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Autore: cocochokocookie    14/12/2010    1 recensioni
Bianco, nero. Baratro feroce, luce falsata.
Era questo stargli accanto. Era percorrere una via lastricata d’incertezze e chiaroscuri.
Alla corte dei cavalli d’ardesia e delle viziate dame d’ebano, i forestieri erano fonte di curiosità e prevenzione.
Eppure, il Signore di quel reame pareva preferirlo a chiunque altri avesse vicino, per quanto prendere tra le mani il candore del cristallo di rocca dallo strascico di rubino.
Genere: Generale, Guerra, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Inghilterra/Arthur Kirkland, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rating: Verde
Genere: Sfondo storico, Shounen-ai | PESANTEZZA IMMANE.
Personaggi: Antonio Fernandez Carriedo ~ Reino de España | Arthur Kirkland ~ United Kingdom of Great Britain and Northen Ireland | Accennati Enrico VIII Tudor ~ Re d'Inghilterra ed Irlanda e Caterina d'Aragona Tudor ~ Regina d'Inghilterra ed Irlanda.
Disclaimer: Axis Powers Hetalia ed Hetalia World Series è di proprietà di Hidekaz Himaruya, ed altrettanto i personaggi, eccetto i realmente esistiti che appartengono esclusivamente a loro stessi.
Nota: 24 giugno 1509, Westminster Abbey, Enrico VIII Tudor convola a nozze con la lontana cugina di Spagna Caterina d'Aragona, irrobustendo il legame politico e diplomatico delle corti anglo-spagnole.
Osservazioni personali: ...non mi piace, ma peace and love ~. Come segnalato nel ‘Genere’, la ff è ‘pesante’, se così vogliamo definirla. È lenta, l'azione è relativamente povera, non obbligo perciò nessuno a recensire, come d'altronde non potrei in ogni altra alternativa, ma chi lo facesse sappia di avere, a propri, una gratitudine personale per aver letto anche solo il primo capitolo. E sì, so che non è un pair molto popolare, rispetto alle alternative tra i due, ma che ci posso fare?
Beta reader: Albion
Introduzione: Bianco, nero. Baratro feroce, luce falsata.
Era questo stargli accanto. Era percorrere una via lastricata d’incertezze e chiaroscuri.
Alla corte dei cavalli d’ardesia e delle viziate dame d’ebano, i forestieri erano fonte di curiosità e prevenzione.
Eppure, il Signore di quel reame pareva preferirlo a chiunque altri avesse vicino, per quanto prendere tra le mani il candore del cristallo di rocca dallo strascico di rubino.

 


Trap  of  Thorns

-
GIURAMENTO



Nel religioso e rispettoso silenzio che serpeggiava per la navata gotica la voce del celebrante appariva ancor più solenne e posata, mentre i visi dei soggetti di tanta attenzione erano cautamente rivestiti di rigore ed educata cordialità, intenti nell’accogliere nella propria, una la mano dell'altra, pronunciando a loro volta le consacrazioni e le promesse davanti ai Santi simboli della religione alla quale avevano fatto voto di fedeltà, prima che giurarla tra loro.
Verbi vuoti, intrisi di territori e dinastie, di corone e confini, di rotte e mercati, ma all'ordine del giorno.
Non v'era nulla di così strano, onoravano i propri doveri verso i popoli che rappresentavano.
Non si è uomo o donna, quando innumerevoli vite dipendono dal movimento delle labbra di questi.
A lato dell'entrata settentrionale, fonte di luce filtrata dalle magnificenti vetrate del rosone lavorato sulla facciata a nord, stavano altrettante figure quanto le corone che i due sposi incarnavano, ritte e composte nelle uniformi da gran cerimonia, i colori fortemente contrastanti tra loro, le armi unicamente a scopo decorativo appese ai fianchi.
Quanto i discendenti delle monarchie erano attenti alle proprie azioni, altrettanta cautela imprimevano nei propri gesti entrambi gli esponenti politici. Si trattava di un muto contratto di stampo diplomatico, e chiunque al mondo ne era a conoscenza.
Il biondo percepì il lieve sospiro dell'altro, volgendoglisi appena, con movimenti controllati e minimi, intravedendo quindi l'espressione spossata di questi, poco prima che la nobiltà presente, con garbo e ben educazione, applaudisse i nuovi monarchi tra lo sfarzo degli addobbi e l'opulenza delle vesti.
Non attesero molto, non era loro concesso, per questo non distavano poi molto dall'uscio a settentrione, quando tutti sarebbero usciti da quello principale: per non dare nell'occhio. Come si sarebbero presentati alla civetteria delle dame di Corte? Quali scusanti avrebbero formulato per giustificare la propria presenza? Erano secoli che la noia aveva intriso le pronte spiegazioni riguardo alla loro familiarità con la Corona del proprio Paese.

« Non sembravate particolarmente entusiasta della cerimonia, Ser.» tra i canti soffusi delle specie di passerotti che sostavano chiassosamente sulle fronde dei cipressi che costeggiavano ordinatamente il viale che portava alla facciata a nord dell'Abbazia, la voce critica e il tono quasi di rimprovero lo accolsero ufficialmente nel territorio estero, dato il fatto che era giunto quella mattina stessa ed aveva anche rischiato di arrivare in ritardo alla celebrazione dell'unione.
Il ripreso sorrise, incrociando le braccia dietro la nuca in modo scomposto, alzando il viso al cielo azzurro screziato da nuvole cupe sulla Capitale della Rosa e avanzando poi lungo il lastricato, allontanandosi dalla splendida architettura gotica.
« Sono solo stanco per il viaggio, Caballero, vi prego di perdonarmi se ho dimostrato irrequietezza o tedio durante il matrimonio, non volevo recarvi molestia. » concluse questi con tono tranquillo, sebbene velato di quella noia di cui andava scusandosi, non era fatto per la burocrazia, soprattutto quella di quelle terre, troppo posata, scostante, distaccata, tanto da rendere, ai suoi occhi, il colloquio uno studio asettico e privo di vero interesse. Era come parlare con dei sassi, insomma. Dei sassi schizzinosi.
Si voltò poi a guardarlo, accennando un sorrisetto divertito, lui e quella pronuncia morbida ed arrotondata che andava ad infrangersi sulle consonanti più secche, ammorbidendole ed arrotondandole appunto, in netto contrasto con quella cadenzata e volutamente indifferente dell'altro.
Gli aveva appena dato del bacchettone?
Il biondo rispose al sorriso con un'occhiata di monito, seguendolo e superandolo, indicando con la mano aperta i cavalli legati alla carrozza non molto distante, seppur ben diversa da quella concessa agli sposi. Dopotutto, potevano essere il nodo principale delle loro Nazioni, ma non potevano muoversi su mezzi fatti praticamente di leghe metalliche rilucenti ad ogni sospiro di sole, il che era però compensato dai purosangue quasi nervosi imbrigliati all'abitacolo blu notte.
« Allora non ho avuto un malo pensiero, nel farvi preparare la stanza degli ospiti, o verbio il falso? » domanda con voce intrisa di quella retorica dalle sfumature sarcastiche che aveva notato in parecchi esemplari popolari nel suo viaggio fino a lì.
Il ragazzo -quanto dimostravano entrambi? Sì e no diciannove, vent'anni? Forse anche meno- vestito con l'uniforme nivea orlata d'oro ripercorse con gli occhi verdi il braccio coperto di blu dell'altro, prima di guardarlo in viso a quella domanda, tentando di capire se stesse rincarando la dose, quasi sottolineando il fatto che lui si era gentilmente premurato da perfetto padrone di casa ed aveva ricevuto in risposta un ritardo ed un comportamento, a suo dire, discutibilissimo.
Iniziava a non sopportare davvero quella terra, che erano tutte quelle pretese?
« Vorrà dire che mi godrò la vostra ospitalità per alcuni giorni, Señor don. » concluse, avviandosi alla carrozza con il medesimo sorriso, abbassando le braccia lungo i fianchi, mentre l'inglese si ritrovava nuovamente a doverlo inseguire, trattenendo il nervosismo dal trasparire in nome dell'etichetta. Con calma, si diceva, con calma avrebbe capito anche l'altro come la Corte necessiti un comportamento meno sbruffone e libertino.
Almeno, ci sperava.

Speranza infrantasi esattamente quando lo vide varcare la soglia degli appartamenti destinati alla Nazione ispanica, nel momento in cui questi si lasciò cadere sdraiato sul baldacchino morbido e rivestito di sete dai colori perlati e tenui, non prima di aver spalancato gli imponenti infissi con un sorriso quasi vittorioso, sfacciato e per nulla contenuto.
Sospirò, portandosi l'avambraccio destro dietro la schiena, rigido, prima di avanzare a sua volta nella stanza ora fin troppo illuminata, per i suoi gusti e le sue abitudini.
E dire che ne mancava, di luce solare, nella città.
« Vedo che sono di vostro gradimento. » commentò, lasciando volontariamente trasparire quella punta di velenoso rimprovero tra le parole cordiali ed educatamente rispettose, andando nuovamente a pungere la considerazione non molto alta che l'ospitato aveva nei confronti della sincerità del pari.
Lo spagnolo si rigirò a faccia in giù sul piumone, soffocando sulla stoffa asiatica la sua frustrazione per tutte quelle frasi di convenienza, tra l'altro velate di malcelata scocciatura nei suoi confronti. Come se la mancanza della sua terra non si facesse sentire dal clima, dalla sensazione di estraneità che lo coglieva ogni qual volta non si ritrovava nei luoghi che lo circondavano, ora si aggiungeva anche la fredda superbia dei modi altolocati di una delle Corti più spocchiose d'Europa.
Insomma, era in Paradiso.
Rotolò nuovamente sulla schiena, portandosi seduto ed alzandosi poi, noncurante dei capelli ancor più arruffati del solito, ora come ora impossibili da scambiare con una semplice acconciatura naturale ed accuratamente indomita -le dame fantasticavano forse un po’ troppo, in qualsivoglia reggia-.
La spada ancora al fianco, non osò nemmeno sfiorare l'idea di smettere per lo meno la giacca pesante dell'uniforme, data la mala abitudine rispetto a temperature simili, nonostante il periodo richiedesse più calura, ma quell'anno il clima era particolarmente incline al ribasso.
« Sì, lo sono per quanto possano esserlo. » replicò, sorridendo nuovamente, con un cipiglio che l'inglese catalogò come sfrontatezza e maleducazione mai viste prima se non nella terra dell'altro. Ma, dopotutto, che altro poteva aspettarsi, da uno spagnolo rozzo e sfacciato?
Relegò nuovamente i suoi pensieri a tale forma, allungando il sorriso di convenienza e facendo un lieve inchino, in segno di congedo, iniziando a domandarsi se la controparte avrebbe risposto con una pacca sulla spalla a mo’ di contadini lungi dal bon ton dell'intricata politica alla quale entrambi erano avvezzi.
Inarcò appena una delle spesse sopracciglia nel vederlo inchinarsi a sua volta, rivedendo poi alzarsi quel sorriso tanto irriverente quanto irritante, scuotendo il capo e dandosi dell'illuso, pensava veramente che si sarebbe levato quell'espressione dal volto? Da che ricordasse, non aveva passato una sola giornata senza quel piglio sul viso.
« A esta noche » proferì nella lingua natia, continuando a sorridere serafico, trattando del banchetto in onore dei novelli sposi.
Snervante, decretò il biondo, prima di aprir nuovamente bocca « Good evening, Ser. » concluse, uscendo poi e chiudendosi la porta alle spalle, sospirando e portandosi la mano alle tempie, massaggiandosele.
« Oh, God. » mormorò, allontanandosi lungo il corridoio.



— I —
Seconda parte



Il ridondante e posato caos che impregnava i fasci vermigli di tessuto pregiato che scendevano lievi tra una colonna e l’altra scivolava elegantemente fino alle vesti delle madame ed ai pizzi dei messeri, mentre costoro sfamavano i propri languori in nome dell’unione dei due giovani coniugi, contratto d’alleanza di carne, sangue e cuore muti tra Paesi che sarebbero poi divenuti l’uno l’Anti-Cristo dell’altro.
Ma costoro, ancora fiduciosi della tranquillità delle nozze, si limitavano ad osservare la scena poco distanti dai commensali, intrattenendosi nel discutere compostamente di argomenti complessi e sorseggiando infusi provenienti dall’Asia.
O, almeno, così avrebbe voluto la Madre Patria del ragazzo –che all’epoca era definibile come Uomo da diversi anni, a dire il vero-, preferendo un simile inizio per una lunga, lunghissima serata di deferenze e risatine chiocce, oltre che squallide battute riguardo i due protagonisti indiscussi della serata, rispetto all’incedere della stizza sul proprio viso ed al continuo passaggio avanti al suo sguardo dell’incaricato politico inglese delle trattative delle Nazioni come esseri. Le braccia morbidamente incrociate, si stagliava poco distante dalla colonna più vicina alle sfarzose sedie dei reali, assordandosi del clagore delle posate in prezioso metallo che venivano a contatto con gli altrettanto costosi piatti e pietanze.
Incredibile, era in grado di tardare anche ad un ricevimento nuziale tenutosi nel medesimo edificio entro il quale era alloggiato! God save his King, quanto tempo avrebbe dovuto sopportare delle simili mancanze?
« Messer Kirkland, sembra che Ser Carriedo non si trovi nei suoi alloggi. » così aveva esordito il signorotto che continuava quella tediosa marcia di andata e ritorno tra un’ala e l’altra della sala addobbata, evitando vasi intarsiati ricolmi di composizioni artisticamente elaborate di boccioli, petali e foglie dai colori sgargianti e signorie dallo sguardo interrogativo che durava il frammentario frangente di un battito di lunghe ciglia curate. Dopotutto, erano affari della servitù, no?
Dove diavolo poteva essere finito, quel dannato –e dannante - spagnolo privo di ogni possibile briciolo di lungimiranza e creanza della ragione che distingue gli esseri umani dalle comuni bestie?
« Gerard, calmatevi. » mugugnò l’esponente britannico, massaggiandosi nuovamente le tempie con la punta delle dita, tentando di mantenere ciò che tanto rimprovera di mancanza all’iberico, corrugando la fronte nel sentire ancora i tacchi, decorosamente appoppati al sesso maschile dalla moda del momento, calpestare frettolosamente i marmi del pavimento, osando alzare lo guardo ed il tono, vedendosi quindi costretto a ripetersi con tono più alto, all’apparente sordità del politico d’ombra.
Questi s’irrigidì al momento ad un simile squilibrio del biondo, impettito come fosse sull’attenti, stava ad osservarlo con il timore negli occhi azzurri. Arthur sospirò appena, abbassando il braccio destro e lasciando scivolare i polpastrelli fasciati da candidi centimetri di velluto, scostandosi dalla colonna e congedandosi con un garbato gesto della stessa mano dall’uomo, allontanandosi da quel frastuono.
Gli sembrava fin troppo chiaro che il suo ospitato non aveva la minima intenzione di farsi vedere, quella sera. Ergo si sarebbe dovuto sorbire l’intero banchetto e le successive danze in completo isolamento ed accerchiato di esponenti della nobiltà inglese che, tali quali cani da fiuto che venivano riscoperto, cercavano la pista meno dispendiosa ed ardua per entrare nelle grazie della Corona. E cosa poteva esserci di meglio di un uomo in età da moglie, avvenente e senza fedi o legami alle dita? Perché sì, nessuno sapeva definire meglio un’apparente facile preda quanto i lunghi ed attenti sguardi delle signore altolocate in cerca di marito per una figlia da introdurre nell’alta nobiltà. Marchesi in cerca di ulteriori titoli, Duchi che sognano una figlia amica intima della novella Regina o Conti che ricercano ulteriore influenza.
E lui era sempre accanto ai reali, fosse anche rivelatosi una comune guardia personale, era una delle porte principali per gli stessi.
Non che la situazione gli fosse nuova o scomoda, affatto, ma la prospettiva di scambiare opinioni e socializzare –perché sì, per lui le sue maniere erano impeccabili ed amichevoli in una gradazione sufficientemente ospitale- con qualcuno che non fosse incline ad una morte a breve termine –perché il prossimo secolo è dietro l’angolo- e conoscesse gli argomenti riservati che risultavano impossibili da trattare con soggetti all’infuori di simili a lui.

Gli stava semplicemente ribollendo il sangue –blu- nelle vene, le fitte al capo ora ancor più insistenti del solito, vuoi per gli intrighi di corte, vuoi per la complessità stessa della quale era fatto, il contatto con la gelida balaustra di marmo della balconata non riuscì a calmarlo come tante volte il pungente e leggero gelo delle nottate inglesi aveva giovato ai suoi nervi.
Sospirò appena, scuotendo il capo biondo ed alzando lo sguardo chiaro sui giardini sottostanti all’ampio balcone. Durante l’estate era davvero piacevole passarvi serate e pomeriggi, e poco mancava, dopotutto.
« Vi stavate conciliando il sonno quanto me, in tutto quel trambusto? » Il tono tranquillo del timbro vocale basso e gioviale gli carezzò le orecchie dopo non molto, lasciando che la fronte andasse a corrugarsi ancor di più, mentre la fronte andava aggrottandosi ancor più nel notare la figura seduta sul medesimo marmo chiaro ove cercavano refrigerio le sue dita affusolate.
Le stesse dita guantate che avrebbero volentieri spostato l’attenzione al collo abbronzato della controparte spagnola che or ora dondolava le lunghe gambe fasciate di nero sui metri d’altezza che lo separavano dal giardino curato e florido della reggia. Bel problema incarnare una delle Nazioni più diplomatiche del globo.
« Ci avete infine degnato della vostra presenza, denoto. » Commentò solo, con tono appena poco più inasprito del solito. Dannazione, aveva fatto girare sia lui che metà della servitù del palazzo e nel frattempo se ne stava beatamente a godersi la frescura d’inizio estate? Si ritrovò nuovamente a chiedersi chi diavolo credesse di essere, oltre che a porsi il novizio dubbio sull’educazione iberica ad opera del padre dello spagnolo.
E dire che i romani erano famosi anche per la cultura e le buone maniere –in un certo qual modo. Le buone maniere sotto l’ottica del tempo corrente, ecco-, e suo fratello d’oltre Manica non smentiva un atteggiamento degno della Corte parigina che frequentava, né tantomeno lui stesso era ligio riguardo la ben educazione. Che Roma avesse concesso troppa libertà al figlio che si gettava oltre le Colonne d’Ercole?
Quest’ultimo accennò ad un sorrisetto tra l’ilarità e la resa alle sue parole, soffermando gli arti inferiori per qualche istante, prima di imprimere nuovo, placido moto agli stessi, alzando mento e viso alla volta trapuntata di leggeri spruzzi di luce, quasi il sole avesse scordato piccole parti di sé, in un passaggio antico, ed ora queste reclamassero a gran voce la luce originaria, brillando quanto più fosse loro concesso come in un canto all’invocare il ritorno del grande globo di fuoco.
« Sono giunto in anticipo, mi è stata domandata la mia provenienza ed un tale ha intavolato poi una discussione ben poco piacevole a riguardo. Ho preferito appartarmi in luoghi meno affollati che peccare d’ira ed orgoglio. Suppongo non avreste gradito toni irriverenti ed acidi in una simile occasione. » spiegò, scendendo poi dalla balaustra e lasciando che i capelli scuri facessero come più a loro piacesse, prendendo ancora l’arma cerimoniale e dovuto, scarlatto appiglio di tessuto che si legò nuovamente ai fianchi. Evidentemente non aveva considerato saggio rischiare uno squilibrio da qualche chilo ad un quartetto di metri dal nudo e duro terreno. Oppure, più facilmente, lo infastidiva quel peso imposto dalle uniformi cerimoniali d’Europa.
Arthur storse appena le labbra sottili, in un movimento quasi impercettibile per qualcuno che lo stesse guardando, figurarsi per un soggetto nuovamente intento a fissare il cielo con aria tranquilla, prima che quest’ultimo si esprimesse in una risata allegra, quasi avesse appena udito una favella tanto rasserenante quanto traboccante di spirito.
« Ridete spesso per il cielo? » domandò l’inglese, inarcando il folto sopracciglio dorato, trattenendosi dallo sbuffare e far chiamare un medico d’urgenza per il permesso di legare l’ospite, chiuderlo in un baule da viaggio e farlo lanciare sulla prima nave in dirittura d’arrivo per le coste franco-spagnole. Se lo sorbisse l’amicone, quel pazzo scriteriato e maleducato. Eppure non seppe tener freno all’acida curiosità ed al tono di lieve scherno che spesso imperlavano le labbra d’Inghilterra.
« Lasciate perdere, Señor Inglaterra. Usanze spagnole. » replicò con voce quasi canzonatoria l’altro, lasciando interpretare al padrone di casa una presa in giro alquanto infantile, oltre che offensiva. Gli dava anche dell’ignorante, nonostante i secoli di cultura? Davvero, non l’avrebbe sopportato per tutto il periodo di quella sottospecie di ‘scambio politico-culturale’ dalle sfumature sempre più frustranti ed inclini alla tortura psicologica rivolta alla sua già scarsa pazienza ed al garbo al quale era abituato.
“Quindi ridere sguaiatamente per l’incedere della notte è d’abitudine dalle parti del Regno di Spagna. Spero seriamente e con tutto il cuore di non trovarmi nelle vicinanze durante il crepuscolo, potrei perdere l’udito o lanciare svariate cannonate sulle vostre blande coste. E, per Dio, smettetela di fare il bambino rincitrullito, ve lo chiedo per il bene comune e della buona educazione.”
« Singolari, le vostre tradizioni, Ser Carriedo. » Replicò, accennando forzatamente un sorriso accondiscendente, mentre le acide quanto posate parole continuavano a ronzargli fastidiosamente tra le tempie e le labbra, soffocate dal –forse eccessivo- buon senso. Dopotutto, non sarebbe rimasto poi molto, e l’avrebbe incrociato giusto il tempo di mostrargli i luoghi più rilucenti della propria terra, perché inimicarsi uno dei possibili futuri ampliamenti del proprio regno?
Si lasciò risalire la rigida colonna vertebrale a quell’idea, pensando a come avrebbero potuto ridurlo secoli di convivenza politica con un soggetto simile. Ancora non si spiegava come potesse reggerlo Ser Edelstein, e si scoprì di rispettare l’austriaco più di quanto potesse immaginare, se in grado di portar pazienza alle frequenti visite da parte della Nazione che ora infilava le dita nei guanti di seta, coordinata ai numerosi dettagli scarlatti nella nera uniforme. Rosso e nero, iniziava davvero a vederlo come un araldo del sacrilego Demonio luciferino, per quanto i lineamenti morbidi avessero ben poco di diabolico.
« Chiamatemi Antonio. Sapete il mio nome, perché continuare ad utilizzare uno dei cognomi, avete tanto ribrezzo di trattarmi come un amico, più che come uno dei vostri goliardici nobili? » domandò il satanasso, sorridendo ancor più sfacciatamente e porgendogli la mano ora riscaldata dalla soffice.
Kirkland non sembrò apprezzare un simile aggettivo per la propria alta società, ciò che doveva esser rappresentanza delle maniere e mostra del lusso direttamente proporzionato al potere di un Paese. Se la sua, di nobiltà, gli pareva ‘goliardica’, come avrebbe dovuto esprimersi riguardo i modi che continuava pacificamente a mostrare l’altro, tra tutte le snervanti gesta e l’indifferenza verso l’etichetta del comune garbo?
Si soffermò poi alle fondamenta delle affermazioni dell’iberico, socchiudendo appena gli occhi e trattenendosi dall’alzare il tono di voce nei suoi confronti. Non era ribrezzo –quanto più poteva definirlo ‘mancanza di sopportazione’- o sdegno, il suo. Era bon ton, era rispetto incondizionato –o, almeno, apparente- nei confronti di qualsiasi persona. E da quando sarebbero diventati amici?
« Mister Carriedo, voi avete le vostre usanze, io le mie, per quanto bislacche potrebbero parervi, siete in Inghilterra, al momento. » “Per mia mala ventura. Ed auspicando che il vostro intervallo sulle mie preziose lande sia piacevole quanto fugace.” Concluse, soffocando nuovamente i pensieri con la stessa foga con la quale avrebbe volentieri attentato alla vita dell’altro, ad ogni suono emesso dalle piene labbra di questi.
« Dunque non vi arreca fastidio la possibilità che prenda in considerazione l’appellarmi a voi come Arthur, o vado errando? » piccò lo spagnolo, ed il biondo avrebbe potuto giurare di sentire chiaramente il suono di uno schiaffo morale, etico e divertito dritto sulla propria nivea gota quanto quello che avrebbe voluto regalare come ricordo al moro. Rientrare in Patria con cinque dita sulla guancia forse l’avrebbe smorzato da quei rozzi modi.
« Non ho detto ciò. » replicò il britanno, scoccandogli un’occhiata quantomeno stizzita ed irritata, ora non trattavano di politica o linee di successione, quanto di reciproco rispetto e permessi che nemmeno alcuni tra i suoi fratelli della Gran Bretagna potevano vantare. Oh, Scotland se lo poteva anche sognare la notte, di chiamarlo direttamente per nome, con tutto ciò che lui e Francia continuavano a rimbeccargli, figuriamoci quanto potesse concedere a Fernandez Carriedo.
Quest’ultimo emise una lieve risata, abbassando appena il braccio teso nella sua direzione, lasciando che questi tornasse al proprio fianco, rispondendo con finta sorpresa agli occhi quasi truci di Kirkland.
Insopportabile.
« Ma non l’avete nemmeno negato. Ora, perdonatemi, ma odo gli archi dei violini delle danze. Roderich è un buon insegnante di Valzer, sapete? » rispose Antonio, parole pregne di tono divertito e liquidazione di un argomento piuttosto a cuore alla controparte. Come sarebbe sopravvissuto ad otto albe in mura ben più amichevoli di colui che le abitava da secoli? Ah, si preannunciavano giorni ardui per il Conquistador del Nuovo Mondo.
Si scostò dall’inglese, congedandosi con una lieve deferenza, il braccio sinistro dietro la schiena ed il destro a rimascare il gesto, quasi volesse sottolineare che sì, stava facendo il bravo bambino. Oppure lo stava prendendo amabilmente in giro con la proposta di una di quelle danze, ma Arthur scartò la possibilità, data la successiva rapidità con la quale gli si allontanò e si rigettò tra le fameliche e stridenti fauci della nobiltà inglese, sparendo tra i colori sgargianti della sala.
Kirkland sospirò pesantemente, ora finalmente solo, passandosi entrambe le mani sul viso e digrignando i denti, ancor più frustrato di quel pomeriggio all’Abbazia.
« Finirò per porre fine alla sua vita nel sonno. Qualcuno mi dia un pugnale. » mugugnò tra sé e sé, prima di sbuffare stancamente e seguire dopo non molto l’iberico, soffermandosi però prima ad alzare gli occhi alla volta cobalto, inarcando il sopracciglio destro, incuriosito.
Che diavolo vi aveva visto? Un uomo volante?
BaH, spagnoli, brutta razza.

   
 
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