Trois
folie -Un pazzo
sa di esserlo?
Retrace 01:
Lonely.
Lo specchio
rifletteva la figura gracile e ricurva di un bambino che non doveva avere più
di otto anni.
Lo sguardo
annoiato vagava su tutta l’immagine del suo corpo offerta dalla lastra, mentre la
sua mente viaggiava veloce, lontana, assente.
«Non ho bisogno
di nessuno» mormorò il piccolo, atono, rivolto alla “persona” che gli stava di
fronte, troppo evanescente per essere concreta ma troppo tangibile per essere
completamente irreale.
Una blanda imitazione
di sé stesso.
Un’entità a sé
stante, se pur solo grazie all’ausilio dello specchio.
Un fantoccio
creato ad arte, per non soffrire troppo della solitudine a cui lui stesso s’era
condannato senza un apparente motivo.
Stupido. Ridicolo.
Pazzo.
Si rendeva
conto a malapena di ciò che gli capitava attorno, mentre osservava quella
singola goccia di sudore che gli rigava lentamente la fronte, appiccicandovi
sopra una piccola ciocca dei capelli che mai avevano conosciuto un pettine;
«neanche di te, Ryuzaki» concluse,
senza che il lampo di un’emozione gli attraversasse il viso.
In parte era
vero, non aveva mai bisogno di nessuno, solo del silenzio e della solitudine
che gli permettevano di pensare e, in qualche modo, di creare.
Alcuni
l’avrebbero chiamato genio, molti l’avrebbero additato come un pazzo… lui
semplicemente non era a conoscenza del termine adatto per descriversi.
“Eppure non è
normale una persona che parla allo specchio come se si trattasse di un’altra
persona” lo punzecchiò una voce nella sua mente.
“Non è normale
nemmeno una persona che risponde alla propria testa, quindi penso che t’ignorerò”.
“Però mi hai
appena risposto”.
L Lawliet
scosse il capo, accucciandosi sul pavimento. Per sfuggire a quella melliflua
voce, si concentrò su ciò che aveva ignorato per tutto quel tempo: la realtà.
Rimase
impassibile pure quando vide le lingue di fuoco avvolgere impietosamente la
porticina bianca della sua stanza, anzi, accolse con condiscendenza quella
nuova scoperta.
«Adesso si
spiega il perché del caldo e del sudore» sussurrò impassibile, lasciando che le
fiamme si specchiassero nei suoi occhi, rendendoli rossi.
Poggiò il mento
sulle mani giunte e calcolò che, dato l’ammontare di legno presente, il fuoco
ci avrebbe messo circa cinque minuti a divorare l’intera stanza… e chi vi stava
all’interno.
La percentuale
di sopravvivenza era dello 0,1%, poiché ancora non sentiva in lontananza
nessuna assordante sirena annunciante l’imminente arrivo dei Vigili del Fuoco.
“Non ho bisogno
nemmeno di Ryuzaki, che crepi pure” pensò, ancora.
“Ma Ryuzaki sei
tu” gli fece notare la solita voce molesta.
Il bambino si
guardò attorno con ovvietà, sentendo sulla pelle sempre più calore, ogni
secondo più insostenibile.
Il legno che
incorniciava lo specchio prese fuoco e velocemente si consumò, lasciando la
lastra riflettente in balia del nulla; ineluttabilmente cadde sul pavimento per
infrangersi con facilità impressionante, fragile come una vita umana –forse, dopotutto, Ryuzaki era esistito sul
serio-.
Gli occhi di L
si sgranarono per lo stupore nel fare quella semplice constatazione, sentendosi
più solo che mai, comprendendone solo in quel momento il vero significato.
“Sono solo”
pensò, quasi in preda al panico. Nonostante il calore, sudò freddo.
“Sono… solo”.
Respirare si
fece difficile, il fumo occupava prepotentemente il posto dell’ossigeno
all’interno dei suoi polmoni.
Era sul punto
di cadere nell’incoscienza, quando senti un paio di braccia afferrarlo e
portarlo rapidamente, con urgenza, al freddo vento invernale che infuriava
impietoso all’esterno.
“Sono… solo?”
Death Note: Come spero si sia capito, qui si parla del momento
in cui L diventò orfano. Ho ipotizzato che potesse essere successo a causa di
un incendio e L, chiuso nella sua solitudine e nelle sue riflessioni, non se ne
rende neanche conto. Senza dubbio è lui che può incarnare la pazzia dettata
dalla solitudine: i suoi modi di fare dicono chiaro e tondo “non ho bisogno di
nessuno” anche quando collabora con la polizia Giapponese, al principio, lo fa
solo in parte, tenendo la vera indagine esclusivamente per sé stesso.
Qui si ipotizza
anche di come sia nato lo pseudonimo “Ryuzaki”, una semplice “seconda versione”
di sé stesso per rendere più sopportabile la solitudine.
Il bambino L,
nonostante ciò, in un certo senso odia
Ryuzaki, lo vede come una debolezza, sempre il solito “io non ho bisogno di
nessuno… neanche di Ryuzaki” e che quindi crepi pure, anche se col senno di
poi, dopo aver finalmente capito che Ryuzaki era semplicemente sé stesso, si
rivela la scelta peggiore.
Quello che lo
salva sarà stato un Vigile del Fuoco o direttamente Watari? A voi la scelta.