Serie TV > Merlin
Ricorda la storia  |       
Autore: lulumoon5    15/12/2010    3 recensioni
Questa è la prima fanfiction che scrivo...è una long fic ( molto lunga, in effetti ). Non è detto quindi che la continuerò, dipende da voi naturalmente. E se Merlino non fosse mai stato il servo di Arthur ma i due si fossero incontrati da bambini in una situazione completamente diversa? Certo questo rende la mia storia OCC. Ma ho cercato di mantenere il carattere dei personaggi, per quanto possibile. Non sono brava a scrivere introduzioni, ma spero di avervi incuriosito.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Merlino, Principe Artù, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 1

Quel giorno di fine estate era particolarmente uggioso nel regno di Camelot. Il grigiore pallido del cielo e la luce bluastra che perforava a stento lo spesso strato di nubi scoraggiavano la gran parte degli abitanti, costretti a svolgere i propri doveri in fretta prima che si scatenasse il temporale che si presagiva da giorni. I membri della corte invece avevano preferito rinunciare alla passeggiata pomeridiana e si erano chiusi nel castello cercando un altro modo per passare il tempo. Questo riguardava più che altro le dame di corte alle quali non mancavano di certo le spazzole e i pettegolezzi a cui dedicare il pomeriggio. Invece i membri del consiglio, tra cui la maggior parte dei nobili e i cavalieri più anziani, erano obbligati a tenere l’ennesima riunione su ordine del re. Da un paio di mesi a quella parte si tenevano con maggior frequenza a causa di trattati politici di enorme importanza, ma il peggio ormai era passato. Ecco perché quella riunione era particolarmente noiosa, gli argomenti da discutere erano tornati ad essere terribilmente ordinari. Il re non sembrava essersi accorto della noia generale, o forse non gli importava, era di umore felice come se non si fosse accorto che la stagione della pioggia era iniziata. I pretesti per esserlo indubbiamente non mancavano. Aveva di recente concluso un trattato con il regno di Cenred, i cui membri della nobiltà più importanti avevano accettato di fare visita a Camelot per riallacciare i rapporti che anni di stupide contese territoriali avevano rovinato. Il giorno prima gli scavatori avevano riesumato un antico arazzo della casata dei Pendragon in una stanza nei sotterranei, sigillata anni prima da una violenta frana. Ma ciò che lo rendeva particolarmente soddisfatto era l’incombente compleanno di suo figlio, il principe Arthur. Nel giro di due settimane avrebbe compiuto il suo decimo anno di vita, un’età che rappresentava una tappa fondamentale. Erano già in corso i preparativi poiché sarebbe stata una festa di grande magnificenza; sarebbero stati presenti i nobili di entrambi i regni, una scusa in più per festeggiare la loro alleanza.

< Sire, dal confine nord sono giunte voci di parecchie scorribande, banditi a quanto pare. Hanno già saccheggiato i villaggi sul confine, dovremmo mandare un gruppo di cavalieri per controllare…>

< Si, si certo! > lo interruppe il re rivolgendosi poi alle guardie < Mandatemi a chiamare sir Percival per organizzare la spedizione. >

Le guardie fecero un inchino e lasciarono la sala.

< Bene, a questo punto dovremmo concentrarci sulla situazione gravosa col regno di Mercia, dobbiamo fare di tutto per evitare lo scoppio di una guerra, manderò un messaggio a Gorlois, se mandiamo rinforzi in tempo…>

Le porte della sala si spalancarono all’improvviso rivelando un giovane cavaliere ansimante e scomposto. Fece un goffo inchino cercando di riprendere il fiato e assunse una posa più dignitosa.

< Sir Leon, spero che ci sia un buon motivo per questa interruzione! >

< C’è, mio signore. > disse abbassando lo sguardo al pavimento.

Odiava dover essere costretto a parlare con il re, soprattutto in quelle situazioni imbarazzanti.

< Si tratta del principe Arthur…>

Fece per continuare ma dovette prendere una pausa per riprendere fiato ed esitò per nulla entusiasta di far infuriare il re.

< Ebbene? >

< Sire, il principe è venuto al campo di allenamento interrompendo i suoi studi…Ha rubato la spada di sir Edwin ed è scappato. >

< Scappato? Come sarebbe a dire scappato? >

< Ho provato a fermarlo, l’ho inseguito…anche perché aveva una spada affilata ma… >

< L’hai perso? > chiese il re con uno sguardo glaciale.

Sir Leon abbassò il capo desolato.

 Era la sua prima settimana da cavaliere e doveva ancora conquistarsi il rispetto dei cavalieri più “anziani” che gli assegnavano sempre i compiti più assurdi, il peggiore dei quali badare che quel ragazzino viziato non combinasse guai. Il principe aveva la cattiva abitudine di scappare via non appena gli si dava l’occasione e non c’era verso di fermarlo con le buone. Tutto ciò non avrebbe dovuto interessarlo se avesse avuto un precettore in grado di tenerlo a freno. Ma Geoffrey, il bibliotecario, era così grasso e distratto che se lo faceva sfuggire via ogni volta e ogni volta toccava a lui inseguirlo per la città bassa. S’intrufolava sempre nelle strade più affollate sapendo che avrebbe avuto più possibilità di scomparire dalla sua vista. Alla fine dopo ore d’inseguimento riusciva quasi sempre a prenderlo, ma trascinarlo al castello era tutta un’altra storia. Quel mostriciattolo urlava, scalciava e mordeva qualsiasi parte del corpo riuscisse a raggiungere pur di liberarsi. L’ultima volta aveva tentato di mordergli il braccio e si era scheggiato il dente sulla cotta di maglia, la giornata peggiore di tutta la sua vita.

< Si, sire. Ma non c’è da allarmarsi…Sicuramente le guardie ai cancelli… >

< Come posso sperare che delle semplici guardie siano più qualificate di un cavaliere addestrato? Come posso pretendere che siano capaci di recuperare un bambino quando neanche un cavaliere di Camelot ci è riuscito? Perché è quello che sei, giusto? >

< Si, sire…>

< Non credo di aver sentito bene. Chi sei tu? >

< Un cavaliere di Camelot. > rispose alzando la voce.

< Bravo, cavaliere! E adesso trova mio figlio e riportalo qui o preparati alle conseguenze della tua incapacità! >

Leon chinò il capo rispettoso e uscì dalla sala lasciandosi alle spalle gli sguardi divertiti dei consiglieri. Tutti avevano trovato la scenata del re un divertente intermezzo, come lo spettacolo di un giullare, tutti a parte il medico di corte che invece pareva più esasperato, poiché conosceva bene il piccolo erede al trono. Nell’andarsene urtò con una spalla un servitore di passaggio che inciampò facendo cadere tutte le coppe d’argento che stava portando. Maledisse il giorno in cui era diventato cavaliere e uscì dal castello iniziando le ricerche.

 

******

 

Arthur guardò dritto negli occhi del suo avversario, studiandone i movimenti. Era lì di fronte a lui senza timore. Arthur sorrise all’ingenuità del nemico, non sapeva di trovarsi di fronte al guerriero più abile di tutta Camelot. Levò in alto la spada con un movimento deciso, se il braccio avesse tremato sotto il suo peso il nemico l’avrebbe notato. Poi senza esitare si lanciò contro di lui urlando per darsi la carica. Schivò un colpo mortale piegandosi sulle ginocchia, girò su se stesso trasformando il mondo in una macchia indistinta, affondò sfruttando lo slanciò della giravolta e…cadde rovinosamente a terra per il contraccolpo.

Tutto ridiventò immobile e silenzioso. Il suo campo visivo era interamente occupato da minacciose nuvole grigie gonfie di pioggia, Miriam l’aveva avvertito che avrebbe piovuto… Si rialzò massaggiandosi la nuca e lanciò uno sguardo truce all’albero che l’aveva sconfitto. Non era neanche riuscito a graffiarlo quel maledetto tronco.

< Stupida spada difettosa! > esclamò buttando l’inutile oggetto per terra.

Era così annoiato…Fuggire sotto al naso di Geoffrey il cinghiale e farsi inseguire da quell’idiota in armatura era sembrata una buona idea al momento, ma ora non sapeva proprio cosa inventarsi. Era da solo in mezzo a migliaia di noiosissimi alberi e non c’era niente di divertente da fare. Non che al castello ci si divertisse di più. Tutto quello che doveva fare era studiare, partecipare a banchetti pieni di vecchi e “fare il bravo”, soprattutto “fare il bravo”. Nessuno mancava mai di dirglielo. Devi fare il bravo Arthur! Sei un principino e questi giochi non sono adatti al tuo rango! Queste cose non si fanno! Questo si fa così, non così! Soprattutto suo padre non mancava mai di ripeterglielo. Solo il galoppino in armatura evitava di sgridarlo, forse perché troppo impegnato nell’inseguirlo. Chissà, forse se si fosse fatto intravedere di nuovo l’avrebbe inseguito ancora…Ma era troppo presto per perdere la tanto agognata libertà. Al castello lo aspettavano solo altre riprese e non aveva alcuna fretta di sorbirle.

Guardò meglio l’albero contro il quale la punta della spada era rimbalzata come un semplice pezzo di legno e senza pensarci troppo cominciò ad arrampicarsi. La scalata fu molto facile, l’albero era grosso e pieno di rami abbastanza robusti per sorreggerlo, persino una ragazza ci sarebbe riuscita senza problemi. Arrivò quasi in cima e da lì riuscì a vedere i confini settentrionali del bosco, dove s’intravedeva un esile fiumiciattolo scorrere lentamente verso est. Dall’altra parte si ergeva il castello bianco di Camelot, bello e inespugnabile o almeno così gli avevano detto, non era ancora sicuro di aver capito cosa volesse dire. Fece una smorfia ricordando cosa lo aspettava laggiù: guai.

Sbuffò e scese giù mettendo i piedi esattamente come li aveva posizionati nella salita. All’ultimo metro si buttò giù e sbuffando recuperò la spada ricominciando a giocare svogliato.

Suo padre aveva mille preoccupazioni e tra queste non era compresa la solitudine di suo figlio. A corte non c’erano molti bambini della sua età e tutti loro sopportavano malamente il principe solo per il suo titolo. Arthur non aveva nulla in comune con loro, che giocavano con giochi di legno e s’impegnavano nell’apprendimento dei buoni costumi e delle lingue, al contrario di loro guardava con invidia i bambini della città bassa. Li si vedeva dappertutto giocare all’aperto con spade di legno, correndo liberamente e sporcandosi tutti di fango.

Dopo essere riuscito a conficcare la spada nella terra umida iniziò inesorabilmente a piovere. Il principe cercò di estrarla uno, due, tre volte ma non riuscì nemmeno a smuoverla da lì. Alla fine, ormai fradicio, decise di tornare al castello e si lasciò alle spalle la spada sapendo che gli sarebbe costata un altro rimprovero. Era la spada personale di sir Edwin in fondo.

 

******

 

Sir Leon passò a cercare entro i confini del bosco freneticamente. Non era un luogo particolarmente pericoloso, ma era pur sempre al di fuori dalle mura di Camelot. Aveva anche cominciato a piovere e questo non faceva altro che complicare il suo semplice compito. Per un momento si chiese perché non avesse chiesto aiuto a qualcuno dei suoi compagni, ma si rispose da solo immaginando le facce che avrebbero fatto a una simile richiesta. Probabilmente gli avrebbero riso in faccia augurandogli di finire in un fosso durante le sue ricerche. Questo pensiero riportò alla mente tutte le umiliazioni che aveva dovuto subire prima di diventare cavaliere. Niente in confronto a ciò che avrebbe dovuto subire se fosse tornato senza quel moccioso odioso. Odiava quel ragazzino con tutto se stesso e il solo pensiero che un giorno sarebbe diventato re lo faceva impazzire. Non sapeva se ridere o piangere.

Era appena entrato nel folto della boscaglia quando intravide una piccola figura avanzare nella sua direzione. Accelerò il passo e riconobbe in quel ragazzetto inzuppato dalla testa ai piedi l’erede al trono di Camelot. Si fermò dinnanzi a lui e sentì una dolorosa fitta al petto. Non credeva che il sollievo sarebbe stato ancor più doloroso dell’ansia. Gli rivolse un’occhiata di fuoco, travolto dal desiderio di appenderlo a un ramo e lasciarlo lì.

< Principe…vi ho cercato per ore! > disse severo afferrandolo per un braccio. Non se lo sarebbe fatto scappare un’altra volta. Ma il mostriciattolo non urlò, né cercò di liberarsi, fece ciò che di peggio sapeva fare. Spalancò gli occhi celesti sotto i capelli fradici appiccicati alla testa accennando di voler parlare con un tremolio di labbra.

< Mi dispiace. >

Leon aprì la bocca con l’intento di urlargli contro, ma sentì che tutta la rabbia che solo pochi secondi prima lo stava divorando era scomparsa magicamente. Arthur accorgendosi del vantaggio si aggrappò al suo braccio e lo guardò di sottecchi.

< Sei arrabbiato? >

Leon sospirò e spinse il bambino avanti coprendolo come meglio poteva con il mantello.

< Venite, vi porto a casa…>

E s’incamminarono insieme sotto la pioggia scrosciante, l’uno completamente disarmato, l’altro esultante. Era stata vinta un’importante battaglia quel giorno.

 

  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Merlin / Vai alla pagina dell'autore: lulumoon5