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Autore: lilla5    14/12/2010    3 recensioni
E se in realtà le continue sconfitte di Kei avessero un altro motivo, diverso dalla minore forza rispetto a Takao? Le cose non sono sempre come appaiono.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kei Hiwatari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Voglio ringraziare la mia amica Tetty e i suoi consigli, che mi hanno aiutato molto.

L'eterno secondo

Kei si trovava per strada, camminando nel freddo invernale, fra le tante persone infagottate in cerca di regali. Era il periodo natalizio, ed era tornato in Giappone per rimanere un po' di tempo con i Bladebreakers. Come sempre, a causa delle vacanze, non c'erano molti nuovi programmi interessanti in TV, ma soltanto vecchie repliche e documentari.
Perciò fu un po' sorpreso, quando gli cadde l'occhio su una vetrina, di vedere una foto della loro squadra. Era un negozio di elettronica, con molte TV accese e in esposizione. Era un documentario su di loro, e a quanto sembrava erano anche molto ben informati. Rimase un po' di tempo a guardare, in piedi davanti alla vetrina, mentre la gente gli passava intorno o lo urtava, senza fare caso a lui. Rivedere tutto quello che era successo lo faceva sentire strano. Felice ma al contempo triste per tutto il tempo che era già passato.
All'improvviso si giunse a parlare dei rapporti interni alla squadra, e il classico opinionista un po' fanatico e bacchettone stava dicendo:
- Generalmente sono tutti molto legati. C'è solo un fatto curioso a cui abbiamo varie volte assistito, degno di essere ricordato: il continuo scontrarsi tra Takao e Kei, con la continua sconfitta di quest'ultimo. Se proprio volete il mio parere, sta diventando un po' umiliante! -
"Ma chi diavolo lo vuole, il tuo parere?" Pensò Kei, irritato, allontanandosi velocemente mentre l'orgoglio e la rabbia sembravano volergli esplodere dentro.
Poi però, mentre si calmava sempre di più con ogni falcata, non poté fare a meno di ridere fra sé e sé. Si ricordò dell'entusiasmo e dell'eccesso di risa di Takao ogni volta che riusciva a batterlo di nuovo, cercando di provocarlo di proposito.
"Se solo lui sapesse..." Considerò con una punta d'amarezza.
Mentre camminava, si immerse a tal punto nei ricordi, da non vedere più la strada affollata, ma un freddo e deserto corridoio del Monastero. Gli tornò in mente anche il volto di Andrej, che aveva cercato di scacciare dai pensieri fin da quando aveva riacquistato la memoria durante il Torneo Mondiale.
Andrej era stato la persona più vicino ad un amico che avesse mai avuto, in quel luogo dove non esisteva speranza. Era molto più esuberante di lui, ma stranamente non gli aveva mai dato fastidio. Avevano solo un punto debole in comune, loro due: la sete di potere. Fu questo, secondo l'opinione di Kei, che spinse Andrej a rubare Black Dranzer e ad usarlo a piena energia. Voleva diventare il più bravo lì dentro, il più importante.
Purtroppo, quel potere si era rivelato incontrollabile, e la sala degli allenamenti ovest aveva preso fuoco. Non furono in grado di tirare fuori il ragazzo in tempo, non che comunque alle guardie importasse. Durante la notte Kei, sensibile com'era al fuoco, che era l'elemento del suo bit-power, aveva sentito odore di bruciato e fumo, anche se si trovava dall'altra parte dell'edificio. Ma era stato sottoposto ad un duro allenamento tutto il giorno, e alla fine la fatica aveva sconfitto la curiosità di andare a vedere che cosa stesse succedendo.
La mattina dopo, quando venne a sapere del fatto, gli sembrò che il pavimento gli fosse stato tolto da sotto i piedi, e il respiro gli si mozzò, mentre il petto veniva consumato da una sofferenza così forte da sembrare quasi fisica. La disperazione lo avvolse, e sentì qualcosa di umido scivolare lungo la guancia. Guardò stupito la lacrima infrangersi sul pavimento. Non aveva mai pianto prima per certe cose, e pensò che stesse per lasciarsi andare come una ragazzina. Ma non ne scesero altre. A quel punto, al dolore per la perdita sopraggiunse anche il senso di colpa.
Era davvero possibile che, nonostante la distorsione di ogni tipo di sentimento al Monastero, l'amicizia che sentiva per Andrej fosse racchiudibile in un'unica, stupida lacrima? In un'inutile goccia di acqua salata? In più non poteva non pensare al fatto che forse, se quella notte si fosse alzato, probabilmente sarebbe riuscito a salvarlo. In fondo, non aveva niente da temere dal fuoco. Il dolore continuò sordo nel suo petto, senza possibilità di farlo smettere.
Kei non riusciva ad accettare di aver perso Andrej, e per sempre. Si chiedeva anche come fosse possibile provare tanto dolore, senza riuscire a superarlo. Aveva sperimentato varie volte il dolore fisico, ma quello era completamente nuovo, e non riusciva a comprenderlo interamente, cresciuto com'era in un luogo senza amore né felicità. Forse era per quello che aveva fatto in modo di non farsi più avvicinare da nessuno.
Non si sarebbe mai più ripreso. Lo capì per la prima volta quando, durante i test, i ricercatori della Borg si resero conto che Black Dranzer lo riconosceva naturalmente come suo padrone, e gli offriva la sua ubbidienza.
Che ironia! Dopo aver tanto desiderato il potere ed averci rinunciato dopo l'incidente, ora se lo ritrovava fra le mani, pronto ad essere utilizzato, per superare tutti gli altri, ma sotto forma dello strumento che aveva dato la morte alla persona più cara che aveva.
Nonostante la voglia di diventare il migliore, per rispetto verso Andrej, ma anche perché in fondo al cuore aveva paura di non poterlo controllare, aveva deciso di non usare Black Dranzer. Ripensandoci con il senno di poi, forse voleva anche autopunirsi per non aver capito cosa stesse tramando Andrej, e perché in fondo condividevano la stessa smania di potere. A causa di ciò, era stato oggetto di molte torture, fisiche e psicologiche. Durante una di queste, il suo cervello riportò dei danni temporanei, ma lui perse la memoria. Sarebbe potuto tornare a vantaggio della Borg, ma riscontrarono che Kei tendeva ad essere molto instabile durante le missioni e gli allenamenti, quasi come se il cuore cercasse di avvertirlo e ricordargli tutto, ma la mente non fosse abbastanza cosciente di quello che accadeva. Così avevano preferito abbandonarlo. Si era ritrovato disteso in un vicolo deserto, al freddo. Da quel momento, aveva imparato a cavarsela da solo, fino a quando un tizio che diceva di essere suo nonno non venne a cercarlo.
Quando riacquistò la memoria, decise di entrare nella squadra della Borg per distruggerla dall'interno, e vendicare Andrej. Quante notti aveva passato sveglio organizzando ossessivamente piani su piani, quante volte aveva implorato, senza sapere bene chi, di riuscire a fare tutto, pur essendo solo! Per fortuna Takao e gli altri gli avevano dato una mano, senza volerlo, nonostante la loro ragione per combattere la Borg fosse solo una stupida coppa del mondo e l'antipatia verso i blader russi.
Si era meravigliato che il Prof. K non si fosse accorto di niente, ma aveva capito che probabilmente, non avendolo mai visto fare sul serio, non poteva avere una scala di valutazione valida.
Quando la storia della Borg finì, Kei si era ritrovato libero dai guai, e di nuovo, aveva giurato di non oltrepassare mai un certo limite, durante le sfide. Certe volte si era chiesto come sarebbe stato dimostrare a Takao che era in grado di sconfiggerlo in realtà, ma ragionandoci su aveva sempre capito in tempo che il gioco non valeva la candela. Ripensò alle parole del critico. "Umiliante". Spesso lo aveva creduto anche lui, e anche che andasse contro la sua dignità. Per questo era tentato di lasciarsi andare durante la sfida. Ma poi ricordava sempre la promessa che aveva fatto a se stesso.
La prima volta che lo aveva sfidato ed aveva perso, aveva quasi ceduto. Il risentimento per la sconfitta e l'orgoglio ferito si erano mischiati al disprezzo per il ragazzino che aveva davanti. Chi era quello per permettersi di sconfiggerlo? Aveva almeno una minima idea di quello che aveva passato? Certo che no. Poteva scommetere tutto quel poco che gli restava che era cresciuto felice, senza preoccupazioni, a parte le scaramucce con gli amici e le patetiche ansie per la scuola. Guardando il suo viso gioioso, gli venne voglia di schiacciarlo, di farlo soffrire, contercersi per terra urlando di dolore. Lo odiò anche per l'intensità delle emozioni che era in grado di suscitare nel suo animo ormai esausto e rassegnato alla sofferenza. Come se volesse costringerlo a reagire. Ma ferirlo avrebbe cambiato tutto. Sarebbe stato come se niente fosse successo, come se non avesse imparato niente dalla morte di Andrej. Fu questo pensiero a trattenerlo, accompagnato dalla paura di ricadere nelle vecchie abitudini per colpa della presenza di quell'insignificante ragazzino. Ma poco a poco, restando con Takao e gli altri componenti della squadra, un altro pensiero gli si insinuò nella mente. E se, un po' per la sua natura scostante, un po' per gli scarsi valori morali del Monastero, lui avesse sbagliato tutto dal principio? La morte di un amico non doveva essere per forza una ragione per non amare la vita, anzi: forse lo aveva aiutato ad attaccarsi all'esistenza con ogni fibra del suo essere. La prima volta che fece questo ragionamento, fu molto sorpreso dalla sua improvvisa preoccupazione per loro. Non era abituato ai sentimentalismi. Lentamente però, quelle emozioni cominciarono ad entrargli sotto pelle, per andare finalmente ad occupare il vuoto da tanto tempo presente nel suo cuore. Fu come sentirsi riscaldare dall'interno, e il calore sembrava con l'andare dei giorni via via sempre più forte, fino a quando aveva rinunciato al suo io passato per vivere come un ragazzo normale. Ora apprezzava i suoi compagni, li stimava perfino. Ma aveva deciso di rimanere fedele a se stesso, e non ricominciare a giocare a Beyblade sul serio, rimanendo per sempre l'eterno secondo. Manteneva la promessa fatta ad Andrej dopo la sua morte, ed al contempo soffocava la paura di essere abbandonato ed etichettato come bugiardo, se gli altri avessero scoperto tutto, ma non voleva ammetterlo a nessuno se non a se stesso.
Camminando sovrappensiero, era arrivato al Dojo. Entrò, facendo un cenno di saluto agli altri, che erano tutti seduti assieme a parlare. Si sedette nell'angolo più lontano, e rimase ad osservarli, senza che se ne accorgessero. Dopo tanto tempo, forse solo loro erano riusciti a insegnargli qualcosa che andasse al di là del Beyblade. I suoi sentimenti contrastanti lo disorientavano: da una parte il suo lato solitario ad ordinargli di allontanarsi, dall'altra quello più umano, che amava il calore che gli altri gli stavano dando. "Umiliante", aveva detto quell'uomo. Ma c'era una sola cosa che entrambe le parti dubitavano alla stessa maniera, l'unico punto d'accordo, che anteponevano anche all'orgoglio. Kei guardò di nuovo i suoi amici dall'altra parte della stanza. Contrariamente a quello che pensava il critico, non era l'umiliazione della sconfitta la più bruciante, ma forse il dover accettare un sentimento di amicizia che non credeva di essere più in grado di provare. Perché ormai aveva troppo bisogno di loro per poter anche solo pensare di dare la precedenza al suo orgoglio.
Ma forse, pensandoci bene, quella era un'umiliazione che avrebbe volentieri continuato a subire.
  
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