I want you in the
darkness, my little Eros
Il silenzio
regnava come il sovrano di un mondo onirico nella lussuosa villa Phantomhive,
quasi anche i più piccoli animali che popolavano il giardino avessero il timore
di emettere il più flebile verso rompendo la quiete irreale.
I servi erano andati a dormire nelle rispettive
camere e così anche il giovane Conte, mentre il maggiordomo della nobile
famiglia, ormai ridotta ad un unico membro quale era Ciel, camminava per i
corridoi con passo silenzioso diretto all’esterno, covando nel cuore demoniaco
la speranza di ritrovare la sua adorata gatta nera che spesso lo attendeva
fuori, desiderosa di qualche coccola o prelibatezza da gustare.
Ma un suono sgraziato, quasi macabro come l’urlo di
una donna torturata, squarciò il silenzio: il campanello della porta
principale.
Sebastian si diresse a passo solenne con
nessun’altra espressione sul viso che non fosse curiosità sull’identità
dell’inatteso ospite. Con la destra sorreggeva il candelabro, le cui candele
rischiaravano le tenebre intorno, proiettando la sua ombra sulla parete come un
artiglio che tenti di afferrare un’ignara preda, e con la mancina aprì la
porta.
Fu sinceramente meravigliato nel ritrovarsi davanti
lo sguardo triste e costernato della cameriera dei Trancy, ovvero Hannah. Ma
ciò che più lo stupì fu vedere proprio il giovane Conte tra le sue braccia: il
viso cinereo, quasi la pelle fosse fatta di cera, e una chiazza vistosa di
sangue rappreso all’altezza dell’addome, proprio dove lo aveva ferito il suo
signorino due giorni addietro.
“Vi prego” supplicò Hannah con la sua voce gentile e
lieve. “Desiderava vedere ad ogni costo il Conte Ciel Phantomhive, ma durante
il tragitto le sue ferite si sono riaperte.”
Sebastian ostentò il sorriso più serafico che poté.
“Non posso prendere una simile decisione. Solo se il mio signorino me lo
consentisse allora potrei farvi entrare e curare il vostro padrone. Purtroppo
il Conte Phantomhive è già a letto e sarebbe un’offesa senza pari da parte mia
svegliarlo.”
L’unico occhio visibile di Hannah si dilatò, come un
lago che si ingrossi sotto una pioggia abbondante, luccicando al riverbero
delle candele ricoperto da una patina lucida. Non avrebbe potuto fare nulla in
quel momento per il suo signore e ritornare al palazzo Trancy sarebbe stato
deleterio per la precaria salute di Alois.
Passarono solo pochi secondi, durante i quali Hannah
tentò di trovare una possibile argomentazione che facesse cambiare idea a colui
che, in quel momento, era l’unico possibile salvatore del suo padrone, quando
una voce indispettita e fanciullesca si udì dall’interno del salone.
“Sebastian!” chiamò a sé il giovanissimo padrone
della villa, svegliatosi al suono del campanello e contrariato da ciò.
“Oh, signorino. Vi siete svegliato” disse Sebastian
rivolgendo un cordiale e servizievole sorriso a Ciel, come se la comparsa del
piccolo conte fosse un evento già previsto.
“Che cosa sta succedendo?”
Ma prima che il maggiordomo potesse rispondergli con
l’insita calma di chi ha vissuto per millenni e molti altri ancora ne vivrà, la
voce di Hannah lo anticipò, immobilizzando le sue labbra appena dischiuse prima
che potessero articolare anche solo una parola.
“Ciel Phantomhive, il mio signore ha bisogno di
cure. Ha insistito tanto per rivedervi e io l’ho condotto sin qui nel cuore
della notte. Vi prego aiutatelo.”
Le labbra di Ciel si arricciarono in una smorfia di
irritazione. Dopo tutto ciò che gli aveva detto e fatto, Alois aveva avuto la
sfacciataggine di venire da lui, nonostante le ferite gravi. Osservò la macchia
scarlatta sugli abiti scuri del giovane ragazzo: somigliava in modo
impressionante ad un ragno che tessi la sua letale tela.
Gli occhi celesti di Alois si aprirono di poco.
Faticò a mettere a fuoco l’esile figura di Ciel sulle scale vestito con una
camicia da notte bianca, ma quando capì chi egli fosse le iridi parvero
illuminarsi di luce propria.
“Ciel…” sussurrò flebile, incapace di dire altro per
il dolore intenso e le forze prosciugate dal viaggio.
In quel momento, nell’animo di Ciel Phantomhive si
affacciò un sentimento molto simile alla pietà: provava pena forse per quel
ragazzo irriverente così diverso da lui, ma con il quale condivideva la stessa
maledizione, lo stesso tragico destino.
E se si fosse trattato di un trucco? Un subdolo modo
per irretirlo e muoverlo a compassione così da potergli tendere una trappola di
notte, nella sua stessa dimora?
Ma no, finché Sebastian fosse stato al suo fianco
nulla avrebbe potuto quel ragazzino capriccioso contro di lui. Inoltre era
troppo stanco per sentire le lamentele della cameriera dei Trancy mentre lo
pregava di salvare la vita al suo signore.
“Occupatene tu, Sebastian” ordinò atono, ritornando
nelle proprie stanze senza degnarsi di ricevere i ringraziamenti accorati di
Hannah.
“Yes, my Lord” rispose come sempre Sebastian con un
inchino, la mano posata all’altezza del cuore e un sorriso che di angelico
aveva ben poco.
Il demone si deliziava sempre quando Ciel compiva un
atto di squisita bontà verso il
prossimo: un gesto che avrebbe conferito alla sua anima un gusto decisamente
più delizioso e che Sebastian non vedeva l’ora di godersi; intanto poteva solo
limitarsi ad immaginare quel sapore agrodolce sciogliersi sotto il palato.
Quando Alois
riaprì gli occhi non capì subito dove si trovasse. Solo quando si accorse che
le lenzuola, le tende, le pareti e la mobilia della sontuosa stanza erano di un
colore diverso da quelle che solitamente vedeva ogni mattina al risveglio
ricordò cosa fosse successo.
Rivide il volto di Ciel impietosito nel guardarlo,
piccolo e solo sulla grande scalinata principale, come una statua di Eros
cesellata nell’avorio, nella sua camicia da notte bianca che metteva in bella
mostra le sottili e pallide gambe: chissà com’erano lisce e calde quelle
piccole cosce!
Si tastò l’addome e le dita toccarono le bende
ruvide che lo fasciavano, fresche e pulite. Sorrise al pensiero che Ciel lo
avesse accolto e curato, sebbene Alois sapesse che non erano state le sue
manine delicate a medicarlo (pensò a quanto bello sarebbe stato sentire il
delicato tocco di Ciel sul proprio corpo) ma probabilmente quelle più grandi ed
esperte del suo maggiordomo
Sebastian.
Si sentiva già molto meglio, tanto che avrebbe
voluto alzarsi per andare personalmente da Ciel a ringraziarlo, anche nudo
com’era, con nient’altro indosso che le garze bianche.
Un rumore di passi preannunciò l’entrata di
qualcuno. Per un istante Alois sperò ardentemente che si trattasse del giovane
conte Phantomhive e già il suo volto si illuminò, radioso come il sole di
Maggio, a quel pensiero, ma il sorriso sfiorì veloce come un battito di ciglia
quando vide la giunonica figura di Hannah palesarsi sulla soglia della stanza.
“Padrone, come vi sentite oggi?” chiese con
apprensione la cameriera con le mani congiunte in grembo.
“Stavo meglio prima che tu entrassi” rispose Alois
inviperito per la delusione. “Piuttosto, questa è la villa Phantomhive,
giusto?”
Hannah rispose con solo un cenno di assenso con la
testa: con il suo capriccioso signore era sempre meglio parlare il meno
possibile per evitare di contrariarlo.
“Allora chiamami Ciel: dopotutto è per lui che sono
venuto sin qui!” ordinò Alois Trancy con tutta la propria autorevolezza e con
un sorriso malizioso ad arcuargli le labbra lucide. Sarebbe stato divertente
fingere di stare soffrendo per ingannare un po’ il giovane Ciel e vedere il suo
unico occhio cobalto osservarlo vicino, sempre più vicino, per poi allungare le
mani e carezzare quel viso efebico con malcelato desiderio.
Si distese sul letto, premurandosi di non coprirsi
del tutto per mostrare il proprio corpo androgino all’oggetto dei suoi
desideri.
Dopo qualche minuto la porta si riaprì nuovamente e
il ticchettio delle scarpe lustrate di nero di Ciel Phantomhive annunciò il suo
ingresso, come lo squillo di trombe all’arrivo di un re. Alois sollevò il capo
solo un po’, fingendo di non aver ancora recuperato le forze sufficienti per
sedersi completamente sul materasso.
“Ciel! Sono felice di vederti. Ti ringrazio per
avermi…”
“Perché sei venuto?” lo interruppe Ciel con poco
garbo, certo che si trattasse solo di una futile commedia inscenata per
prendersi gioco di lui.
“Non essere scortese con me” rispose Alois
imbronciandosi per il tono accusatorio con il quale l’altro si era rivolto a
lui. Sì, era decisamente adorabile vedere il viso di Ciel così serioso: sarebbe
stato più appagante strappargli via quella maschera austera dal volto. “Sei
stato tu a farmi questo, ricordi?”
“Non hai risposto alla mia domanda” lo spronò Ciel
restando immobile a debita distanza dal letto. Alois finse un attacco di tosse
improvviso per rendere più credibile la sua recita.
“Avvicinati Ciel: anche parlare mi costa fatica” lo
supplicò Alois, nascondendo il volto nel cuscino per evitare di tradirsi con
una risata di scherno.
Sbuffando per quella noiosa conversazione priva di
alcun senso logico, Ciel fece qualche passo verso il giovane conte Trancy, ma
sempre mantenendosi a qualche metro di lontananza per sicurezza: non aveva
dimenticato quando, travestito da cameriera, Alois lo aveva ingannato e,
approfittando di un suo momento di distrazione e sbigottimento, gli aveva
lascivamente leccato il lobo dell’orecchio.
Una sensazione che Ciel non avrebbe mai dimenticato:
calore, brividi e un pizzico di piacere che lo aveva terribilmente disgustato.
“Più vicino” disse Alois che già pregustava la
vittoria per quella trappola così ben congeniata.
Solo un altro passo fu ciò che Ciel gli concesse, ma
tanto bastava ad Alois per ghermirlo.
“Olè!” Con uno scatto inaspettato, che avrebbe
seriamente rischiato di riaprire la ferita all’addome, Alois si allungò verso
Ciel, prendendogli la mano e trascinandolo con sé sul letto. A nulla valse la
blanda resistenza del giovane Conte che si ritrovò disteso sul corpo quasi
interamente nudo di Alois sotto di sé e le braccia di questi serrate attorno al
collo per impedirgli la fuga.
“Dovevo immaginarlo” lo accusò Ciel rimproverando
anche se stesso per la situazione imbarazzante in cui si era ritrovato contro
la propria volontà, benché avesse previsto in buona parte una trappola da parte
dell’altro: un ragno astuto, non c’era che dire!
“Io voglio essere una cosa solo con te” sussurrò
sensuale Alois all’orecchio di Ciel, leccando come la volta precedente l’intero
padiglione, gustando il freddo zaffiro dell’orecchino e la morbidezza della pelle
delicata di questi simile al petalo di una rosa. “Ti piace stare sopra, Ciel?”
chiese sfacciato con il suo solito sorriso sporco di lussuria che poco si
addiceva ad un giovane di soli quattordici anni.
Con uno scatto fiero del capo all’indietro, Ciel
riuscì a liberarsi da quella ragnatela di inganni e malizie. Non sarebbe
divenuto la preda di ambigui giochi da parte di Alois.
“Vedo che le ferite sono del tutto guarite. Prendi
le tue cose e torna al tuo palazzo: non ho tempo da perdere, io!” Benché la voce di Ciel fosse ferma,
ad Alois non sfuggì il respiro affannato che questi tentava alacremente di
celare dietro uno sguardo ardente di rabbia che l’altro trovava estremamente
divertente.
“Non credo che lo siano. Sarebbe meglio se restassi
qui un altro giorno ancora: non vorrai avermi sulla coscienza, vero Ciel?”
Il giovane Conte Phantomhive non rispose a quella
domanda sibillina, ma si limitò a voltarsi e ad uscire dalla stanza, ignaro del
rossore che tingeva le gote rotonde come succulente mele mature. Alois affondò
nuovamente la testa nel cuscino, scoppiando in una risata cristallina: oh da
quanto tempo non rideva così di gusto!
Le mani di
Sebastian erano grandi, forti ma delicate. Mani diaboliche che solo un essere
superiore avrebbe potuto sapere di quali peccati si erano macchiate durante i
lunghi anni di vita del demone. Ma per quanto fosse abile, il maggiordomo dei
Phantomhive non poteva competere con quello dei Trancy.
Claude era il suo maggiordomo ed era il migliore,
sotto ogni punto di vista, e su questo Alois non aveva mai nutrito il minimo
dubbio, benché si divertisse a punzecchiarlo chiedendogli se Sebastian fosse o
meno superiore a lui.
“Il tuo signorino è sempre così dispotico?” domandò
celiante Alois, mentre Sebastian ultimava la bendatura all’addome.
“Quasi sempre, ma sa anche essere generoso, come nel
vostro caso, sebbene odii che qualcuno glielo faccia notare” rispose galante il
maggiordomo.
“Oh, quindi io ho avuto un trattamento privilegiato”
dedusse ad alta voce Alois, sollevando gli occhi al soffitto bianco e al
lampadario di cristallo pregiato e luccicante come mille diamanti sospesi in
aria.
Sebastian si limitò a sorridere in modo lezioso:
forse il suo signorino aveva visto in Alois un’anima dannata come la sua,
vincolata per mezzo di un marchio ad un essere demoniaco.
“Dove si trova la stanza di Ciel?” chiese sfacciato
Alois, senza premurarsi di nascondere le proprie palesi e voluttuose
intenzioni.
Benché la tentazione di rivelare quell’informazione
al giovane dinanzi a lui premesse dal fondo del suo animo, come un condannato a
morte che brami la libertà e la vita, pregustando una situazione imbarazzante
per il proprio padroncino ed esilarante per lui, Sebastian si limitò a glissare
l’argomento augurando una buonanotte all’ospite e aggiungendo poco dopo: “Con
permesso, devo aiutare il mio signorino a prepararsi per la notte.”
Quella frase, pronunciata con tanta naturale
innocenza, lasciava chiaramente trasparire un significato nascosto e ambiguo,
come se Sebastian avesse invitato in modo esplicito il giovane Trancy a
seguirlo per fargli strada verso la camera da letto del Conte Ciel Phantomhive.
Il pensiero che
l’irriverente Alois Trancy dormisse nella sua stessa villa non dava tregua alla
giovane e turbata mente di Ciel, che per quanto provasse non riusciva a trovare
una posizione che conciliasse il sonno quella notte, così come era avvenuto
durante quella precedente.
Ma ciò che più gli faceva rabbia era il pensiero che
fosse proprio Alois, le sue parole e i suoi gesti a rubargli il sonno. Si girò
per l’ennesima volta, volgendo il viso alla grande finestra coperta dalla
pesante tenda blu, tra le cui trame riusciva a passare qualche raggio argenteo
di luna.
Poi, un suono. La porta che si apriva con lentezza
girando sui cardini, emettendo un rumore flebile. Se fosse stato addormentato
probabilmente non lo avrebbe sentito.
Si sollevò di scatto, coprendosi per istinto
l’occhio marchiato dal pentacolo, per guardare nell’oscurità chi fosse
l’intruso che osava violare la sua camera da letto nel cuore della notte.
Scorse solo una figura longilinea ed esile vicino alla porta, che la richiuse
con cura. Il battito cardiaco di Ciel, accelerato per via dello spavento di
quell’inaspettata visita notturna, ritornò ad un ritmo cadenzato, come se
suonasse una pindarica sinfonia di Beethoven.
“Alois” chiamò Ciel, intuendo chi fosse l’estraneo e
abbassando così la mano dall’occhio destro.
“Ciel” rispose questi avvicinandosi a piedi nudi
senza emettere alcun suono, come una creatura eterea che scivoli su di uno
specchio d’acqua.
“Come osi entrare nelle mie stanze?” domandò il
Conte Phantomhive. Si sedette sul letto a schiena ritta, pronto a difendersi da
un probabile attacco subdolo da parte dell’altro: questa volta non si sarebbe lasciato
cogliere alla sprovvista, sebbene, ormai era certo, Alois era un tipo piuttosto
imprevedibile nella sua perversione.
“Volevo ringraziarti” sussurrò questi con voce
sensuale e flebile, imitando il tono di un amante che nell’oscurità si infili
nel letto dell’amato per deliziarsi dei piaceri dell’amore fisico.
Ciel avvertì il corpo leggiadro di Alois salire sul
letto dalla parte opposta alla sua. Non aveva paura, lo avrebbe affrontato
senza timori impartendogli una lezione memorabile, così da strappargli la
voglia di giocare ancora con lui.
Si avvicinava piano, quasi che l’attesa avesse il
potere di aumentare il desiderio e il piacere dell’unione che sarebbe giunta a
breve.
“Non avvicinarti oltre” lo ammonì Ciel, alzando di
poco la voce, ma non così tanto da disturbare la quiete tenebrosa attorno a
loro. Vide gli occhi celesti di Alois nell’oscurità, come due lapislazzuli che
brillino nel buio di una tomba faraonica… o come gli occhi di un felino che
tendi un agguato nella notte.
Quanto tempo Alois aveva atteso quel momento. Avere
Ciel, indifeso come un gattino, e poter finalmente realizzare il suo desiderio
di sempre: annichilire la sua essenza, la sua anima, attraverso il corpo, per
fargli patire le sofferenze che gli aveva inferto bruciando il villaggio e
uccidendo il suo fratellino Luka.
Lo avrebbe sporcato, oh sì!
Posò una mano sulla caviglia sinistra di Ciel,
ancora nascosta dalle lenzuola, e subito la sentì ritrarsi. Quale delizia
sarebbe stata per i suoi occhi avidi ammirare il viso del Conte Ciel
Phantomhive contratto in una smorfia di sdegno, donandogli quell’aria
imbronciata così candidamente infantile.
“Perché scappi? Hai paura di me?”
“Paura? Di te? Non farmi ridere: ho visto cose molto
più spaventose di quanto non potrai mai immaginare.”
Alois si fece avanti ancora, annullando le distanze
tra di loro. Il corpo di Ciel era rannicchiato vicino la spalliera del letto
per limitare il contatto fisico con l’altro, quasi fosse un malato affetto da
un male contagioso.
“Anch’io, sai?” Allungò una mano per carezzare il
viso di Ciel, cercandolo nell’oscurità alla stregua di un cieco che tenti di
toccare il viso della persona amata. Percepì la pelle morbida e liscia della
guancia di Ciel sotto i polpastrelli, per poi sentire il volto di questi ritrarsi,
rabbrividendo per il disgusto… o magari per altro.
Senza l’ausilio della vista, gli altri quattro sensi
si acuirono e all’udito di Alois giunse un rumore metallico che faticò a
riconoscere. Poco dopo, sentì premuto al centro della fronte qualcosa di freddo
e intuì di cosa potesse trattarsi.
“Sei pieno di risorse, Ciel” lo schernì, afferrando
lentamente la pistola che l’altro impugnava lievemente tremante, portandosela
alle labbra per leccarne il freddo metallo.
Lo avrebbe sparato davvero? Qualche giorno prima
Ciel non aveva esitato nell’affondare la spada nel suo torace con l’intento di
ucciderlo, quindi non c’era motivo di farlo in quell’istante.
Un solo colpo e tutto sarebbe finito. Sebastian
avrebbe ripulito il suo letto dal sangue e dalle cervella di Alois che si
sarebbero senz’altro sparpagliate come sanguinolenti coriandoli in seguito allo
sparo in fronte. Eppure Ciel non premette il grilletto.
Che fosse giunto ad una consapevolezza che gli era
preclusa in quei giorni passati? Che provasse ancora pena per quel ragazzo
depravato?
Esitò solo un secondo e Alois, allontanando da sé la
pistola, avvicinò il volto al suo, leccandogli le labbra con la lingua fredda
mentre un calore familiare, seppur più intenso, si espanse come veleno dal viso
di Ciel in tutto il corpo… in ogni parte del suo corpo. Aveva provato gli
stessi brividi quando Alois gli aveva sfiorato con la lingua e con la medesima
lascivia l’orecchio quella mattina stessa e quel giorno alla sua festa: come
faceva a coglierlo sempre alla sprovvista? Era come se quel ragazzo esercitasse
una misteriosa malia su di lui, annebbiandogli i sensi.
La pistola scivolò dalle dita, ricadendo con un
tonfo sul pavimento: ormai recuperarla sarebbe stato impossibile. Era indifeso
dinanzi a quel giovane Conte dai misteriosi natali e dal dubbio lignaggio.
Ora che il corpo di questi era pericolosamente
premuto contro il proprio, Ciel scoprì che Alois indossava solo la vestaglia di
seta azzurra che gli aveva concesso di usare per il breve periodo della
convalescenza. Era un po’ più piccola della sua taglia, essendo della misura di
Ciel, per cui essa non riusciva a coprire per intero il corpo del Conte Trancy,
lasciando le gambe e buona parte della spalla sinistra oscenamente scoperte.
“Finalmente questa notte diventeremo una cosa sola.”
Le dita sottili risalirono lungo la gamba di Ciel, come le zampe di un ragno
che dispettoso vada alla ricerca di un posto accogliente e segreto dove tessere
la propria tela. Si intrufolarono sotto la camicia da notte, sfiorando il frutto
ancora acerbo del corpo del suo piccolo amante.
Alois sghignazzò in modo provocatorio e la mano di
Ciel si serrò, con poca forza, sul polso per bloccarlo. “Cosa hai da ridere?”
domandò irritato e confuso questi per le strane reazioni del suo corpo al tocco
dell’altro.
“Oh Conte, siete così piccolino” lo dileggiò Alois con un ghigno impudico e ambiguo.
“Adesso basta, questa storia finisce qui!” provò a
ribellarsi Ciel, ma la forza fisica di Alois era superiore alla sua e questi
trattenne nelle proprie le mani del piccolo Conte per impedirgli di sottrarsi
alle sue lusinghe.
“Ma se è appena cominciata” disse con tono
falsamente offeso, allargando le gambe dell’altro con le ginocchia.
Per quanto Ciel tentasse non riusciva a liberarsi
dalla presa delle mani di Alois. Si sentiva impotente. Avrebbe potuto chiamare
Sebastian, certo, ma il pensiero di farsi vedere da quel diavolo di maggiordomo
in una situazione tanto licenziosa non era una prospettiva allettante.
Sentì la stoffa della camicia alzarsi (probabilmente
Alois stava usando i denti per afferrarne l’orlo e tirarlo verso l’alto),
scoprendo il proprio corpo dalla vita in giù.
Era tutto così umiliante, disgustoso, immorale,
ignobile e ogni altro aggettivo che riuscì a pensare sino a che un calore
inatteso, terribilmente piacevole quanto perverso, non si irradiò dal centro
del proprio corpo. Cosa gli stava facendo Alois? Era la sua bocca, le sue
labbra, la sua lingua quelle che sentiva intorno a sé?
“No…” si lamentò Ciel, ma ciò che uscì dalle proprie
labbra non era una protesta: era qualcosa di molto simile ad un gemito osceno e
Alois sapeva ben distinguere la differenza, sorridendo compiaciuto del proprio
operato.
Le mani erano incatenate da quelle di Alois, ma
avrebbe potuto usare le gambe per calciarlo via da sé, tuttavia la mente non
riusciva più a comandare il proprio corpo, come un giocattolo che può muoversi
solo grazie alle mani del padroncino.
Alois lo sovrastò completamente, puntellando le
ginocchia sul materasso ai lati del bacino stretto di Ciel. Una scena già
vissuta, sebbene in altra sede e in circostanze differenti: durante quel
fatidico duello alla magione Trancy, quando Alois era riuscito a battere
momentaneamente Ciel.
In quella sfida era stato lui, sotto concessione di
Alois, a imporre le regole da seguire per il combattimento. Il destino sapeva
essere davvero celiante! Adesso era Ciel a sottostare alle regole imposte da
Alois, decisamente più esperto di lui in quel campo.
E pensare che quando lo aveva visto per la prima
volta vestito da cameriera era rimasto incantato dinanzi la sua bellezza, che
come un telo aveva oscurato per un istante la sua fedeltà nei confronti di
Elizabeth.
Una volta aveva letto il libro de ‘Le mille e una
notte’ e aveva trovato che il genio della lampada magica di Aladino fosse
straordinariamente simile al suo Sebastian, solo che questi era sempre vestito
di nero e più irrispettoso nei confronti del suo padrone. Se aveva desiderato
quella misteriosa cameriera dai capelli color dell’oro, il genio che aveva
fatto avverare il suo desiderio doveva possedere un lugubre senso
dell’umorismo.
La vestaglia di seta scivolò con un fruscio dal
corpo di Alois. Ciel non seppe dire se l’oscurità che li attorniava in quel
momento fosse benigna o no, ma, forse, sarebbe stato più facile dimenticare se
non avesse visto.
La luce fioca della luna gli permetteva di vedere
solo una sagoma indistinta come un’ombra sopra di lui. Ma quegli occhi azzurri
brillavano in modo ipnotico, quasi emettessero luce propria.
“Morirai per questo Alois Trancy” lo minacciò Ciel,
quasi sibilando le parole come un letale serpente, ma le sue intimidazioni
suonarono poco convincenti persino per lui: se davvero lo avesse voluto morto,
avrebbe potuto farlo in più di un’occasione, eppure Alois era ancora lì, vivo e
palpitante sopra di lui.
“Dopo di te” rispose questi, con la cordialità di
chi lasci il passo in ossequioso rispetto.
La figura nera di Alois danzava sopra di lui.
Sensuale, ora lenta, ora veloce, in avanti e indietro, ed ogni movimento di
quel ballo erotico era accompagnato dalle geremiadi sfacciate e oscene di Alois
e da quelle più velate e pudiche di Ciel, come un violino e un pianoforte che
suonino un walzer per due amanti.
Ciel, per quanto si rendesse conto di ciò che stava
accadendo, non voleva ammettere a se stesso che era tutto reale e non un incubo
(o un sogno) come aveva sperato fino a quel momento. Quel piacere misto a
dolore era troppo vivido per essere frutto di una fantasia onirica.
Si vergognava di sé; probabilmente le sue guance
erano rosse come ciliegie e ringraziò la notte che con il suo manto di oscurità
celava il proprio volto agli occhi famelici di quel ragazzo che lo stava
privando della purezza e al quale il suo corpo non voleva ribellarsi, trasgredendo
agli ordini impartiti dalla mente.
Alois ripensò a quando era costretto a fare tutto
quello per colui che chiamava ‘padre’ e che con il suo corpo grottesco e
sgraziato lo aveva macchiato più volte con il frutto disgustoso del suo
piacere.
Oh, era così diverso giacere con Ciel, così fragile
e delicato, come una bambola di porcellana. Alois lo reputava persino divertente, oltre che piacevole: una
sensazione che non aveva mai provato con il precedente Conte Trancy.
Non aveva neanche bisogno di darsi piacere da solo
come aveva sempre fatto in passato. Un gesto dettato più dalla disperazione,
dal desiderio di evadere da quella realtà passata e immaginare che lui non era
in quel letto sporco della verginità di decine di ragazzi, ma al villaggio con
suo fratello Luka: in confronto quella vita di stenti era quasi un paradiso.
Suo ‘padre’ adorava sentirlo gemere, diceva che
aveva il viso di un angelo e la voce di un diavolo; un connubio che lo mandava
in estasi fino al punto da renderlo il suo favorito.
E Ciel, quanti anni sarebbe vissuto ancora? Avrebbe
avuto molti amanti? E se sì, si sarebbe ricordato di lui? Alois sarebbe stato
anche per lui il suo preferito?
Domande senza risposta che si accavallavano come le
onde di un mare in tempesta nella sua mente, mentre i loro corpi, accaldati e
sudati, liberavano il nettare liquido della lussuria: brillava quasi con i suoi
riflessi perlacei sotto la luce della luna che filtrava dalle pesanti tende di
broccato blu.
L’oscurità avrebbe custodito quel licenzioso segreto
per sempre.
“Non è stato tanto brutto, vero Ciel?” domandò
gentile Alois, come se si stesse rivolgendo ad un amante consenziente,
carezzandogli le gote accaldate con le dita imbrattate di viscoso eros.
Tremava, Ciel: di piacere, di vergogna, di rabbia,
di disperazione.
Non era stato capace di difendersi, non era stato in
grado di impedire a quell’unione ignobile di avere luogo. Il suo corpo era
sempre stato alla mercé di quello scostumato che si vantava di essere un conte
come lui. E ciò che più lo infuriava era l’aver provato delizia da quell’atto
carnale, una sensazione meravigliosa a cui il suo corpo aveva reagito e che, ne
era certo, avrebbe ricercato in futuro, come un ghiotto bambino che faccia i
capricci per avere il suo dolciume preferito.
Alois si distese al suo fianco, investendo con il
proprio respiro il suo collo. Ciel avrebbe potuto sporgersi dal letto,
afferrare la pistola e ucciderlo, ma come spiegare a tutti il motivo per cui
questi si trovasse lì, nudo, sul suo letto e di notte?
Si sarebbe vendicato. Ciel giurò all’oscurità che
Alois avrebbe pagato per l’onta subita, ignaro di una presenza altrettanto
oscura e demoniaca al di fuori delle mura della propria villa: Claude Faustus
era giunto per completare ciò che il signorino Ciel aveva cominciato.
Cosa aveva pensato prima Ciel? Che il genio della
lampada che esaudiva i suoi desideri, chiunque egli fosse, aveva un senso dell’humour davvero inquietante: non sempre i
desideri vengono esauditi come vorremmo e quasi mai desideriamo ciò che
realmente vogliamo.
Note dell’autrice
Questa
fanfic si è classificata terza al contest Kuroshitsuji – Deep red, Erotic Butler's
Contest indetto da Blumoon, il commento è riportato nella recensione
della giudice.
Finalmente
sono riuscita a scrivere la mia prima (e di certo non ultima) AloisxCiel (anche
se sarebbe più corretto dire in questo caso CielxAlois). Adoro questa coppia,
una delle due che amo di questo fandom e sono particolarmente felice di averla
trovata perché prima della comparsa di Alois non aveva coppie preferite T.T Ed
è triste avere molta voglia di scrivere ma nessun soggetto sul quale farlo ^^
Spero
che questa mia shot vi sia piaciuta. Fosse stato per me avrei tranquillamente
messo più particolari e alzato il rating a rosso, sfortunatamente il
regolamento parla chiaro per quanto riguarda le tematiche sessuali tra
minorenni (sebbene abbia visto più volte fic che trasgrediscono ma conoscendo
la mia oceanica sfiga già so che sarò beccata per cui evito).
Risponderò
alle vostre recensioni (se ce ne saranno ovviamente) con il sistema di risposta
di EFP (che tra l’altro reputo fenomenale XD).