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Autore: MelethielMinastauriel    12/12/2010    0 recensioni
Mi chiamo Anna Armstrong e sono una semplice studentessa. La mia vita però viene stravolta dall'arrivo di un gatto, innocuo all'apparenza, trovato per caso nello sgabuzzino di casa mia (ancora non capisco come ci sia finito lì!) Non avrei mai pensato a tutto ciò che sarebbe successo dopo...
Fanfiction sclero ideata da me e da Carola durante le noiose lezioni di un Liceo Classico. Non mancheranno parodie ed imitazioni di prof e/o fatti realmente accaduti!
Genere: Commedia, Demenziale, Parodia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo I: il Gatto!

Bip Bip Bip!
La giornata cominciò come di consuetudine, con la suoneria fastidiosa della sveglia e con la consapevolezza di essere, come sempre, in ritardo per la scuola. Scesi dal letto dopo tante esitazioni: poteva anche essere l’ora della fine del mondo, ma il calore del piumino mi avrebbe di sicuro protetto anche da quel pericolo. Peccato che non c’era tempo neppure di fantasticare e concedermi altri cinque o dieci minuti tra le coperte, altrimenti non avrei potuto neppure fare colazione. Così mi alzai e misi subito le pantofole: il contatto dei miei piedi caldi e il pavimento gelido è peggio di una sprangata nei denti, appena svegli. Non c’era tempo per farsi una doccia, così aprii il rubinetto e impostai l’acqua sul tiepido per lavarmi la faccia, così da scacciare il sonno ma in modo più dolce e delicato. Guardandomi nello specchio, diedi una rapida controllatina che tutto fosse apposto: i capelli, dopo essere stati spazzolati e dopo qualche nodo ostinato, erano perfettamente lisci e setosi e il biondo naturale rifletteva già sotto quel poco di sole che filtrava dalla finestra del bagno. Gli occhi erano azzurri proprio come li ricordavo. Niente male per essermi svegliata da appena cinque minuti!
Dopo essermi vestita e preparato lo zaino per il giorno, scesi in cucina, dove trovai un biglietto sul tavolo.
“Purtroppo siamo dovuti partire molto presto per lavoro e non potremo tornare prima di stasera. Ti vogliamo bene! Mamma & Papà.”
“Come al solito!”, fu il mio commento. Ebbene sì, io potrei sembrare la perfetta protagonista di un telefilm americano i cui genitori sono sempre assenti per lavoro, lasciando la loro pargoletta al suo destino.
Beh, mentirei se dicessi che non fosse così. Però, diciamo, questo ha i suoi pro e contro. Spesso mi sento molto sola (sono figlia unica) e quindi ben presto ho dovuto trovare svago in attività come la lettura, la TV o le mie amiche. Il lato positivo invece, è la possibilità di diventare indipendenti fin da subito. Non c’è nulla che io non sappia fare in casa, che sia pulire i pavimenti, cucinare una cena deliziosa per i miei al loro rientro da una dura giornata di lavoro, o anche semplicemente sostituire una lampadina. E’ come se avessi già vent’anni e vivessi in un appartamento da sola. L’unica differenza è che sono i miei genitori a pagare le bollette.

La mia colazione quel giorno consistette nell’inzuppare per oltre un minuto i corn flakes nel latte e fissare imbambolata una piantina di fianco la finestra. Della botanica e del giardinaggio non mi era mai importato un fico secco, ma quella mattina, in preda a una sonnolenza che non pareva andar via, mi era sembrato il particolare più bello di tutta la casa e rimasi lì a fissare fino a quando non mi accorsi che i chicchi di mais erano oramai fatti poltiglia.

Prima di uscire di casa presi le chiavi e la merenda (mi sarei rifatta durante la pausa pranzo a scuola, dato che non me la sentivo di finire quella sottospecie di zuppa…) quando all’improvviso… sentii un rumore. All’inizio non ci feci molto caso, i vicini di casa spesso fanno cadere roba oppure hanno la grande idea di trapanare il muro alle sette del mattino. E invece il rumore continuava. Secco, scandito, metodico. Noncurante del possibile ritardo a scuola, cercai di seguire il rimbombo per capire da dove provenisse. Arrivai nell’atrio e poi davanti la porta chiusa della cantina. Sì, i rumori venivano da lì dentro, senza ombra di dubbio. Ero terrorizzata dall’idea di cosa ci potesse essere o di chi avrei potuto trovare. Mai mi sono trovata ad affrontare, in quindici anni della mia vita, una sfida simile, in una casa vuota e completamente da sola.
Decisi quindi di aprire la porta dello scantinato lentamente, e lo scricchiolio dei cardini resero l’atmosfera ancora più lugubre. Come al solito non trovai l’interruttore: a volte neppure i miei ci riuscivano e mio padre ci metteva un bel po’ prima di trovarlo. Da piccola mi piace fantasticarci su e pensavo che quella cantina fosse in qualche modo stregata e che l’interruttore cambiasse continuamente posizione per fare buffi scherzi a me e alla mia famiglia.
Ma ora la favola assumeva tinte più scure e mi sembrava di trovarmi in un film horror.
Oltre ai tonfi, si sentivano anche dei leggeri soffi.
Poi un miagolio.


“Un gatto?” pensai ad alta voce, incredula.
Scesi le scale lentamente, tenendomi salda alla ringhiera.
L’essere, nascosto nel buio più totale, iniziò a miagolare in modo bestiale, molto più di quanto non facciano i gatti in calore.
Fu questione di attimi che qualcosa mi saltò all’altezza del viso.
Avvertii il pelo morbido attaccarsi in faccia e il dolore acuto delle unghie nella carne.
Sì, era proprio un gatto.
Ma come ci era arrivato lì? E cosa ci faceva un gatto nella cantina di casa mia?




EDIT: 18 sett 2012: capitolo riscritto per intero. Spero che vi piaccia. Se volete lasciare una recensione, siete i benvenuti!
   
 
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