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Autore: MadHatterInLove    18/12/2010    4 recensioni
“Settimana scorsa, c’erano due agenti…Sono rimasti chiusi per tutto il pomeriggio! Guasto dell’ascensore!” continuò, tranquillamente, Teresa.
“C-cosa? L’intero pomeriggio? Stiamo scherzando?”
“Jane spero tu stia facendo per finta. Hai paura di restare chiuso qui e mi hai imprigionato dentro una banca! Giuro che oggi finisce male…” disse, muovendosi cercando il pulsante dell’allarme. Questo provocò solo l’urto contro il mentalista che si allontanò da lei come se avesse preso la scossa.
“Ehm, hai la pistola con te, Teresa?”

Solito cliché dell'ascensore che si blocca. Che succederà? :)
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Patrick Jane, Teresa Lisbon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Up and Down
 Su e Giù
 
 
Avevano appena chiuso un caso e dopo aver salutato Cho, Rigsby e Van Pelt, raggiunse l’ascensore insieme a quello che poteva definirsi  il suo capo.
 
“Lisbon ce l’hai ancora con me per quello che è successo oggi? Lo sento da questa freddezza che emana tutto il tuo corpo...” iniziò, guardandola con il solito sguardo da: Sì-ne-ho-combinata-un’altra-delle-mie-ma-dovevo-Lisbon!
 
“Ancora arrabbiata!? Mi hai chiusa nel cavò della banca con un uomo armato che, solo per informazione, aveva ucciso la vittima su cui stavamo indagando! No, Jane, scusa se è banale il motivo di questa freddezza che dici di sentire!” delirò la mora, guardandolo torva.

“Avevi minacciato di spararmi, per l’ennesima volta!” disse, cercando di difendersi il biondo.
 
“Non volevi dirmi chi aveva ucciso il direttore della banca!” lo accusò Teresa.

“Volevo farti arrivare da sola alla soluzione!” si imbronciò, Patrick. Sembrava da un momento all’altro volergli fare la linguaccia.
 
“Certo, hai rischiato di farmi morire, vorrei che capissi che tutto questo non è un gioco!” gridò, Teresa.
 
“Ti avrei salvata anche questa volta!” borbottò, guardandola intensamente.
 
“Ti avrei sparato se avessi cercato di entrare lì dentro!” lo guardò, acida.
Jane, sorrise. Amava vederla arrabbiarsi.
L’ascensore arrivò annunciandosi con una suono che Patrick aveva sempre odiato. Senza aggiungere altro, entrarono entrambi e aspettarono di riprendere il discorso finché l’ascensore non iniziò a scendere.
 
“Fortuna che è arrivato Cho ad aprirmi! E ad arrestare l’assassino che stava per spararmi!” lo accusò indirettamente.
 
“Li ho avvertiti io! Sono stato io a salvarti!” affermò l’uomo.

“Oh grazie! Grazie per avermi chiusa con un matto e poi per esserti ricordato di mandare qualcuno a salvarmi!” continuò, incrociando le mani al petto.
 
“Andiamo Lisbon, non ti avrei mai lasciato morire, ti controllavo dalla telecamera di sorveglianza…”
 
“Eh sì! E intanto lo provocavi con il microfono, aizzandolo contro di me, poteva spararmi, ripeto, da un momento all’altro!”
 
Patrick non ebbe modo di rispondere perché d’un tratto le luci dell’ascensore si spensero e l’ascensore si bloccò bruscamente.
 
“Un’altra volta!” borbottò, Lisbon, sbuffando, ma sembrava tranquilla.
 
“U-un’altra volta? Perché quando è successo?” balbettò, Jane, impaurito.
 
“Settimana scorsa, c’erano  due agenti…Sono rimasti chiusi per tutto il pomeriggio! Guasto dell’ascensore!” continuò, tranquillamente, Teresa.
 
“C-cosa? L’intero pomeriggio? Stiamo scherzando?”

“Jane spero tu stia facendo per finta. Hai paura di restare chiuso qui e mi hai imprigionato dentro una banca! Giuro che oggi finisce male…” disse, muovendosi cercando il pulsante dell’allarme. Questo provocò solo l’urto contro il mentalista che si allontanò da lei come se avesse preso la scossa.

“Ehm, hai la pistola con te, Teresa?” sussurrò lievemente, Patrick, guardando verso il luogo dove l’aveva appena scontrata.
 
“Sì, e ho intenzione di usarla.”
 
“Oh beh, allora stavo scherzando, io paura? Ma dai!” borbottò il biondo, ridendo in modo falso.
L’ascensore, come fosse irritato per quella menzogna, si mosse leggermente verso il basso, provocando un rumore fastidioso.
 
“Ahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh!” urlò, in preda al panico il mentalista.
 
“Oh Jane, questa non dovevi farmela! Ora ti sparo!” disse lei avvicinandosi verso di lui.
 
“Va bene, va bene…scusami, non dovevo farti quello che ho fatto alla banca! Mi dispiace, ma fammi uscire di qui…e metti via la pistola!”
 
“Non puoi vedere se realmente ho preso la pistola, Patrick! Comunque, cerca il pulsante dell’allarme”
 
“Quale sarebbe?” chiese spaventato, il biondo.
Lo sapeva bene che non poteva considerarsi un uomo coraggioso, però cavolo! Ora stava sul serio dando di matto. Doveva darsi una controllata.
 
“Jane, prima calmati, ok? Mi stai davvero preoccupando” disse, però ridendo non riuscendo a trattenersi.

“Ah, ridi di me? Grazie, Lisbon…” borbottò, disperato.
 
“No, scusami, però sei davvero buffo!” continuò sghignazzando. “Comunque l’ho trovato io l’allarme, ma non funziona! Tranquillo…ci verranno a prendere, qualcuno se ne accorgerà.”
 
“Non riesco a vederti, quindi non so se stai mentendo…Potrei capirlo dal tono della tua voce. Dimmelo di nuovo…” rispose serio, il mentalista.
 
“Fidati di me, Patrick…” disse, sorridendo amorevolmente come se stesse consolando suo figlio invece che un uomo di 30 anni!
 
“Oh, beh sei sincera!” continuò, chiudendo il discorso.
 
Mezz’ora dopo erano ancora lì dentro. Seduti uno di fronte all’altro, nonostante non si vedessero, però le loro gambe piegate, si toccavano leggermente ginocchio contro ginocchio.
 
“Mi spieghi una cosa, Jane.”
 
“Dimmi.”
 
“Ti spaventi per uno sparo, ti innervosisci se rimani chiuso in ascensore e hai una crisi di panico…”
 
“Ho capito Lisbon, va avanti…”
 
“Insomma, come pensi di poter uccidere John?” tagliò corto. Patrick rimase in silenzio per una manciata di secondi che per la mora sembrò un’infinità di tempo, quindi riprese parola: “Scusami, non dovevo…”
 
“No, hai ragione. Però io ho sparato all’uomo che stava per ucciderti con un fucile.”
 
“Touché” rispose, Lisbon. “Quindi pensi di farlo sul serio… Di ucciderlo?”
 
“Sì”

“Anche se poi rischieresti la pena di morte? Anzi, ti condanneranno senza fuor di dubbio…” disse, facendo fatica a formulare quella frase. Jane sentì un pizzico di rabbia mista a frustrazione nelle parole del suo capo. Sorrise amaramente.
 
“Vivo solo per questo, Lisbon. Poi potrò andarmene, come giusto che sia. La mia vita non ha più senso senza la mia famiglia, penso che tu questo lo sappia bene…”
 
“Tu hai noi, adesso. Ci lasceresti per la tua vendetta?” chiese a denti stretti.
 
“Devo.” Tagliò corto, avvicinandosi alla donna, sedendogli accanto.
 
“Torna dov’eri, così l’ascensore non è in equilibrio e rischiamo di cadere giù” disse, voltandosi dalla parte opposta al biondo per non mostrargli la sua reazione istintiva alla confessione poco piacevole dell’uomo. Il tono era freddo, ogni tanto anche lei sapeva ben mentire senza farsi scoprire dal sensitivo. Raramente però, perché Jane la capiva sempre, poche volte sbagliava o non voleva capire…
Patrick rimase fermo. Si avvicinò quel tanto da poter intravedere la figura della donna accanto a se.

“Teresa, voltati” chiese.
 
“No” negò lei.
 
“Ti prego.”
 
“Non rompere, ho detto di no!”
 
Sapendo che ciò che le avrebbe fatto, l’avrebbe fatta esplodere di rabbia, la prese con forza per un braccio e la fece voltare. Quello scatto improvviso però fece muovere l’ascensore che scese poco più giù. D’istinto, Teresa abbracciò l’uomo che aveva accanto e Jane si fece abbracciare, credendo che quel ascensore presto sarebbe crollato nell’abisso e che loro sarebbero finiti per morire a causa dell’impatto contro la fine del condotto dell’ascensore. Infine la cinse con le sue braccia, stringendola più forte che poteva.
 
“Lisbon tu, Van Pelt, Rigsby e Cho siete tutto ciò che ho e che mi manda avanti. Senza di voi non avrei veramente nessun motivo per cui vivere, se non la vendetta che ormai mi consuma ogni giorno sempre di più. Vorrei essere sincero quando ti dico che lo cattureremo e mi basterà vederlo in prigione. Ma non lo sono. Mentirei.
Io sono la giustizia per John, la sua vita deve concludersi quando io gli punterò la pistola e lo ucciderò. Non so quello che accadrà dopo, ma so che starò meglio. Glielo devo ad Angela, glielo devo a Charlotte.
Lo devo al mio senso di colpa.”
 
“Vorrei che noi fossimo più importanti della tua vendetta personale.
Non dico più importanti di tua moglie e tua figlia, ma di John! Ti rendi conto che vivi per lui e non per noi che ormai siamo la tua famiglia?” disse, cercando di divincolarsi dalla sua stretta, Patrick però non la lasciò andare.
Ma non trovò nemmeno nulla di sensato per cui risponderle. Aveva ragione, ma lui lo sentiva dentro che doveva pensare solo a John. La sua mente ormai pensava solo a quello.
Il suo cuore invece…
Già, non se lo era mai chiesto cosa pensasse il suo cuore.
Istintivamente abbracciò ancora più forte la donna che aveva accanto.
Se la sua mente gli gridava vendetta per l’omicidio della sua famiglia, il corpo, l’anima e il suo cuore… beh, dicevano ben altro.
Ma non voleva accettarlo.
Non poteva accettarlo.
Per Angela.
Per Charlotte.
Sentì le lacrime punzecchiarli gli occhi, ma le ricacciò indietro.
Intanto Teresa si era allontanato da lui, perché come un rifiuto verso i suoi sentimenti, Jane l’aveva lasciata andare.
 
“Scusa Jane, non dobbiamo parlarne di questo argomento. So come la pensi e sai benissimo cosa ti accadrà. Non è affare mio e di nessun altro. Io però sono tua… amica, e vorrei che tu vivessi, invece stai morendo giorno dopo giorno.”
 
Patrick continuò a stare in silenzio.
Amica.
Amica.
Lei era sua amica. E non voleva la sua completa distruzione.
Amica.
 
“Dio, perché non è arrivato ancora nessuno!” imprecò Lisbon.
 
Ero suo amico.
Non potevo mandare tutto a puttane perché sentiva cose strane per quella che era il suo capo.
Amico.
 
Angela e Charlotte non glielo avrebbero mai perdonato se si fosse innamorato di qualcun altro.
No, il suo cuore non poteva più amare, lo sapeva bene.
Era solo un amico per lei.
Angela.
Charlotte.
Tradimento.
 
Sentì d’improvviso l’ascensore tremare e scendere ancora di più.
Tradimento.
Stava per morire, però.
Charlotte.
Se nessuno fosse venuto a salvarli, l’ascensore sarebbe caduto e loro a causa dell’impatto con il suolo, essendo troppo alti, sarebbero morti.
Tradimento.
Eppure in quel momento, tra la vita e la morte voleva fare solamente una cosa.
Angela.
L’ascensore tremò ancora di più, e si abbassò rumorosamente per una decina di centimetri.
 
“Teresa, guardami!” boccheggiò, improvvisamente. La sentì sussultare sul posto e rivolgergli lo sguardo. Patrick le si avvicinò quel tanto da poter specchiarsi negl’occhi verdi della mora. “Non ti posso promettere che non ucciderò, una volta preso, colui che mi ha portato via tutto. Non posso farlo mi dispiace” continuò, sussurrando piano e prendendole con entrambe le mani il volto.
“Mi vedi? Sono sincero, Teresa… Riesci a vedermi?” le chiese, la vide annuire, quasi spaventata dal gesto improvviso del biondo.
“Ma adesso sto per morire, quindi non conta niente John, non conta niente la vendetta. E per quanto mi sento che sto tradendo mia moglie e mia figlia, pur non essendoci più, non posso negare ciò che vorrei fare… io lo devo e voglio farlo.”
Tradimento.
Angela.
Charlotte.
Teresa aprì bocca per dire qualcosa, ma fu una mossa sbagliata perché Patrick le si avvicinò quel tanto che mancava per eliminare la distanza tra i loro volti, e la baciò.
Teresa rimase di sasso, mentre delicatamente Jane, che non baciava da sei anni, le sfiorò le labbra muovendosi pacato. Quando la mente della donna prese a funzionare di nuovo, rispose finalmente a quel bacio.
Le loro lingue si intrecciarono feline l’una con l’altra, come se non aspettassero altro da anni che si imbeccavano solamente a distanza.
Jane l’abbracciò d’istinto quando sentì sopraggiungere la fine della loro vita, l’ascensore infatti stava scendendo sempre di più.
Entrambi con gli occhi chiusi però non si erano accorti che era tornata la corrente e che l’ascensore stava scendendo perché chiamato da qualcuno al piano inferiore.
Continuarono a baciarsi con passione, fin quando le porte non si aprirono e si ritrovarono Van Pelt, Rigsby e Cho a guardarli con aria scioccata.
Si staccarono improvvisamente, colti in flagrante e si alzarono uscendo da quel mezzo che, come unico testimone, li aveva visti in procinto della morte baciarsi come avevano sempre desiderato.
Lisbon parlò per prima.

“Pensavamo che stessimo per crollare nel vuoto, quindi…ci stavamo…beh…” faticò a trovare le parole e lasciò cadere il discorso, imbarazzata.
Patrick sorrideva, grattandosi il capo. Non pensava a nient’altro se non alle labbra del suo capo.
Era stato davvero stupendo baciarla.
Le era così tanto mancato baciare una donna e aveva così tanto desiderato, inconsciamente, di baciare Teresa… che si diede mentalmente dello stupido a non averlo fatto prima.
 
Rimasero tutti e cinque in silenzio senza saper cosa dire.
Fu Cho il primo a parlare.
 
“Amico, mi devi 100 dollari” rivolto a Rigsby. L’amico sbuffò e glieli diede.
Teresa e Patrick lo guardarono sconvolti.
 
“Avete scommesso mentre noi eravamo quasi sul punto di morire?”
 
“Oh non sareste morti, lo abbiamo bloccato noi l’ascensor…Ahio! Ma che ho detto?” si lamentò cupamente Wayne, guardando verso il coreano che gli aveva, di proposito, appena pestato un piede.
 
“C-cosa avete fatto voi?” boccheggiò adirata la mora. “Oh vi conviene sparire dalla circolazione è tutto il giorno che ho voglia di sparare a qualcuno!” continuò, avvicinando una mano verso l’arma.
 
Rigsby la guardò congelandosi all’istante per la paura, Cho la fissò serio, sembrava non gli importasse poi molto di morire, poi Patrick lo vide avvicinarsi, con una mano, alla sua pistola, pronto ad attaccare.
Il mentalista sorrise e prese finalmente parola.
 
“Suvvia Teresa, l’importante è che siamo sani e salvi!” Il biondo sorrise, guardandola e le fece l’occhiolino. Teresa in risposta alzò gli occhi al cielo, ma sorrise, poi fece cenno ai suoi agenti di sparire. Quest’ultimi obbedirono all’istante. Avevano giocato fin troppo con il fuoco, quel giorno, per poter permettersi di dire anche un’altra sola parola.
 
“Beh, che facciamo Teresa! Prendiamo l’ascensore?” chiese, sorridendo sornione, Jane.
 
“Preferisco le scale, fa bene alla salute e non si rischia la vita!” Rispose, accingendosi ad avvicinarsi verso di queste. Patrick la seguì infilando le mani in tasca e ripensò al bacio.
Aveva ancora voglia delle sue labbra, ora che aveva ricordato l’emozione voleva viverla continuamente.
Tradimento.
Angela.
Charlotte.
Si corrucciò. Si era lasciato andare solo perché pensava che stesse per morire. Nient’altro.
Per la prima volta, Teresa sembrò leggergli i pensieri.
“Jane, per quello che è successo poco fa, beh, prendiamolo come un atto disperato di due che pensavano stessero per morire. Ok?”
Lui la guardò, turbato, ma fece segno di sì.
E se non fosse tradimento? Se Angela capisse la sua esigenza di iniziare una nuova vita? Forse avrebbe voluto questo…E se sua figlia, non desiderava altro che la felicità del suo papà, anche se questo voleva dire avere una nuova donna accanto a lui che non fosse la madre?
Si fermò a quel pensiero che sembrò balenargli in testa d’improvviso.
Forse erano solo delle sue scuse per ciò che aveva realmente voglia di fare, ma non ci badò. Per la prima volta aveva fede in qualcosa. In quel pensiero di felicità verso un nuovo futuro. Felicità sia per se stesso, sia per Angela e Charlotte.
Si sarebbe comunque vendicato di John. Lo avrebbe fatto, avrebbe trovato una soluzione, in qualche modo.
Però voleva viversi quel momento.
Per questo motivo, il mentalista prese per il braccio il suo capo, poco più avanti di lui e la fece voltare. Per questo motivo eliminò, nuovamente, la distanza che li separava e le prese nuovamente il viso tra le sua mani.
Per questo motivo, Patrick Jane baciò con molta più passione Teresa Lisbon, che non aspettava altro che quel gesto, anche se faticava ad ammetterlo.
 
“Avevi ragione, Lisbon, le scale fanno bene alla salute! Anche se l’ascensore è catartico!” le sussurrò, ridendo tra un bacio e l’altro, il biondo.
 
 
 
Fine.
 


Angolo... MIO
Waow. È l’una e sei minuti e io ho finito di scrivere questa breve shot. 9 pagine O_O ero molto ispirata direi xD
So che devo continuare la long, ma se non sfornavo questa penso che mi avrebbe disturbato continuamente mentre scrivevo Red Fanfiction.
 
Bene… lo so è un luogo comune l’ascensore che si blocca…ma mi piace sognare, che volete farci!
Spero vi piaccia… Ho cercato di essere il più IC possibile, ed è un lavoro duro visto che i personaggi sono uno più complicato dell’altro! Soprattutto Jane e i suoi mille complessi!
Spero in tante belle recensioni!
Un bacio, la vostra

MadHatterInLove

   
 
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