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Autore: Fe85    10/12/2010    4 recensioni
Yumi Konishi è un'affermata illustratrice di racconti per l'infanzia. Ha una figlia, Nanako, alla quale racconta il mistero che si cela dietro alla sua opera d'esordio durante una giornata di pioggia. Ricordi malinconici tornano alla mente della donna, riportandola indietro alla sua infanzia. Chi è Shun? E che ruolo ricoprirà nell'intera vicenda?
[Prima Classificata al Contest "When The Rain Comes Here" indetto da _DreamerGirl_]
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Chissà se domani smetterà di piovere» si domandava la piccola Nanako, lo sguardo fisso sulla pioggia che bagnava i vetri della sua cameretta e la faccia appoggiata sui palmi delle mani. Aspettava con crescente impazienza il giorno successivo, dato che nella sua scuola elementare si sarebbe svolto un pic-nic aperto anche ai genitori, ma il maltempo che aveva investito Tokyo quella sera la preoccupava terribilmente.

Colta da un'improvvisa illuminazione, si mise a frugare con foga in uno dei cassetti del suo armadio, gettando diversi giocattoli e cianfrusaglie sul pavimento ricoperto da un tappeto giallo, fino a quando non trovò quello che cercava: una bambolina fatta di stoffa.

La bambina corse nuovamente in prossimità della finestra e, tramite uno spago, la legò intorno alla maniglia, osservandola speranzosa per qualche istante e iniziando poi a cantare una filastrocca che le aveva insegnato la sua maestra.

«Teru Teru Bōzu, Teru Bōzu

Portami il sole domani.

Se il cielo sarà sereno come lo sogno, ti regalerò un campanello dorato.

Teru Teru Bōzu, Teru Bōzu

Portami il sole domani.

Se ascolterai le mie preghiere ti donerò del sakè, dolce Teru Teru Bōzu,

Teru Bōzu portami il sole domani

Se sarà nuvoloso, ti staccherò la testa.»

 Dal corridoio antistante si udirono dei passi felpati e una donna dai corti capelli castani fece il suo ingresso nella stanza con due tazze di porcellana colme di camomilla.

«Nanako-chan, cos'è tutto questo disordine?» le domandò la madre notando le sue cose sparse a terra e, in un secondo momento, il teru bōzu appeso. Le scappò un sorriso e, dopo aver invitato la figlia a risistemare, le offrì la bevanda calda.

«Mamma, secondo te smetterà di piovere?» non appena ebbe riordinato, Nanako si infilò sotto le calde coperte rosa del suo letto, sorseggiando tranquillamente la sua camomilla, rimedio naturale contro i primi freddi.

«A quest'età interpreti la pioggia come un qualcosa di negativo, ma sono certa che quando crescerai, l'apprezzerai maggiormente»

La mamma di Nanako, Yumi Konishi, era una famosa illustratrice di racconti per l'infanzia e aveva vinto numerosi riconoscimenti ad alcune celebri manifestazioni letterarie, senza contare i pareri positivi dei critici. La delicatezza del suo tratto abbinata ad un'elegante colorazione con gli acquerelli (Yumi aveva un rapporto d'amore/odio con la tecnologia: riteneva che il computer fosse stata una grande invenzione, ma preferiva disegnare con la vecchia e fedele matita per mantenere intatta la freschezza originale delle sue creazioni) contraddistinguevano il suo stile, uno stile che lei definiva «sognante», perché desiderava che, tramite i suoi libri, i bimbi viaggiassero con la fantasia. Inizialmente, aveva dovuto affrontare parecchie difficoltà e altrettante delusioni : prima fra tutte, l'ostilità e la diffidenza dei suoi genitori verso un lavoro che offriva pochi sbocchi e, in secondo luogo, essendo un'esordiente, nessuno era interessato a farle da editor per evitare eventuali insuccessi. Quando stava per abbandonare il suo sogno, ormai sfiduciata, la fortuna le arrise: il signor Nakanishi, direttore di una casa editrice relativamente recente, aveva accettato con entusiasmo di pubblicare i suoi disegni, considerandola un investimento per il futuro. Yumi ricordava perfettamente la gioia provata nello stringere tra le mani il tomo che le librerie avrebbero venduto a breve e, soprattutto, la felicità nello scorgere il suo nome scritto in grassetto accanto a quello della scrittrice. La sua opera d'esordio, e quella a cui lei era maggiormente legata, si intitolava «Un Giorno Di Pioggia», in cui rappresentava il casuale incontro di due bambini durante un giorno di pioggia. Nessuno, fatta eccezione per pochi intimi, sapeva che quello era un fatto autobiografico.

La pioggia aveva sempre scandito gli eventi più importanti della sua vita; era provvidenziale come l'incantesimo di un mago.

Il giorno del suo matrimonio, pioveva.

Sette anni prima, quando era venuta alla luce Nanako, pioveva.

E anche quando…

«Io voglio solo che il picnic non salti. Io e i miei compagni ci siamo impegnati molto per preparare tutto» sospirò Nanako abbattuta, mentre appoggiava la tazza vuota sul comodino e stringeva a sé il suo peluche preferito.

Yumi si accomodò sul bordo del letto, studiando le gocce che decoravano i vetri della finestra e ascoltando il rumore che queste emettevano nell'infrangersi contro di essi.

«E sono certa che non verrete delusi. Sai, anche a me era capitata una cosa simile quando ero piccola» le confessò, tornando indietro nel tempo tramite il suo racconto e rivivendo le stesse emozioni di allora.

A causa della pioggia torrenziale che si era riversata su Tokyo, per le strade si erano create file interminabili di automobili, creando così l'intasamento del traffico cittadino e un aumento vertiginoso del livello di nervosismo della gente.

Senza dubbio, i passanti erano quelli più infastiditi perché temevano che le macchine potessero schizzarli o che i loro vestiti si inzuppassero. Solo una bambina di dieci anni pareva non farsi problemi dinnanzi a quell'acquazzone: buffi codini castani erano nascosti dal cappuccio di un impermeabile rosso in pandance con un ombrello e degli stivaletti dello stesso colore; con aria sbarazzina scrutava l'afflusso di persone che si riversava ad uno degli incroci principali della metropoli.

La bambina si chiamava Yumi e si domandava come mai la gente si innervosisse inutilmente. La pioggia aveva anche i suoi lati positivi: si poteva sguazzare nelle pozzanghere o specchiarvisi dentro, oppure inebriarsi dell'odore della terra umida. Spesso e volentieri la pioggia lavava via la tristezza e l'insicurezza che, di tanto in tanto, le facevano visita.

Yumi non aveva molta voglia di studiare, ed infatti il suo rendimento scolastico non era dei migliori.

E nemmeno il rapporto con i compagni di classe.

Preferiva estraniarsi dal mondo esterno e rinchiudersi in quello fantastico tramite i suoi disegni. Yumi disegnava ovunque: sul banco, sui quaderni e perfino nel cortile della scuola tramite dei gessetti bianchi. Aveva pochi amici con cui condividere la sua passione, ma di essi si fidava ciecamente e avevano addirittura fondato un club per gli amanti del disegno, dove si ritrovavano quotidianamente.

Secondo parenti e conoscenti, la vita di quella bambina silenziosa, ma dolce scorreva con esasperante lentezza e monotonia, eppure lei non si lamentava mai.

Mai un capriccio, mai una lacrima.

Era molto matura per la sua età, ma come ogni normale essere umano, anche Yumi viveva i suoi momenti negativi, preferendo tuttavia serbare dentro di sé il dolore e lo sconforto e mostrandosi ottimista dinnanzi a parenti ed amici.

Yumi amava ascoltare i discorsi di chi la circondava, seppure intervenisse di rado, perché timorosa di esprimere la propria opinione.

Yumi amava la pioggia e, in giornate come quella, sostava sempre nel parco del quartiere, su una panchina posta vicino ad un laghetto a bearsi dello spettacolo che la natura le offriva.

La pioggia, infatti, riusciva a trasmetterle sensazioni particolari che lei riproduceva sul suo album immacolato.

Passò accanto ad un cartellone pubblicitario, dove vi era l'immagine di un ragazzino poco più grande di lei che sorrideva e promuoveva una nota marca di shampoo.

“Deve essere il famoso idol Shun Uesugi, tutte le riviste di gossip spettegolano sul suo conto. Sakura sostiene che frequenti la nostra scuola” pensò Yumi, sorpassandolo e salendo sul pullman che la aspettava alla fermata.

La pioggia riservava anche delle sorprese, e la bambina se ne sarebbe resa conto molto presto.

Dopo una ventina di minuti, scese dal mezzo che ripartì celermente e raggiunse il suo amato parco, dirigendosi senza indugi verso la “sua” panchina. Peccato che qualcuno l'avesse già occupata.

«Non può essere» mormorò Yumi incredula, avvicinandosi per accertarsi riguardo all'identità dello sconosciuto.

Si trattava di Shun Uesugi in carne ed ossa, o meglio, in pigiama.

                                                                                   *

«Mamma, ti ho già ripetuto venti volte che sto bene!» la rassicurò Shun scocciato, rialzandosi dal letto e non avvertendo alcun malessere.

Soffriva di un disturbo ai polmoni fin da neonato, e mentre stava recitando sul set di un telefilm, si era sentito male ed era svenuto, riaprendo poi gli occhi in un'asettica stanza d'ospedale. Vi aveva fatto l'abitudine e aveva imparato a convivere con quella malattia che, però, gli procurava parecchi disagi, specialmente in ambito lavorativo.

Sfortunatamente, il mondo dello spettacolo non prova compassione, e qualora ci si trovasse impossibilitati ad accettare una determinata offerta, si viene sostituti.

Shun Uesugi, dodici anni, era uno degli idol più promettenti della terra del Sol Levante: cantava, ballava, recitava e aveva già raccolto intorno a sé un discreto numero di fans. Sebbene fosse abbastanza popolare, il successo non gli aveva dato alla testa, probabilmente perché sua madre lo seguiva in qualità di manager e lo consigliava al meglio.

«D'accordo, caro. Il dottore vuole parlarmi un attimo. Torno subito» lo informò la sua genitrice, abbandonando la stanza e spostandosi nello studio del medico che aveva visitato il figlio.

Shun era già a conoscenza del dialogo che si sarebbe svolto tra sua madre e il dottore, dato che prima aveva sentito due assistenti parlottare fuori dalla sua porta: volevano operarlo. Erano convinti che con un'operazione, che presentava però un'alta percentuale di rischio, avrebbe potuto vivere una vita normale.

Avrebbe avuto possibilità di scelta oppure sua madre avrebbe deciso per lui?

Il peso delle pressioni subite nell'ultimo periodo stava diventando insostenibile: l'imminente divorzio dei suoi genitori, la malattia, i fitti impegni professionali e scolastici lo stavano logorando.

Eppure nessuno si era accorto di quanto stesse male: il carattere estroverso e solare di Shun era un'ottima arma mimetica. Gli bastava nascondersi dietro ad un sorriso cordiale o ad una battuta goliardica per non destare sospetti.

“Non voglio operarmi. Posso continuare benissimo a vivere come ora” rifletté tra sé e sé, alzandosi dal letto e sbirciando fuori dalla porta. Le infermiere stavano effettuando il consueto giro delle visite, quindi aveva il tempo di uscire senza essere visto.

Scese rapidamente le scale e guadagnò l’uscita dell'ospedale, incurante della pioggia che lo stava bagnando e delle sue precarie condizioni di salute.

L'avventatezza rientrava sicuramente nella classifica dei difetti del ragazzino.

«Ci mancava solo questa dannata pioggia. Uno non può nemmeno scappare in pace» sussurrò ironicamente. Durante la sua corsa, si ritrovò in prossimità di un parco, e scelse di attraversarlo per depistare i suoi ipotetici inseguitori. Essendo fuggito all'improvviso, si era infilato solo le scarpe che scivolavano sulle foglie bagnate cadute dagli alberi. Adocchiò una panchina situata vicino ad un laghetto artificiale e vi si sedette per riprendere fiato.

Nell'attesa che il suo respiro tornasse regolare, rivolse lo sguardo al cielo, come se la pioggia potesse fornirgli una risposta ai suoi interrogativi.

                                                                       *

Yumi era imbambolata davanti ad un nocciolo, indecisa sul da farsi. Non ci voleva un esperto per accorgersi dell'espressione spenta e vacua che aleggiava sul volto dell'idol.

Tuttavia, nonostante fosse piuttosto restia a conversare, decise di sedersi accanto a lui con apparente nonchalance, offrendogli riparo sotto il suo ombrello. Quando l'altro si accorse della sua presenza, la studiò per qualche istante con il sopracciglio alzato.

«Sei venuta qui per chiedermi un autografo?» le chiese increspando le labbra in un sorriso cordiale. Forse se si fosse dimostrato gentile nei suoi confronti, avrebbe levato le tende alla svelta.

Quello stratagemma funzionava sempre.

«Veramente non sono una tua fan. Diciamo che mi hai fatto pena, tutto qui» fu la risposta secca della bambina, carente di pratica nell'approcciarsi agli altri.

Si era stupita di come il suo corpo si fosse mosso da solo verso quello che per lei non era nient'altro che un estraneo.

Le labbra di Shun si contrassero in una smorfia e distolse lo sguardo, soffermandosi su un cestino dei rifiuti: secondo lui, la compassione era il sentimento peggiore che un essere umano potesse provare, preceduta solo dall'indifferenza.

«Non ho bisogno della tua pietà. Sparisci, per favore»

Contrariamente alle aspettative del ragazzino, Yumi non scomparve e prese posto accanto a lui.

«Guarda che sei tu ad avere pietà di te stesso. Come mai indossi il pigiama?»

Shun non riusciva a credere ai suoi occhi: non solo quella strana bambina non se n'era andata, ma lo stava perfino rimproverando. Eppure, era la prima volta che qualcuno gli parlava sinceramente e che non provava pietà per il suo “handicap”.

«Sono scappato dall'ospedale. Non voglio operarmi. E tu come ti chiami, lingua lunga?» le domandò Shun con un sorriso sornione.

Yumi trovava quella situazione alquanto surreale: stava dialogando con il beniamino delle sue compagne di classe come se niente fosse, e aveva trovato il coraggio di far valere la sua tesi; quella giornata piovosa si stava rivelando proficua sotto tutti i punti di vista.

«Yumi Konishi, 10 anni» il tono di voce della bambina si era ammorbidito e, dopo aver ascoltato la rivelazione di Shun, gli spostò i capelli fradici che gli si erano appiccicati sulle guance «non ti costringerò a fare una cosa controvoglia, però dovresti almeno tornare in ospedale. Sono sicura che i tuoi genitori ti staranno cercando»

«Ti sbagli. Mio padre e mia madre stanno per divorziare, a loro non importa nulla di me»

Quell'ammissione costò molto a Shun: non voleva accettare la realtà.

Non voleva vedere la sua famiglia sbriciolarsi come un biscotto.

«Forse ti sembrerò inopportuna, ma hai provato a parlare con loro? Inoltre, non credevo che voi maschi vi arrendeste alla prima difficoltà…fate sempre i bulli con noi femmine e vi credete dei supereroi, ma noi siamo più brave di voi» asserì la bambina puntandogli l'indice contro con fare accusatorio e divertito allo stesso tempo. Sicuramente, non poteva risolvere i problemi che affliggevano Shun, ma almeno avrebbe potuto tirarlo su di morale.

O “demolirlo”, dipende dai punti di vista.

Shun scoppiò a ridere come non faceva da parecchio: la compagnia di Yumi gli stava facendo momentaneamente dimenticare le cose negative. Quella bambina più piccola di lui gli aveva impartito una lezione importante: scappare era inutile; le situazioni andavano affrontate di petto.

«Hai ragione, ci proverò»

Yumi sorrise sollevata e tirò fuori il suo album e il suo astuccio dalla cartella, iniziando poi a disegnare.

«Shun, potresti reggermi un momento l'ombrello?»

Il ragazzino obbedì e, di tanto in tanto, scrutò Yumi per vedere cosa stava combinando. Quando disegnava sembrava assorta e “prigioniera” in un mondo tutto suo. Successivamente, la bambina gli consegnò tra le mani il foglio, invitandolo a fornire un giudizio al suo operato.

«Allora, cosa te ne pare? Ho pensato di lasciarti un ricordo di questa giornata, quindi ho disegnato noi due al parco, e per rendere il tutto più verosimile… » Yumi riprese un attimo il foglio e lo  espose alla pioggia, facendolo bagnare e ritraendolo poco dopo «queste gocce di pioggia testimoniano il nostro incontro»

«Grazie, accetto volentieri il tuo regalo» la ringraziò Shun alzandosi e piegando il disegno «adesso devo andare, inizio ad avere freddo, però prima devo fare una cosa…» si chinò su di lei e le stampò un bacio sulla guancia «magari quando sei grande, posso dartene uno sulla bocca» aggiunse lui impertinente, mentre si allontanava da lei e riprendeva a correre.

Yumi arrossì visibilmente, colta di sorpresa dall'intraprendenza del ragazzino: non avrebbe fatto parola a nessuno di ciò che era successo, altrimenti si sarebbe scatenato il finimondo.

«Riguardati, Shun!»

Per tutta risposta, il ragazzino alzò il pugno al cielo e le sorrise per l'ultima volta, scomparendo poi nella pioggia.

Yumi depositò un bacio sulla fronte di Nanako che si era addormentata durante il suo racconto.

«Evidentemente le mie storie hanno un effetto soporifero» sussurrò ridacchiando e abbandonando la stanza della figlia con discrezione.

Shun parlò con i suoi genitori, ma non servì a nulla perché divorziarono ugualmente. Tuttavia, la sua operazione andò decisamente meglio: a seguito di alcuni mesi di convalescenza, guarì perfettamente e poté condurre una vita normale. Quando tornò a scuola, andò a cercare Yumi per comunicarglielo e da quel giorno divennero buoni amici. Durante i giorni di riposo di Shun, i due si incontravano e si confidavano i rispettivi progetti per il futuro.

Frequentarono due scuole medie e licei diversi, senza perdere mai i contatti, e non appena Shun conquistò il tanto agognato diploma, lui e Yumi si fidanzarono. Egli proseguì i suoi studi, laureandosi brillantemente, e divenendo uno tra dei più bravi registi emergenti di Tokyo.

«Sono tornato!» proclamò allegramente una voce maschile, entrando dalla porta d'ingresso. Aveva i capelli e l'impermeabile fradici a causa della pioggia, e bagnò persino il tappetino con le gocce che cadevano dal suo corpo madido.

Pareva di essere tornati a quel giorno di tanti anni prima.

«Ciao, come sono andate le riprese? Hai fatto il filo a qualche giovane attrice?» gli domandò Yumi dispettosamente, allacciando le braccia attorno al suo collo.

«Ehi, Sherlock Holmes in gonnella, passano gli anni, ma rimani sempre la solita impudente!» la sgridò lui, fingendosi offeso e posando le sue labbra su quelle invitanti di lei.

“Un bacio al sapore di pioggia, niente male!” pensò Yumi, lasciandosi avvolgere dal calore di quel gesto.

«Ti amo, Shun»

La magia della pioggia li univa ancora.

 

 

Salve a tutti,

eccomi approdata in questo nuovo fandom^^ Questa storia partecipa al contest "When The Rain Comes Here" di DreamerGirl.

E' la seconda storia originale in cui mi cimento, quindi
speriamo bene>__< il personaggio di Sherlock Holmes non mi appartiene, mentre
gli altri sono tutti frutto della mia mente malata. Ho deciso di ambientare il
mio racconto in Giappone, più precisamente a Tokyo, e per quanto riguarda la
canzoncina dei Teru Teru Bōzu l'ho tratta da Wikipedia.

http://it.wikipedia.org/wiki/Teru_teru_bozu

La parte in corsivo rappresenta i ricordi di Yumi e il suo racconto.
I discorsi scritti dentro "  " sono i pensieri dei personaggi.

Recensioni positive, critiche (purchè costruttive), suggerimenti e quant'altro, sono ben accetti ;)

Grazie per aver letto la mia storia^^

Fe

Edit del 16 gennaio 2011: ecco il commento di _DreamerGirl_ alla mia storia^^ ancora non ci credo di essere arrivata prima, è il primo contest che vinco*_* Grazie mille alla giudice e complimenti a tutte le altre partecipanti*_*

- 10/10 correttezza grammaticale

Non ho trovato errori grammaticali, quindi i miei complimenti!

- 9.5/10 lessico e stile

Il lessico è perfetto e anche lo stile. Aggiungi qualche segno di punteggiatura in più e sarà tutto perfetto.

- 10/10 attinenza al tema (la pioggia)

Che dire? Rispettato, in tutto e per tutto.

- 5/5 originalità

Ma… ma… è super originale! Cioè, tutta la storia e i personaggi che la compongono sono originali in tutti gli aspetti, così come la vicenda. E che dire della canzoncina presa di Wikipedia che racchiude una leggenda? Simpatica ed affascinante. Mi complimento con te!

- 4/5 giudizio personale

Storia molto carina, devo dire. Naturalmente, come puoi vedere dal punteggio, m’è piaciuta. Forse avrei preferito una maggior caratterizzazione di Shun, ma fa nulla. Va bene così.

   
 
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