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Autore: MadamaButterfly    17/12/2010    0 recensioni
Ecco una raccolta di piccole ff dedicate a quello che io considero il più bel romanzo del Novecento; ogni capitolo è dedicato ad un personaggio, sperando di essere stata all'altezza di un tale romanzo e di un tale romanziere quale fu Gunter Grass.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Al mio trentesimo compleanno la mia nonna casciubica non era presente. Sedeva nel mezzo di un campo di patate a Brentau, laddove decine e decine di anni prima aveva accolto per la prima volta un uomo, quell'omino piccolo e tozzo e incredibilmente veloce, sotto le sue gonne.

Quel giorno mia nonna addentava patate di fronte ad un falò, immersa nell'aria d'ottobre. In quel giorno sembrava riassumersi tutta una vità, quello il punto centrale, il fulcro di quattro generazioni di individui.

E come quello il giorno in cui la vecchia casciubica nonna di Oskar morì.

Avvolta dal calore sprigionato dalle fiamme, la donna se ne stava seduta sul campo addentando patate fumanti. Le rughe che imperlavano la sua fronte s'increspavano come un'onda d'alta marea ogni qual volta quella consistenza tenera e saporita le tornava sulla lingua. Gli occhi, ancora di quell'azzurro intenso che aveva stregato Koljakzek quel pigro pomeriggio di ottobre, vagavano malinconici per quel campo di patate al quale aveva dedicato una vita.

Oltre la linea dell'orizzonte, il nulla. Quel nulla da cui era apparso l'uomo che avrebbe cambiato la sua vita. Quella linea così dritta così immutabile, dal sapore antico, dall'eterno crepuscolo. Ad un punto indefinibile, quella linea tremò. La linea si spezzò, si moltiplicò, la linea l'avvolse, la linea scomparve, e rimase...

Che ne rimase? Senza la linea, più nulla poteva rimanere, più nulla poteva marcare i confini del mondo. Il nulla, il nulla rimase. Ma su quel nulla troneggiava una figura. La figura d'un uomo basso, tozzo, dalle gambe corte ma svelte, che sveltamente si mossero. E l'uomo basso e tozzo divenne sempre più grande, sempre più grande, finchè la sua figura non dominò il paesaggio d'ottobre, finchè la sua figura non cancellò quel paesaggio, e solo lui rimase, lui, piccolo e tozzo, e nonostante tutto gigantesco.

Piccolo e tozzo era Koljakzec, allorchè, decine d'anni dopo la prima volta che l'aveva fatto, decine d'anni dopo che era affogato sotto quella stramaledettissima zattera, s'insinuò sotto le gonne di mia nonna, piccolo e tozzo, ma immensamente grande.

Mia nonna spalancò gli occhi piena di stupore, nello sforzo supremo di quell'ultimo orgasmo. E cominciò ad ansimare, in quelli che erano i suoi ultimi, affannati respiri.

Di colpo non era più una vecchia e stanca, era una giovane donna che aveva appena perso la verginità.

E come quella sera che aveva perso la sua purezza, questa sera Anna Koljakzec perse la vita, in quell'attimo eterno e ricorrente, che aveva dato origine ad una generazione, che aveva dato origine a me.

  
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