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Autore: redseapearl    12/12/2010    13 recensioni
3^ classificata al contest Kuroshitsuji – Deep red, Erotic Butler's Contest indetto da {Blumoon
Una volta aveva letto il libro de ‘Le mille e una notte’ e aveva trovato che il genio della lampada magica di Aladino fosse straordinariamente simile al suo Sebastian, solo che questi era sempre vestito di nero e più irrispettoso nei confronti del suo padrone. Se aveva desiderato quella misteriosa cameriera dai capelli color dell’oro, il genio che aveva fatto avverare il suo desiderio doveva possedere un lugubre senso dell’umorismo.
{Alois x Ciel}
Genere: Erotico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Alois Trancy, Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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I want you in the darkness, my little Eros

 

 

 

 

Il silenzio regnava come il sovrano di un mondo onirico nella lussuosa villa Phantomhive, quasi anche i più piccoli animali che popolavano il giardino avessero il timore di emettere il più flebile verso rompendo la quiete irreale.

I servi erano andati a dormire nelle rispettive camere e così anche il giovane Conte, mentre il maggiordomo della nobile famiglia, ormai ridotta ad un unico membro quale era Ciel, camminava per i corridoi con passo silenzioso diretto all’esterno, covando nel cuore demoniaco la speranza di ritrovare la sua adorata gatta nera che spesso lo attendeva fuori, desiderosa di qualche coccola o prelibatezza da gustare.

Ma un suono sgraziato, quasi macabro come l’urlo di una donna torturata, squarciò il silenzio: il campanello della porta principale.

Sebastian si diresse a passo solenne con nessun’altra espressione sul viso che non fosse curiosità sull’identità dell’inatteso ospite. Con la destra sorreggeva il candelabro, le cui candele rischiaravano le tenebre intorno, proiettando la sua ombra sulla parete come un artiglio che tenti di afferrare un’ignara preda, e con la mancina aprì la porta.

Fu sinceramente meravigliato nel ritrovarsi davanti lo sguardo triste e costernato della cameriera dei Trancy, ovvero Hannah. Ma ciò che più lo stupì fu vedere proprio il giovane Conte tra le sue braccia: il viso cinereo, quasi la pelle fosse fatta di cera, e una chiazza vistosa di sangue rappreso all’altezza dell’addome, proprio dove lo aveva ferito il suo signorino due giorni addietro.

“Vi prego” supplicò Hannah con la sua voce gentile e lieve. “Desiderava vedere ad ogni costo il Conte Ciel Phantomhive, ma durante il tragitto le sue ferite si sono riaperte.”

Sebastian ostentò il sorriso più serafico che poté. “Non posso prendere una simile decisione. Solo se il mio signorino me lo consentisse allora potrei farvi entrare e curare il vostro padrone. Purtroppo il Conte Phantomhive è già a letto e sarebbe un’offesa senza pari da parte mia svegliarlo.”

L’unico occhio visibile di Hannah si dilatò, come un lago che si ingrossi sotto una pioggia abbondante, luccicando al riverbero delle candele ricoperto da una patina lucida. Non avrebbe potuto fare nulla in quel momento per il suo signore e ritornare al palazzo Trancy sarebbe stato deleterio per la precaria salute di Alois.

Passarono solo pochi secondi, durante i quali Hannah tentò di trovare una possibile argomentazione che facesse cambiare idea a colui che, in quel momento, era l’unico possibile salvatore del suo padrone, quando una voce indispettita e fanciullesca si udì dall’interno del salone.

“Sebastian!” chiamò a sé il giovanissimo padrone della villa, svegliatosi al suono del campanello e contrariato da ciò.

“Oh, signorino. Vi siete svegliato” disse Sebastian rivolgendo un cordiale e servizievole sorriso a Ciel, come se la comparsa del piccolo conte fosse un evento già previsto.

“Che cosa sta succedendo?”

Ma prima che il maggiordomo potesse rispondergli con l’insita calma di chi ha vissuto per millenni e molti altri ancora ne vivrà, la voce di Hannah lo anticipò, immobilizzando le sue labbra appena dischiuse prima che potessero articolare anche solo una parola.

“Ciel Phantomhive, il mio signore ha bisogno di cure. Ha insistito tanto per rivedervi e io l’ho condotto sin qui nel cuore della notte. Vi prego aiutatelo.”

Le labbra di Ciel si arricciarono in una smorfia di irritazione. Dopo tutto ciò che gli aveva detto e fatto, Alois aveva avuto la sfacciataggine di venire da lui, nonostante le ferite gravi. Osservò la macchia scarlatta sugli abiti scuri del giovane ragazzo: somigliava in modo impressionante ad un ragno che tessi la sua letale tela.

Gli occhi celesti di Alois si aprirono di poco. Faticò a mettere a fuoco l’esile figura di Ciel sulle scale vestito con una camicia da notte bianca, ma quando capì chi egli fosse le iridi parvero illuminarsi di luce propria.

“Ciel…” sussurrò flebile, incapace di dire altro per il dolore intenso e le forze prosciugate dal viaggio.

In quel momento, nell’animo di Ciel Phantomhive si affacciò un sentimento molto simile alla pietà: provava pena forse per quel ragazzo irriverente così diverso da lui, ma con il quale condivideva la stessa maledizione, lo stesso tragico destino.

E se si fosse trattato di un trucco? Un subdolo modo per irretirlo e muoverlo a compassione così da potergli tendere una trappola di notte, nella sua stessa dimora?

Ma no, finché Sebastian fosse stato al suo fianco nulla avrebbe potuto quel ragazzino capriccioso contro di lui. Inoltre era troppo stanco per sentire le lamentele della cameriera dei Trancy mentre lo pregava di salvare la vita al suo signore.

“Occupatene tu, Sebastian” ordinò atono, ritornando nelle proprie stanze senza degnarsi di ricevere i ringraziamenti accorati di Hannah.

“Yes, my Lord” rispose come sempre Sebastian con un inchino, la mano posata all’altezza del cuore e un sorriso che di angelico aveva ben poco.

Il demone si deliziava sempre quando Ciel compiva un atto di squisita bontà verso il prossimo: un gesto che avrebbe conferito alla sua anima un gusto decisamente più delizioso e che Sebastian non vedeva l’ora di godersi; intanto poteva solo limitarsi ad immaginare quel sapore agrodolce sciogliersi sotto il palato.

 

 

Quando Alois riaprì gli occhi non capì subito dove si trovasse. Solo quando si accorse che le lenzuola, le tende, le pareti e la mobilia della sontuosa stanza erano di un colore diverso da quelle che solitamente vedeva ogni mattina al risveglio ricordò cosa fosse successo.

Rivide il volto di Ciel impietosito nel guardarlo, piccolo e solo sulla grande scalinata principale, come una statua di Eros cesellata nell’avorio, nella sua camicia da notte bianca che metteva in bella mostra le sottili e pallide gambe: chissà com’erano lisce e calde quelle piccole cosce!

Si tastò l’addome e le dita toccarono le bende ruvide che lo fasciavano, fresche e pulite. Sorrise al pensiero che Ciel lo avesse accolto e curato, sebbene Alois sapesse che non erano state le sue manine delicate a medicarlo (pensò a quanto bello sarebbe stato sentire il delicato tocco di Ciel sul proprio corpo) ma probabilmente quelle più grandi ed esperte del suo maggiordomo Sebastian.

Si sentiva già molto meglio, tanto che avrebbe voluto alzarsi per andare personalmente da Ciel a ringraziarlo, anche nudo com’era, con nient’altro indosso che le garze bianche.

Un rumore di passi preannunciò l’entrata di qualcuno. Per un istante Alois sperò ardentemente che si trattasse del giovane conte Phantomhive e già il suo volto si illuminò, radioso come il sole di Maggio, a quel pensiero, ma il sorriso sfiorì veloce come un battito di ciglia quando vide la giunonica figura di Hannah palesarsi sulla soglia della stanza.

“Padrone, come vi sentite oggi?” chiese con apprensione la cameriera con le mani congiunte in grembo.

“Stavo meglio prima che tu entrassi” rispose Alois inviperito per la delusione. “Piuttosto, questa è la villa Phantomhive, giusto?” 

Hannah rispose con solo un cenno di assenso con la testa: con il suo capriccioso signore era sempre meglio parlare il meno possibile per evitare di contrariarlo.

“Allora chiamami Ciel: dopotutto è per lui che sono venuto sin qui!” ordinò Alois Trancy con tutta la propria autorevolezza e con un sorriso malizioso ad arcuargli le labbra lucide. Sarebbe stato divertente fingere di stare soffrendo per ingannare un po’ il giovane Ciel e vedere il suo unico occhio cobalto osservarlo vicino, sempre più vicino, per poi allungare le mani e carezzare quel viso efebico con malcelato desiderio.

Si distese sul letto, premurandosi di non coprirsi del tutto per mostrare il proprio corpo androgino all’oggetto dei suoi desideri.

Dopo qualche minuto la porta si riaprì nuovamente e il ticchettio delle scarpe lustrate di nero di Ciel Phantomhive annunciò il suo ingresso, come lo squillo di trombe all’arrivo di un re. Alois sollevò il capo solo un po’, fingendo di non aver ancora recuperato le forze sufficienti per sedersi completamente sul materasso.

“Ciel! Sono felice di vederti. Ti ringrazio per avermi…”

“Perché sei venuto?” lo interruppe Ciel con poco garbo, certo che si trattasse solo di una futile commedia inscenata per prendersi gioco di lui.

“Non essere scortese con me” rispose Alois imbronciandosi per il tono accusatorio con il quale l’altro si era rivolto a lui. Sì, era decisamente adorabile vedere il viso di Ciel così serioso: sarebbe stato più appagante strappargli via quella maschera austera dal volto. “Sei stato tu a farmi questo, ricordi?”

“Non hai risposto alla mia domanda” lo spronò Ciel restando immobile a debita distanza dal letto. Alois finse un attacco di tosse improvviso per rendere più credibile la sua recita.

“Avvicinati Ciel: anche parlare mi costa fatica” lo supplicò Alois, nascondendo il volto nel cuscino per evitare di tradirsi con una risata di scherno.

Sbuffando per quella noiosa conversazione priva di alcun senso logico, Ciel fece qualche passo verso il giovane conte Trancy, ma sempre mantenendosi a qualche metro di lontananza per sicurezza: non aveva dimenticato quando, travestito da cameriera, Alois lo aveva ingannato e, approfittando di un suo momento di distrazione e sbigottimento, gli aveva lascivamente leccato il lobo dell’orecchio.

Una sensazione che Ciel non avrebbe mai dimenticato: calore, brividi e un pizzico di piacere che lo aveva terribilmente disgustato.

“Più vicino” disse Alois che già pregustava la vittoria per quella trappola così ben congeniata.

Solo un altro passo fu ciò che Ciel gli concesse, ma tanto bastava ad Alois per ghermirlo.

“Olè!” Con uno scatto inaspettato, che avrebbe seriamente rischiato di riaprire la ferita all’addome, Alois si allungò verso Ciel, prendendogli la mano e trascinandolo con sé sul letto. A nulla valse la blanda resistenza del giovane Conte che si ritrovò disteso sul corpo quasi interamente nudo di Alois sotto di sé e le braccia di questi serrate attorno al collo per impedirgli la fuga.

“Dovevo immaginarlo” lo accusò Ciel rimproverando anche se stesso per la situazione imbarazzante in cui si era ritrovato contro la propria volontà, benché avesse previsto in buona parte una trappola da parte dell’altro: un ragno astuto, non c’era che dire!

“Io voglio essere una cosa solo con te” sussurrò sensuale Alois all’orecchio di Ciel, leccando come la volta precedente l’intero padiglione, gustando il freddo zaffiro dell’orecchino e la morbidezza della pelle delicata di questi simile al petalo di una rosa. “Ti piace stare sopra, Ciel?” chiese sfacciato con il suo solito sorriso sporco di lussuria che poco si addiceva ad un giovane di soli quattordici anni.

Con uno scatto fiero del capo all’indietro, Ciel riuscì a liberarsi da quella ragnatela di inganni e malizie. Non sarebbe divenuto la preda di ambigui giochi da parte di Alois.

“Vedo che le ferite sono del tutto guarite. Prendi le tue cose e torna al tuo palazzo: non ho tempo da perdere, io!” Benché la voce di Ciel fosse ferma, ad Alois non sfuggì il respiro affannato che questi tentava alacremente di celare dietro uno sguardo ardente di rabbia che l’altro trovava estremamente divertente.

“Non credo che lo siano. Sarebbe meglio se restassi qui un altro giorno ancora: non vorrai avermi sulla coscienza, vero Ciel?”

Il giovane Conte Phantomhive non rispose a quella domanda sibillina, ma si limitò a voltarsi e ad uscire dalla stanza, ignaro del rossore che tingeva le gote rotonde come succulente mele mature. Alois affondò nuovamente la testa nel cuscino, scoppiando in una risata cristallina: oh da quanto tempo non rideva così di gusto!

 

 

Le mani di Sebastian erano grandi, forti ma delicate. Mani diaboliche che solo un essere superiore avrebbe potuto sapere di quali peccati si erano macchiate durante i lunghi anni di vita del demone. Ma per quanto fosse abile, il maggiordomo dei Phantomhive non poteva competere con quello dei Trancy.

Claude era il suo maggiordomo ed era il migliore, sotto ogni punto di vista, e su questo Alois non aveva mai nutrito il minimo dubbio, benché si divertisse a punzecchiarlo chiedendogli se Sebastian fosse o meno superiore a lui.

“Il tuo signorino è sempre così dispotico?” domandò celiante Alois, mentre Sebastian ultimava la bendatura all’addome.

“Quasi sempre, ma sa anche essere generoso, come nel vostro caso, sebbene odii che qualcuno glielo faccia notare” rispose galante il maggiordomo.

“Oh, quindi io ho avuto un trattamento privilegiato” dedusse ad alta voce Alois, sollevando gli occhi al soffitto bianco e al lampadario di cristallo pregiato e luccicante come mille diamanti sospesi in aria.

Sebastian si limitò a sorridere in modo lezioso: forse il suo signorino aveva visto in Alois un’anima dannata come la sua, vincolata per mezzo di un marchio ad un essere demoniaco.

“Dove si trova la stanza di Ciel?” chiese sfacciato Alois, senza premurarsi di nascondere le proprie palesi e voluttuose intenzioni.

Benché la tentazione di rivelare quell’informazione al giovane dinanzi a lui premesse dal fondo del suo animo, come un condannato a morte che brami la libertà e la vita, pregustando una situazione imbarazzante per il proprio padroncino ed esilarante per lui, Sebastian si limitò a glissare l’argomento augurando una buonanotte all’ospite e aggiungendo poco dopo: “Con permesso, devo aiutare il mio signorino a prepararsi per la notte.”

Quella frase, pronunciata con tanta naturale innocenza, lasciava chiaramente trasparire un significato nascosto e ambiguo, come se Sebastian avesse invitato in modo esplicito il giovane Trancy a seguirlo per fargli strada verso la camera da letto del Conte Ciel Phantomhive.

 

 

Il pensiero che l’irriverente Alois Trancy dormisse nella sua stessa villa non dava tregua alla giovane e turbata mente di Ciel, che per quanto provasse non riusciva a trovare una posizione che conciliasse il sonno quella notte, così come era avvenuto durante quella precedente.

Ma ciò che più gli faceva rabbia era il pensiero che fosse proprio Alois, le sue parole e i suoi gesti a rubargli il sonno. Si girò per l’ennesima volta, volgendo il viso alla grande finestra coperta dalla pesante tenda blu, tra le cui trame riusciva a passare qualche raggio argenteo di luna.

Poi, un suono. La porta che si apriva con lentezza girando sui cardini, emettendo un rumore flebile. Se fosse stato addormentato probabilmente non lo avrebbe sentito.

Si sollevò di scatto, coprendosi per istinto l’occhio marchiato dal pentacolo, per guardare nell’oscurità chi fosse l’intruso che osava violare la sua camera da letto nel cuore della notte. Scorse solo una figura longilinea ed esile vicino alla porta, che la richiuse con cura. Il battito cardiaco di Ciel, accelerato per via dello spavento di quell’inaspettata visita notturna, ritornò ad un ritmo cadenzato, come se suonasse una pindarica sinfonia di Beethoven.

“Alois” chiamò Ciel, intuendo chi fosse l’estraneo e abbassando così la mano dall’occhio destro.

“Ciel” rispose questi avvicinandosi a piedi nudi senza emettere alcun suono, come una creatura eterea che scivoli su di uno specchio d’acqua.

“Come osi entrare nelle mie stanze?” domandò il Conte Phantomhive. Si sedette sul letto a schiena ritta, pronto a difendersi da un probabile attacco subdolo da parte dell’altro: questa volta non si sarebbe lasciato cogliere alla sprovvista, sebbene, ormai era certo, Alois era un tipo piuttosto imprevedibile nella sua perversione.

“Volevo ringraziarti” sussurrò questi con voce sensuale e flebile, imitando il tono di un amante che nell’oscurità si infili nel letto dell’amato per deliziarsi dei piaceri dell’amore fisico.

Ciel avvertì il corpo leggiadro di Alois salire sul letto dalla parte opposta alla sua. Non aveva paura, lo avrebbe affrontato senza timori impartendogli una lezione memorabile, così da strappargli la voglia di giocare ancora con lui.

Si avvicinava piano, quasi che l’attesa avesse il potere di aumentare il desiderio e il piacere dell’unione che sarebbe giunta a breve.

“Non avvicinarti oltre” lo ammonì Ciel, alzando di poco la voce, ma non così tanto da disturbare la quiete tenebrosa attorno a loro. Vide gli occhi celesti di Alois nell’oscurità, come due lapislazzuli che brillino nel buio di una tomba faraonica… o come gli occhi di un felino che tendi un agguato nella notte.

Quanto tempo Alois aveva atteso quel momento. Avere Ciel, indifeso come un gattino, e poter finalmente realizzare il suo desiderio di sempre: annichilire la sua essenza, la sua anima, attraverso il corpo, per fargli patire le sofferenze che gli aveva inferto bruciando il villaggio e uccidendo il suo fratellino Luka.

Lo avrebbe sporcato, oh sì!

Posò una mano sulla caviglia sinistra di Ciel, ancora nascosta dalle lenzuola, e subito la sentì ritrarsi. Quale delizia sarebbe stata per i suoi occhi avidi ammirare il viso del Conte Ciel Phantomhive contratto in una smorfia di sdegno, donandogli quell’aria imbronciata così candidamente infantile.

“Perché scappi? Hai paura di me?”

“Paura? Di te? Non farmi ridere: ho visto cose molto più spaventose di quanto non potrai mai immaginare.”

Alois si fece avanti ancora, annullando le distanze tra di loro. Il corpo di Ciel era rannicchiato vicino la spalliera del letto per limitare il contatto fisico con l’altro, quasi fosse un malato affetto da un male contagioso.

“Anch’io, sai?” Allungò una mano per carezzare il viso di Ciel, cercandolo nell’oscurità alla stregua di un cieco che tenti di toccare il viso della persona amata. Percepì la pelle morbida e liscia della guancia di Ciel sotto i polpastrelli, per poi sentire il volto di questi ritrarsi, rabbrividendo per il disgusto… o magari per altro.

Senza l’ausilio della vista, gli altri quattro sensi si acuirono e all’udito di Alois giunse un rumore metallico che faticò a riconoscere. Poco dopo, sentì premuto al centro della fronte qualcosa di freddo e intuì di cosa potesse trattarsi.

“Sei pieno di risorse, Ciel” lo schernì, afferrando lentamente la pistola che l’altro impugnava lievemente tremante, portandosela alle labbra per leccarne il freddo metallo.

Lo avrebbe sparato davvero? Qualche giorno prima Ciel non aveva esitato nell’affondare la spada nel suo torace con l’intento di ucciderlo, quindi non c’era motivo di farlo in quell’istante.

Un solo colpo e tutto sarebbe finito. Sebastian avrebbe ripulito il suo letto dal sangue e dalle cervella di Alois che si sarebbero senz’altro sparpagliate come sanguinolenti coriandoli in seguito allo sparo in fronte. Eppure Ciel non premette il grilletto.

Che fosse giunto ad una consapevolezza che gli era preclusa in quei giorni passati? Che provasse ancora pena per quel ragazzo depravato?

Esitò solo un secondo e Alois, allontanando da sé la pistola, avvicinò il volto al suo, leccandogli le labbra con la lingua fredda mentre un calore familiare, seppur più intenso, si espanse come veleno dal viso di Ciel in tutto il corpo… in ogni parte del suo corpo. Aveva provato gli stessi brividi quando Alois gli aveva sfiorato con la lingua e con la medesima lascivia l’orecchio quella mattina stessa e quel giorno alla sua festa: come faceva a coglierlo sempre alla sprovvista? Era come se quel ragazzo esercitasse una misteriosa malia su di lui, annebbiandogli i sensi.

La pistola scivolò dalle dita, ricadendo con un tonfo sul pavimento: ormai recuperarla sarebbe stato impossibile. Era indifeso dinanzi a quel giovane Conte dai misteriosi natali e dal dubbio lignaggio.

Ora che il corpo di questi era pericolosamente premuto contro il proprio, Ciel scoprì che Alois indossava solo la vestaglia di seta azzurra che gli aveva concesso di usare per il breve periodo della convalescenza. Era un po’ più piccola della sua taglia, essendo della misura di Ciel, per cui essa non riusciva a coprire per intero il corpo del Conte Trancy, lasciando le gambe e buona parte della spalla sinistra oscenamente scoperte.

“Finalmente questa notte diventeremo una cosa sola.” Le dita sottili risalirono lungo la gamba di Ciel, come le zampe di un ragno che dispettoso vada alla ricerca di un posto accogliente e segreto dove tessere la propria tela. Si intrufolarono sotto la camicia da notte, sfiorando il frutto ancora acerbo del corpo del suo piccolo amante.

Alois sghignazzò in modo provocatorio e la mano di Ciel si serrò, con poca forza, sul polso per bloccarlo. “Cosa hai da ridere?” domandò irritato e confuso questi per le strane reazioni del suo corpo al tocco dell’altro.

“Oh Conte, siete così piccolino” lo dileggiò Alois con un ghigno impudico e ambiguo.

“Adesso basta, questa storia finisce qui!” provò a ribellarsi Ciel, ma la forza fisica di Alois era superiore alla sua e questi trattenne nelle proprie le mani del piccolo Conte per impedirgli di sottrarsi alle sue lusinghe.

“Ma se è appena cominciata” disse con tono falsamente offeso, allargando le gambe dell’altro con le ginocchia.

Per quanto Ciel tentasse non riusciva a liberarsi dalla presa delle mani di Alois. Si sentiva impotente. Avrebbe potuto chiamare Sebastian, certo, ma il pensiero di farsi vedere da quel diavolo di maggiordomo in una situazione tanto licenziosa non era una prospettiva allettante.

Sentì la stoffa della camicia alzarsi (probabilmente Alois stava usando i denti per afferrarne l’orlo e tirarlo verso l’alto), scoprendo il proprio corpo dalla vita in giù.

Era tutto così umiliante, disgustoso, immorale, ignobile e ogni altro aggettivo che riuscì a pensare sino a che un calore inatteso, terribilmente piacevole quanto perverso, non si irradiò dal centro del proprio corpo. Cosa gli stava facendo Alois? Era la sua bocca, le sue labbra, la sua lingua quelle che sentiva intorno a sé?

“No…” si lamentò Ciel, ma ciò che uscì dalle proprie labbra non era una protesta: era qualcosa di molto simile ad un gemito osceno e Alois sapeva ben distinguere la differenza, sorridendo compiaciuto del proprio operato.

Le mani erano incatenate da quelle di Alois, ma avrebbe potuto usare le gambe per calciarlo via da sé, tuttavia la mente non riusciva più a comandare il proprio corpo, come un giocattolo che può muoversi solo grazie alle mani del padroncino.

Alois lo sovrastò completamente, puntellando le ginocchia sul materasso ai lati del bacino stretto di Ciel. Una scena già vissuta, sebbene in altra sede e in circostanze differenti: durante quel fatidico duello alla magione Trancy, quando Alois era riuscito a battere momentaneamente Ciel.

In quella sfida era stato lui, sotto concessione di Alois, a imporre le regole da seguire per il combattimento. Il destino sapeva essere davvero celiante! Adesso era Ciel a sottostare alle regole imposte da Alois, decisamente più esperto di lui in quel campo.

E pensare che quando lo aveva visto per la prima volta vestito da cameriera era rimasto incantato dinanzi la sua bellezza, che come un telo aveva oscurato per un istante la sua fedeltà nei confronti di Elizabeth.

Una volta aveva letto il libro de ‘Le mille e una notte’ e aveva trovato che il genio della lampada magica di Aladino fosse straordinariamente simile al suo Sebastian, solo che questi era sempre vestito di nero e più irrispettoso nei confronti del suo padrone. Se aveva desiderato quella misteriosa cameriera dai capelli color dell’oro, il genio che aveva fatto avverare il suo desiderio doveva possedere un lugubre senso dell’umorismo.

La vestaglia di seta scivolò con un fruscio dal corpo di Alois. Ciel non seppe dire se l’oscurità che li attorniava in quel momento fosse benigna o no, ma, forse, sarebbe stato più facile dimenticare se non avesse visto.

La luce fioca della luna gli permetteva di vedere solo una sagoma indistinta come un’ombra sopra di lui. Ma quegli occhi azzurri brillavano in modo ipnotico, quasi emettessero luce propria.

“Morirai per questo Alois Trancy” lo minacciò Ciel, quasi sibilando le parole come un letale serpente, ma le sue intimidazioni suonarono poco convincenti persino per lui: se davvero lo avesse voluto morto, avrebbe potuto farlo in più di un’occasione, eppure Alois era ancora lì, vivo e palpitante sopra di lui.

“Dopo di te” rispose questi, con la cordialità di chi lasci il passo in ossequioso rispetto.

La figura nera di Alois danzava sopra di lui. Sensuale, ora lenta, ora veloce, in avanti e indietro, ed ogni movimento di quel ballo erotico era accompagnato dalle geremiadi sfacciate e oscene di Alois e da quelle più velate e pudiche di Ciel, come un violino e un pianoforte che suonino un walzer per due amanti.  

Ciel, per quanto si rendesse conto di ciò che stava accadendo, non voleva ammettere a se stesso che era tutto reale e non un incubo (o un sogno) come aveva sperato fino a quel momento. Quel piacere misto a dolore era troppo vivido per essere frutto di una fantasia onirica.

Si vergognava di sé; probabilmente le sue guance erano rosse come ciliegie e ringraziò la notte che con il suo manto di oscurità celava il proprio volto agli occhi famelici di quel ragazzo che lo stava privando della purezza e al quale il suo corpo non voleva ribellarsi, trasgredendo agli ordini impartiti dalla mente.

Alois ripensò a quando era costretto a fare tutto quello per colui che chiamava ‘padre’ e che con il suo corpo grottesco e sgraziato lo aveva macchiato più volte con il frutto disgustoso del suo piacere.

Oh, era così diverso giacere con Ciel, così fragile e delicato, come una bambola di porcellana. Alois lo reputava  persino divertente, oltre che piacevole: una sensazione che non aveva mai provato con il precedente Conte Trancy.

Non aveva neanche bisogno di darsi piacere da solo come aveva sempre fatto in passato. Un gesto dettato più dalla disperazione, dal desiderio di evadere da quella realtà passata e immaginare che lui non era in quel letto sporco della verginità di decine di ragazzi, ma al villaggio con suo fratello Luka: in confronto quella vita di stenti era quasi un paradiso.

Suo ‘padre’ adorava sentirlo gemere, diceva che aveva il viso di un angelo e la voce di un diavolo; un connubio che lo mandava in estasi fino al punto da renderlo il suo favorito.

E Ciel, quanti anni sarebbe vissuto ancora? Avrebbe avuto molti amanti? E se sì, si sarebbe ricordato di lui? Alois sarebbe stato anche per lui il suo preferito?

Domande senza risposta che si accavallavano come le onde di un mare in tempesta nella sua mente, mentre i loro corpi, accaldati e sudati, liberavano il nettare liquido della lussuria: brillava quasi con i suoi riflessi perlacei sotto la luce della luna che filtrava dalle pesanti tende di broccato blu.

L’oscurità avrebbe custodito quel licenzioso segreto per sempre.

“Non è stato tanto brutto, vero Ciel?” domandò gentile Alois, come se si stesse rivolgendo ad un amante consenziente, carezzandogli le gote accaldate con le dita imbrattate di viscoso eros.

Tremava, Ciel: di piacere, di vergogna, di rabbia, di disperazione.

Non era stato capace di difendersi, non era stato in grado di impedire a quell’unione ignobile di avere luogo. Il suo corpo era sempre stato alla mercé di quello scostumato che si vantava di essere un conte come lui. E ciò che più lo infuriava era l’aver provato delizia da quell’atto carnale, una sensazione meravigliosa a cui il suo corpo aveva reagito e che, ne era certo, avrebbe ricercato in futuro, come un ghiotto bambino che faccia i capricci per avere il suo dolciume preferito.

Alois si distese al suo fianco, investendo con il proprio respiro il suo collo. Ciel avrebbe potuto sporgersi dal letto, afferrare la pistola e ucciderlo, ma come spiegare a tutti il motivo per cui questi si trovasse lì, nudo, sul suo letto e di notte?

Si sarebbe vendicato. Ciel giurò all’oscurità che Alois avrebbe pagato per l’onta subita, ignaro di una presenza altrettanto oscura e demoniaca al di fuori delle mura della propria villa: Claude Faustus era giunto per completare ciò che il signorino Ciel aveva cominciato.

Cosa aveva pensato prima Ciel? Che il genio della lampada che esaudiva i suoi desideri, chiunque egli fosse, aveva un senso dell’humour davvero inquietante: non sempre i desideri vengono esauditi come vorremmo e quasi mai desideriamo ciò che realmente vogliamo.

 

 

 

 

 

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Note dell’autrice

Questa fanfic si è classificata terza al contest Kuroshitsuji – Deep red, Erotic Butler's Contest indetto da Blumoon, il commento è riportato nella recensione della giudice.

Finalmente sono riuscita a scrivere la mia prima (e di certo non ultima) AloisxCiel (anche se sarebbe più corretto dire in questo caso CielxAlois). Adoro questa coppia, una delle due che amo di questo fandom e sono particolarmente felice di averla trovata perché prima della comparsa di Alois non aveva coppie preferite T.T Ed è triste avere molta voglia di scrivere ma nessun soggetto sul quale farlo ^^

Spero che questa mia shot vi sia piaciuta. Fosse stato per me avrei tranquillamente messo più particolari e alzato il rating a rosso, sfortunatamente il regolamento parla chiaro per quanto riguarda le tematiche sessuali tra minorenni (sebbene abbia visto più volte fic che trasgrediscono ma conoscendo la mia oceanica sfiga già so che sarò beccata per cui evito).

Risponderò alle vostre recensioni (se ce ne saranno ovviamente) con il sistema di risposta di EFP (che tra l’altro reputo fenomenale XD).

   
 
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