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Autore: Strummer_inLove    15/12/2010    0 recensioni
L'estate del giovane Russell Winston viene tuebata da alcuni misteriosi avvenimenti, che orbitano intorno a due conosciutissimi pub di New York, e ad una misteriosa droga che ti obbliga ad alzarti e scappare.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alle tre e mezzo, Russell era seduto di fianco alla fila di attaccapanni, sul parquet caldo del palcoscenico. Scarabocchiava con la matita il profilo dei Lottie e Jen Splinder, appoggiate al muro portante del "Saint Martinì", con un bicchiere di plastica in mano. Dipingere i ricordi sgradevoli, o parte di essi, lo aiutava a svuotare la mente, a riflettere meglio. Voleva scoprire cos'era realmente accaduto quella sera, quando una forza misteriosa aveva svuotato il "Saint Martinì" alle dieci e mezza. Troppo presto per tornarsene a casa, quando hai meno di vent'anni non desideri altro che lo sballo duri all'infinito, pensava. Era sempre esagerato nelle sue analisi sugli adolescenti, a volte generalizzava. Un po' di ragione ce l'aveva, però. Poi c'era stata la serata al "Bad People Bar", quella strana atmosfera, tanto controllata da stonare con il contesto. Un denominatore comune c'era: lo stesso giorno, nello stesso locale dove era capitato lui, c'era finita anche Auriane Johnson. Ricordò anche la sua lezione saltata, la preoccupazione di Madame Louis. Nella sua testa rivedeva gli occhi celesti di Neddy Blake a sentir parlare del "Saint Martinì". Gli mancavano alcuni tasselli del mosaico, e la musica di Debussy non lo aiutava a concentrarsi. Madame Louis passava in rassegna le sue allieve, tutte allineate e composte alla sbarra. Sembravano soldatesse davanti al sergente, in un campo di addestramento. Russell pensava ad altro. Uno squillo nella tasca dei jeans. Russell non era abituato a ricevere messaggi. Controllò il numero: non lo conosceva. Titubante, lesse le poche righe. Sembrava quasi un telegramma, scritto da una persona preoccupata, che andava di corsa:
“ Ho informazioni, so' cosa cerchi, vieni stasera al "Saint Martinì”. Nalcos”.
Il vecchio Nik l'aveva quindi riconosciuto, la due sere prima. Non si è dimenticato di me, pensò tutto contento. La puntina del giradischi saltò, e Madame Louis cambiò compositore. Mozart accompagnò le ballerine per altri venti minuti, mentre Russell indagava nello sguardo spaventato di Auriane Johnson. Ripulì il cartoncino dai residui delle cancellature. Richiuse l'album da disegno e attese la fine della lezione. Auriane finì di volteggiare per ultima. Prese un asciugamano e sistemò i dischi di musica classica di sua madre in uno zainetto.
-       Auriane...
Nessuna risposta.
-       Perché non sei venuta venerdì?
-       Non sono affari tuoi, Russell -  era molto tesa.
-       Tua madre si è preoccupata molto, sei sicura di stare bene?
-       Si, si -  rispose Auriane, abbassando lo sguardo -  e poi tu non sei mica mio padre!
-       E che centra -  protestò Russell, che iniziava a scaldarsi -  sei stata sia al “Saint Martinì” che al “Bad People Bar”, mi vuoi spiegare che sta' succedendo?
-       Non capisco a cosa tu ti riferisca -  Auriane cercava di cavarsela fingendo ignoranza.
-       Qualcuno ti impedisce di parlarne? Centra con la sparatoria, vero?
Con i pugno sui fianchi, la ragazza lo guardò dritto negli occhi:
-       Questo non lo so, ma centra con il bordello dell'altra sera.
-       Cosa? -  Russell ci capiva poco.
-       Ascolta, non posso dirti niente. Ho le mani legate, Russell. Non voglio trascinarti in questa situazione. E' una cosa troppo grande per noi.
Russell era arrabbiato. Tutti continuavano a ripeterli che era troppo giovane per certe cose, che aveva tutta la vita davanti. , pensava ora Russell,ho tutta la vita davanti per fare quello che è giusto. Ora è tempo di sbagliare.
Auriane si avviò verso lo spogliatoio delle ragazze. Russell non la trattenne, ma non rinunciò a ottenere da lei un aiuto in questa faccenda:
-       Almeno vieni al “Saint Martinì”, stasera.
Nessuna risposta. Russell non era convinto che accettasse l'invito, salutò Madame Louis e si incamminò sulla strada di casa. Rilesse e rilesse il messaggio di Nik Nalcos più e più volte, mentre i lampioni iniziavano ad accendersi, un dopo l'altro, in Redford Road. In uno squallido palazzo a quattro piani tormentato da strilli e dalla puzza di fritto, abitava Johann Miller.
Russell si pulì i piedi sullo straccio fuori dalla porta ed entrò in un bilocale con bagno dai colori cupi e tristi. Miller era in tuta e ciabatte, dietro di lui il fidanzato di sua madre guardava una partita di hockey alla televisione, buttato sul divano rovinato dalle unghie del gatto. Eliza Bernard Miller era all'opera davanti ad una vecchia cuciniera di latta bianca, che emetteva uno strano ronzio quando il fuoco scoppiettava al suo interno. La donna non gli rivolse la parola, ma Russell era abituato ai suoi silenzi improvvisi. Era sempre un tantino in imbarazzo quando faceva visita a Johann e, anche se cercava di nasconderlo, l'amico lo aveva capito molto tempo prima. Fermi nell'entrata, sentirono Samuel Fry russare, sovrastando gli applausi dei tifosi provenienti dal televisore. Era un uomo tarchiato e robusto, che aveva avuto problemi con la giustizia e due matrimoni falliti.
-       Non capisco come abbia fatto a conquistare mamma... -  sussurrò piano Johann all'orecchio di Russell.
-       Sarà almeno la centomillesima volta che me lo ripeti -  disse lui scherzando.
-       Non ti ho detto l'ultima -  continuò Johann, avido di pettegolezzi e contento di fare comunella con il suo migliore amico -  l'hanno preso a lavorare da Neddy Blake!
-       Che fortuna -  Russell non ne era tanto sicuro, in verità -  e che cosa fa per lui?
-       Si occupa del rifornimento dei magazzini.
Delle urla dal piano di sopra. Istintivamente, Johann buttò un occhio ai fornelli: sua madre cantava Liza Minelli. Russell gli toccò con un dito la spalla: un solco ancora caldo era rimasto sul divano, del signor Fry nessuna traccia. I due si guardarono negli occhi, terrorizzati. Poi, il silenzio. La signora Bernard Miller taceva e cucinava a testa bassa. Johann trascinò Russell in camera sua. La confusione regnava sovrana: il letto era sfatto, i vestiti buttati nell'armadio. Il tavolo era ingombro di carte, libri, penne e fotografie. Il ragazzo si buttò su una poltroncina di pezza messa in un angolo, poi disse:
-       In verità, sono successe cose strane ultimamente. E penso che abbia a che fare con la sparatoria.
-       Vai avanti -  lo incalzò Russell -  sono curiosissimo.
-       Bene -  si accinse a continuare Johann, un po' in ansia -  è successo tutto poche settimane fa, quando era in vacanza con i tuoi. Qualche giorno prima del cosiddetto “avvertimento”, ho iniziato a notare comportamenti strani nel ragazzo di mamma. Rincasava più tardi del solito, non parlava, chiudeva ermeticamente tutte le porte. Poi qui intorno girava spesso un'auto violacea, come quella di Blake. Un giorno che uscivo per andare in cartolibreria ho intravisto quell'auto ferma all'angolo. Non ho visto chi la guidava, ma di fianco c'era Fry. Poi ho visto arrivare una ragazza -  ci pensò un po' -  Si, era proprio quella tua amica che fa danza...
-       Auriane Johnson?! -  chiese Russell. Era concentratissimo e sudava tantissimo dalla fronte.
-       Si, si lei. E' salita in macchina con loro, ma non sembrava lo facesse di sua volontà...
-       In che direzione andavano? -  lo interruppe per la terza volta Russell.
-       Verso Harlem. Li ho seguiti in bici, hanno curvato all'ultimo momento verso Blue Avenue.
-       Quindi potrebbero essere andati sia al “Saint Martinì” che al “Bad People Bar”. Auriane potrebbe avere visto qualcosa che non doveva, o trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Forse la ricattano...
Si udì di nuovo un grido, soffocato e basso. Due paia di gambe che scendevano di corsa le scale del palazzo.
I pensieri di Russell era in subbuglio. Chissà cosa aveva combinato Auriane? Nella stanza tutto girava in tondo. Johann e Russell riflettevano. A Russell sembrava di trovarsi in un mare in tempesta, dove nulla era chiaro, niente apparteneva a nessuno, tutto era di tutti.
Quella era la filosofia di Neddy Blake.
 
Un'ora dopo, lontano, in uno degli uffici commerciali del Karbugs Building, Samuel Fry e Gerard Kipling aspettavano. Le loro sedie pieghevoli erano voltate verso la grande vetrata che dava sulla strada. Neddy Blake guardava le auto mangiare l'asfalto, come formiche che tornano alla colonia. Girava un cucchiaio nel caffè. La poltrona dietro alla scrivania girò su se stessa, rivelando in suo volto contorto dal pensare. Aveva i capelli unti, sbiaditi.
-       Dobbiamo liberarci della ragazza -  disse guardando il soffitto -  ma senza fare troppo rumore. Se qualcuno dovesse insospettirsi, tutto andrebbe a monte... Il locale, le vendite, tutto.
-       Lei potrebbe già aver cantato -  ipotizzò Kipling. Quelli non erano scagnozzi stupidi che girano intorno ad un capo intelligente, erano più o meno alla pari -  quel suo amichetto potrebbe essersi fatto strane idee...
-       Non credo -  spiegò Blake, muovendo a scatti le pupille -  le sta' a cuore la famiglia, ed è convinta che abbiamo i suoi contanti telefonici e gli indirizzi. E' terrorizzata. Ce l'abbiamo in pugno.
Blake si isolò nuovamente nelle sue fantasie. Fry e Kipling uscirono dalla stanza senza salutare.
In una specie di sala d'aspetto, che si apriva sul marciapiede formicolanti di gente, Fry si appoggiò alla macchinetta del caffè. Gerard Kipling stava davanti a lui, strillando al cellulare con la moglie. In mano teneva una lattina di Sprite. Kipling riappese con uno sbuffo seccato, l'altro lo guardava sogghignando, perché lui non aveva quei problemi coniugali.
-       Ci possiamo ritenere liberi per il pomeriggio?
-       Penso di sì, Samuel -  gli rispose, senza immaginare ciò che Fry aveva in mente -  Perché?
-       Oh, niente -  Fry aveva un sorrisetto sgradevole -  potremmo fare visita alla signorina...
Samuel Fry si aspettava di vedere un'espressione divertita dipinta sulla faccia del collega, ma Kipling abbassò lo sguardo. Sembrava a disagio.
-       Ma dobbiamo proprio farlo di nuovo? Non hai sentito il signor Blake, ci ha detto di non dare nell'occhio! Meglio non esagerare troppo.
Fry odiava l'atteggiamento di sottomissione che l'amico aveva nei confronti del loro capo. Lui non lo considerava neanche un datore di lavoro, per lui quello era solo un hobby un po' morboso. In quanto alla paga rimaneva un impiego a tutti gli effetti. Però non voleva che la sua ostilità verso Blake fosse palese:
-       Ascolta Gerard -  gli rispose l'altro irritato -  per poco non ci faceva licenziare, quella piccola ficcanaso. Insomma, lo sappiamo tutti e due che poteva rovinarci l'affare.
Non ci volle molto per raggiungere Redford Road. I passi dei due sui gradini rosi dall'umidità destarono Russell dalle sue deduzioni. Il ragazzo si guardò intorno, rendendosi conto di aver perso la cognizione del tempo. Johann si era assopito sul suo letto, tra piumoni e riviste porno. Il disordine sembrava un macabro disegno futurista, illuminato dal sole basso sulla superficie dell'Hudson. Qualcuno corse giù per la rampa delle scale. Il fracasso di qualcosa che cadeva al piano di sopra. Russell svegliò bruscamente Johann, che si lamentò mugolando. Un altro botto sopra le loro teste. Scuotendo l'amico per un braccio, Russell chiese:
-       Chi sta' all'ultimo piano?
-       Nessuno -  rispose Johann, ancora intontito dal pisolino -  è una specie di sgabuzzino comune: ci si trova praticamente di tutto.
Senza aggiungere altro, Russell incitò l'altro a seguirlo in soffitta. Una parte del mistero stava là, ne era certo. Salendo fecero una terribile confusione. Nonostante ciò, Russell distingueva dei rumori incerti e cauti provenire dalla mansarda. Per ultimo, arrivati a pochi metri dalla porta, sentirono il rumore di una finestra che veniva aperta di scatto. L'uscio era stato chiuso dall'interno, nella serratura mancava la chiave. Fu Johann a buttar giù la porta con una spallata. Dentro c'erano solo montagne di scatole, libri e giornali, vecchi abiti e giocattoli impolverati e rotti. Un telefono  degli anni cinquanta beige era stato attaccato alla corrente, il suo imballaggio buttato in un angolo. Russell vide un fermaglio per capelli abbandonato a terra. I ragazzi si guardarono intorno con circospezione, senza rivolgersi la parola, ma sapevano entrambi che quello che cercavano se ne era andato. La chiave della porta era sparita, così come quella di quello strano caso, scappata insieme 
a loro dal “Saint Martinì”. Una volta di più, Russell si chiese dove fosse Auriane Johnson.
Johann Miller non ci mise molto a prepararsi, e insieme a Russell Winston si avviò alla fermata dell'autobus. Trovarono le gemelle Field già a bordo, nell'ultima fila. Ridevano e scherzavano, e questo fece felice Russell. Finalmente vanno d'accordo, pensò sedendosi accanto a Stefany. Guardandola capì perché tutte due non erano salite in Lincoln Avenue: Stefany infatti indossava un abitino di merletto nero all'ultima moda, decorato con passamaneria celeste, comperato probabilmente nell'outlet “Dolce&Gabbana” vicino alla stazione delle corriere. Profumava ancora di cellofan. Russell trovò il coraggio di dirle che le stava benissimo. In cambio ricevette un bacio sulla guancia. Emily e Johann se ne accorsero e rimasero zitti per un bel po' di tempo, scambiandosi sorrisetti divertiti. Il pullman era vuoto e, giunti al “Saint Martinì”, si resero conto che anche là aleggiava l'ansia di chi era tornato, vergognandosi di essere scappato sotto l'ala protettrice di Neddy Blake. Il locale si era trasformato in una cosa molto simile al “Bad People Bar”. Anche qua la gente si sente spiata, ma al contrario che in Blue Avenue, sembra che sia spinta ad andarsene, pensò, anch'io sento l'impulso di uscire, proprio come l'altra volta...
Russell diede una rapida occhiata a Johann: lo sentì sibilare tra i denti “Che noia, mi piacerebbe tanto tornarmene da Blake”. Per fortuna, nel loro caso la compagnia di due ragazze che non erano mai entrate in quel posto li distraeva dalla voglia di darsela a gambe. Era una desiderio innato, quello di scappare. Tutto risaliva a quel maledetto venerdì sera.
Il gruppo musicale che suonava quella sera era composto da ragazzi sulla trentina. Il loro genere era un folk- rock strampalato, che si snodava tra armonie complicate e ghirigori da rococò.
Russell non si perse come al solito nelle canzoni. Spiava i gesti delle poche persone che occupavano il parquet, temendo di incappare in un altro fuggi fuggi generale. Johann guardava il contenitore trasparente di birra dorata, poi le tre monete che aveva in pugno. Niente alcool. Anche il resto della clientela non ne usufruì: Russell notò solo qualche tetra - pack di succo di frutta. Gli occhi gli caddero su Stefany, che si gustava un'aranciata fresca. Non impazziva per la musica, ma comunque era contenta di trovarsi lì, la vigilia del suo compleanno. Ne avrebbe compiuti quindici. Russell la vedeva così, dai lineamenti delicati come quelli un angelo, pestifera e unica. Poi vedeva la sua brutta faccia riflessa nel pavimento troppo lucido, e sentiva un groppo in gola. Sono solo un gran sfigato, pensò, guardando la sua immagine e aspettando la fine di quella pena, non mi vorrà mai. Però aveva voluto ballare con lui, le era piaciuto. E' solo pietà, pensò, mentre lo coglieva il sonno.
Rimase in un dormiveglia tormentato, gli strumenti diventati muti si muovevano in una danza sinuosa. Una mano ferma e calda gli si posò sulla spalla sinistra. Russell volse lo sguardo in quella direzione, con un'espressione di blanda protesta dipinta sul volto. Nik Nalcos gli sorrideva sotto la folta barba nera. Aveva i capelli scarmigliati di sempre, un taccuino gli spuntava dalla tasca delle bermuda. Il suo stile era inconfondibile, e Russell non ebbe difficoltà a ricordarsi del messaggio, nonostante fosse intontito.
-       Sei venuto...
-       Sì, devo parlarti subito.
Russell attirò l'attenzione di Johann, che salutò calorosamente il giornalista. Miller iniziò a fare domande senza capo né coda, mentre le gemelle ascoltavano incuriosite. Russell lo guardò storto, mettendolo a tacere.
-       Allora -  chiese a Nalcos tutto eccitato -  hai detto che sai cosa stiamo cercando...
-       Precisamente, ma non sarà piacevole da sentire...
-       Non importa -  lo interruppe Stefany, sfoggiando il suo sorriso più amichevole -  è tutta la vita che ci dicono solo stronzate...
-       Già -  proseguì Russell, che ormai non si stupiva più delle stranezze della ragazza -  anche se è una cosa brutta, l'importante è che tu non ci prenda per il culo.
-       Vai tranquillo, è la pura verità. Forse so' qualcosa a proposito della sparatoria di qualche settimana fa. Ero andato in Blue Avenue per alcune consegne, e mi è capitato di sentire la voce di Neddy Blake. Era dentro al suo locale, e parlava con un uomo in abito scuro. Forse era un manager, ma poteva anche essere un gangster...
-       Può darsi -  commentò Johann Miller, con fare da intenditore -  il “Bad People Bar” è cresciuto molto in poco tempo, qualche aiutino dalla mafia potrebbe esserci stato...
-       Probabile -  continuò Nik Nalcos, niente affatto infastidito dall'interruzione -  comunque ho sentito parte della conversazione, e mi pare di aver capito che c'è sempre stato dell'attrito tra gli Splinder e Blake. Insomma, i due locali si facevano concorrenza...
-       E scommetto che era il “Saint Martinì” ad avere la meglio, giusto? -  chiese sempre più entusiasta Russell.
-       Sì, e questo a Blake non piaceva per niente -  confermò Nik scuotendo il capo -  quello svitato non ha mai accettato le sconfitte. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di non dover chiudere il “Bad People Bar”.
I ragazzi si guardarono nelle palle degli occhi, increduli. Questo spiegava gli spari in Vegher Street. Russell intravedeva la luce in fondo al tunnel:
-       Mio padre aveva ragione, si trattava di un avvertimento!
-       Ma come spieghi quella voglia di scappare che ci ha colpiti tutti? -  chiese Johann.
-       E' tutto collegato, ne sono certo -  Russell si sforzava di pensare in fretta -  ma manca ancora un passaggio. Sabato sera ho notato che molta gente che si trovava al “Saint Martinì” venerdì era al “Bad People Bar”. Come ha fatto Blake a farci sloggiare tutti e farci venire nel suo covo?
Russell era convinto che Auriane Johnson avesse la soluzione. Sapeva qualcosa che Blake voleva tenere segreta. Neddy aveva bisogno di certezze, e Auriane lo minacciava. Ma non potevano indovinare da soli il nesso tra la ballerina e la rivalità tra i due pub: avevano bisogno di lei. La musica andava avanti senza di loro, e i ragazzi erano daccapo.

   
 
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