Anime & Manga > Rozen Maiden
Ricorda la storia  |      
Autore: Phobos_Quake 3    18/12/2010    2 recensioni
Tomoe, una ragazzina di prima media, conosce Jun appena arrivato a scuola. I due diventeranno grandi amici fino ad innamorarsi l'una dell'altro.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jun Sakurada, Tomoe Kashiwaba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Data di creazione: 01/11/2009
Nota: Ci sono citazioni di De André(poche ma buone).
Nota2: Spero di non angosciarvi troppo!
Nota3: Le melodie suonate da Jun sono reali.
Nota4: Anche i cd e i gruppi nominati esistono davvero e anche se due sono italiani sono molto conosciuti in Giappone(De Andrè invece non è conosciuto affatto, ma ho voluto che Jun e Tomoe ne fossero grandi fan).
Nota5: L'idea del ciondolo mi è venuta in mente guardando quello di un mio collega di lavoro.
Nota6: La storia è ambientata, chiaramente, in Giappone ma ho "italianizzato" l'orario scolastico.



Una storia sbagliata



E’ una storia da dimenticare. E’ una storia da non raccontare. E’ una storia un po’ complicata. E’ una storia sbagliata. Tutto cominciò il 21 settembre 2009. Tomoe Kashiwaba, una ragazza di quasi tredici anni che li avrebbe compiuti ad ottobre, fu svegliata dall’insistente, ed insopportabile, allarme della sveglia mattutina. Era per lei il primo giorno di scuola media. Fatta colazione, raggiunse la scuola in cinque minuti perché si trovava davvero a pochi passi da dove viveva. Quando entrò nella classe della sezione B, fu piuttosto sorpresa, e felice, di trovare quasi tutti i suoi vecchi compagni delle elementari. Tra di loro c’era Ayaka, la sua amica del cuore, una ragazza dai lunghi capelli castani, gli occhi blu e indossava, come tutte le altre studentesse, la tipica uniforme alla marinara.
-Sono contenta di rivederti qui. Avevi detto che saresti andata in un’altra scuola.- disse Tomoe sedendosi accanto a lei.
-Alla fine, invece, ci ho ripensato.- le disse.
Le due continuarono a parlare di continuo, come quasi tutti gli alunni, quando entrò un ragazzino tutto trafelato che li fece zittire all’istante. Si chiamava Jun Sakurada. Indossava la tipica uniforme degli studenti maschi delle medie, capelli scompigliati neri, occhi marroni e degli occhiali da vista che gli davano l’aria tipica del secchione. Si guardò attorno alla ricerca di un posto, mentre tutti bisbigliavano tra loro. Anche Ayaka parlava a bassa voce con Tomoe:
-Però! E’ carino, vero?-
-Beh, sì. Non è male.-
Jun si sedette in silenzio nell’unico banco vuoto della classe, ovvero, proprio dietro a quello di Tomoe e Ayaka. Quest’ultima si girava a guardarlo ogni due secondi, mentre lui era intento a fare qualcosa su un foglio da disegno. Quando arrivò il professore fece l’appello e la lezione poté iniziare. All’ora della ricreazione uscirono tutti in cortile. Se tutti stavano in compagnia, Jun se ne stava in disparte con la schiena appoggiata al muro e impegnato a disegnare. Era talmente concentrato che non si accorse che Ayaka gli si era avvicinata.
-Ciao!- gli disse.
-Mmmh? Ah.-
Si sbrigò a premere sul suo petto il foglio con il disegno così da non farlo vedere. -Hai paura che te lo strappo? Mica sono così selvaggia.-
Jun non le disse nulla.
-Dai Ayachan, non disturbarlo.- intervenne Tomoe.
-E chi disturba? Volevo solo fare amicizia.-
-Lui non vuole, evidentemente.-
-Ma no, è solo timido.-
Sul fatto che Jun fosse timido ci aveva azzeccato in pieno perché, da quando le due ragazze gli si erano avvicinate, era diventato così rosso da fare invidia alla luce del semaforo. In particolare era Tomoe a renderlo così e non capiva il perché.
-Allora, se ho capito bene ti chiami Jun Sakurama, giusto?- gli chiese Ayaka.
-Sakurada! Jun Sakurada.-
-Oh, scusa. Errore mio. Io mi chiamo Ayaka Hoshii e lei è la mia amica Tomoe Kashiwaba.-
-Guarda che so presentarmi anche da me. Non sono mica muta.-
Jun chinò leggermente il capo.
-P…piacere.-
Ayaka rideva della sua goffaggine e Tomoe la rimproverava dicendole di lasciarlo stare.
-Scusala, ma non è cattiva.- gli diceva.
Aveva cominciato a bombardarlo di domande varie che lui si trovò, con molto imbarazzo, a rispondere.
-Che lavoro fanno i tuoi genitori? Sei figlio unico o no? Dove abiti?-
-I miei genitori lavorano fino a tardi in un’azienda d’informatica. Non li vedo quasi mai. Ho una sorella più grande di diciotto anni che si prende cura di me al posto dei miei genitori. Mi sono trasferito in questo quartiere proprio ieri.-
Il suono della campanella lo salvò da quella situazione a dir poco imbarazzante. Mentre tutti tornavano dentro, lui seguiva con gli occhi Tomoe, poi guardò il disegno che aveva finito: erano i bellissimi ritratti di lei e Ayaka vestite con abiti da principesse. Quando Ayaka lo chiamò a voce alta dicendogli di tornare dentro se non voleva essere punito, lui tornò rosso e poi andò. Ore 14:30, la scuola era finalmente finita. Le due ragazze si salutarono ed ognuno andò per la sua strada. Mentre Tomoe camminava verso casa non si rese minimamente conto di essere seguita. Curiosamente, però, anche i suoi inseguitori erano seguiti da qualcuno che camminava con passo tanto silenzioso da non essere sentito. Quando lei stava per svoltare verso una piccola stradina in salita che portava a casa sua, una mano le tappò la bocca per impedirle di urlare. Nonostante si divincolasse nel tentativo di liberarsi, il suo rapitore, che non era solo ma accompagnato da altri tre, la portò dentro un cinema abbandonato che stava poco lontano. I quattro ragazzi avevano due anni più di lei. Il capo della banda aveva i capelli biondi, dritti a cresta di gallo proprio come i punk, indossava un gilè rosso ricoperto di aculei di ferro finto, sotto il gilè aveva una maglietta nera a maniche corte con la scritta Slipknot davanti in bianco, pantaloni neri e scarpe Magnum anch’esse nere. Gli altri invece erano: uno aveva un unico ciuffetto di capelli a punta sulla testa ed indossava una maglietta nera con una saetta bianca stilizzata davanti, jeans blu e mocassini marroni chiari. Un altro aveva lunghi capelli neri raccolti in una treccia, davvero ridicolo, indossava una maglietta a maniche corte rossa con ideogrammi giapponesi blu davanti che dicevano: “Watashi Wa Enmadaioh”, ovvero, “Io sono Enmadaioh” che è l’equivalente di Satana per i giapponesi, jeans blu e scarpe da ginnastica bianche. Infine, l’ultimo componente, era un ragazzo terribilmente obeso, sembrava un lottatore di sumo per quanto era grasso, aveva capelli castani cortissimi, da sembrare pelato, ed indossava una tuta da jogging blu e scarpe da ginnastica bianche. Fu proprio quest’ultimo a prendere Tomoe quando il suo capo punk le tolse la mano dalla bocca e la spinse verso di lui. Improvvisamente la girò di schiena e le fece una mossa di wrestling chiamata “Full Nelson”. Praticamente, dopo averla girata di schiena, le passò le braccia sotto le ascelle per poi incrociare le mani dietro la nuca. Tomoe cominciò a sentirsi mancare, tanto che s’inginocchiò ma il suo aggressore la mise in posizione seduta, le cominciò ad uscire il sangue dal naso a causa della dolorosa pressione sul collo, la vista cominciò ad offuscarsi lentamente e stava quasi per svenire. Il punk s’inginocchiò davanti a lei:
-Non vorrai svenire adesso, vero? Poi ti perdi il divertimento.-
Dopo averle detto questo le sollevò la mini gonna, le sfilò le mutandine e si calò i pantaloni seguito da i suoi due compagni. Solo l’obeso continuava a stare nella sua posizione Full Nelson. Tomoe, che era ancora cosciente, avrebbe voluto essere altrove. Non aveva neanche la forza di urlare o piangere. Voleva solo essere altrove. Sentiva sempre ai telegiornali notizie su branchi di ragazzi che violentavano ragazze, ma mai avrebbe pensato che sarebbe accaduto anche a lei. Il punk era pronto e si avvicinava lentamente pregustandosi per bene quel momento.
-Mi fate veramente schifo. Il fatto che avete quindici anni non vi dà il diritto di fare certe porcate.- disse una voce che a Tomoe suonò ovattata.
Non riuscì a sentire altro perché ormai era svenuta totalmente.
-Chi cacchio sei?- chiese il punk.
-Uno che ha prurito alle mani.- gli rispose.
-Sei solo un moccioso. Abbassa la cresta e vattene.-
-Fino a prova contraria lo sei anche tu e poi, se c’è qualcuno che deve abbassare la cresta, quello sei tu. Ce l’hai e vieni a dire a me di abbassarla? Da quale pulpito…-
L’obeso lasciò la sua vittima ormai priva di sensi, facendole persino sbattere la testa a terra, e si avvicinò con passo pesante verso il misterioso ragazzino. Stava per afferrargli il collo, quando il ragazzino gli diede un forte calcio di karatè sulla pancia che lo fece inginocchiare a terra e svenire. Intervenne allora mister “ciuffetto”, ma anche lui fu steso facilmente con un calcio ben assestato sul mento. Il ragazzo che credeva di essere Enmadaioh preferì dileguarsi visto l’andazzo.
-Torna subito qui, codardo!- gli gridò, invano, il capo.
Poco dopo l’obeso e “ciuffetto” si ripresero e anche loro preferirono darsela a gambe. -Codardi! Traditori! Vigliacchi! Imbecilli!- urlava il punk.
-Scegli: O te ne vai anche tu o finisci male.- gli disse il ragazzino.
-Sarai tu a finire male!-
Tirò fuori un coltello a serramanico e tentò di pugnalarlo, ma glielo fece volare via con un calcio alla mano seguito poi da un forte pugno sul naso. Non era rotto, ma sanguinava parecchio. Concluse, infine, con un forte montante che lo stese a terra. Il punk si alzò barcollando e tenendosi una mano davanti al naso.
-Te la farò pagare. Vedrai. Un giorno te ne farò pentire e la pagherai molto cara.-
-Mandami il conto a casa, poi.-
Lo maledisse e scappò via. Quando tutto era ormai finito, il ragazzino s’avvicinò a Tomoe per aiutarla, ma fu interrotto da una voce:
-C’è qualcuno qui dentro?-
Il ragazzino, stranamente, si nascose in una zona d’ombra forse per non essere accusato ingiustamente o chissà per quale altro motivo. Nell’ombra vide un uomo, probabilmente richiamato dalle urla che venivano all’interno del cinema ed era entrato per capire di cosa si trattava, che quando vide Tomoe a terra chiamò subito un’ambulanza con il cellulare. Quando giunse in ospedale, un infermiere, amico dei suoi genitori, la vide di sfuggita e li avvertì immediatamente. I due, lei casalinga e lui impiegato di banca, si precipitarono all’ospedale ad una velocità tale da far impallidire Flash e Speedy Gonzales. Tomoe si risvegliò su un letto non suo con sua madre che le teneva la mano e piangeva e suo padre che guardava fuori dalla finestra.
-D…dove sono?- chiese.
-Tesoro mio!- disse la madre abbracciandola seguita dal marito.
-Mamma, papà… che è successo?- chiese Tomoe.
Era ancora confusa.
-Sei stata aggredita, non ricordi? Probabilmente volevano… violentarti… però dagli esami che ti hanno fatto sembra tutto a posto. Pare che hai ricevuto una piccola botta in testa, ma nulla di preoccupante Ti terranno ancora in osservazione, ma potrai uscire già domani.- le dissero i genitori.
Bastarono quelle poche parole per farle ricordare quell’orribile sensazione di freddo in mezzo alle gambe e quel rumore di lampo abbassate dei pantaloni da farle venire un piccolo brivido.
-Ti ricordi, per caso, il volto dei tuoi aggressori? Potrebbe essere utile per sbatterli in galera a vita.- disse la madre.
-Purtroppo no. So solo che erano tre o quattro, ma poi mi hanno fatto una “Full Nelson” che mi ha fatto perdere conoscenza.-
-Scusami… una cosa?-
-Full Nelson. Una mossa di wrestling che consiste nel prendere l’avversario da dietro, passargli le braccia sotto le ascelle per poi incrociare le mani dietro la sua nuca.-
-Ah. Ecco perché avevi il naso insanguinato. Probabilmente causata dalla forte pressione al collo.- disse il padre.
Tomoe annuì. Sua madre preferì cambiare discorso.
-Ieri sera mi son scordata di dirtelo. Abbiamo dei nuovi vicini nella casa di fronte la nostra. Si sono trasferiti ieri.-
-Davvero? Immagino che hai fatto subito amicizia con loro.-
-Naturalmente. Sono molto simpatici ed hanno un figlio della tua stessa età. Probabilmente lo incontrerai a scuola.-
Tomoe non li aveva visti perché era alla festa di una cugina ed era tornata a casa verso l’ora di cena.
Poco dopo arrivò Ayaka in lacrime.
-Ayachan!-
-T-Tomoe…- disse lei abbracciandola.
-Quando i tuoi mi hanno avvertita… mi son sentita malissimo. Stai bene?-
-Sì, nulla di grave. Stai tranquilla.-
Il tempo scorse in fretta e con lui anche l’orario di visite finì. Così Tomoe si ritrovò sola in una deprimente stanza d’ospedale. Il giorno dopo fu dimessa, ma su consiglio dei medici dovette restare a casa.
“L’anno scolastico è cominciato bene. Faccio la mia prima assenza proprio nel secondo giorno.” pensò.
Sua madre le consigliò di non uscire di casa per paura che le accadesse di nuovo qualcosa di brutto, ma lei non ci stava. Voleva uscire. Nel pomeriggio sua madre andò dal parrucchiere raccomandandole di nuovo di non uscire assolutamente. Lei ubbidì, ma in realtà mentì. Prima chiamò Ayaka per sapere se c’erano compiti da fare e se poi voleva uscire. Di compiti non ce n’erano, ma le disse che non voleva uscire perché, dopo quello che le era successo, aveva paura.
-Sì, allora rinchiudiamoci tutti in una campana di vetro così nessuno ci disturba. Suvvia Ayaka, che ragionamento è? Mi sembri mia madre!-
-Non dico questo, ma per ora è meglio rimanere in casa.-
-Va bene, come vuoi. Ciao.-
E chiusero la conversazione. Nonostante il rifiuto della sua amica, Tomoe volle uscire ugualmente. Prima però si mise davanti al computer a guardare un forum che frequentava, poi controllò il suo account su Youtube per vedere se c’erano richieste di amicizia o commenti sui suoi amv. Ad un tratto la sua attenzione fu attirata da una melodia suonata al pianoforte, che conosceva benissimo, proveniente dalla casa di fronte.
-“Catherine Howard” di Rick Wakeman? Chi è che la suona così bene?- disse tra sé. Si affacciò alla finestra ascoltandola incantata. Una volta finita, decise di andare a congratularsi con il suonatore e approfittarne così di salutare i nuovi vicini. Quando suonò il campanello, rimase a bocca aperta quando vide che la persona che le aveva aperto la porta era Jun.
-Tu? Che ci fai qui?- gli chiese.
-Ci vivo. Tu, piuttosto, che ci fai qui?- rispose diventando rosso.
-La stessa cosa che fai tu. Ci vivo.- disse indicando col pollice la casa dietro di lei.
-Oh. Non restare sulla porta. Entra.- le disse con un po’ d’imbarazzo.
La invitò a sedersi sul divano in salotto dove c’era, in un angolo, un pianoforte.
-Sei da solo?-
-Sì. Nori, mia sorella, è andata a comprare delle cose. Tornerà a breve.-
-Capisco.-
-Vuoi qualcosa? Un tè, aranciata, coca-cola, acqua?-
-Un tè, grazie!-
I due bevvero senza dire nulla. Poi fu Jun a rompere il silenzio:
-A cosa devo l’onore di questa visita?-
-Son venuta a dare a tutti voi il benvenuto, ma immagino sarà difficile vedere i tuoi genitori visto che hai detto che lavorano fino a tardi.-
-Già. Ma dimmi un po’, come mai non sei venuta a scuola oggi? Ho chiesto ad Ayaka, ma non ha voluto rispondermi…-
Tomoe rimase zitta. Non sapeva se rispondere o no.
-Se non vuoi dirmelo non importa. Non è affare mio, dopotutto.-
-Ah, volevo congratularmi con te.- disse lei cambiando discorso.
-Per cosa?- le chiese incuriosito.
-Per gli ottimi gusti in fatto di musica e per aver suonato il pianoforte così bene.-
-Ah. Non mi aspettavo la conoscessi.-
-Idem.- disse sorridendogli.
Jun le sorrise a sua volta.
-Mi faresti sentire qualcos’altro?- gli chiese Tomoe gentilmente.
-Ma certo.- le rispose.
Si sedette e cominciò a suonare una dolcissima melodia.
-“Lavender” dei Marillion!- disse Tomoe.
-Complimenti. Vedo che te ne intendi.-
-Mi sa che abbiamo gli stessi gusti.- gli disse sorridendo.
Jun si mise a pensare ad un’altra melodia, poi iniziò a suonare.
-Questa è “Firth Of Fifth” dei Genesis.-
-Bravissima. Sei ammirevole.-
-Grazie. Anche tu.-
Quando si mise a suonare un’altra cosa, Tomoe rimase in silenzio.
-Ehm… questa non la conosco.-
-Male!- le disse con un sorriso. -E’ “The Darkest Hour” degli IQ.- aggiunse.
-Mai sentiti.-
-Ti presto il cd così mi dici che ne pensi.-
-Bene.-
Stava per farle vedere la sua camera e la sua collezione di cd, ma arrivò Nori. Era una ragazza dai capelli castani raccolti in due piccole codine e occhiali da vista tondi.
-Sono tornata Jun-kun!- disse annunciandosi per poi entrare nel salotto.
-Bentornata.- le disse lui.
-E questa ragazza chi è?-
Tomoe si presentò inchinandosi.
-Buongiorno, mi chiamo Tomoe e sono una compagna di scuola di Jun nonché vostra vicina.-
-Molto piacere, io sono Nori! E bravo il mio fratellino, ha subito trovato una bella amichetta.-
Jun diventò rosso e avrebbe voluto strozzarla.
-Ma… ma che dici?-
-Che c’è? Non ho detto nulla di strano. Perché sei diventato rosso? Se ti piace non c’è niente di male a dirlo.-
Jun si mise le mani fra i capelli. Sembrava che stava diventando sempre più piccolo dalla vergogna. Anche Tomoe era diventata un po’ rossa dopo le parole di Nori.
-Accidenti. E’ meglio che vada, prima che mamma torni e non mi trova in casa. E’ stato un piacere conoscerti Nori. Ciao Jun, ci vediamo domani a scuola.-
-Ciao Tomoe, torna a trovarci quando vuoi.- le dissero tutti e due.
Appena chiuse la porta, Jun lanciò un urlo e disse, sempre urlando, alla sorella:
-Non farmi più fare queste figure, chiaro?-
-Se ti comporti così significa solo che ti piace, non puoi negarlo.- disse Nori divertita.
-Chiudi il becco!- disse seccato e dirigendosi in camera.
Tomoe era tornata davanti al computer e si mise a finire un amv che stava creando. Poco dopo tornò sua madre.
-Bene, ci sei. Pensavo che mi avessi disubbidito uscendo con Ayaka.-
-Ayaka non vuole uscire. Sono “uscita” lo stesso, ma solo per dare il benvenuto ai nostri vicini.-
-Ah, li hai conosciuti.-
-Purtroppo no, perché lavorano fino a tardi. In compenso ho conosciuto i loro figli Nori e Jun. Quest’ultimo è un mio compagno di classe.-
-Davvero? Come si dice in questi casi: quanto è piccolo il mondo, eh?-
-Già.-
-Allora, se è un tuo compagno, andrete sempre insieme a scuola.-
-Perché?- le chiese arrossendo appena.
-Mi sentirei più tranquilla sapendo che c’è qualcuno con te.- Tomoe non disse altro e la conversazione finì lì. Più tardi chiamò Ayaka per dirle di Jun.
-Wow. Che fortunata che sei!- le disse.
-Perché?-
-Niente, non badarci.- disse ridendo sotto i baffi.
Il giorno dopo, Jun e Tomoe andarono a scuola insieme. Non dissero neanche una parola durante tutto il breve tragitto. Arrivati a scuola andarono incontro ad Ayaka.
-Eccovi. Ciao piccioncini.- disse loro.
E in un attimo diventarono rossi tutti e due.
-Piantala Ayachan!- disse Tomoe.
-Mi ricorda qualcuno di mia conoscenza.- disse Jun a bassa voce a Tomoe.
Questa frase la fece molto ridere. Finita la scuola, i due tornarono a casa. Tomoe si girava ogni due secondi e si vedeva lontano un miglio che aveva paura.
-Cos’hai?- le chiese Jun.
-N-nulla, tranquillo.-
Non aveva intenzione di dirgli nulla.
-Sicura? Sembri terrorizzata.-
Lei non rispose e tornarono a casa senza più parlare. Prima d’entrare in casa gli disse:
-Quando finiamo i compiti ti va di venire a casa mia? Così siamo pari.-
Jun ci pensò un po’ su, poi disse sì. Non essendo molti, i compiti, entrambi finirono abbastanza presto. Nonostante tutto, però, Jun suonò il campanello solo alle 16:00 in punto. Fu la signora Kashiwaba ad aprirgli.
-Buongiorno signora.- disse lui con un inchino.
-Ciao Jun, accomodati. Adesso chiamo Tomoe e la faccio scendere, tu mettiti pure comodo.-
Tomoe scese senza che sua madre la chiamasse.
-Ciao!- gli disse.
-Ciao.- la salutò lui con un sorriso.
Bevvero di nuovo il tè insieme e poi lei gli fece vedere la sua camera. La prima cosa che Jun vide, appena mise piede lì dentro, fu la custodia con lo shinai messa in un angolo.
-Pratichi il kendo?-
-Sì, da tre anni ormai. A metà ottobre ricominciano le lezioni.-
-Forte! Devo stare attento a come ti tratto allora.- disse ridendo.
Anche lei rise molto. Jun, poi, andò a guardare l’incredibile collezione di cd che stavano al secondo piano di una libreria.
-Sembra di vedere la mia collezione. E’ identica. Mancano giusto due o tre nomi, tipo gli IQ o i The Cranberries dei quali io possiedo solo “Bury The Hatchet”, ma per il resto è identica. E’ davvero impressionante. Possiedi perfino “Storia Di Un Minuto” della PFM e “Forse Le Lucciole Non Si Amano Più” dei Locanda Delle Fate.-
Tomoe sorrise compiaciuta. Le faceva davvero piacere d’aver trovato finalmente qualcuno che apprezzasse lo stesso tipo di musica che adorava. La giornata scorse velocemente e a Tomoe e a sua madre venne l’idea di ospitare Jun e Nori a cena. Fu davvero una serata bellissima condita anche da battutine sarcastiche di Nori riguardo Jun, e il suo rapporto con Tomoe, che lo facevano immancabilmente arrossire e scatenargli l’istinto omicida. Un altro giorno di scuola passò e di nuovo Jun cercò di far parlare Tomoe, ma senza successo. Anzi, lei cambiò perfino discorso:
-Più tardi usciamo? Voglio sgranchirmi le gambe. Verrà anche Ayachan, naturalmente.-
-A me sta bene!-
Finiti i compiti, Ayaka fu chiamata al telefono.
-Ciao Ayachan, ti va di uscire? So già cosa mi risponderai, ma se ti dico che con noi ci sarà anche Jun sei più tranquilla?-
Ayaka ci pensò un attimo.
-Andate pure voi due da soli.- le rispose.
-Perché?-
-Così ne approfittate per conoscervi meglio.- disse ridendo.
-Ma no, dai. Vieni anche tu. Anche a Jun fa piacere.-
-No, no. Non farmelo ripetere. Voglio che passiate un pomeriggio tranquillo in due.-
-Ma…-
-Niente “ma”. Voglio che tu ti diverta con la persona che ami.-
Tomoe diventò rossa.
-Ti ho punta sul vivo, eh? Lo ami, non è vero?-
-Non lo so… forse.- -Come sarebbe “non lo so, forse”? Che sensazioni provi a stargli accanto?-
-Mi batte il cuore forte.-
-Ecco, appunto. Scommetto che anche a lui fa lo stesso effetto. Poi ho visto come ti guarda. E ogni volta che gli parli arrossisce.-
-Perché è timido, lo sai. Arrossisce pure con te.-
-Ma con te molto, ma molto di più.-
Alla fine, Ayaka ribadì per l’ultima volta di volerli lasciare soli e così i due ragazzi uscirono insieme da soli. Andarono ad un luna park e si divertirono da matti, poi andarono in un negozio di dischi per vedere se trovavano qualcosa d’interessante ed infine presero un gelato. Quando tornarono a casa, Tomoe disse:
-Ricordati: il 5 ottobre è il mio compleanno. Sei ufficialmente invitato alla mia festa. Vedi di esserci perché se non ci sarai so dove abiti e non mi sarà difficile sequestrarti e chiedere un riscatto ai tuoi.- gli disse in un tono quasi serio, ma molto scherzoso.
-Se è così dovrò cambiar paese, m’imbarcherò lontano.- le disse lui sorridendole e facendole la linguaccia.
-Citare De Andrè non ti salverà.- disse ridendo.
Appena arrivarono davanti alle loro case, Tomoe gli chiese:
-Posso venire un momento a casa tua? Vorrei vedere la tua stanza.-
Jun ci pensò.
-Non è molto diversa dalla tua, ma… va bene.-
-Non è molto diversa? Hai anche tu le bambole sulle mensole?-
E scoppiarono a ridere. Quando Tomoe entrò vide i numerosissimi modellini di macchine che aveva su quasi tutte le mensole, poi guardò la sua collezione di cd. -Eh, sì. E’ proprio uguale alla mia. E questi sono gli IQ?- disse prendendo i due cd “The Wake” e “Ever”.
-Sì, proprio loro. Questi due sono, a detta di tutti ed hanno ragione, i loro migliori album.-
-Che copertine particolari.-
-Prendili pure e poi mi dirai che ne pensi.-
-Grazie, te li restituirò al più presto.- gli disse con un sorriso.
Ad’un tratto, il suo occhio cadde su un foglio da disegno sulla scrivania semicoperto da un grande libro. S’avvicinò per vedere cosa c’era disegnato ma Jun scattò come un razzo mettendosi davanti a lei.
-Meglio se non guardi!- le disse.
-Perché? Cos’hai da nascondere? Cosa disegni, pornazzi? Non sei quel bravo ragazzo che pensavo.- disse lei tenendogli il broncio.
-Ma che dici? Non ho l’età per certe cose.-
-E allora perché non posso vederlo?-
-Mi… mi vergogno.-
-Ti fidi di me?-
-Anche troppo, però….-
-Allora fammi vedere.-
Tomoe gli sorrideva con sincerità. Lui non poté resistere a quel bel sorriso, cedette e le mostrò il disegno. Appena Tomoe lo vide diventò tutta rossa.
“Ahia!” pensò Jun vedendo quella reazione.
-Siamo… siamo io e Ayachan vestite da principesse… è…. è….-
Jun si aspettava il peggio. Si aspettava che gli avrebbe dato una sberla niente male per aver fatto loro un ritratto senza chiedere loro il permesso.
-E’ bellissimo.- gli disse con sguardo ammirato e quasi commosso.
-E’ tuo. Te lo regalo.- le disse con un dolce sorriso.
Lei strinse il disegno al petto come se fosse la cosa più preziosa del mondo e lo ringraziò. Il giorno dopo, a fine scuola, Jun tentò di nuovo, mentre stavano tornando a casa, di farle scucire dalla bocca il perché si girava di continuo e tremava sempre.
-Perché non mi dici perché ti giri di continuo e tremi di paura? Non ti fidi di me? Non siamo amici?-
Tomoe rimase di nuovo zitta.
-Se ti ostini al silenzio non mi sei d’aiuto. Fammi provare a cambiar frequenza, magari ne trovo una con più segnale.- le disse muovendo le mani come se girasse una manopola di una vecchia radio anni trenta.
Tomoe rise con tanta di quella gioia che, alla fine, si decise, con un po’ di difficoltà, a dirglielo.
-Ti ricordi che non son venuta a scuola il secondo giorno, no? Perché il giorno prima, mentre stavo per tornare a casa…-
-Basta così. So già tutto.- disse interrompendola.
-C… come sai già tutto?- le disse.
-Quei porci non ti hanno toccata perché ti salvai in tempo.- le disse.
Quelle parole la fecero sbiancare.
-Tu… tu mi hai…-
-Salvata, sì. Avevo visto da lontano che quei manigoldi ti stavano inseguendo e, siccome avevo un brutto presentimento, decisi di seguirvi. Quando sei svenuta ti sei persa una bella rissa. Ho fatto vedere loro i sorci verdi. E quando è arrivato quell’uomo a soccorrerti mi son nascosto per prudenza. Magari mi accusava ingiustamente.-
Tomoe cominciò prima a tremare, poi a piangere.
-P… perché non me l’hai mai detto?-
-Non volevi mai aprirti con me quando ti chiedevo perché ti voltavi con paura e quindi anch’io tacevo, anche se a malincuore.-
Tomoe lo abbracciò continuando a piangere. Anche lui la strinse a sé.
-Per giorni mi son chiesta chi mi avesse salvato. Non so come ringraziarti.- gli disse Tomoe singhiozzando forte.
Lui non le disse nulla. Si limitava ad accarezzarla. Quando poi si asciugò le lacrime, la sorprese con un bacio sulla bocca. Quando le due labbra si separarono, arrossirono entrambi.
-Scusa… è stato un impulso improvviso.- cercò di giustificarsi lui.
Lei gli sorrise e questa volta fu lei a baciarlo. A bacio terminato si abbracciarono e si confessarono, finalmente, il loro amore. Il resto delle settimane le passarono uscendo di continuo, qualche volta anche con Ayaka, e quando ormai il giorno del compleanno di Tomoe era vicino, Jun andò a comprarle il regalo per non ridursi, come spesso accade, all’ultimo momento. Uscì il pomeriggio da solo, dicendo a Tomoe che si sentiva poco bene, ed andò a comprare un ciondolo in argento raffigurante la croce egizia conosciuta come Ankh, o anche croce della vita, sulla quale ci aveva fatto scrivere i loro nomi.
“Jun e Tomoe per la vita!” continuava a ripetersi mentalmente e sorridendo.
Appena poco fuori dal negozio, però, incontrò una persona che gli provocò una smorfia di fastidio e disgusto: il punk che aveva aggredito Tomoe con la sua banda.
-Che vuoi, gallinaccio? Ancora non hai abbassato quella ridicola cresta?- gli chiese.
Il punk non disse nulla, si limitò a fargli un sorrisetto beffardo e poi, in un solo attimo, pugnalarlo all’addome senza dargli il tempo di reagire.
-Te l’avevo detto che te l’avrei fatta pagare. E’ stata una fortuna incontrarti.- gli disse continuando ad affondare il coltello.
Non si sa come, ma Jun ebbe la forza di strapparsi via il coltello per poi affondarlo nella gola del suo aggressore ed ucciderlo in un attimo. Non appena il punk cadde a terra, anche lui lo seguì. La coltellata all’addome non l’aveva ucciso, ma lo mandò in coma. Tomoe, venuto a sapere la brutta notizia, per giorni lo andava a trovare parlandogli di continuo con la speranza che ne uscisse per miracolo. Purtroppo non ne uscì mai. Morì proprio il giorno del compleanno della sua amata e da allora lei cadde in depressione. Aveva perso l’amore, la perla più rara, e ora aveva un dolore. Riuscì ad uscirne dopo anni, e nel frattempo si era trasferita abbandonando tutti i suoi amici tra cui anche Ayaka, ma rimase molto segnata. Ecco spiegato il perché, all’inizio, si diceva che questa è una storia da dimenticare, è una storia da non raccontare, è una storia un po’ complicata, è una storia sbagliata.



Finale Alternativo(Happy End)





Il giorno del suo compleanno rinunciò alla sua festa. Non c’era alcuna ragione di festeggiare. Andò a trovarlo saltando, come aveva fatto anche negli altri giorni, la scuola. Quando gli si sedette accanto e gli prese la mano, stavolta non gli parlò ma si mise a cantare senza, però, riuscire a trattenere le lacrime:
-Ricordi sbocciavan le viole con le nostre parole "Non ci lasceremo mai, mai e poi mai", vorrei dirti ora le stesse cose ma come fan presto, amore, ad appassire le rose così per noi!-
Oppure:
-Se ti tagliassero a pezzetti il vento li raccoglierebbe il regno dei ragni cucirebbe la pelle e la luna tesserebbe i capelli e il viso e il polline di Dio di Dio il sorriso.-
Ed infine disse:
-Io t'ho amato sempre... amore che fuggi, da me tornerai... Torna... ti prego... torna!-
Disperata, appoggiò il viso, con le braccia conserte, sulle lenzuola del letto e pianse ininterrottamente. Mentre continuava a piangere, le parve per un attimo di sentire la mano di Jun che le accarezzava la testa. All'inizio pensò di averlo immaginato, ma quando le carezze continuavano alzò la testa di scatto. Jun aveva aperto gli occhi e le sorrideva.
-J... Jun.- disse lei in lacrime.
-Tomoe...- le disse.
Si abbracciarono forte e non si lasciarono mai e poi mai proprio come diceva la canzone.
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Rozen Maiden / Vai alla pagina dell'autore: Phobos_Quake 3