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Autore: Tye Menkauhor    11/12/2010    2 recensioni
E se qualcuno degli Slayers fose catapultato sulla Terra e dovesse prendere parte a quello che è A Christmas Carol di Dickens??
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Amelia, Gourry Gabriev, Lina Inverse, Xelloss Metallium, Zelgadis Greywords
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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  Si mise in piedi di scatto quando il suo corpo impattò contro il suolo duro e umido. Ecco, quella era una tecnica da perfezionare: non che si fosse fatto del male, assolutamente. Ma passare da un mondo all’altro era una cosa che andava fatta con stile.
  Xellos sospirò, domandandosi per un altro brevissimo secondo per quale motivo la sua signora Xellas l’avesse spedito in quella missione così strana. Un bravo priest non si pone domande e obbedisce agli ordini, perciò recuperò il suo bastone, caduto pochi metri avanti a lui, e si mise in marcia.
  Uscì dal vicolo stretto e buio dove si era materializzato, per ritrovarsi su una strada di poco più grande, illuminata fiocamente da lampade, a giudicare dall’odore che percepiva alimentate ad olio, poste su alti pali. Il terreno era percorso da strati di nebbiolina che pareva turbinare con pigra lentezza attorno alle sue gambe, mentre il cielo era una striscia blu in cui a fatica si scorgevano le stelle.
  Xellos non poté fare a meno di pensare che quel mondo chiamato Terra, si presentasse già in maniera totalmente diversa dal suo mondo. Nemmeno in tempi di guerra, e ce n’erano stati tanti, i sentimenti che poteva percepire erano stati così discordanti ed estremizzati come quelli che sentiva chiari in quel luogo, con tutto il suo essere.
  C’erano orridi pensieri di pace e gioia che gli avrebbero dato il voltastomaco, se solo fosse stato dotato di interiora come i patetici esseri umani. Ma notevoli erano i brividi di dolore, di sofferenza, i propositi di vendetta, gli spasmi di violenza e morte che provocavano un piacere intenso al suo corpo astrale.
  Era uno strano mondo. Una base permeata di malvagità, ricoperta da un sottile strato di buonismo. Ne prendeva le forme, per cercare di ricoprirlo interamente, ma era solo una patina di polvere, che al primo soffio d’aria sarebbe volato via, lasciando scoperta la verità. Il Dark Lord di quel mondo aveva fatto un ottimo lavoro. Se ne avesse avuto l’occasione, avrebbe volentieri fatto i suoi complimenti a Belial[1].
  Si ritrovò di nuovo a pensare quale motivo avesse spinto quel potente Dark Lord a richiedere l’aiuto della sua signora Xellas. Sapeva di dover sostituire un diretto sottoposto di Belial, e questo era per lui un onore, ma il fatto che l’uomo obiettivo della missione non dovesse essere ucciso, lo lasciava perplesso.
  Cominciò a camminare, apparentemente senza una meta precisa, per le strade di quella grande città. Quando Xellos giunse ad una banchina, si fermò ad osservare il fiume che, placido, scorreva sotto lo strato di nebbia che si innalzava dalle sue acque. “Se non sbaglio, questo lo chiamano Tamigi” pensò.
  Io suoi occhi di demone videro in lontananza una alta torre con un orologio che segnava le 10.30. Aveva ancora molto tempo. Il suo istinto lo stava guidando nella direzione giusta, e voleva approfittarne per osservare quella città così grigia di un mondo che non era il suo.
  Nell’aria continuava a percepire uno strano fermento, fastidioso ed eccessivamente buono. Alle finestre aveva notato candele accese e un chiacchiericcio allegro di sottofondo, mentre nelle strade più strette ristagnava l’odore di carne e dolci.
  Si diresse con calma verso la zona della città in cui quell’umore, in grado di provocargli orticaria, era meno intenso. Più si addentrava negli stretti e sporchi vicoli della periferia, meno la gioia e la comunione erano presenti. Qui regnava l’avidità, lo sentiva chiaramente. Avidità, violenza, corruzione e lussuria. In quelle stradine Xellos percepì con chiarezza aleggiare una volontà malvagia, i residui di un’anima che aveva imbrattato di sangue il selciato e sparso terrore in quella zona.
  Una donna dal volto truccato eccessivamente, con un abito discinto nonostante il freddo, gli passò accanto, stringendo il braccio di un uomo di mezza età con grandi baffi e un elegante cappotto nero, che camminava appoggiandosi ad ricco bastone decorato in oro. In testa portava uno strano cappello, alquanto ridicolo secondo i canoni di Xellos.
  «Ragazzino, faccio uno sconto! Vuoi divertirti con noi?» La donna gli rivolse un sorriso provocante, passandosi la lingua sulle labbra.
  “Puttane. Quelle non mancano neanche da noi” pensò il demone, sorridendo sornione e facendo segno di no con il capo. La volontà assassina, che aveva percepito qualche istante prima, si agitò nell’aria, affamata e pronta a scattare.
  «Non sai cosa ti perdi!» La donna passò oltre, poi si allungò per raggiungere l’orecchio dell’uomo di mezza età «Hai visto che strano abito aveva? Che sia fuggito da un manicomio?»
  La risata di scherno che ne seguì lo infastidì davvero. Ma aveva infastidito lui, o piuttosto quell’entità che sentiva ora appiccicata a sé come un’ombra?
  Però la donna aveva ragione, l’abito che era solito portare nel suo mondo, lì non andava per niente bene. Poteva ovviamente cambiarlo in tempo minore di un battito di ciglia, ma perché non approfittarne per divertirsi un po’?
  “Chissà se gli uomini qui, muoiono come quelli del mio mondo?” Xellos si concesse un ghigno maligno, mentre i suoi occhi d’agata seguivano la puttana e il suo amante, e l’ombra sorrideva di un sorriso che non era il suo.
 
  Il mazoku si tolse un guanto, e con la mano si pulì lo schizzo di sangue che gli aveva imbrattato il viso. “Gli uomini sono solo dei codardi, ovunque” rifletté osservando il vischioso liquido rosso che gli ricopriva la punta delle dita.
  Con fare distratto leccò il sangue per ripulirsi, mentre si chinava sull’uomo e lo faceva girare supino. Aveva fatto un lavoro di precisione, e se ne stupì lui stesso. Sembrava quasi il modo di uccidere di qualcun altro…
   «Oh no! Ma guarda un po’, ho macchiato quella bellissima camicia bianca.» Si fermò a riflettere per un istante, volgendo il viso verso la donna che, piangente e tremante, se ne stava rannicchiata in un angolo del vicolo, tenendo la testa tra le braccia.
  «Credi che potrebbe andare bene anche una camicia rossa?» Non ricevendo alcuna risposta, il demone alzò le spalle, e con uno schiocco di dita mutò colore alla blusa.
  Cominciò a spogliarsi lentamente, saziandosi delle ondate di terrore crescente, che ad ogni secondo si facevano più intese ed acute. Aveva proprio fatto bene a tenerla in vita.
  Quando il suo corpo materiale dall’aspetto umano fu completamente libero di indumenti, Xellos si avvicinò alla donna, afferrandole i riccioli scuri appuntati con pacchiani gioielli sulla sommità del capo. La puttana gridò.
  «Allora? Non me lo fai più quello sconto?» le chiese con un sorriso tranquillo, avvicinando il suo viso a quello stravolto dall’orrore di lei.
  Le labbra rosse e carnose della donna si mossero per rispondere, ma non ne uscì alcun suono.
  «Ehi, non sarai agitata, vero? Non credo che per te sia la prima volta!» Le lasciò i capelli e le carezzò una guancia, su cui il trucco era sceso con le lacrime, lasciando strisciate scure.
  Lei deglutì. «T-ti p-prego… f-farò t-tutto quello… t-tutto quello che vuoi…» sussurrò tra un singhiozzo e l’altro.
  Xellos si alzò in piedi, lasciandola tremante in ginocchio. «Oh mia cara, hai già fatto molto, non ti preoccupare» Con un sorriso eterno ed un gesto rapido della mano, il demone assaporò l’ultimo anelito di terrore giungere da quella anima peccatrice.
 
  Protetto dal profumo della paura, di cui si era impregnato l’abito che ora indossava, Xellos attraversava le zone della città in cui gioia, amore, condivisione, sembravano crescere di momento in momento. Aveva schivato con abilità un gruppetto odioso di bambini che, come un branco di pecore, seguivano una donna e si fermavano a canticchiare canzoncine dolci e terribilmente smielate alle finestre delle case.
  Solo dopo aver incrociato diversi campanelli di persone che con un sorriso odioso gli rivolgevano gli auguri per chissà quale motivo, Xellos giunse alla magione ove doveva assolvere il suo compito. Era un’abitazione molto grande, con un cortile spoglio separato dalla strada da un enorme cancello in ferro battuto, abbruttito dal tempo e reso ancor più tetro dalle acuminate punte con cui terminava. Il mazoku lo attraversò senza alcun problema, dirigendosi con calma verso la grande porta dai battenti sagomati con la forma di strani volti. Mentre saliva il primo gradino, dalla strada il grido di un ragazzo lo distrasse.
  «E’ Jack! Barricatevi nelle case! Jack lo squartatore è tornato!»
  Xellos aggrottò le sopracciglia. Possibile che si fosse scordato di togliere di mezzo i due cadaveri? Possibilissimo, anche se non normale. Cosa gli era preso uccidere così, senza scopo apparente, due insignificanti umani? Quel mondo era davvero strano, e ancor di più era strano l’effetto che aveva su di lui. Con un’alzata di spalle tornò a salire le scale. Tanto stavano dando la colpa a questo “Jack”…
  Un passo pesante, come quello di un gigante, rimbombò nell’aria, facendo tremare i vetri della casa. Quando il mazoku alzò lo sguardo, vide un viso luminoso e sorridente spuntare dal tetto, e una grossa mano scoperchiare la casa come se fosse la cosa più naturale di questo mondo. “Magari in questo mondo è davvero normale…” pensò osservando stupito il gigante. I capelli color dell’oro incorniciavano un volto un po’ paffuto, su cui spiccavano due limpidi occhi azzurri. La sua fisionomia gli ricordava vagamente qualcuno…
  Con l’altra mano il gigante prese qualcosa dall’interno della costruzione, e se la portò via, riposizionando il tetto al suo posto.
  Contemporaneamente la porta davanti a lui si aprì, ed una mano candida ed esile lo trascinò dentro. «Hai intenzione di farti vedere?»
  «Cos..?» La porta dietro di lui si richiuse di colpo. L’ingresso era enorme e freddo, un’imponente scalinata portava ai piani superiori, diramandosi signorilmente a destra e sinistra, creando una balconata che circondava la stanza su tre lati.
  I suoi occhi corsero poi alla piccola figura di fronte a lui, che ancora gli stringeva con forza il polso. La testa era circondata da un alone luminoso, che però non nascondeva il caschetto di un nero lucente e gli occhi grandi e blu. Assomigliava terribilmente alla principessa di Saillune. Vestiva con una lunga tunica bianca, anche questa vagamente luminosa, e con la mano libera reggeva un cappello di una strana foggia.
  La ragazza gli lasciò il polso, sospirando. «Sei in anticipo. Con lui c’è ancora Presente.»
  Quella che, Xellos comprese, doveva essere Passato, si sedette stancamente sui gradini della scalinata. «Non devi farti vedere da lui prima del tempo. O rovinerai l’effetto sorpresa. Non si aspetta un Futuro nuovo»
  Il demone si grattò la nuca, in imbarazzo. «Mi dispiace»
  «Bà, che importa! E’ inutile che Belial si intestardisca con questa faccenda. Michael e Rafael ormai hanno formato un esercito, non sarà l’ottenere il pentimento di Scrooge a fermarli» Passato sospirò.
  «Uhm, credo che qualcosa mi sfugga…» Xellos si avvicinò e si sedette accanto allo spirito. Solo in quel momento notò un’ombra altissima immobile davanti alla porta da cui lui era entrato. Una tunica nera la ricopriva interamente, il cappuccio era calato a tal punto sul volto da non lasciare nulla di visibile. Dalla manica spuntava solo una mano scarna, il pugno chiuso e l’indice sollevato a puntare qualcosa sul pavimento.
  «Non mi dire… quello è Futuro?» Abbozzò un mezzo sorriso. «Non mi sorprende che non faccia più effetto… un po’ troppo cliché, non trovi?»
  L’ombra si mosse lentamente verso di loro.
  «Non ti conviene fare arrabbiare Futuro, dato che tu sei il rimpiazzo!» Passato si levò in piedi e svolazzò qualche gradino più in alto.
  Futuro mosse velocemente il braccio, lanciando qualcosa in direzione di Xellos. Il demone schivò, e fissò inebetito il moncherino della mano scarnita, corredato da un’impugnatura in legno circondata da fascette di cuoio.
  Lo spirito gli fu di fronte in velocità, ma ora era molto più basso, e la tunica toccava abbondantemente terra. Dietro di lui Xellos notò due trampoli abbandonati sul pavimento.
  «Tu, razza di soffia posto di lavoro! Hai anche da ridire? Credi che io non sia in grado di spaventare le persone come si deve?» La voce era quella di una ragazza.
  Futuro si abbassò il cappuccio sulle spalle, rivelando una folta chioma rossa, due occhi ardenti, e un paio di deliziose corna dorate. Corna a parte, era la copia sputata di una sua conoscente maga molto, molto pericolosa.
  «Ti assicuro che se nel mio mondo tu ti mostrassi come sei ora, saresti davvero spaventosa! Tanto spaventosa da far fuggire un drago!» Xellos sghignazzò, alzandosi in piedi e portandosi ad un soffio dal volto di Futuro. «Non l’ho deciso io di sostituirti sul posto di lavoro mia cara, prenditela con i superiori» Le diede un buffetto in fronte sorridendo sornione.
  «Non osare parlar male di Belial, razza di strano spirito venuto da chissà dove!» Futuro strinse i pugni.
  «Io non sono uno spirito. Io sono un demone»
  «Hai sentito Futuro? E’ del tuo stesso rango! Non potevano certo sostituirti con qualcuno di rango inferiore, ti pare?»  Passato scese svolazzando dalla cima delle scale dove si era rifugiata.
  «Ma non ha le corna!» Sbottò la diavolessa.
  «Senti Futuro, sono costernato dal fatto che abbiano deciso di sostituirti e che l’ingrato compito sia stato affidato a me, ma vorreste spiegarmi per quale motivo Belial si adopera per far diventare questo Scrooge una persona buona? Non mi risulta che sia un compito contemplato da nessun Dark Lord» Xellos si sedette di nuovo, facendo segno con la sinistra a Futuro di sedersi accanto a lui.
  La ragazza demone incrociò le braccia al petto e alzò il mento, dandosi arie di supriorità.
  «Non parlarmi in questo modo così informale, demone. Io sono Phobetor[2], braccio destro di Belial nella notte!»
  Xellos la fissò dal basso in alto, socchiudendo gli occhi violetto e increspando appena le labbra in un sorriso. La ragazza parve per un istante rabbrividire sotto quello sguardo.
   «No, mi dispiace, non ti ho mai sentita nominare» sussurrò poi il demone con voce innocente. Futuro stava per scagliarsi su di lui, quando una strana melodia risuonò nell’ampio ingresso. Xellos non poté fare a meno di pensare che quella musica gli ricordasse qualcosa di profondo… e di rosso! Nel frattempo Futuro era sbiancata, e dopo un attimo di smarrimento, aveva cominciato a tastarsi la tunica in cerca di qualcosa. Quando trovò l’oggetto in questione, una sorta di orologio da taschino, lo fissò con un certo timore, mentre quello, anche col coperchio chiuso, continuava a suonare.
  Futuro si schiarì la voce e aprì il piccolo coperchio tondo. Poi fece una cosa che a Xellos sembrò assurda: si mise a parlare con l’orologio!
  «Belial, si si, è arrivato. Non ti preoccupare… No, non sono dispiaciuta, assol… aspetta, cosa vuoi dire con questo?» Seguì un lungo momento di silenzio, durante il quale il viso di Futuro passò dalle gradazioni del bianco, al rosso.
  «CHECCCOSA?????»
  Passato fece un salto indietro, tappandosi le orecchie con le piccole mani.
  «CHI O COSA E’ STATO COSI’ STUPIDO???» Gli occhi di Futuro dardeggiavano fiamme, mentre continuava a guardare l’orologio da taschino.
  Mentre la ragazza demone continuava a sbraitare minacciando qualcuno di non ben definito, Xellos vide svolazzare al suo fianco Presente. Era sceso dal piano di sopra direttamente attraversando il soffitto, e non aveva più le sembianze di un gigante paffuto, piuttosto quelle di un uomo in cui cominciavano a farsi strada i segni del tempo, a partire dai capelli bianchi.
  «Tu sei l’altro Futuro, vero?» gli domandò Presente con un sorriso, senza prestare la minima attenzione alla ragazza e alle sue urla. Xellos annuì, e stava per rispondere alla spirito, quando le mani di Futuro si strinsero attorno al suo collo.
  «Dillo che ha usato te! Jack! Jack è vincolato, non può entrare nei corpi degli uomini per combinare guai! Maledizione! Sai cosa vuol dire un delitto causato da un evaso, per di più da Jack, nella notte della vigilia?»
  «Phobetor! Così non riuscirà mai a risponderti» Presente le prese le mani, liberando il collo di Xellos dalla morsa furiosa della demone. Un istante dopo Presente era steso a terra fumante e bruciacchiato, mentre tra le piccole corna di Futuro si irradiavano ancora lievi scariche elettriche.
  Xellos indietreggiò impressionato. Non era riuscito minimamente a smaterializzarsi per fuggire alla presa della ragazza. Quel mondo cominciava proprio a non piacergli.
  «Aspetta Phobetor, lui non può sapere nulla di tutto ciò, non ti pare? Non ti scaldare!» Passato gli si parò davanti, affrontando con coraggio la furia di Futuro.
  «Non ne sa nulla?? Jack ha di certo utilizzato il suo corpo per uccidere due persone! Capisci cosa significa?!» Futuro, alias Phobetor, aveva agguantato Passato per la tunica, e la scuoteva con violenza.
  «Lo sai anche tu che comunque Rafael ordinerà l’attacco, è inutile che ti scaldi tanto per una cosa del genere» cercò di ribattere lo spirito.
  Futuro la lasciò andare, squadrandola con sospetto. «Sei stata tu a lasciare il passaggio aperto, vero? E’ per questo che stai cercando di minimizzare il problema!»
  Xellos sentì una mano afferrargli la spalla. «Non badare a loro. Litigano spesso, e spesso succedono di questi problemi» Presente gli rivolse un sorriso, socchiudendo gli occhi. «Tra poco dovrai entrare in scena, perciò voglio spiegarti brevemente qual è la situazione. Devi sapere che da tempo c’è un accordo tra Belial e Chassid[3], secondo il quale, nella notte della vigilia e durante la giornata del Natale, nulla di negativo deve accadere, tranne il passaggio, nel caso in cui sia tempo, della Mietitrice. Nonostante si tratti di un lasso di tempo limitato, le nostre forze ne risentono parecchio, poiché nessuna azione puramente malvagia viene compiuta. E’ come se ci mancasse il sostentamento, capisci? Chassid però non ha il pieno controllo di Rafael, che non perde occasione per attaccarci. Quel ragazzo è sempre stato una testa calda… Perciò, per proteggerci in questi giorni così delicati, Chassid ha chiesto in cambio la redenzione di un’anima. Loro ci hanno provato in tutti modi, ma Scrooge è tosto, perciò hanno deciso di sfruttare i mezzi di noi spiriti. Quando Belial ha visto che noi non eravamo sufficienti, ha messo a capo della missione il suo braccio destro nella notte, quella che ora è Futuro.»
  Xellos fissò Presente annuendo piano. «Quindi è per un mutuo accordo che porta utile da entrambe la parti, che siete costretti a  fare questa messinscena»
  «E ora tocca a te. Non fare aspettare Scrooge, non lo sopporta!» Presente gli strizzò l’occhio e gli diede una lieve spinta per fargli salire le scale.
  Xellos si volse indietro a guardare Passato e Futuro che ancora litigavano, poi avanzò rapidamente sui gradini e verso quella che sapeva essere la porta della stanza di Scrooge. Senza bussare abbassò la maniglia ed entrò evitando qualsiasi effetto speciale.
  Scrooge era un vecchietto magro e alto, con addosso una pesante camicia da notte in flanella, di un triste color bianco sporco. Quando sentì la porta aprirsi, il vecchio sollevò lo sguardo dal giornale che stava sfogliando, mentre se ne stava comodamente seduto su di una grossa poltrona davanti al camino.
  Sbuffò. «Sei arrivato, finalmente!» Poi si zittì per qualche secondo e spinse gli occhiali più in alto sul naso, guardandolo stranito. «Ma tu non sei lo Spirito del Natale Futuro! Chi diavolo sei?» sbottò alzandosi in piedi.
  Xellos gli si avvicinò, e non poté fare a meno di notare che i capelli ribelli, di uno strano bianco dalla tendenza al lilla, e i profondi e taglienti occhi grigio-azzurri, parevano quelli di una chimera di sua conoscenza. Però Scrooge era molto più vecchio, e aveva pelle normale tirata sul corpo magro.
  «Signore, questa si chiama violazione di domicilio!» Scrooge avanzò verso di lui con espressione arcigna e minacciosa.
  «Non si scaldi, signor Scrooge. Sono un nuovo Futuro venuto a farle visita» Xellos avanzò verso la poltrona, superando l’uomo mentre gli rivolgeva un sorriso con gli occhi socchiusi in una espressione enigmatica.
  «Nuovo… Futuro?» Scrooge lo squadrò, mentre lui si sedeva comodamente accavallando una gamba sull’altra, e tamburellava con un dito sulla sfera scarlatta che stava in cima al bastone da passeggio.
  «Già. Signor Scrooge, non mi sembra una persona di poco senno. Dovrebbe per lo meno immaginare che alcune azioni possono cambiare il Futuro» Xellos fissò il vecchio con un sorriso accennato.
  «Vorresti dirmi che dopo tre anni, durante i quali ad ogni notte di Natale si presentava da me quel Futuro nero come un’ombra e silenzioso come la tomba che invariabilmente mi mostrava, quest’anno ho fatto qualcosa di diverso? E per questo mi merito un Futuro agghindato da gentiluomo con una orrida camicia rossa, in tono col quell’esotico bastone da passeggio? Ma soprattutto, un  Futuro che finalmente si degna di mostrare il suo volto e rispondere alle mie domande! Senza alcuna offesa, signor spirito, ma già così mi sento fortunato. Cosa potrebbe farmi mai vedere di diverso e di peggiore che non mi abbia già mostrato il suo collega gli anni passati?» Scrooge incrociò le braccia al petto, fissandolo di sottecchi con aria di sfida.
  Xellos sospirò. «A quanto pare nulla di ciò che le è stato mostrato parrebbe smuoverla dalla sua posizione»
  «La mia crescita come uomo mi ha fatto prendere determinate strade. Rinnegarle ora che sono un vecchio, sarebbe come rinnegare tutta la mia vita. E non vorrei essere pignolo signor Spirito, ma lei, a differenza del suo collega, è arrivato in ritardo»
  Xellos osservò l’orologio posto sopra il camino, che scandiva il tempo con un ticchettio basso. Effettivamente aveva tardato di qualche minuto. Fece spallucce e tornò a rivolgersi a Scrooge. «Il Futuro non è mai in ritardo signor Scrooge. Arriva sempre quando è il momento»
  Scrooge agitò una mano spazientito. «Si si, come vuole lei Spirito. Poche chiacchiere e mi faccia vedere la mia tomba, così poniamo fine a questa pagliacciata anche quest’anno»
  «Non così in fretta signor Scrooge. Non creda che io sia come lo spirito che veniva a farle visita gli scorsi anni. Non le farò vedere la sua tomba. Dopotutto, cosa mai può importare a lei se nessuno verrà al suo funerale e nessuno la piangerà…» Xellos si levò in piedi, e fissò il vecchio con gli occhi socchiusi.
  Scrooge accennò un mezzo sorriso. «Dato che ha perfettamente capito come la penso, può anche prendere il suo futuro e andarsene da casa mia. Il Natale, le vostre visite, sono tutte un cumulo di scempiaggini! Timmy è ancora vivo, nonostante mi si dica sempre che non sarà in grado di arrivare al natale successivo. E anche io sono ancora in questo mondo, e i miei affari non sono mai andati meglio!»
  Xellos si avvicinò piano al vecchio, che intimorito fece un passo indietro. Il mazoku allungò la mano per afferrare quella di Scrooge. «Non voglio farle attendere oltre signor Scrooge. E’ ora di andare a vedere cosa le riserva il suo nuovo futuro»
  Scrooge si lasciò guidare senza opporre resistenza, e Xellos lo attirò preso il camino, chinandosi e avanzando nelle fiamme. Un po’ di scena dopotutto non faceva male, anche se quel vecchio, che doveva ammettere gli stava pure simpatico, era davvero poco impressionabile.
  Una luce colore delle nubi in tempesta li avvolse completamente, e poi si dissipò come fumo, lasciando liberi gli occhi di vedere dove erano finiti. Scrooge si strinse nelle braccia, osservando con fastidio la stanza grigia, in cui le finestre erano oscurate da pesanti tende e l’unica luce era quella debole di una candela. Nella stanza c’era un unico letto, su cui giaceva un uomo dai capelli di una strana sfumatura lilla.
  «Spirito, questa non è la solita stanza dove mi veniva mostrato il mio cadavere…» sussurrò il vecchio, rabbrividendo.
  «Oh, ma qui lei non è ancora morto signor Scrooge.» Mentre Xellos rispondeva a quel modo, la porta alle loro spalle si aprì ed entrarono due medici. Gli uomini avanzarono verso il letto, attraversando senza problemi i corpi immateriali di Xellos e Scrooge.
  «David, che mi dici del vecchio?»
  «Non c’è possibilità. E’ una malattia che non lascia scampo. Ormai è quasi cieco e sordo. Guarda, la pelle sta cominciando ad ingiallirsi. Sarà lunga e dolorosa»
  «Ma non c’è nessuno che possa prendersi cura di lui in questo momento? Insomma David, so che non è bello da dire, ma ci occupa un posto letto»
  «Lo so Ernest, ma non c’è davvero nessuno. E’ qui da due settimane ormai, ma ha cacciato via malamente l’unico che lo sia venuto a trovare. E quello non è più tornato»
  Scrooge si volse a guardare Xellos. «Che… che malattia ho? Possibile che sia condannato a soffrire? Io posso pagare quei fannulloni di medici e farmi curare!»
  «Signor Scrooge, ci sono malattie che nemmeno tutto l’oro del mondo può sconfiggere. Questa in particolare.. Ci sono persone che riescono a sconfiggerla, ma molto, devo dire, è dovuto alla volontà di sopravvivenza. E non solo: il sostegno delle persone che non vogliono perdere quella persona, sembra un vero toccasana contro malattie di quel genere»
  Xellos gli rivolse un lieve sorriso di convenienza.
  «Vorresti forse dirmi che se avessi persone preoccupate per la mia salute, potrei guarire?» sussurrò Scrooge mentre si avvicinava al letto in cui giaceva il suo io del futuro. L’espressione di sofferenza e smarrimento che si dipinse sul suo volto, mentre osservava da vicino come sarebbe stato ridotto dalla malattia, fece comprendere a Xellos che aveva avuto un’ottima idea.
  «Spirito… questa malattia è già dentro di me, non è vero?» domandò chiudendo gli occhi.
  «Lei cosa crede signor Scrooge?» Xellos riafferrò la mano del vecchio, che ora tremava impercettibilmente, ma non di freddo. Mentre di nuovo la luce grigio-violetta li avvolgeva, Xellos sentì l’uomo sospirare con un singhiozzo.
  Quando con un passo furono fuori dal camino da cui erano partiti, Scrooge alzò lo sguardo con gli occhi lucidi. «Lo sono. E’ come se lo avessi sempre saputo. Ma non voglio morire da solo Spirito!»
  Xellos sorrise. «Sa perfettamente che spetta solo a lei. Solo lei può cambiare il suo futuro, signor Scrooge»
  «Lo farò Spirito. Lo farò davvero. Voglio sconfiggere la malattia, ma da solo non sono in grado di farlo. E a dispetto di tutto quello che ho sempre creduto, questa sarà una sfida che non potrò vincere con il mio denaro» Il vecchio guardò l’orologio posto sopra il camino e sorrise. «Sono ancora in tempo. E ti ringrazio Spirito per non avermi nascosto una cosa simile»
  Quel sorriso colmo di gratitudine, stranamente, non procurò alcun fastidio a Xellos. Si domandò piuttosto se anche la chimera del suo mondo fosse in grado di sorridere in maniera così umile.
  Mentre il vecchio si ricoricava nel grande letto a baldacchino, Xellos uscì dalla stanza e tornò lentamente al piano di sotto. Poteva sentire Phobetor che ancora gridava infuriata, mentre Presente bofonchiava qualcosa e Passato stava puntando il dito verso un’opaca ombra che fluttuava in circolo, come un cavallo legato ad un palo. In effetti pareva che i polsi fossero incatenati ad una sorta di enorme gancio conficcato nel pavimento.
  Quando Phobetor lo vide scendere dalle scale si scagliò contro di lui in un lampo. «Allora? Avanti parla!» sbraitò afferrandolo per il colletto della camicia.
  «Potete stare tranquilli, quel Rafael non avrà motivo per attaccar briga. Scrooge pare che abbia cambiato leggermente il modo di vedere le cose» Xellos tentò di liberarsi dalla presa della demone.
  «Hai sentito Jack? Per fortuna il demone dell’altro mondo ha risolto la situazione! E tu dovresti imparare a stare al tuo posto!» Passato si rivolse all’ombra dai contorni non definiti. Xellos si rese conto che era proprio la volontà assassina che aveva percepito quella sera e che lo aveva spinto ad uccidere senza motivo quelle due persone.
  «Dunque… io ora toglierei il disturbo. Vi lascio alle vostre lotte e ai vostri accordi, la mia missione è finita e ho diverse cose importanti da terminare nel mio mondo» Senza aspettare altre domande o discussioni da parte di quegli spiriti e della demone dal carattere irascibile, Xellos si smaterializzò, lasciando dietro di sé solo gli indumenti rubati all’uomo che aveva ucciso.
 
  Un istante dopo era al cospetto di Xellas, inchinato con riverenza e in attesa di una risposta.
  «Mio caro Xellos, Belial mi ha già contatta, e ha detto che nonostante il piccolo incidente, è felice del lavoro che hai svolto. Mi ha chiesto il tuo aiuto per qualche altra questione…» Xellas fece una lunga pausa.
  Xellos era pronto ad obbedire, ma non poteva non pensare che non aveva alcuna voglia di ritornare sulla Terra.
  «Mi dispiace mio affidabile Xellos, so che un’altra missione in quel mondo ti farebbe piacere, ma qualcuno di nostra conoscenza si è impicciata di qualcosa che non è di sua competenza. Per questo motivo non posso rispedirti là. Per quanto ti possa risultare noioso, devo rimetterti sulle tracce della maga Inverse»
  Xellos trasse un interno sospiro di sollievo: Lina Inverse era pazza, ma quella avventura gli aveva fatto capire che alcuni pazzi erano più normali degli altri.
   


[1] Beliar, Bheliar (ebraico): senza padrone, viltà della terra, Signore dell'Orgoglio. Uno dei nomi del diavolo.
[2]Nella mitologia greca Fobetore (in greco Φοβητώρ / Phobêtốr, «spaventoso») o Icelo (Ἴκελος / Íkelos, «somigliante») è uno degliOneiroi, figlio di Ipno e fratello di Morfeo e Fantaso.
Nelle Metamorfosi di Ovidio viene descritto come la personificazione degli incubi, nei quali appare con sembianze di animale. Gli dei lo chiamano Icelo, mentre gli uomini Fobetore.
 
[3] Chassid: Pieno di Grazia, questo nome esprime la modalità divina dell'amore, della gentilezza, della grandezza di Dio anche nel rapporto con l'uomo e dell'uomo con il proprio prossimo che per queste qualità è sostenuto da Dio.
  
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