Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: Witch_Hazel    11/12/2010    0 recensioni
Tallinn e Sygfried, due sguardi diversi sulla strada della vita. Sotto la pioggia scrosciante davanti a un binario.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
tutte_le_direzioniSalve a tutti! Tra gli evidenti (e direi imbarazzanti) ritardi di aggiornamento di Qualcosa di Vecchio, decido di postare questa OS, vincitrice del premio Best Scene nel contest "Foto Ricordo" di Dreams Writers, cogliendo l'occasione per ringraziare chi mi ha votato.  In realtà sarebbe un missing moment di un progetto molto più ampio, che sta avendo una lunga e dolorosa gestazione. Spero mi darete un parere sul mio lavoro. Baci :)

Quella mattina si era svegliato di soprassalto con la convinzione che Tallinn non sarebbe passata a salutarlo prima di partire per Berlino. Non sapeva cosa lo avesse spinto ad aprire gli occhi alle cinque con questo preciso pensiero, né per quale motivo la cosa riuscisse a turbarlo più del necessario, l’unica certezza era che non era più riuscito a chiudere occhio. Dopo due ore di autentica meditazione autodistruttiva fissando un soffitto che in realtà non riusciva a vedere, Sygfried si decise a prepararsi e andare alla stazione. Era del tutto incerto sull’esito che avrebbe avuto questa sua presa di posizione, ma attendere ormai l’avrebbe logorato fino all’esaurimento, anche solo vedere il treno partire l’avrebbe fatto sentire meglio. Era primavera, l’aria era ancora frizzante e cadeva un pioggerellina rada da un paio di giorni, così che la città sembrava essere stata inzuppata in una tazza d’acqua e tutto era grigio e umidiccio. Il clima non turbava affatto Sygfried, nato e cresciuto in città, che se ne andava camminando tranquillamente con addosso solo una t-shirt e aveva lasciato i lunghi capelli neri sciolti sulle spalle. Il che, era abbastanza comune per chi era avvezzo alle temperature della Renania. Attraversò la città lasciando che l’aria entrasse nei suoi polmoni e lo calmasse temporaneamente, almeno fino a che non fosse giunto in stazione. Cercò con scrupolo il binario per Berlino e vi si recò incerto se correre per riuscire a vederla, o camminare con una lentezza esasperante proprio per evitare che accadesse. Riuscire a capire perchè il suo essere fosse scisso tra questi due desideri opposti andava al di là della sua comprensione, abituata a risolvere problemi ben più semplici e pragmatici. Rischiò di oltrepassare la giusta via concentrato com’era nei suoi pensieri. Si fermò un attimo, passandosi una mano sulla fronte, com’era solito fare nei momenti d’imbarazzo o tensione, fissando il granito grigio della pavimentazione. Era dalle cinque che pensava e ripensava a lei, a quel punto non sarebbe servito a nulla tornare sui propri passi. Non fu difficile trovare Tallinn: il binario era deserto a causa della pioggia ed era rimasta solo lei, incurante del comportamento altrui, con un ombrello in mano seduta sulla propria valigia. Era così diversa dalla Tallinn a cui era abituato...aveva un vestito nero serioso, le scarpe eleganti e il suo caro basco francese in testa, unico elemento che potesse ricordare la solita lei. Guardava la pioggia cadere persa in chissà quale dei suoi mondi. Ricordava la prima volta che si erano incontrati come se si fosse trattato del giorno precedente. Se si fosse concentrato a fondo sarebbe riuscito a ricordare anche il suo profumo e la luce fievole che entrava dalla vetrina del negozio che si rifletteva sui suoi ricci castani, mentre guardava assorta quell’arpa enorme e assai costosa, come se si trovasse di fronte a qualche tipo di reliquia. Quel primo giorno la catalogò soltanto come una ragazza estremamente eccentrica, come molti ne passavano per il negozio, ma non poteva minimamente immaginare ciò che poi sarebbe successo. Era abituato a vederla con i suoi jeans sdruciti, i maglioni sformati e  un diavolo per capello, sempre con una penna in mano, a catturare ogni minima essenza della realtà, di ogni singolo oggetto da cui riusciva a estrarre un’esistenza impossibile con la sua sconfinata immaginazione.
Nei primi tempi non era riuscito ad accorgersene minimamente, ma col trascorrere dei giorni si rese conto che ogni luogo assorbiva qualcosa di lei, subiva la sua presenza e ne restava impregnato per giorni a ricordare il suo passaggio. Ad ogni scena, senza di lei, sembrava mancasse un tassello, senza che neppure si sforzasse di comportarsi in maniera eclatante o troppo appariscente. Semplicemente “infettava” i luoghi con la sua essenza, in modo talmente inconsapevole e ingenuo da diventare inevitabilmente amabile. Forse era per questo che quel mattino si era svegliato alle cinque in realtà, aveva infettato anche lui e non riusciva più a pensare di andare in negozio, anche se per solo qualche giorno, senza che lei passasse davanti alla vetrina sventolando la mano destra, tenendo un bicchierone di tè caldo nella sinistra.
<< Non sei venuta a salutarmi >> disse automaticamente, come se quella considerazione a voce alta non fosse altro che il risultato matematico di tutte le sue considerazioni.
Tallinn si voltò di soprassalto, sorpresa sinceramente di trovarlo accanto a lei, squadrandolo da capo a piedi con i suoi distratti occhi grigi.
<< Ti prenderai un accidente così. Vieni sotto l’ombrello. >>
Si alzò per ripararlo dalla pioggia che improvvisamente era diventata più fitta. Sygfried la guardava in attesa in risposta, mentre lei evitava i suoi occhi, dedicandosi a contemplare i binari arrugginiti davanti a loro.
<>
<< Ciò non toglie che tu comunque abbia accuratamente evitato di passare quando io ti avevo più volte chiesto esplicitamente di farlo. >>
Lei lo guardò finalmente negli occhi, tempesta contro cielo sereno.
<< Esplicitamente? - chiese tra il divertito e lo stupito - Secondo te quelle specie di mugugni erano una richiesta esplicita? Cristo, Sygfried, dovrei riuscire a leggerti nel pensiero per trovare delle richieste realmente esplicite di questo tipo da parte tua! >>
I rimproveri di Tallinn erano spaventosamente irritanti, soprattutto quando lo toccavano sul vivo. Non le rispose, guardando le rotaie a sua volta.
<< Non so perchè sono così insofferente ai saluti. Forse perchè ogni volta che sono partita tutti mi guardavano sperando che io tornassi. >>
Sygfried tacque in attesa che lei proseguisse.
<< Sai come sono fatta - continuò lei - quando le persone iniziano ad aspettarsi qualcosa da me io mi sento a disagio. >>
“E quindi sparisci senza lasciare traccia”, pensò lui.
<< Quindi, non sei venuta a salutarmi perchè temevi di scoprire che io mi aspetto da te le stesse cose che gli altri si aspettano? >>
La mano attorno all’ombrello si strinse convulsamente, mentre gli occhi rimanevano inespressivamente incollati ai binari bagnati. Anche le domande a bruciapelo la mettevano a disagio.
<< Forse >> uscì impercettibile dalle sue labbra, come se lo avesse detto più a se stessa che in risposta a Sygfried.
<< Berlino è una bella città, potrebbe piacerti. Magari potresti sceglierla come prossima meta del tuo vagabondare in giro per il mondo. >>
Non sapeva perchè quella frase che era stata pensata come una considerazione del tutto priva di sfumature sulle attrattive della capitale tedesca, fosse riuscita a suonare così amara, con una punta di sarcasmo. Era diventata una frecciata, un rimprovero nemmeno troppo amichevole del modo usuale di comportarsi di Tallinn, una considerazione, a suo dire col senno di poi, decisamente egoistica e immatura. Gli aveva rivelato, fin dall’inizio, la propria tendenza a stancarsi improvvisamente di un habitat. Si era trasferita già parecchie volte da un posto ad un altro proprio a causa di questa sensazione di disagio che iniziava a provare dopo un certo periodo di tempo trascorso nello stesso luogo. Inizialmente, Sygfried non aveva provato particolare interesse per questa sua abitudine, pensava fosse solamente un altro elemento eccentrico della sua eccentrica personalità, ma, man mano che si affezionava a lei, nel suo intimo il pensiero che improvvisamente potesse stancarsi della vita che conduceva a Brema, di cui anche lui faceva parte, aveva iniziato a infastidirlo, per non dire terrorizzarlo. Perchè, se lei riusciva ad adattarsi con estrema facilità a qualsiasi nuova situazione, Sygfried non sapeva come avrebbe potuto abituarsi alla sua assenza. Decisamente non sopportava i cambiamenti, eccettuato l’arrivo di Tallinn si intende.
Un treno, intanto, si avvicinava al binario, inzuppato d’acqua come tutto il resto, nella pioggia incessante.
<< Non so dove andrò o come starò in futuro. Ora sto bene, Brema mi piace. Se tutto ciò dovesse finire allora prenderò la macchina e svolterò al cartello “Tutte le direzioni”. Sì, credo sarebbe la cosa più saggia. >>
Il treno si fermò davanti a loro, portando anche la confusione di chi viene e chi va.
<< No, è una cosa stupida invece. >>
Lei lo guardò, confusa. Sygfried aveva risposto senza riflettere: era irritato e sconfortato da Tallinn. E, ora che aveva iniziato, non poteva certo evitare di proseguire.
<< Tu prendi la via che prende chi non vuole scegliere, ma non fai altro che rimandare l’inevitabile. Prima o poi dovrai scegliere un posto dove andare, un posto in cui fermarti, un posto in cui le persone saranno libere di aspettarsi che tu ritorni. Come è inevitabile che tu prima o poi dovrai dire a tutti quelli che ti sei lasciata alle spalle che in realtà non tornerai mai. Ed è inutile che ti ostini a mascherare la tua paura di scegliere come un’eccentrica attitudine al nomadismo: non puoi scappare per sempre, non puoi evitare di chiederti per tutta la vita cosa preferisci in realtà. >>
Sygfried guardò gli occhi lucidi di lei facendosi prendere dal panico di averla persa per la sua sconsiderata impulsività. Eppure lo doveva dire, sentiva che doveva dirle quello che pensava, ma, forse, era troppo presto. Forse non sarebbe tornata mai più sul serio. Avrebbe visto una ditta di traslochi dopo qualche giorno sotto al suo palazzo e avrebbe capito di aver messo fine lui stesso a quel nuovo capitolo della vita di Tallinn, anche se sperava che in realtà potesse essere scritto in modo diverso.
<< Io... >>
Il titubante sussurro fu interrotto dall’ultima chiamata per il treno diretto a Berlino.
<< ..devo andare. Ci vediamo quando torno. >>
Era un’affermazione priva di sapore, che poteva significare “arrivederci” come “addio”. La La guardò salire sul treno, impacciata con la valigia e l’ombrello mentre lui si inzuppava progressivamente sotto la pioggia, e i capelli incollati alla fronte. La guardò voltarsi indietro per un attimo, in cerca della sua sagoma, ora grigia e umida come tutto il resto per poi cercare un posto a sedere.
“Spero che un giorno troverai la tua direzione Tallinn. Io l’ho trovata, la mia direzione sei tu”.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Witch_Hazel