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Autore: Josie    11/12/2010    0 recensioni
Una storia di quelle tristi. Lui, la droga; lei, l'amore.
Una storia di quelle che ci speri sempre che finiscano bene.
Una storia che alla fine non è nient'altro che la verità.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Andava avanti da tanto quella storia. Ogni volta la stessa scena. Si divertiva con gli amici Dann, fumava Dann e non solo 
 
sigarette. Niente di male, si sa, un ragazzo a sedici anni è idiota. Fuma per sentirsi grande. Poi però le canne si trasformarono 

in droga, di quella forte. Non voleva uscirne Dann, non poteva, non ci provava nemmeno.
 
 
La chiamava ogni tanto. "Vienimi a prendere.." le diceva. Non sapeva dove andare, e non sapeva come. Ecco cosa facevano quei bei 
 
pomeriggi divertenti. Lo rincoglionivano e lo bruciavano piano piano. La droga se lo stava fumando. Aveva cominciato col fumare ed 
 
era finito fumato. Bella, bella fine.
 
 
Non è che lei lo amasse, non è che lei sapesse di amarlo. Gli voleva soltanto bene a detta sua, come fosse un fratello diceva. 
 
Dann nei suoi pochi momenti lucidi capiva la realtà, più di quanto la capisse lei. Capiva lei più di chiunque altro. Ma faceva lo 
 
stronzo. Non che non le volesse bene, ma il timore di piacerle e di farla soffrire lo irrigidivano. Era distante Dann, ma solo 
 
quando il cervello era connesso.
 
 
Puntualmente si sentiva il telefono squillare, puntualmente usciva di casa per acchiapparlo. Aspettava che si riprendesse. Ci 
 
passava interi pomeriggi. Era la sua baby sitter, perché Dann in quelle condizioni sembrava proprio un bambino. Stupido, eh, ma un 
 
bambino.
 
 
Era davvero un idiota. Idiota forte. Alternava periodi di "astinenza" a quelli di completo abuso. Peccato che quando sembrava che 
 
le cose anssero meglio, tac, arriva il sabato sera e.. prima alcool, poi cannetta, e poi.. beh, poi si ricominciava tutto da capo. 
 
Idiota era anche lei, che si era messa nel ruolo di sua madre, di sua amica, di suo tutto. E la cosa peggiore era che le piaceva 
 
pure. Gli correva dietro con il solito tazzone di caffè e la solita pazienza. Lo scarrozzava al pronto soccorso, lo riportava a 
 
casa, o meglio, tra le mura di casa. I genitori di Dann? Divisi, inesistenti. Litigavano ed urlavano, solo quello sapevano fare. 
 
Lo accusavano, non lo aiutavano; lo minacciavano, non ci parlavano. Non si parlavano. Così Dann arrivato a casa si metteva le sue 
 
cuffiette e aspettava fino a quando il suo cervello si fosse ricollegato.
   
 
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