa che oltre non c’è nulla.

Ora starai sicuramente fluttuando sotto forma di fantasma nelle vicinanze di questo posto così amato da te, eppure così disprezzato, divertendoti a fare i dispetti alla povera gente accalcata sul marciapiede, persa nei festeggiamenti e negli inutili riti consumistici.

E quando passerai di fronte a me, senza accorgertene ti fermerai a guardarmi e sicuramente penserai: “Ma cosa ci fai tu, qui? Sei venuto a piangere per me? Guarda che New York è dall’altra parte dell’Oceano!”

Beh, a New York ci vanno i tuoi fans malati che esultano ancora di fronte al portone del tuo vecchio appartamento, non capendo di certo che lì è morta una persona normalissima, dai capelli intricati come i suoi pensieri, quanto più di umano si possa incontrare in una città affamata di emozioni… Non un dio.

La parte del dio lasciala a qualche santone dei nostri tempi, quelli che parlano alla televisione e si fanno acclamare dalla folla quando poi non vi è tutto questa grande necessità. E’ un uomo, no?

Proprio come me, o come te…

In effetti, dentro di te si racchiudevano vari personaggi, così tanti che alcune volte, quando facevano la loro comparsa dal tuo inconscio, ti domandavi da dove fossero sbucati fuori, ma nessuno, neanche tu, sapeva dare una risposta accettabile.

La verità è, John, che tu eri sempre una sorpresa, anche per te: me ne sono reso conto io, così come gli altri.

Ogni volta che pensavi di aver capito un particolare di te, subito questo ti sfuggiva, ed anche tu sfuggivi a noi, senza possibili freni.

Nonostante l’apparente staticità, eri sempre in movimento. Sempre.

Ed ora, te ne stai ben comodo, senza far nulla, nel nulla, appunto.

La condizione migliore per te, che per tutta la durata della tua burrascosa vita, non hai mai trovato un vero momento di pace. Quella pace che tu cantavi e professavi.

La stessa pace che sto chiedendo io a questa incessante nevicata, che ormai dura da mezz’ora, e sembra non diminuire mai.

Me ne stavo fermo a quell’incrocio, contemplando il vecchio cartello dalla scritta nera, e sospirai senza neanche rendermene conto: quanto tempo abbiamo passato da queste parti, nella fresca primavera o nel freddo inverno?

Quanti piedi fedeli hanno calcato quel marciapiede, nella speranza di carpire qualcosa di noi?

Tanti, forse anche troppi.

Non ci meritavamo questo trattamento. Eravamo solo dei ragazzi che volevano divertirsi.

C’è da dire, però, che il nostro “divertimento” ha sconvolto il mondo! E bravi, i nostri cari Beatles!

Prima mi appariva tutto più confuso, e solo ora, a distanza di molti anni, capisco cosa provasse veramente il mondo alla nostra presenza: col fiato sospeso, ci guardava vivere… Per poi trasformare ogni nostro movimento in un gesto divino.

Eh, dovrebbero farsi vedere da un bravo psichiatra.

A te che lo dico a fare, John? Tanto, non te ne importa più nulla.

Ed è meglio così.

Guardai oltre le case, oltre l’asfalto: i gabbiani volavano radi sopra l’oceano invisibile, e sembravano gli unici felici per la piccola tormenta.

Gli umani imprecavano vicino a me, e le luci si facevano pian piano più intense, come i canti di Natale.

Scossi la testa rassegnato e decisi di ritornare all’albergo, dove sicuramente mi avrebbero atteso Linda ed i bambini: non mi avrebbero porto delle domande imbarazzanti, né mi avrebbero chiesto di venire con me un’altra volta.

Questo bastava ed avanzava.

Mi voltai ancora una volta verso i gabbiani, e poi verso il cartello stradale, sorridendo: non sapevo perché, ma quel pomeriggio mi sentivo stranamente euforico.

Forse per la neve… Forse per l’imminente festività… Forse… Forse per John.

Sì, doveva essere proprio per John.

Bah, più passa il tempo e più divento un uomo molto strano.

Arrivederci, signor Lennon.

Che qualcuno la protegga, da qualche parte, in qualche tempo.

 

 

Okay… So che fa schifo xD Ma la volevo pubblicare lo stesso: un piccolo (ed ignobile, aggiungerei D: ) omaggio ad un grande uomo, il nostro John, che trent’anni fa ci ha lasciato miseramente.

La storia è raccontata dal punto di vista di Paul, come avrete capito, ed è un insieme di pensieri sconnessi, che il nostro amico rivolge a se stesso ed a John, talvolta contraddicendosi.

Che dire, ho fatto davvero un bel lavoro!XD Questa storia l’avevo iniziata a maggio, ma non avendo tempo materiale e mentale per finirla, mi sono ridotta a questo orribile giorno per finirla, solo per rivolgere a John un piccolo saluto per la sua morte. Spero davvero che vi piaccia, l’ho fatta con i piedi XD Ma ci ho messo taaaanto amore! D’altronde, lo sapete bene che io amo Johnnino alla follia!ù__ù

Vabbè, ora vado via, pure perché si è fatto tardi, e domani devo pure svegliarmi presto *sì, vado a Roma con amici D: Se volete farmi un attentato, pensateci due volte*

Ci vediamo, cari lettori, e spero di pubblicare ancora qualcosina nella sezione dedicata ai Beatles!XD Buona notte, e tanti sogni d’oro! <3

(Eh, ci servirebbero -.-“)

 

 

P.S.: non so se l’avete capito… Ma io, ehm.. sono Looney, la pazza che scrive storie e poi non le conclude XD Col tempo mi conoscerete meglio, statene certi! Ancora buonanotte, e sogni d’oro! **

   
 
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