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Autore: zoisite    15/12/2010    7 recensioni
One moment in time nell'appartamento dai famosi diciassette gradini.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Didn't I realize that each of us is a sacred,
unique snowflake of special unique specialness?



Da una casa d'epoca come quella, il freddo di Londra non si riesce del tutto ad estromettere.
Striscia fra gl'interstizi delle pareti, sotto le porte, fra le finestre. E si fa strada attraverso le coperte, non importa quante e quanto calde.
Se quel freddo avesse un colore, sarebbe bianco-sporco, lattiginoso, tendente al grigio.
Punta alle ossa, morde come un cane.
Morde quasi quanto il ricordo.

Malgrado la convivenza con Sherlock non sia, certe volte, del tutto rassicurante - e senz'altro non fra le più tranquille - da quand'è iniziata, John riesce a scendere più spesso a patti con il Ricordo.
Il dottor Watson di oggi, di questa precisa notte, non è forse in grado di competere con quello d'un tempo, di prima della guerra - pieno di aspettative, di orgoglio, di fiducia - ma non è nemmeno più l'uomo che si era rassegnato all'idea di aver perso, definitivamente, la facoltà di sentire. E di sentirsi vivo.
John con pazienza sta riscoprendo che c'è qualcosa in lui che è rimasto sì sepolto, laggiù in Afghanistan, ma che è ancora ciononostante intatto, come un reperto archeologico sotto le sabbie di Kandahar.
E questo barlume di luce, dopo tanta sofferenza, gli permette di rielaborare il lutto, di piangere finalmente gli amici perduti in guerra non più con la disperazione cieca, nera, profonda come un pozzo, ma con le lacrime liberatorie di chi ha trovato la forza di andare avanti.

È stata un'altra lunga giornata, al 221B di Baker Street.
E Sherlock è stato infantile, ingestibile, indisponente e moltissime altre cose col prefisso "in".
Tutto normale, perciò. Tutto come John ha bisogno che sia: senza che rimanga il tempo di pensare a nient'altro. E a volte, per la verità, non rimane nemmeno il tempo di bere una tazza di tè. Ma una giornata così - folle, convulsa, adrenalinica - tiene occupata la mente e a bada il dolore.

E se ora non facesse così freddo, John potrebbe anche asciugarsi gli occhi e sprofondare nel sonno, e dichiararsi morto per il mondo fino a domattina.

Ci vuole proprio quella tazza di tè bollente, adesso.

John si risolve ad alzarsi, s'infila un maglione sopra il pigiama, sibila al contatto dei piedi con il pavimento freddo e, a tentoni nel buio, raggiunge la porta e poi le scale.
Al piano inferiore, alcune luci sono rimaste accese, ma non c'è nessuno ancora alzato. L'orologio indica le tre in punto. L'ora in cui, secondo quel francese di cui al momento non ricorda il nome, «è sempre troppo presto o troppo tardi per qualsiasi cosa tu voglia fare.»
Francesi.

Watson riempie d'acqua la teiera e la mette a bollire, osservando per un po' il proprio ridicolo riflesso sulla superficie metallica, come lo specchio deformato di un luna park.
Mrs Hudson starà dormendo già da ore, nel suo appartamento, e Sherlock dovrebbe essere nella sua stanza.
Meglio così. Meglio non dover dare spiegazioni. O forse.

O forse c'è qualcosa che John non sta evitando, ma che al contrario sta inconsciamente cercando?
C'è qualcosa che si sente spinto a fare, senza che ne sappia definire il motivo.

Così, muovendosi senza fare rumore, con i piedi nudi sul parquet consunto, si avvicina alla porta del coinquilino e resta in ascolto.
Ma tutto quello che riesce a percepire è il suono del proprio respiro.
Si decide allora ad aprire la porta, pianissimo, abbassando la maniglia in modo estremamente lento, accorto, fino a ricavare lo spazio sufficiente per infilare la testa nella camera buia, ora debolmente rischiarata dalla lama di luce che penetra dal soggiorno.

"Sherlock, stai dormendo?" sussurra.

Silenzio.

John inghiotte la saliva in modo udibile e procede nella stanza.
Cosa sta facendo, esattamente?

È sceso in cucina nel cuore della notte per un tè. Fin qui è ancora chiaro.
Poi?
Che giustificazione ha la sua presenza in quella camera, mentre il legittimo occupante dorme e, se si svegliasse, gli chiederebbe senz'altro cos'è che vuole?

Cosa risponderebbe, a quel punto?

Con passo leggerissimo, si avvicina al letto, dove Sherlock sta effettivamente dormendo.
Visto così, sembra una persona normale.
Nel senso: non ha assunto alcuna assurda posizione come John, se gliel'avessero chiesto, si sarebbe prefigurato.

Al contrario, è molto composto, supino e leggermente piegato sul fianco destro, il braccio sinistro sotto le coperte, il destro sotto il cuscino.
I capelli gli coprono parzialmente la fronte, il viso è completamente rilassato. Bello.


John rimane a studiare per un po' l'amico con precisione medica, cercando le risposte alle domande che deve ancora porsi.
Qual è il mio ruolo qui. Che cosa significa lui per me. Che cosa rappresento io per lui.
È davvero solo l'adrenalina che mi ha restituito la voglia di vivere o c'è dell'altro, che mette tutte le mie paure e il mio dolore del passato in secondo piano rispetto alla persona che ho davanti?

È ancora presto perché John Watson possa davvero tradurre in pensieri coerenti il grumo di sensazioni confuse che avverte.
Ma non lo è abbastanza perché questa confusione gl'impedisca, se non altro, di tendere una mano verso quel volto immobile nel sonno.
E sta per raggiungerlo. Sta per sfiorarlo.


Un fischio.
Un fischio, fortissimo nel silenzio assoluto, squarcia la notte del 221B.
Merda, la teiera.


John rimane così, con la mano a mezz'aria, incapace di fare un passo avanti o uno indietro.


"Sul tetto."


È Sherlock a parlare.


È ancora nella stessa posizione e ha gli occhi  chiusi, ragion per cui John si augura che stia solo mormorando nel sonno.
Ma purtroppo non è così.


"John, saliamo sul tetto."


"Perché?"


"Sta nevicando" risponde Sherlock aprendo gli occhi e volgendoli lentamente verso la finestra, che però ha le spesse tende chiuse ed è un mistero come possa capire che tempo fa fuori.
Ma, sicuramente, l'avrà intuito dal particolare suono di uno specifico copertone sul fondo stradale prodotto da un'auto che passava di lì. O forse da un certo, preciso grado di elettricità dell'aria che ha riscontrato dal contatto della mano con la federa del cuscino.
In tutti i casi, John non oserebbe mai scommettere contro le deduzioni di Sherlock, incluse quelle meteorologiche.


"E allora? Moriremo di freddo, lassù."


"Le differenti strutture dei fiocchi di neve riflettono particolarità ambientali interessanti, John. Potrebbe essere un elemento utile da acquisire per future indagini."

Vero. I fiocchi di neve sono tutti diversi.
Come gli uomini, tutti unici.
Ed alcuni più unici di altri, pensa John mentre, incongruamente, dice:

"Ad aver qui la pistola, piuttosto mi sparerei".

Ma sanno entrambi che seguirà Sherlock sul tetto, in pigiama e scalzo com'è, facendo anche del proprio meglio per individuare, al microscopio, le differenze fra quelle geometrie infinitesimali.
 
"E in ogni caso" aggiunge Sherlock, allungandosi come un gatto fuori dalle coperte, "non ti dispiacerà bere un tè bollente sotto la prima neve dell'anno, no?"



Touché.







~*~

And Merry Christmas to you all ^O^

Questa fanfiction è orrendamente fluff e del tutto senza pretese.
Mi andava di scriverla perché l'immagine di una Londra gelida e imbiancata, accompagnata da una bella tazza fumante di Earl Grey, in questo momento mi è sembrata la cosa più bella del mondo. Nun zo XD
Quel francese è Jean-Paul Sartre. La citazione iniziale proviene da Fight Club, di Chuck Palahniuk.
  
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