Avete
presente quelle giornate proprio vuote? Quelle giornate in
cui non succede niente di niente, quelle in cui ti trascini fuori di
casa solo
per vedere se c'è qualcosa che potrebbe smuoverle?
Ed è proprio quel
qualcosa che ha il potere di cambiarti la vita,
in un solo istante.
Una
fredda giornata invernale, la città di Nagasaki si stava
lentamente
addormentando, al contrario dei suoi abitanti, che intirizziti
camminavano
velocemente per le vie del centro per ritornare a casa, o per guardare
le
vetrine.
Mitsuru
si strinse nel giubbotto rosso, odiava il freddo, e odiava ancora di
più
passeggiare per Nagasaki quando era freddo, ma in quella vuota giornata
di
Dicembre qualcosa doveva pur fare: gli allenamenti erano sospesi,
Hiroshi Jito
era a letto con la febbre, l'unica cosa che poteva fare era uscire,
anche se il
freddo gli lambiva il viso, e gli colorava il piccolo naso di rosso.
Distrattamente
guardò una vetrina in cui erano esposti degli specchi, e si
vide: piccolo,
infagottato in un giubbotto cremisi, il viso ancora infantile
nonostante i suoi
18 anni semicoperto dalla sciarpa bianca, i capelli scarmigliati sotto
il
berretto di lana, l'onnipresente frangia incolta che gli copriva i
grandi occhi
neri.
Sembrava un bambino.
I gestori
dei bar dove andava con gli amici gli chiedevano i documenti, le
ragazze
lo guardavano dall'alto in basso per poi ridacchiare di nascosto,
invidiava i
suoi compagni di squadra alti, dai visi che sembravano quelli di uomini
adulti...
Sospirò
pesantemente, il fiato oltrepassò il tessuto della sciarpa, e si
disperse nell'aria
sotto forma di una nuvoletta bianca.
Fece
dietrofront, voleva ritornare a casa...odiava il freddo, odiava
Nagasaki
d'inverno, odiava quel suo stupido corpicino minuto, odiava il suo viso
da
bambino.
Si
odiava perché non poteva farci niente.
In
quel momento una persona andò a sbattergli contro.
Aveva
la testa coperta da un cappuccio nero, e gran parte del viso era
avvolto da una
sciarpa grigia, ma si vedeva benissimo che era una ragazzina, era alta
quasi
quanto lui.
La
ragazza lasciò cadere alcuni fogli, e Mitsuru si chinò
prontamente per
raccoglierli.
"Grazie"
mormorò la ragazzina.
Ma
quella non era una voce da ragazzina, era bassa, suadente, impostata...
La
ragazzina si abbassò la sciarpa grigia, rivelando un viso da
ragazza, poteva
avere circa la sua età.
Era
bellissima, due occhi grigioverdi che lo guardavano con dolcezza, un
nasino
piccolo e all'insù, rosso per via del freddo, una piccola bocca
che gli
sorrideva...
Mitsuru
rimase senza parole, con quei fogli in mano, immobile come una statua
di sale.
Ma allora esisteva qualcuno
alto quanto lui!
La
ragazza prese i fogli dalle mani del ragazzo.
"Prego"
riuscì finalmente a rispondere lui.
La
ragazza lo guardò sorpresa:
"Ma
allora sei un ragazzo!"
Mitsuru
sorrise: "Eh...si..."
Lei
sorrise ancora di più: "Non mi sembra vero! Tutti quelli che
conosco alti
quanto me hanno meno di 14 anni! Io comunque mi chiamo Hitomi!"
Gli
porse la mano piccola e nuda, che tremolava.
Il
ragazzo tirò fuori dalla tasca la sua mano guantata e strinse
quella di lei.
"Io
sono Mitsuru" lo sguardo cadde su quelle manine delicate e tremanti
"Non hai i guanti?"
Hitomi
si sfregò le mani intirizzite: "Li ho dimenticati in
albergo...sono
smemorata..."
D'istinto
Mitsuru si tolse i suoi guanti neri, e glieli porse:
"Tieni,
tanto devo tornare a casa, ce la faccio"
Hitomi
guardò i guanti titubante: "Come faccio a ridarteli?"
"Non
preoccuparti, puoi tenerli..." disse lui sorridente.
La
ragazza prese i guanti e se li infilò, sul suo visino comparve
un'espressione
beata, poi guardò negli occhi Mitsuru:
"Sei
stato molto gentile con me, grazie..." Hitomi frugò nelle tasche
del suo
giaccone nero, e tirò fuori un cartoncino colorato "Questo
è un
lasciapassare per il set cinematografico, si sta girando un film vicino
alla
stazione centrale, io sarò lì domani, così posso
ridarti i guanti"
Il
ragazzo prese il lasciapassare: "Sei un'attrice?" chiese.
"No"
disse Hitomi "Sono...sono...l'assistente dello scenografo! Ci vediamo
lì domani
verso le quattro...ti va?"
"Ok"
annuì Sano.
"Allora
ci vediamo domani! Ciao e grazie mille!" salutò Hitomi, e fece
per andare
per la sua strada.
Una
folata improvvisa di vento le tolse il cappuccio, rivelando due codini.
Due
codini rosa.
Non
di un infantile rosa confetto, non di un
banale rosa
antico, non di un volgare rosa shocking, quei codini erano
di un
rosa...così equilibrato, da sembrare quasi sovrannaturale...
Da
quando vide quei codini che ondeggiavano leggermente, sospinti dal
vento,
lui non riuscì a vedere altro, e non volle vedere altro...